Lettere di San Paolo

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Le lettere di Paolo, assieme alle lettere cattoliche, formano il gruppo di epistole incluse nel Nuovo Testamento. In queste San Paolo scrive a varie comunità da lui fondate nei suoi lunghi viaggi, descritti dagli Atti degli Apostoli, e a personaggi rimasti a lui cari.

Lettere attribuite a San Paolo

Diverse lettere sono state attribuite a San Paolo, sia dalla tradizione che per evidenze interne, quando l'autore è riportato nella lettera stessa:

Le due lettere a Timoteo e la lettera a Tito prendono il nome di "lettere pastorali".

Autenticità

La moderna critica biblica ha riconosciuto alcune di queste lettere pseudoepigrafiche, cioè non scritte da Paolo, ma a lui attribuite per errore o con con l'intento di passare per sue, allo scopo di dare loro autorevolezza.

L'attribuzione a San Paolo è normalmente riconosciuta certa per:[1]

L'attribuzione presenta qualche dubbio per:[2]

L'attribuzione è quasi certamente esclusa per:[2]

La Seconda lettera ai Tessalonicesi è molto simile alla prima dal punto di vista stilistico, ma notevolmente differente da quello teologico, in particolare per quanto riguarda la trattazione della seconda venuta, e potrebbe essere un rifacimento tardivo. Le lettere a Filemone, ai Colossesi e agli Efesini costituiscono un gruppo omogeneo per stile, dottrina e circostanze menzionate. Dato che la lettera agli Efesini sembra un ampliamento di quella ai Colossesi, è stato suggerito che anch'essa possa essere un rifacimento tardivo da parte di un discepolo. Anche le lettere a Timoteo e a Tito sono strettamente imparentate fra loro. Le differenze di stile fra queste lettere più tarde e quelle sicuramente attribuite a Paolo è stata interpretata da alcuni come causata dalla collaborazione di un discepolo.

La lettera agli Ebrei, indirizzata con molta probabilità ai cristiani di origine giudaica di Gerusalemme e certamente scritta negli anni 6365, prima della distruzione della città e del Tempio, infatti in essa si fa riferimento alle offerte e ai sacrifici di animali che i sacerdoti effettuavano nel Tempio (9). Essa è spesso ricondotta a Paolo, ma quasi sicuramente da attribuire ad un altro autore. Lo stile utilizzato in questa epistola è difatti assai diverso da quello delle altre lettere paoline e difficilmente riconducibile a San Paolo, anche se il filone di pensiero è in sintonia con la sua soteriologia e la suacristologia , tanto da far pensare a un discepolo o comunque un personaggio molto vicino a San Paolo. L'autore rimane tuttora anonimo, in passato si è pensato di attribuirla a Giuda "fratello del Signore" o a Luca o Barnaba, alcuni esegeti recenti propendono nell'attribuirla ad Apollo, giudeo di Alessandria d'Egitto, di cui si parla negli Atti degli Apostoli (18,24)[3]

L'importanza di una attribuzione non-paolina varia a seconda dell'epistola considerata, ma è rilevante il fatto che le 7 epistole non contestate sembrano presentare all'analisi di alcuni studiosi una visione più docetica e gnostica di quelle oggetto di discussione, più ortodosse. Un insegnante dell'Università di Princeton specializzata nello studio dello gnosticismo, Elaine Pagels, ha teorizzato l'appartenenza di Paolo a questa corrente, ma questa idea non ha incontrato accettazione negli ambienti accademici.

Canonicità

Sono testi canonici:

La Terza lettera ai Corinzi fu considerata canonica per qualche tempo dalla Chiesa apostolica armena.

Le lettere di San Paolo per i cristiani assumono una basilare importanza, in quanto sono la prima testimonianza della predicazione apostolica. Saulo di Tarso, come già prima di lui Simon Pietro, cambia il proprio nome in Paolo (Atti degli apostoli 9), passando così da un forte integralismo ebraico (Atti degli apostoli 7,58-8,3), che lotta contro la Chiesa nascente, ad una predicazione a tutto campo per la diffusione del Vangelo di Cristo allora non ancora scritto. Così facendo passa da una città all'altra del Mar Mediterraneo, durante i suoi quattro viaggi, costituendo numerose Chiese locali e formando nuovi predicatori del Vangelo; lo seguirono anche Luca e Marco, i due evangelisti non apostoli.

Lo stile delle lettere

Le lettere della letteratura classica si potevano classificare in due tipi: lettere familiari, in cui la persona si rivolgeva amichevolmente verso l'interlocutore dando notizie di sé e della propria vita; oppure lettere "trattati" le quali, mediante un linguaggio comunque semplice e confidenziale, trattavano temi teologici e filosofici o scientifici (vedi le lettere di Seneca a Lucilio).

Le lettere di San Paolo sono diverse dai due generi sopraccitati: non sono trattati perché partono dalla descrizione di situazioni precise e concrete e, pur esponendo spesso una dottrina, non perdono mai il "contatto" vivo e profondo con la realtà propria dei destinatari. Dall'altra parte non si possono neppure definire lettere "private", perché Paolo non si presenta come "semplice amico", bensì come portavoce di Dio inviato ad evangelizzare e a portare i doni di salvezza del Signore.

Egli ama immensamente i "suoi" cristiani, ma non dimentica di essere anche il loro padre nella fede, che ha il compito di "nutrire e guidare" i suoi figlioli per le strade di Dio. San Paolo vede nelle persone a cui si rivolge, il popolo di Dio invitato alla santità.

Significativo in proposito è il modo con cui San Paolo inizia normalmente le sue lettere. Ai Corinzi scrive così:

« Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio [...], alla Chiesa di Dio che è Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo » (1,1-3 )

Gesù nelle lettere di San Paolo

San Paolo, stando sia agli Atti degli Apostoli che alle sue stesse lettere, non incontrò mai Gesù; lo conobbe solo dalle proprie visioni e dalle conversazioni con altri Cristiani. Ciononostante, le sue lettere, scritte in un periodo che va dal 55 al 65, sono spesso consultate per testimonianze riguardo la storicità di Gesù.

Nella sua Lettera ai Galati, San Paolo dichiara di essere andato a Gerusalemme tre anni dopo aver avuto la visione di Gesù sulla strada per Damasco. Aveva viaggiato in Arabia ed era tornato a Damasco prima di visitare San Pietro, che San Paolo dice essere un apostolo di Gesù, e San Giacomo, "il fratello del Signore", che molti credono essere Giacomo il Giusto. (1:18-20) Poi San Paolo dice che dopo quattordici anni tornò a Gerusalemme e partecipò a una riunione con i Cristiani di Gerusalemme. La maggior parte degli studiosi ritiene che si tratti del Concilio di Gerusalemme, in cui San Paolo iniziò una discussione in cui si dichiarava contrario alla necessità della circoncisione per entrare a far parte del gruppo. San Paolo sostiene di aver vinto la disputa, e che San Pietro, San Giacomo e San Giovanni si fossero trovati d'accordo perché lui predicasse fra i Gentili. In seguito San Pietro visitò San Paolo ad Antiochia. La lettera ai Galati è una fra quelle di Paolo su cui non esistono dispute, quindi se si crede a lui e si accettano gli eventi come storici, allora questa è la prima prova testuale in ordine di tempo sulla Storicità di Gesù. L'esistenza di un "fratello" e di alcuni "apostoli" che discutono con San Paolo sulle reali intenzioni di Gesù sarebbe impossibile se questi non fosse mai esistito. Gli Atti degli apostoli, scritti venti o, più probabilmente, trent'anni dopo la lettera ai Galati, danno notizie più dettagliate sul Concilio.

Note
  1. Pheme Perkins, Reading the New Testament: An Introduction (Paulist Press, 1988), pp. 4-7.
  2. 2,0 2,1 New Testament Letter Structure, from Catholic Resources by Felix Just, S.J. Sono tuttavia in favore dell'autenticità, almeno per la Seconda lettera a Timoteo, alcuni importanti studiosi come il Professore J. Murphy O'Connor, Vita di Paolo, Brescia 2003, pp. 398-400.
  3. San Paolo, Lettera agli Ebrei - Lettere, Milano, Edizioni San Paolo, 2004, p. 10.
Bibliografia
  • Fabris-Barbaglio, Le lettere di Paolo, Edizioni Borla, Roma
  • Cipriani, Le lettere di Paolo, Città Nuova, Roma
Voci correlate
Opere attribuite a Paolo
Collegamenti esterni