Federico Borromeo
Federico Borromeo Cardinale | |
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Humilitas | |
Giulio Cesare Procaccini, Ritratto del cardinale Federico Borromeo (1610), olio su tela; Milano, Museo Diocesano | |
Età alla morte | 67 anni |
Nascita | Milano 18 agosto 1564 |
Morte | Milano 21 settembre 1631 |
Sepoltura | Duomo di Milano |
Ordinazione presbiterale | Basilica di Santa Maria Maggiore (Roma), 7 dicembre 1593 dall'arc. Alessandro de' Medici |
Nominato arcivescovo | 24 aprile 1595 Clemente VIII |
Consacrazione vescovile | Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri (Roma), 24 aprile 1595 dal papa Clemente VIII |
Creato Cardinale |
18 dicembre 1587 da Sisto V (vedi) |
Cardinale per | 43 anni, 9 mesi e 3 giorni |
Incarichi ricoperti | |
Collegamenti esterni | |
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Federico Borromeo (Milano, 18 agosto 1564; † Milano, 21 settembre 1631) è stato un cardinale e arcivescovo italiano, resse la cattedra ambrosiana dal 1595.[1] Il prelato è la fonte d'ispirazione e personaggio de I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
Biografia
Federico Borromeo (talvolta indicato come Francesco Federico o Federigo), nacque il 18 agosto 1564, figlio di Giulio Cesare Borromeo e di Margherita Trivulzio. Suo padre morì quando egli aveva appena tre anni e a lungo risentì l'influenza del cugino, Cardinale Carlo Borromeo (1560), il quale fu sua guida spirituale e lo instradò alla carriera ecclesiastica. Egli era inoltre cugino del Cardinale Guido Luca Ferrero (1565) ed era imparentato con papa Sisto V e con i Cardinali Alessandro Farnese (1534) e Mark Sittich von Hohenems (1561). Fu anche prozio del Cardinale Federico Borromeo iuniore (1670), che fu da lui avviato alla carriera ecclesiastica. Altri Cardinali appartenenti a questa famiglia furono Giberto Borromeo e Giberto Bartolomeo Borromeo, oltre a Vitaliano Borromeo (1766) e ad Edoardo Borromeo (1868).
Formazione
Egli iniziò i propri studi a Milano sotto la direzione del cugino San Carlo Borromeo (che all'epoca ne era Arcivescovo). Successivamente divenne discepolo dell'Almo Collegio Borromeo dell'Università di Pavia dove si laureò in teologia e in diritto. Successivamente si trasferì all'Università di Bologna dove studiò matematica e filosofia laureandosi in tali materie. Presi gli ordini minori nel clero diocesano nel 1580, si trasferì a Roma nel 1585 per proseguire gli studi classici interessandosi molto alle antichità dell'antica Roma.
Del periodo bolognese sappiamo che egli considerò l'ipotesi di aderire alla Compagnia di Gesù, ma che suo cugino Cardinale lo dissuase da tale intento, indirizzandolo invece ad entrare nel clero diocesano e fu proprio con il 1580 che si può ufficialmente dire che abbia avuto inizio la sua carriera ecclesiastica; in breve tempo ottenne gli ordini minori (1585). A Roma entrò anche in contatto con San Filippo Neri e con il Cardinale Cesare Baronio, divenendo Cappellano di Sua Santità dal 1586.
Cardinalato
Creato Cardinale da papa Sisto V il 18 dicembre 1587 (a soli 23 anni), ottenne la porpora cardinalizia con il titolo diaconale di Santa Maria in Domnica (15 gennaio 1588), optando in seguito per la sede dei Santi Cosma e Damiano (9 gennaio 1589) e poi per quella di Sant'Agata in Suburra (20 marzo 1589). Partecipò al suo primo conclave nel 1590, in cui fu eletto pontefice Urbano VII. Quindi prese parte al secondo conclave del 1590 che elesse Gregorio XIV. Optò quindi per la sede diaconale di San Nicola in Carcere dal 14 gennaio 1591, partecipando quell'anno al conclave che elesse Innocenzo IX e l'anno successivo a quello che elesse Clemente VIII.
Divenuto membro della commissione per la revisione della Bibbia Vulgata e per la preparazione della Editio Romana dei documenti ufficiali del Concilio di Trento, decise solo nel 1593 di prendere gli ordini sacri, venendo consacrato il 17 settembre di quello stesso anno. Poco dopo, in corrispondenza con la sua carriera cardinalizia, gli venne affidato il titolo di Santa Maria degli Angeli (25 ottobre 1593). La sua ordinazione ufficiale avvenne però il 7 dicembre 1593 ad opera del cardinale Alessandro de' Medici (futuro papa Leone XI), nella sua cappella privata.
Dopo la morte dell'Arcivescovo di Milano Gaspare Visconti, egli accettò la nomina a tale sede che gli era stata suggerita da Clemente VIII per merito di San Filippo Neri. Nominato quindi Arcivescovo di Milano il 24 aprile 1595 a 31 anni, seguì l'esempio del predecessore e cugino San Carlo Borromeo nel disciplinare il clero, fondando chiese e collegi a proprie spese, applicando i canoni del Concilio di Trento.
Nel 1609 fondò la Biblioteca Ambrosiana; nel 1618 corredò la biblioteca di una raccolta di statue e di quadri, la cosiddetta Quadreria Ambrosiana che in seguito diventerà la Pinacoteca Ambrosiana. L'intento della Quadreria era quello di creare una struttura di supporto alla nascente Accademia Ambrosiana, aperta dal Borromeo nel 1621 con Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano, come primo presidente.
Fece erigere la colossale statua di San Carlo ad Arona, la cui tecnica di costruzione fu ripresa dopo dai costruttori della Statua della Libertà donata dalla Francia alla città di New York. Abbellì il Duomo di Milano con dipinti e sculture. Spinse alla vita ecclesiastica il cugino e successore Cesare Monti.
Diede esempio di grande carità durante la carestia del 1628 e la peste del 1630, alle quali sopravvisse.
Morte
Morì a Milano il 21 settembre 1631 e la sua salma venne esposta in Duomo e qui sepolta di fronte all'altare della Madonna dell'Albero[2].
Opere
« | Però non ometteremo di notare un'altra singolarità di quella bella vita: che, piena come fu d'attività, di governo, di funzioni, d'insegnamento, d'udienze, di visite diocesane, di viaggi, di contrasti, non solo lo studio c'ebbe una parte, ma ce n'ebbe tanta, che per un letterato di professione sarebbe bastato. E infatti, con tant'altri e diversi titoli di lode, Federigo ebbe anche, presso i suoi contemporanei, quello d'uom dotto. » | |
(A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XXII)
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La produzione letteraria di Federigo Borromeo fu in effetti abbondante, con più di un centinaio di libri, sia a stampa che manoscritti, oltre a svariate centinaia di lettere; gran parte di tale produzione è conservata alla Biblioteca Ambrosiana. Federigo stesso censì i propri scritti nei suoi Meditamenta litteraria i quali - assieme al De sui studiis dove ripercorre la sua formazione culturale - costituiscono una sorta di autobiografia dell'uomo di lettere.
Nel Philagios sive de amore virtutis libri duodecim raccoglie numerose biografie di religiose. Tra le figure menzionate manca quella di Marianna De Leyva, suor Virginia Maria, ovvero la monaca di Monza: il Cardinale ebbe modo di conoscerla a seguito del processo per omicidio che la vide coinvolta e, certo del suo pentimento, la graziò, dopo vari anni di stretta detenzione, facendo di lei un esemplare modello di redenzione. Alla sua morte Federigo lasciò tuttavia alcune annotazioni sulla vicenda, attestanti la sua volontà di inserirla in una futura edizione del Philagios.
Altre sue opere notevoli furono
- De fugienda ostentatione
- De delectu ingeniorum
- De non vulgari existimatione et fama
- De gratia principum
- Cypria sacra sive de honestate et decoro ecclesiasticis moris
- De sacris nostrorum temporum orationibus.
Il suo scritto più noto è forse il De pestilentia quæ Mediolani anno 1630 magnam stragem edidit, dove narra della gravissima pestilenza che colpì Milano nel 1630, alternando l'analisi delle cause a numerosi aneddoti dei più diversi tenori che rendono il testo tra i più coinvolgenti documenti di storia Milanese dell'epoca. Federigo non ebbe modo di portare a termine un'edizione definitiva dell'opera, morendo l'anno seguente.
Nonostante l'abbondanza della produzione, gli scritti di Federigo non hanno mai avuto grande fortuna se non per l'interesse storico che rivestono. Osserva il Manzoni:
« | Non dobbiamo però dissimulare che tenne con ferma persuasione e sostenne in pratica, con lunga costanza, opinioni, che al giorno d'oggi parrebbero a ognuno piuttosto strane che mal fondate; dico anche a coloro che avrebbero una gran voglia di trovarle giuste. Chi lo volesse difendere in questo, ci sarebbe quella scusa così corrente e ricevuta, ch'erano errori del suo tempo, piuttosto che suoi: scusa che, per certe cose e quando risulti dall'esame particolare de' fatti, può aver qualche valore, o anche molto; ma che applicata così nuda e alla cieca, come si fa d'ordinario, non significa proprio nulla. » | |
(A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XXII)
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Federico Borromeo e i Promessi Sposi
Federigo riveste rispetto ai Promessi sposi di Alessandro Manzoni il doppio ruolo di personaggio e di fonte.
Il Manzoni nel romanzo esalta la nobile figura del prelato, contraddistinguendolo per la grande conoscenza teologica, l'indole di profondo scrutatore dell'animo umano e di pastore zelante e comprensivo che aveva quale scopo di vita l'insegnamento della dottrina ai poveri e la cura dei sofferenti; il vivido ritratto biografico occupa quasi interamente il capitolo XXII.
Nel romanzo egli svolge il ruolo di adiutore dei protagonisti, simboleggiando un Cristianesimo puro e ispirato. Egli è dipinto come un vero santo, pio, umile, caritatevole, altruista, disponibile e pacato.
Il Manzoni poi, nei capitoli dedicati alla peste di Milano del 1630, utilizzò quale fonte anche lo stesso De pestilentia di Federigo, oltre ad altri scritti e all'opera del Ripamonti che fornirono spunti certamente più copiosi.
Tra i numerosi aneddoti del De pestilentia, spicca un episodio dal quale l'autore de ''I Promessi sposi'' trasse ispirazione per il commovente passo di Cecilia, nel capitolo XXXIV:
(LA) | (IT) | ||||
« | Novennis puella cum in conspectu matris occubuisset noluit mater tolli a vespillonibus eam, sed imposuit ipsa plaustro cadaver obversaque ad vespillones, vos vero hodie vespere me tolletis, inquit, regressaque in cubiculum et ex fenestra filiæ funus id contemplata paulo post extinguitur. » | « | Una bambina di nove anni morì dinanzi alla madre; questa, non sopportando che la figlia fosse toccata dai monatti, volle metterla lei sul carro. Poi voltatasi di nuovo ai monatti, "voi" disse, "questa sera, porterete via anche me". Così detto, rientrò in casa e si affacciò alla finestra. Stette a contemplare quelle esequie e poco dopo spirò. » | ||
(De pestilentia, cap. VIII )
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Genealogia episcopale
Per approfondire, vedi la voce Genealogia episcopale |
- Papa Giulio II
- Cardinale Raffaele Sansone Riario
- Papa Leone X
- Papa Paolo III
- Cardinale Francesco Pisani
- Cardinale Alfonso Gesualdo
- Papa Clemente VIII
- Cardinale Federico Borromeo
Successione degli incarichi
Predecessore: | Cardinale diacono di Santa Maria in Domnica | Successore: | |
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Carlo II di Lorena-Vaudémont | 1588-1589 | Francesco Maria Bourbon del Monte Santa Maria |
Predecessore: | Cardinale diacono dei Santi Cosma e Damiano | Successore: | |
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Girolamo Simoncelli | gennaio-marzo 1589 | Guido Pepoli |
Predecessore: | Cardinale diacono di Sant'Agata dei Goti | Successore: | |
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Benedetto Giustiniani | 1589-1591 | Carlo III di Lorena-Vaudémont |
Predecessore: | Cardinale diacono di San Nicola in Carcere | Successore: | |
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Ascanio Colonna | 1591-1593 | Pietro Aldobrandini |
Predecessore: | Cardinale presbitero di Santa Maria degli Angeli | Successore: | |
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Simeone Tagliavia d'Aragona | 1593-1631 | Ernest Adalbert von Harrach |
Predecessore: | Arcivescovo metropolita di Milano | Successore: | |
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Gaspare Visconti | 1595-1631 | Cesare Monti |
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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- Cardinali diaconi di Santa Maria in Domnica
- Cardinali diaconi dei Santi Cosma e Damiano
- Cardinali diaconi di Sant'Agata dei Goti
- Cardinali diaconi di San Nicola in Carcere
- Cardinali presbiteri di Santa Maria degli Angeli
- Vescovi di Milano
- Presbiteri ordinati nel 1593
- Presbiteri italiani del XVI secolo
- Italiani del XVI secolo
- Presbiteri del XVI secolo
- Presbiteri per nome
- Vescovi consacrati nel 1595
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- Vescovi del XVI secolo
- Vescovi per nome
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- Concistoro 18 dicembre 1587
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