Interdetto
L'interdetto è una pena[1] o censura, con la quale la Chiesa proibisce ad un reo di delitto di celebrare atti di culto e di accedere ai Sacramenti[2].
Effetti
In pratica l'interdetto vieta[3]:
- la partecipazione ministeriale alla celebrazione della Messa; priva delle funzioni di presidenza liturgica il Vescovo e il Presbitero; priva il diacono, l'accolito, il lettore e altri eventuali ministri liturgici delle loro funzioni;
- la partecipazione ministeriale a qualsiasi altra cerimonia del culto;
- la celebrazione dei sacramenti e Sacramentali;
- la ricezione dei Sacramenti.
Chi è colpito dall'interdetto può partecipare alla Messa, anche attivamente (risposte, canti), a modo di semplice fedele (non di ministro)
Se l'interdetto fu inflitto o dichiarato, e se il reo intenta di prendere parte come ministro all'Eucaristia o a altra forma di culto pubblico, deve esserne allontanato o si deve sospendere la celebrazione, a meno che non vi sia una causa grave per non farlo[4].
A differenza della scomunica, l'interdetto non vieta l'esercizio di funzioni o uffici o ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi, né vieta di porre atti di governo. Non colpisce quindi la comunione giuridica del reo con la Chiesa, ma solo l'esercizio del culto, e in particolare la celebrazione dell'Eucaristia.
Casi in cui vi si incorre
Incorre nell'interdetto latae sententiae:
- chi usa violenza fisica contro un Vescovo; se si tratta di un chierico incorre anche nella sospensione[5];
- chi, non elevato all'ordine sacerdotale, attenta l'azione liturgica del Sacrificio eucaristico[6];
- chi, "non potendo dare validamente la assoluzione sacramentale, tenta d'impartirla oppure ascolta la confessione sacramentale"; ma, se si tratta dell'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, la pena in cui si incorre è la scomunica, sempre latae sententiae[7];
- chi falsamente denuncia al Superiore ecclesiastico un confessore per il delitto di sollicitatio ad turpia (cfr. Can. 1387); se chierico incorre anche nella sospensione[8];
- "il religioso di voti perpetui, non chierico, il quale attenti al matrimonio anche solo civilmente"[9].
Casi in cui va inflitto
Il Codice indica l'interdetto come pena da infliggere:
- a "chi pubblicamente suscita rivalità e odi da parte dei sudditi contro la Sede Apostolica o l'Ordinario per un atto di potestà o di ministero ecclesiastico, o eccita i sudditi alla disobbedienza nei loro confronti" (si può infliggere anche altra giusta pena)[10];
- a chi promuove o dirige "una associazione che complotta contro la Chiesa[11];
- a "chi per simonia celebra o riceve un Sacramento" (può essere inflitta anche la sospensione)[12].
La remissione
Ha facoltà di rimettere l'interdetto e le altre censure, purché siano latae sententiae non dichiarate e non riservate alla Sede Apostolica, il canonico penitenziere, sia della chiesa cattedrale sia della chiesa collegiale. Ha tale facoltà in forza dell'ufficio[13].
Può assolvere da ogni peccato e rimettere ogni censura, e quindi anche l'interdetto, "ogni sacerdote, anche se privo della facoltà di ricevere le confessioni", nei confronti di tutti i penitenti che si trovano in pericolo di morte[14].
L'interdetto latae sententiae non dichiarato può essere rimesso "in foro interno sacramentale" se al penitente è gravoso "rimanere in stato di peccato grave per il tempo necessario a che il Superiore competente provveda"[15]. In tal caso "il confessore nel concedere la remissione imponga al penitente l'onere di ricorrere entro un mese sotto pena di ricadere nella censura al Superiore competente o a un sacerdote provvisto della facoltà, e di attenersi alle sue decisioni; intanto imponga una congrua penitenza e la riparazione, nella misura in cui ci sia urgenza, dello scandalo e del danno". Il ricorso "può essere fatto anche tramite il confessore, senza fare menzione del nominativo del penitente"[16].
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