Ricerca sul Gesù storico
La ricerca storica su Gesù ha come scopo quello di risalire al cosiddetto "Gesù storico", cioè a determinare le effettive e reali caratteristiche della persona, della vita e del messaggio del predicatore palestinese che la tradizione cristiana ha identificato come il messia atteso dalla tradizione veterotestamentaria e il Figlio di Dio fatto uomo.
Dato che le principali fonti storiche analizzate sono i Vangeli, che sono opere fondate storicamente ma redatte con precisi intenti teologici, il lavoro storiografico (basato sul metodo storico critico) è strettamente legato a determinati criteri ermeneutici e, spesso, con i pregiudizi-preconcetti dei ricercatori che si accostano ai testi evangelici. Per questo i risultati della ricerca, iniziata nel XVIII secolo e tuttora in corso, non sono univoci e hanno prodotto diverse immagini (talvolta contrastanti) di quello che dovrebbe essere il Gesù storico. Una corrente minoritaria di studiosi ha negato a Gesù l'esistenza storica, considerandolo un mito storicizzato dai primi cristiani (mito di Gesù). Nonostante la pretesa oggettività della ricerca, le conclusioni degli studiosi circa la vita e il ministero di Gesù non sono concordi e unanime:
- a un estremo, alcuni studiosi[1] vedono Gesù come un riformatore morale che ha cercato, fallendo, di riformare e migliorare la società del tempo, pur senza pretese propriamente politiche e rivoluzionarie
- all'altro estremo, altri studiosi[2] vedono Gesù come un entusiasta profeta apocalittico che ha annunciato un mondo futuro e migliore.
La tradizione cristiana si colloca in una equilibrata posizione intermedia, riconoscendo nell'opera di Gesù il "già" dell'inizio del Regno e allo stesso tempo il "non ancora" dell'attualizzazione futuro del Regno grazie alla sua risurrezione.
Fonti storiche
Non esistono riferimenti archeologici diretti (come epigrafi) riferibili con assoluta certezza alla vita e all'operato di Gesù. Il più antico artefatto archeologico potenzialmente a lui correlabile è la cosiddetta Iscrizione di Nazaret: in questa lapide databile attorno alla metà del I secolo e ritrovata nel 1878 a Nazaret viene punita, da parte dell'autorità romana, la profanazione dei sepolcri e lo spostamento dei cadaveri in essi contenuti. È possibile, ma non sicuro, che questa direttiva fosse collegata all'accusa rivolta ai primi cristiani di aver trafugato il corpo di Gesù sostenendone la risurrezione (Mt28,11-15).
Le fonti testuali relative a Gesù possono essere raggruppate in quattro tipologie:
- le lettere paoline, poi incluse nel Nuovo Testamento: scritte approssimativamente tra il 51 e il 63[4] da Paolo di Tarso, che non conobbe direttamente Gesù, rappresentano i documenti noti più antichi, ma non contengono dati biografici su Gesù che possano risultare utili per studiarne la figura storica. Sono tuttavia testimonianza di come venisse descritto il personaggio Gesù alle più antiche comunità cristiane;
- i quattro vangeli canonici (Matteo, Marco, Luca e Giovanni). Secondo una parte degli storici tali scritti sono giunti alla forma attuale nella seconda metà del I secolo, dopo essere stati redatti in più versioni e preceduti da una decennale tradizione orale o di appunti scritti[5], mentre per altri avrebbero raggiunto la loro forma definitiva, sempre a seguito di diverse redazioni, solo intorno alla metà del II secolo[6]. Raccontano dettagliatamente la vita pubblica di Gesù, cioè il periodo della predicazione negli ultimi anni della sua vita, mentre sulla sua vita privata precedente forniscono scarne informazioni. Rappresentano i principali documenti sui quali converge il lavoro ermeneutico degli storici. In epoca moderna si sono sviluppate differenti correnti di pensiero circa l'effettiva attendibilità dei vangeli e la storicità di Gesù;
- i vangeli apocrifi. Generalmente non sono accolti dagli studiosi come fidati testimoni del Gesù storico[7] (data la composizione tarda, a partire dalla metà del II secolo, sono al più utili per ricostruire l'ambiente religioso dei secoli successivi a Gesù[8]), anche per il genere letterario favolistico-leggendario che contraddistingue gran parte delle loro narrazioni[9]. La loro testimonianza è variegata:
- i cosiddetti vangeli dell'infanzia (quali il Tommaso e il Matteo) presentano un carattere abbondantemente e gratuitamente miracolistico che sfocia spesso nel magico-fiabesco, in netto contrasto con la sobrietà dei quattro vangeli canonici. Gesù appare come un bimbo prodigio, talvolta capriccioso e vendicativo;
- i vangeli gnostici (tra i quali il Giacomo, il Filippo e il Tommaso), contenenti prevalentemente rivelazioni private e inedite espresse in raccolte di loghia (detti), dipingono Gesù come una particella di divino intrappolata nella carne, insegnante ad abbandonare la carne e la materialità per raggiungere la salvezza[10];
- i cosiddetti vangeli della passione (ad esempio Pietro, Nicodemo) non aggiungono molto alle descrizioni della passione contenute nei vangeli canonici, caratterizzandosi però con l'intento di discolpare Ponzio Pilato e far ricadere la colpa della morte di Gesù sulle autorità religiose e sul popolo ebreo;
- fonti storiche non cristiane su Gesù. In alcune opere di autori antichi non cristiani si trovano alcuni sporadici accenni a Gesù o ai suoi seguaci, il più antico dei quali è il cosiddetto Testimonium Flavianum. Le informazioni fornite da tali fonti non sono di particolare aiuto nell'indagine su Gesù, limitandosi prevalentemente a confermare la sua esistenza.
Metodo
Per approfondire, vedi la voce Metodo storico critico |
La metodologia di ricerca usata per risalire al "Gesù storico" è il metodo storico critico, che comprende un insieme di principi e criteri filologici ed ermeneutici sviluppati a partire dal XVII secolo. Validi in ogni campo, non solo per i vangeli e la figura di Gesù, tali criteri mirano a ricostruire la lezione originaria di un testo, allorquando se ne sono tramandate diverse varianti, e a valutare il contenuto storico della narrazione del testo.
Orientamenti della ricerca
Per secoli il mondo cristiano non ha operato distinzioni tra il "Gesù storico" (pre-pasquale) e il "Cristo della fede" (post-pasquale), Messia e Figlio di Dio incarnato, assumendo senza dubbi come valide le informazioni contenute nei vangeli, incluse quelle soprannaturali e miracolistiche. A partire dal XVII secolo, cioè dal periodo dell'illuminismo e contemporaneamente allo sviluppo del metodo storico critico, si avverte la necessità di esaminare criticamente i dati forniti dalle fonti storiche per risalire al loro nucleo "autentico". La ricerca storica su Gesù è solitamente suddivisa in tre (più una) grandi stagioni.[11]
Prima ricerca
La "prima ricerca" (First Quest, oppure Old Quest) ha origine con Hermann Samuel Reimarus (1694-1768), professore di lingue orientali ad Amburgo, che compose tra il 1735 e la sua morte una Apologia,[12] parzialmente pubblicata postuma da Lessing nel 1774-78.[13] Caratteristica principale di questo autore, come degli studiosi a lui seguenti, è stato il presupposto della scissione tra il Gesù della storia e il Cristo della fede predicato e tramandato, indagata con gli occhi del razionalismo illuminista: "Io credo che vi siano forti motivi per tenere ben distinto ciò che gli apostoli raccontano nei loro propri scritti da ciò che Gesù nella sua vita ha realmente espresso e insegnato" (p. 358). Per Reimarus Gesù fu un rivoluzionario politico e terreno, combattente per la liberazione degli Ebrei dal dominio romano, che fallì la sua impresa nella morte in croce. I discepoli rubarono il suo cadavere e lo trasformarono in un risorto, messia spirituale e annunciatore di un regno celeste, mutando il suo fallimento in croce in un sacrificio salvifico.
All'interno della prima ricerca vanno collocati numerosi autori protestanti, collettivamente identificati come scuola liberale, impegnati nell' '800 a presentare un Gesù maestro morale e tendenzialmente privo di numerose caratteristiche soprannaturali. Il luterano tedesco Heinrich Eberhard Gottlob Paulus (1761-1851) nella sua Vita di Gesù (1828)[14] si è concentrato sulla spiegazione razionalistica dei miracoli di Gesù, che in realtà furono basati su fenomeni di suggestione ed equivoci: p.es. il miracolo della moltiplicazione dei pani non fu altro che una condivisione di cibo, la stessa risurrezione di Gesù va ricondotta alla ripresa da uno stato di catalessi.
Il luterano tedesco David Friedrich Strauss (1808-1878), nella sua Vita di Gesù (1835-36),[15] è ancora più radicale, negando valore storico agli eventi evangelici miracolosi e considerandoli miti, cioè narrazioni astoriche prodotte dai discepoli che manifestavano così la loro fede in Gesù, considerato Figlio di Dio e salvatore. Diversi studiosi successivi (Bruno Bauer, 1809-1882; Arthur Drews, 1865–1935) sono andati oltre Strauss, sostenendo che la miticità di Gesù va estesa non solo ai racconti della sua vita ma alla sua stessa esistenza.
La Vita di Gesù composta nell' '800 che ha avuto più fortuna è stata quella del francese Ernest Renan (1823-1892),[16] pubblicata nel 1863 e che al 2011 conta circa 600 edizioni.[17] Scritta in maniera romanzata, semplice e accattivante, in essa Renan sostiene che Gesù era un predicatore di grande levatura morale, senza però alcunché di divino e miracoloso.
All'interno della "Prima ricerca" va posta anche la riflessione del luterano tedesco Johannes Weiss (1863-1914), che nel 1892[18] ha sottolineato la componente escatologica del messaggio predicato da Gesù: non era precipuamente un maestro religioso e morale ma un profeta escatologico, annunciatore del futuro Regno di Dio. Il poliedrico (teologo, medico, musicista, missionario) Albert Schweitzer (1875-1965), premio nobel per la pace nel 1952, in un'opera del 1906[19] giunge alle stesse conclusioni di Weiss: "Gesù entra nella storia solo quando in Galilea predica che il regno è vicino" (p. 496). Il messaggio di Gesù e la consapevolezza del suo operato erano centrati su un'escatologia conseguente, su un regno a lui futuro che doveva manifestarsi presto. La scelta e l'accettazione della propria passione aveva lo scopo di facilitare l'irrompere del regno. Alcuni studiosi contemporanei, tra cui Dale Allison[20] e Bart Ehrman,[21] hanno ripreso il Gesù profeta apocalittico di Weiss e Schweitzer.
Schweitzer è però noto soprattutto per aver decretato, con il suo studio, la fine della Prima ricerca: l'ideale di risalire al Gesù della storia, privato dei rivestimenti ideologici derivanti dalla fede, si era dimostrato di fatto impossibile dato che gli studiosi che si erano cimentati nell'opera erano giunti a risultati contrastanti tra loro e conformi alle proprie opinioni: "Strano destino quello della ricerca sulla vita di Gesù. Partì per trovare il Gesù storico, pensando di poterlo collocare nel nostro tempo com'egli è, come maestro e come salvatore. Spezzò le catene che da secoli lo tenevano legato alle rocce della dottrina ecclesiastica, gioì quando la vita e il movimento penetrarono di nuovo la sua figura e quando vide l'uomo storico venirle incontro. Egli tuttavia non si fermò, passò davanti al nostro tempo, lo ignorò e ritornò nel suo. La teologia degli ultimi decenni ne fu scandalizzata e spaventata, perché divenne consapevole che tutte le sue tecniche interpretative e le sue manipolazioni non erano in grado di trattenerlo nel nostro tempo, ma dovevano lasciarlo andare nel suo" (pp. 744-45).
Nessuna ricerca
Qualche anno prima che Schweitzer proclamasse la fine della "prima ricerca", il protestante tedesco Martin Kähler (1835-1912) aveva gettato il seme (ignorato da Schweitzer) di quella che è diventata la fase successiva della ricerca sul Gesù storico, la cosiddetta "No quest", nessuna ricerca. In un'opera del 1892[22] Kähler afferma che "i Gesù delle 'Vite di Gesù' sono una sottospecie moderna dei prodotti dell'arte inventiva umana" (p. 62); "Il Cristo reale, cioè il Cristo efficace, quello che attraversa la storia dei popoli, col quale milioni di uomini hanno intrattenuto un rapporto di fede filiale [...], il Cristo reale è il Cristo predicato" (p. 83), cioè il Cristo della fede. Mentre la prima ricerca aveva dunque mirato al Gesù storico, facendo il possibile per eliminargli di dosso i rivestimenti dogmatici del Cristo della fede, Kähler si limita a constatare il fallimento di questi tentativi e afferma la necessità di accettare il Gesù che la storia e le fonti ci hanno tramandato, cioè il Cristo della fede.
Questa posizione è stata fatta propria e divulgata dal protestante tedesco Rudolf Bultmann (1884-1976), al quale è maggiormente legata l' "etichetta" della No quest. Bultmann afferma, da buon luterano aderente al "sola fide", che nel rapporto tra il cristiano e Cristo è la fede in lui la cosa essenziale, non necessita di un'indagine e dell'appoggio sul Gesù terreno. I singoli fatti della vita di Gesù non sono importanti per il loro accadere nella storia ma per il significato teologico che rivestono per il credente. Per esempio, la nascita verginale di Gesù non va intesa come fatto biologico, ma un evento di grazia; la risurrezione di Gesù vuole indicare la sua presenza ed attività all'interno dell'evangelizzazione. Per Bultmann dunque, in un'ottica di pura fede, è ininfluente l'alternativa se i racconti dei vangeli hanno un fondamento storico oppure no, ma opta decisamente per la prima alternativa: "Non ci si può servire della luce elettrica e della radio o far ricorso in caso di malattia ai moderni ritrovati medici e clinici, e nello stesso tempo credere nel mondo degli spiriti e dei miracoli propostici dal Nuovo Testamento" (Il manifesto della demitizzazione).
Seconda ricerca
La "seconda ricerca" (New Quest o Second Quest) vede il suo inizio in una conferenza del 1953 del luterano tedesco Ernst Käsemann (1906–1998), allievo di Bultmann, dal titolo "Il problema del Gesù storico".[23] In essa Käsemann rigetta (come Schweitzer) la pretesa della prima ricerca di risalire al Gesù storico privandolo delle interpretazioni dogmatiche, ma rigetta anche il Cristo della fede demitizzato di Bultmann. Käsemann nota infatti come tale aut-aut non sia presente nei vangeli, dove si trova piuttosto un et-et: il Signore della fede, verbo di Dio incarnato e risorto, è lo stesso Gesù terreno, anche se la tradizione protocristiana lo ha raccontato e predicato con gli occhi della fede. Il materiale pervenutoci va dunque esaminato criticamente per risalire al Gesù storico. Il principale criterio è quello di discontinuità: "Abbiamo un terreno in un certo senso solido sotto i piedi, solo in un caso: quando una tradizione, per un qualche motivo, non può essere né desunta dal giudaismo, né attribuita alla cristianità primitiva, e specialmente quando il giudeo-cristianesimo ha temperato o ritoccato del materiale ricevuto dalla tradizione, perché troppo audace" (p. 48).
L'applicazione più efficace ed evidente dell'orientamento tracciato da Käsemann è stata l'opera Gesù di Nazaret (1956) del luterano tedesco Günther Bornkamm (1905-1990), anch'egli ex-allievo di Bultmann.
Terza ricerca
Con terza ricerca (Third Quest) si intende l'orientamento prevalente della ricerca storiografica su Gesù. Come la seconda ricerca, essa è ben consapevole che Gesù ci è pervenuto in maniera indistinta dal Cristo della fede, ma rivolge maggiore attenzione al contesto storico, religioso e culturale della Giudea dell'epoca, che negli ultimi decenni ci è più noto grazie anche ai ritrovamenti dei manoscritti di Qumran (1947) e di numerosi scritti gnostici, in particolare da Nag Hammadi (1945).
Al pari della prima ricerca, anche in questa fase contemporanea però i risultati non sono concordi. Alcuni studiosi sottolineano l'indole escatologica del messaggio di Gesù, proteso al regno futuro (E.P. Sanders, B.F. Meyer, J.P. Meier), mentre altri sottolineano la natura etica e sapienziale della sua predicazione, rivolta al presente (Borg, Mack, Downing, Crossan, R.W. Funk e il Jesus Seminar), e una minoranza riprende l'idea di Reimarus di un Gesù rivoluzionario antiromano (R. Eisler, S.G.F. Brandon) o attivo contro la classe dominante giudaica (Horsley). Altri vedono Gesù e i suoi discepoli come un pacifico apolide itinerante (G. Theissen), o come un giudeo pio e osservante (D. Flusser), o come uno dei tanti maghi che popolavano l'oriente romano (M. Smith).
Risultato della ricerca
I risultati delle varie correnti di pensiero sul Gesù storico possono oggi essere raggruppate con larga approssimazione in quattro filoni principali, qui elencati progressivamente da una maggiore a una minore pretesa di storicità:
- Secondo alcuni studiosi e confessioni cristiane di stampo fondamentalista (tra le quali i Testimoni di Geova e la cattolica Scuola esegetica di Madrid), i vangeli rappresentano dei fedeli resoconti storici della vita e dell'operato di Gesù. Eventuali discordanze interne, tra i racconti evangelici o con fonti storiche non cristiane, a un esame approfondito possono essere spiegate e appianate in vario modo.[24]
- Secondo la Chiesa cattolica e la maggior parte delle Chiese protestanti, le quali non accettano la completa inerranza biblica (infallibilità), i vangeli non sono vere e proprie biografie di genere storico, ma sono racconti principalmente teologici, fondati comunque su solide basi storiche, redatti dalla Chiesa del I secolo col non secondario intento di dare una risposta alle situazioni problematiche che si trovava ad affrontare (di qui il concetto di Sitz im Leben, "situazione di vita").
- Secondo molti storici non cristiani, e alcuni teologi e biblisti cristiani, seppure caratterizzati da notevoli differenze nei presupposti e nelle conclusioni della ricerca[25], le fonti evangeliche non sarebbero totalmente attendibili: sarebbe perciò effettivamente esistito all'inizio del I secolo un predicatore ebreo itinerante chiamato Gesù (nome comune all'epoca), variamente identificato come un uomo di grande levatura morale e/o proteso verso il regno futuro e/o un rivoluzionario politico e sociale, secondo alcuni un Esseno o un Nazireo, che avrebbe terminato in croce la sua esistenza. La comunità dei suoi credenti lo avrebbe poi esaltato, attribuendogli miracoli e prodigi. Per risalire al vero Gesù storico occorre pertanto "demitizzare" i vangeli, privandoli delle aggiunte e reinterpretazioni attuate dai suoi fedeli. Gesù sarebbe dunque "un uomo trasformato in un dio".
- Altri studiosi[26] privano di qualunque valore storico i vangeli, negando in più casi la stessa esistenza storica di Gesù e relegandolo alla sfera del mito. Leggende e miti preesistenti all'epoca di Gesù sarebbero stati applicati ad un predicatore ebreo in realtà mai esistito: Gesù sarebbe dunque "un dio trasformato in un uomo".
Mito di Gesù
Con mito di Gesù si intende l'ipotesi secondo la quale Gesù non è mai esistito e sarebbero stati i primi cristiani a inventarne la vita, opere e detti. Il modello di riferimento per l'invenzione sarebbe stata la figura del dio che muore e risorge, particolarmente popolare nei culti misterici del panorama religioso del mediterraneo greco-romano (Osiride, Mitra, Dioniso, Attis).
Di contro, non è chiaro il motivo per cui i primi cristiani avrebbero dovuto inventare questa figura mitico-leggendaria: secondo le fonti storiche furono perseguitati prima dagli Ebrei e poi dai Romani, senza ottenere quindi nessun vantaggio dall'invenzione e dalla predicazione del messaggio di una persona inesistente. Si tratta di un'ipotesi complessivamente marginale nel panorama storico contemporaneo che non gode di particolare credito e risalto nel mondo scientifico e accademico.
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Voci correlate | |