Congregazione de Auxiliis divinae gratiae

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Congregazione de Auxiliis divinae gratiae
Eretto: 1597 da Clemente VIII
Soppresso: 28 agosto 1606 da Paolo V
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Successori

Santa Sede · Chiesa cattolica
elenco dicasteri della Curia Romana

La Congregazione de Auxiliis divinae gratiae, era un organismo della Curia romana, oggi soppresso.

Storia

Papa Clemente VIII creò questa congregazione nel 1597 dopo la denuncia al tribunale dell'inquisizione spagnola delle teorie espresse da padre Luis de Molina, S.J., nell'opera De liberi arbitrii cum gratiae donis, divina praescientia, praedestinatione et reprobatione concordia (comunemente detta Concordia), pubblicato a Lisbona in quattro volumi nel 1587 e in una pubblicazione riveduta a Anversa nel 1595. Il grande successo dell'opera, aveva portato alla nascita del movimento del molinismo.

La controversia, chiamata De Auxiliis fu un dibattito teologico sorto in Spagna e Portogallo attorno all'opera del Molina, che insegnò a Coimbra, Évora e Cuenca. In questo lavoro Molina tentò di armonizzare l'onniscienza divina, la provvidenza, la predestinazione e la riprovazione con il libero arbitrio umano.

Diversi teologi domenicani mantennero una dura opposizione contro le dottrine di Molina, il più famoso tra loro fu Domingo Báñez. La polemica fu tenuta soprattutto tra l'Ordine dei Predicatori e la Compagnia di Gesù. La controversia durò per anni in Spagna fino a quando non fu finalmente trasferita a Roma, dove si formarono le cosiddette Congregazioni de auxiliis. Francisco Suárez fu il più influente promotore del molinismo in Spagna e san Roberto Bellarmino il suo più famoso difensore a Roma.

Tra il 1597 e il 1607, su iniziativa della Santa Sede, si tennero più di centoventi riunioni di speciali commissioni teologiche nel tentativo di risolvere la disputa. I domenicani furono rappresentati da Diego Alvarez[1] e Tomas de Lemos[2], entrambi professori al Collegio Romano di San Tommaso; i gesuiti da Gregorio de Valencia[3], Pedro de Arrubal[4], Fernando de la Bastida[5] e Juan de Salas[6].Tuttavia, il lavoro dei teologi e le riunioni dei cardinali non riuscirono a gingere a un risultato definitivo.

I cardinali Ludovico Madruzzo e Pompeo Arrigoni furono i presidenti della congregazione assistiti dai cardinali Girolamo Bernerio, O.P. e Roberto Bellarmino, S.I..

Madruzzo stava per dare la sua valutazione al Papa dopo la revisione dei documenti presentati dall'inquisizione spagnola, quando fu sorpreso dalla morte nell'aprile del 1600. Poco dopo moriva a Madrid anche Molina. Da quel momento i lavori della congregazione furono riorientati verso la censura della Concordia, riprendendo le precedenti relazioni. Tuttavia, i gesuiti contestarono l'accuratezza di questa censura.

Il pontefice chiese una nuova revisione della Concordia per estrarne una serie di tesi che potessero essere sottoposte alla discussione di domenicani e gesuiti davanti alla commissione designata dei teologi. Durante la prima metà del 1601 ci furono trentasette sessioni, e tutto indicava una condanna di Molina, ma i gesuiti si appellarono di nuovo, e il Papa esitò nella sua decisione. Bellarmino propose persino di convocare un Concilio, ma fu seguita una soluzione più modesta: che i teologi di entrambi gli ordini discutessero personalmente la loro posizione davanti al Sommo Pontefice.

Nel marzo 1602 iniziarono le dispute alla presenza del papa, per tre anni le congregazioni si dedicarono esclusivamente all'esame della Concordia. In questi dibattiti, la dottrina di Molina fu confrontata con quella di sant'Agostino, Cassiano e del Concilio di Trento.

Il 22 ottobre 1604 padre Domingo Báñez moriva e, come Molina, senza sapere cosa ne sarebbe uscito dalla controversia.

Nel gennaio 1605 fu ascritto alla congregazione il cardinale Jacques Davy du Perron, che aveva contribuito alla conversione al cattolicesimo di Enrico IV di Francia. Egli mise in guardia i commissari su alcuni aspetti politici che si muovevano attorno alla controversia: il potente re di Spagna, la cui influenza su altre regioni cattoliche come la Francia e l'Italia era guardata con sospetto, era favorevoli alle tesi domenicane; mentre, la Francia, allora impegnata in una dura lotta contro il calvinismo, sosterrà piuttosto i gesuiti.

Clemente VIII morì il 5 marzo 1605 e, dopo il breve pontificato di Leone XI, papa Paolo V salì al soglio pontificio. Alla sua presenza si tennero diciassette dibattiti dall'ottobre 1605 al febbraio 1606, mentre si discuteva la questione della premozione fisica, senza che i gesuiti riuscissero a persuadere la congregazione del carattere erroneo di questa dottrina.

Nel novembre del 1606 fu proposta la censura di quarantadue proposizioni di Molina da tutti i consultori, ad eccezione di padre Giovanni Antonio Bovio [7] , O.Carm., che riteneva opportuni ulteriori approfondimenti. Nonostante la sua posizione minoritaria, il parere del Bovio, anche per gli interventi di Roberto Bellarmino e di Francesco di Sales in favore di una conclusione moderata della vicenda, ebbe la più grande influenza sul pontefice, che in effetti lo accolse come base per la sua soluzione della controversia.

La disparità dei pareri e il fatto che la dottrina dei domenicani si differenziasse dal calvinismo e quella dei gesuiti dal pelagianesimo indussero il papa a non prendere una decisione in merito. Sciolta la Congregazione, egli ricordò, con lettera del 5 settembre ai due superiori generali dei gesuiti e dei domenicani, la dottrina tridentina e proibì alle parti in contesa di accusarsi reciprocamente di eresia, lasciandole comunque libere di seguire le proprie opinioni e comandava loro di attendere, come figli leali della Chiesa, la decisione finale della Sede Apostolica. Tale decisione, tuttavia, non fu raggiunta, ed entrambi gli ordini, di conseguenza, poterono mantenere le loro rispettive teorie, proprio come qualsiasi altra opinione teologica.

La lunga controversia suscitò notevole commozione, e il papa, mirando al ripristino della pace e della carità tra gli ordini religiosi, proibì con decreto dell'Inquisizione (1º dicembre 1611) la pubblicazione di qualsiasi libro riguardante la grazia efficace fino a nuovo atto da parte della Santa Sede.

Tuttavia, la controversia non si concluse con l'adozione di tale decreto. L'ordine pontificio di tacere su questo argomento fu più volete riaffermato: nel 1611 ancora da Paolo V, Urbano VIII nel 1625 e nel 1641, Innocenzo X nel 1650 e nel 1654, Alessandro VII nel 1657, Innocenzo XII nel 1694, Clemente XII nel 1733 e Benedetto XIV nel 1758.

Note
  1. (ES) Ramón Hernández Martín, O.P., Diego Alvarez su dbe.rah.es. URL consultato il 30-12-2022
  2. (ES) Ramón Hernández Martín, O.P., Thomas di Lemos su ec.aciprensa.com. URL consultato il 30-12-2022
  3. (ES) Javier Burrieza Sanchez, Gregorio de Valencia su dbe.rah.es. URL consultato il 30-12-2022
  4. (ES) Felipe Abad León, Pedro de Arrúbal su dbe.rah.es. URL consultato il 30-12-2022
  5. (ES) Javier Burrieza Sánchez, Fernando de la Bastida su dbe.rah.es. URL consultato il 30-12-2022
  6. (ES) Javier Burrieza Sánchez, Juan de Salas su dbe.rah.es. URL consultato il 30-12-2022
  7. Gaspare De Caro, BOVIO, Giovanni Antonio su treccani.it. URL consultato il 30-12-2022
Collegamenti esterni