Decapitazione di san Giovanni Battista (Caravaggio)
Caravaggio, Decapitazione di san Giovanni Battista (1608), olio su tela | |
Decollazione di san Giovanni Battista | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Regione | Malta Xlokk |
Comune | |
Diocesi | Malta |
Ubicazione specifica | Concattedrale di San Giovanni, oratorio |
Uso liturgico | quotidiano |
Luogo di provenienza | ubicazione originaria |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Decapitazione di san Giovanni Battista |
Datazione | 1608 |
Ambito culturale | Ambito lombardo |
Autore |
Caravaggio (Michelangelo Merisi) |
Materia e tecnica | olio su tela |
Misure | h. 360 cm; l. 520 cm |
Iscrizioni | f(rà) Michelang(e)lo |
Stemmi, Punzoni, Marchi | stemma di Alof de Wignacourt |
Note opera firmata | |
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La Decapitazione di san Giovanni Battista è un dipinto, realizzato nel 1608, ad olio su tela, da Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571–1610), ubicato originariamente nella Concattedrale di San Giovanni a La Valletta (Malta).
Descrizione
Soggetto
Nel dipinto, che presenta la Decapitazione di san Giovanni Battista, compaiono:
- al centro:
- San Giovanni Battista, riverso a terra esanime, colto negli ultimi spasmi di vita, con le mani legate dietro le spalle, vestito con l'abituale pelle di montone (suo attributo) e una tunica rossa (colore simbolico del martirio); al di sotto del suo corpo si vede la spada con cui gli è stato dato il primo colpo dal carnefice.
- Aguzzino, sta trattenendo il Battista sanguinante a terra, per i capelli, mentre estrae dal fodero la "misericordia"[1] con cui s'appresta a vibrare il colpo finale. Il gesto del carnefice ha un aspetto terrificante, certamente ricavato dall'osservazione diretta di qualche pena capitale: la decapitazione non è riuscita perfettamente, e quindi l'aguzzino si accinge a completare l'opera.
- a sinistra,
- Carceriere, imperterrito e impassibile, indica in modo perentorio il largo bacile su cui va posata la testa del Santo: questi ha le fattezze di Philippe de Wignacourt, fratello di Alof, gran maestro dell'Ordine dei Cavalieri di Malta e committente dell'opera.
- Giovane donna sorregge un bacile su cui raccoglierà la testa del Battista: alcuni storici ritengono che sia la stessa Salomè, ma per via del vestito molto sobrio, altri studiosi suggeriscono che si tratti semplicemente di una serva.
- Serva anziana, inorridita, si tiene la testa tra le mani: questa figura ricorda la cameriera della Cena in Emmaus (1606), conservata alla Pinacoteca di Brera, ma a differenza di questa è tutta compresa in un forte senso del dolore, visto come rassegnazione dell'inevitabile.
- a destra, Due carcerati assistono al martirio da dietro le sbarre della loro cella.
Ambientazione
La scena si svolge, alle prime luci dell'alba, nel cortile di una prigione, dove un solo brano d'architettura è raffigurato da Caravaggio, solitamente poco disposto ad utilizzare questo genere d'ambientazione: qui il pittore si rivela un sapiente esperto nell'utilizzare queste strutture per dare profondità spaziale e creare un rapporto nuovo tra le figure e l'ambiente che incombe su di loro.
Sul sulla parete del carcere, a destra, si nota una corda recisa e fissata ad un anello che fa intuire cos'era successo qualche istante prima, quando il Battista era stato slegato e portato avanti.
Note stilistiche, iconografiche e iconologiche
- Nell'opera, tutti i protagonisti sono raggruppati sulla sinistra, mentre l'intera metà di destra è occupata dal muro della prigione, interrotto dalle inferriate, che dà all'episodio la raggelante impressione di una spietata esecuzione, eseguita alle prime luci dell'alba.
- I personaggi della scena hanno l'aria di attori rassegnati ad un dramma che deve svolgersi per una volontà superiore. Solo san Giovanni Battista, ormai morto, mostra un'espressione da personaggio vivo, conscio del suo sacrificio come vero precursore di Gesù Cristo sulla croce.
- L'opera va inquadrata e letta nel coevo contesto culturale e religioso: la necessità di un realismo più intenso e incisivo era un'esigenza sentita dalle autorità ecclesiastiche del tempo, tanto che arrivarono a fornire ai pittori precise prescrizioni su come impostare le immagini sacre, che dopo il Concilio di Trento (1545-1563) sarebbero state rivestite di un'importante funzione pedagogica in grado d'ispirare sentimenti devoti al fedele, che era indotto, se non a immedesimarsi in ciò che osservava nelle opere, quanto meno a partecipare con viva e sincera contrizione al dolore e alle sofferenze dei santi. E in questo senso, la Decapitazione di san Giovanni Battista è un'opera non così lontana da questo modo d'intendere l'arte, se si pensa (come hanno notato molti studiosi) che il cardinale Federico Borromeo (1564-1631), anni dopo, nel suo trattato De pictura sacra (pubblicato nel 1624, ma che riassumeva indicazioni che il clero già dava da tempo), raccomandava agli artisti di ritrarre l'orrido e tetro carcere in cui san Giovanni Battista fu ucciso, affinché l'attenzione si concentrasse sul martirio del santo e non su altri dettagli, come la madre o la scellerata donzella che richiese la nobile e veneranda testa di Giovanni.
- Nel capolavoro maltese il Caravaggio spinge l'osservatore-fedele ad un'immedesimazione totale, che passa per lo stesso luogo a cui il dipinto era destinato. Un intento che oggi non è più possibile apprezzare, poiché i lavori di ristrutturazione dell'Oratorio di San Giovanni Battista, intrapresi a partire dal 1680 con Mattia Preti (1613–1699), hanno modificato l'ambiente. La sistemazione originaria del dipinto di Caravaggio ci è nota grazie a un'incisione del tedesco Wolfgang Kilian (1581-1662), che mai si recò a Malta e basò dunque la sua descrizione su fonti terze, ma che ha realizzato l'unica immagine a noi nota della cappella prima dei rifacimenti della fine del XVII secolo. L'opera chiudeva, dunque, la parete di fondo dell'edificio, e le sue misure quasi coincidevano con quelle della parete, ma non solo: la luce, nel dipinto, era calibrata in modo da apparire come la luce naturale dell'ambiente. Gli studiosi Paolo Jorio e Rossella Vodret hanno ipotizzato pertanto che Caravaggio abbia voluto conferire al dipinto un interessante effetto illusionistico:
« | La scena sembrava collocarsi come la prosecuzione dello spazio dell'oratorio perché Caravaggio fece coincidere le misure della tela con quelle della parete di fondo e utilizzò la direzione della luce proveniente dalle finestre originarie. Il limite della parete fu così annullato completamente e il buio oratorio si era magicamente trasformato in un suggestivo teatro: lo spettatore prendeva parte direttamente al drammatico evento nel momento stesso in cui accadeva e la decollazione era dipinta con un realismo tale che, guardandola nella penombra, si stentava a credere che fosse la finzione di un quadro. » |
- Il dipinto doveva rispondere a precise finalità didattiche ed educative, in linea con i principî religiosi dei Cavalieri di Malta: questa caratteristica della Decapitazione è stata messa in evidenza dallo studioso David M. Stone, partito dalla constatazione che la presenza dei due carcerati che assistono alla scena non sia una semplice nota descrittiva, ma si appare come una precisa citazione tratta da un'incisione illustrativa dello statuto XVII degli Statuta hospitalis Hierusalem,[2] dove sulla destra compaiono due cavalieri liberi che seguono pertanto la via della virtù, e sulla sinistra, dietro le sbarre, i loro confratelli che hanno commesso errori. Al centro, invece, la rappresentazione della terribile punizione che toccava ai cavalieri che si macchiavano di omicidio: il colpevole veniva chiuso vivo dentro a un sacco e poi gettato in mare da un'imbarcazione. Occorre, infatti, ricordare che l'Oratorio di San Giovanni Battista non aveva soltanto una funzione religiosa, ma era anche adibito a tribunale e a spazio assembleare, nel quale si prendevano provvedimenti importanti per la vita dell’Ordine. Di conseguenza, l'apparato decorativo dell'edificio doveva accompagnare, con la suggestione delle immagini, il percorso formativo dei novizî e il quotidiano rinnovamento della promessa da parte dei confratelli professi. In questo senso va letta, ad esempio, la presenza di una lunetta raffigurante l'Intercessione di san Giovanni Battista presso Maria Vergine per i cavalieri caduti nel Grande Assedio, eseguita dal pittore greco Bartolomeo Garagona (1584-1641), e che in antico sovrastava la Decapitazione, e anche la presenza stessa dell'immagine del martirio del santo che viene presentato come l'agnello sacrificale ucciso per la sua fede è da leggere in parallelo al martirio dei cavalieri morti durante il Grande Assedio.
- Nella Decapitazione, inoltre, possiamo osservare il passaggio nell'arte di Caravaggio da uno stile fortemente animato, che aveva caratterizzato precedenti opere con scene agitate e irrequiete - si pensi, per esempio, al Martirio di san Matteo (1599-1600) in San Luigi dei Francesi a Roma[3], o anche alle Sette opere di misericordia (1606) nel Pio Monte della Misericordia a Napoli[4] - a uno stile meditativo e contemplativo: nel dipinto maltese il pittore, infatti, predilige concentrarsi sul dramma personale dei personaggi e lo stoico distacco con cui narra l’evento si tramuta nell'occhio moderno che documenta senza illusioni il destino umano..
Iscrizione
La Decapitazione di san Giovanni Battista è la più grande opera del Caravaggio e l'unica firmata: il nome dell'artista è tracciato con il sangue che scorre dal collo mozzato di san Giovanni Battista, nel modo seguente:
« | f(rà) Michelang(e)lo » |
L'espediente di firmare con il sangue, non è un'invenzione di Caravaggio, ma è un'idea presente già da tempo in analoghe opere di artisti attivi in Lombardia: ad esempio, in un dipinto di Moretto da Brescia, il Martirio di san Pietro martire (1530-1535),[6] si trova una soluzione identica, nel quale il sangue sul terreno forma la parola "credo".
Notizie storico-critiche
Committenza e fortuna
All'epoca dell'esecuzione del dipinto, Caravaggio era, un uomo in fuga: a Roma, infatti, il 28 maggio 1606, l'artista aveva ucciso, durante una rissa, il rivale nonché creditore Ranuccio Tomassoni, e probabilmente il giorno stesso, per timore delle conseguenze, abbandonò la città, tanto che già il 31 maggio si trovava nel feudo della famiglia Colonna nel Lazio centrale, dove si trattenne per tre mesi prima di trasferirsi a Napoli. Nel frattempo, il 28 giugno, il pittore veniva condannato in contumacia alla pena di morte con l'accusa di omicidio. Dall'arrivo nella città partenopea trascorsero altri otto mesi, a seguito dei quali, nel giugno del 1607, il pittore lasciò anche questo posto e si spostò a Malta, dov’è registrato dal 14 luglio 1607. Non si conosce bene la motivazione che spinse Caravaggio a recarsi sull'isola che, dal 1522, era governata dall'Ordine dei Cavalieri di Malta, che vi si era trasferito dopo che i turchi, assediata la loro antica sede, ovvero l'isola di Rodi, se n'erano impossessati, cacciando i cavalieri, ai quali venne dunque concessa questa isola del Mediterraneo, dove fondarono il loro stato monastico. Per comprendere le ragioni del trasferimento del pittore sono state vagliate diverse ipotesi: la più probabile che si trattò semplicemente di un'opportunità lavorativa, dal momento che il potente Gran Maestro, il francese Alof de Wignacourt (1547–1622) era alla ricerca di un artista, ed è probabile che Michelangelo Merisi poté godere dell’intercessione di Costanza Colonna (1555 ca.–1626), che conosceva sia il Gran Maestro sia l'artista, tanto che il primo lavoro di Caravaggio a Malta fu proprio il ritratto dello stesso.[7] La Decapitazione di san Giovanni Battista fu commissionata all'artista per essere collocata nell'Oratorio di San Giovanni Battista nel Duomo di La Valletta: lo stemma del Wignacourt è ancora oggi visibile sulla cornice dell'opera.
Grazie a questo dipinto il pittore ottenne l'onore di essere ammesso il 4 luglio 1608 nell'Ordine dei Cavalieri di Malta per i suoi meriti artistici come "Cavaliere dell'Obbedienza Magistrale" , il massimo grado cui Caravaggio poteva ispirare, dal momento che gli ordini più elevati, quelli di Grazia e di Giustizia, erano riservati solo alla nobiltà, alla quale il pittore non apparteneva. Alcuni mesi dopo, però, a seguito di un arresto per una lite e, probabilmente, del giungere nell'isola della notizia dell'omicidio commesso a Roma, per il quale era stato messo al bando dalla città eterna, l'artista fu costretto alla fuga dall'isola. Il 1° dicembre 1608 venne espulso dall'Ordine dei Cavalieri di Malta e la lettura della bolla con cui era radiato fu letta proprio nell'Oratorio dei Cavalieri di Malta, davanti alla Decapitazione.
Fonti figurative
Secondo diversi storici dell'arte è possibile rintracciare le fonti figurative al quale Caravaggio poté ispirarsi nell'eseguire il dipinto maltese: per esempio, Bernard Berenson (1865–1959) ha notato come la sobrietà della composizione ricordi la Decapitazione di san Giovanni Battista (1523), realizzata da Andrea del Sarto (1486–1530) nel Chiostro dello Scalzo, a Firenze,[8] dove peraltro il santo è nella stessa posa che assume nel dipinto del Merisi. Mentre Roberto Longhi (1890–1970) ha indicato due dipinti di Antonio Campi (1524–1587), che si trovano a Milano e che sicuramente Caravaggio conosceva: la Decapitazione di san Giovanni Battista, conservata nella Chiesa di San Paolo Converso, e la Santa Caterina d'Alessandria riceve in carcere la visita dell'imperatrice Faustina (1584), collocata nella Chiesa di Sant'Angelo.[9] In particolare, dal secondo dipinto il Caravaggio trasse non solo l'impostazione degli effetti luministici, ma anche l'impaginazione della scena, con la grata della cella sulla destra a bilanciare i personaggi sulla sinistra e il vuoto cupo nel registro superiore. Altro artista spesso chiamato in causa per la Decapitazione è il Moretto da Brescia (1498-1554), in particolare per la presenza delle realistiche architetture che costituiscono uno degli elementi tipici dell'arte del pittore, sicuramente familiari al Merisi.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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- Tutti i beni storico-artistici e archeologici
- Tutte le opere d'arte
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