Risurrezione di Gesù Cristo (Piero della Francesca)
Piero della Francesca, Risurrezione di Gesù Cristo (1467 - 1468), affresco | |
Risurrezione di Gesù | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Regione | Toscana |
Regione ecclesiastica | Toscana |
Provincia | Arezzo |
Comune | |
Diocesi | Arezzo-Cortona-Sansepolcro |
Ubicazione specifica | Museo Civico di Sansepolcro (ex Palazzo dei Conservatori) |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Sansepolcro |
Luogo di provenienza | ubicazione originaria |
Oggetto | dipinto murale |
Soggetto | Risurrezione di Gesù Cristo |
Datazione | 1463 - 1468 ca. |
Autore |
Piero della Francesca (Piero di Benedetto de' Franceschi) |
Materia e tecnica | affresco |
Misure | h. 225; l. 200 cm |
Iscrizioni | S.P. |
La Risurrezione di Gesù Cristo è un dipinto murale, eseguito tra il 1463 e il 1468, ad affresco, da Piero di Benedetto de' Franceschi, detto Piero della Francesca (1420 ca. - 1492), ubicato nel Palazzo dei Conservatori di Sansepolcro (Arezzo), attuale sede del Museo Civico.
Descrizione
Soggetto
La scena è ambientata oltre un'immaginaria apertura, incorniciata da due colonne scanalate, un basamento (dove è presente un'iscrizione oggi quasi del tutto perduta) e un architrave, entro la quale compaiono:
- Gesù Cristo risorto: si eleva dal sepolcro ridestandosi alla vita, si erge solenne e ieratico e la sua figura divide in due parti il paesaggio: quello a sinistra, invernale, spoglio e morente; quello a destra, estivo, rigoglioso e verdeggiante; questo allude alla redenzione dei peccati, alla nuova vita donata al mondo dalla morte e Risurrezione di Gesù. Il Salvatore stringe con mano sicura il vessillo con la croce rossa in campo bianco, simbolo della Risurrezione. La figura di Gesù Cristo è al vertice di un triangolo immaginario, che va dalla base del sarcofago alla sua aureola, suggerito anche dalle linee di forza delle pose dei soldati. La costruzione geometrica della composizione rende le figure astratte e immutabili, quasi appartenenti ad un ordine di comprensione superiore. A quest'effetto contribuisce la costruzione "atletica" della figura di Gesù Cristo, ben eretta e modellata anatomicamente come una statua antica, con un piede appoggiato sul bordo, a sottolineare l'uscita dal sarcofago, e la mano destra che regge il vessillo crociato, emblema del suo trionfo. Egli venne consapevolmente dipinto al di fuori delle regole prospettiche che imporrebbero una veduta dal basso, come avviene per le teste dei soldati. Il pittore, dopotutto, aveva piena padronanza di queste tecniche di rotazione dei corpi nello spazio, come ampiamente descritte nel De prospectiva pingendi. Gesù appare così sottratto alle leggi terrene e più che mai vicino all'osservatore. La linea dell'orizzonte mette in risalto le spalle e la testa di Cristo. Il cielo sullo sfondo è tipico delle opere di Piero della Francesca, sfumato all'orizzonte come durante l'alba e punteggiato da nuvolette chiaroscure "a cuscinetto".
- Quattro guardie: giacciono sedute ai piedi del sepolcro e profondamente addormentate, con le insegne militari. Ponzio Pilato, come racconta il Vangelo di Matteo (27,64-66), non concesse proprie guardie per la sorveglianza del sepolcro di Gesù; si tratta pertanto delle guardie disposte dal Sinedrio:
- Guardia, in primo piano a sinistra, accenna a a svegliarsi e si stropiccia gli occhi;
- Guardia, in primo piano a destra, ha la spada e l'elmo decorato;
- Guardia che tiene stretta la lancia ed imbraccia lo scudo su cui spiccano le lettere "S.P." iniziali dell'acronimo "S.P.Q.R." (Senatus Populusque Romanus), in riferimento al superiore dominio di Roma;
- Guardia senza elmo al centro è probabile che sia l'autoritratto di Piero della Francesca. Dietro di lui si trova la base del vessillo con la croce, sorretta da Gesù Cristo, quasi a voler indicare un diretto contatto con la divinità, per ispirare il pittore, ma anche l'uomo politico, poiché egli stesso ricoprì più volte incarichi pubblici per la sua città. Nelle vesti dei soldati ricorrono quelle caratteristiche d'avvicendamento cromatico tipico delle opere di Piero della Francesca: il rosso è alternamente colore dell'elmo e dei calzari di un soldato e dello scudo di un altro; il verde ricorre nella cotta di uno, nel mantello di un altro e nei calzari del terzo.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Un tema centrale è quello del sonno e della veglia, con il contrasto tra la parte inferiore e terrena dei soldati e quella superiore di Gesù Cristo, della divinità, che sempre vigila.
- Il sarcofago è messo in particolare evidenza: Piero della Francesca ha, infatti, realizzato l'affresco per la sua città natale, Borgo San Sepolcro, che ha la tomba di Gesù nel nome e nello stemma.
- Il vessillo delle crociate è un riferimento al primo regno di Gerusalemme e alla raccolta delle sue leggi che erano note come lettere dal Santo Sepolcro, il riferimento probabilmente è per avere continuo ed una legittimazione delle decisioni che si prendevano nella sala attigua sede del governo cittadino.
- Il messaggio profondo del dipinto è che seguire la via aspra e dura della salvezza è difficile; non si può dormire come fanno le guardie (una solo, quella in primo piano a sinistra sembra svegliarsi e si stropiccia gli occhi davanti alla luce accecante della Verità); il sonno in cui sono immerse non è quello benedetto di Giacobbe, prima della fuga in Egitto, ma quello funesto di Noè ubriaco (Gen 9,21-27 ), di Sansone sulle ginocchia di Dalila (Gdc 16,19 ) e di Oloferne decapitato da Giuditta (Gdt 13,2-10 ). Inoltre, si rileva che c'è una certa gradualità negli atteggiamenti delle guardie:
Iscrizione
Nel dipinto figura un'iscrizione, a lettere capitali, collocata sullo scudo della guardia che tiene stretta la lancia, dove si leggono le prime due lettere dell'acronimo:
(LA) | (IT) | ||||
« | S(enatus) P(opulus) Q(ue) R(omanus) » | « | Il Senato e il popolo romano » |
Notizie storico-critiche
La Risurrezione di Gesù Cristo è in genere datato agli anni Sessanta del XV secolo, quando Piero della Francesca lavorava ad Arezzo al ciclo delle Storie della Vera Croce.
Il celebre dipinto fu realizzato da Piero della Francesca per il Palazzo dei Conservatori dove a sede l'attuale Museo Civico di Sansepolcro. Il soggetto allude alla città stessa, poiché si riteneva che Sansepolcro fosse stata fondata su alcune reliquie portate dalla Terra Santa dai pellegrini Arcano ed Egidio. Questa sala era il luogo dove si riunivano i Conservatori dell'antico Comune che l'avevano fatta costruire appositamente nel 1458. Proprio a questi anni è da riferirsi l'affresco che, essendo il simbolo stesso della città, faceva da sfondo agli incontri cittadini. Il soggetto e lo schema compositivo si rifanno al più antico prototipo eseguito da Niccolò di Segna per il Duomo di Sansepolcro.
Alla metà del XIX secolo, con il risveglio dell'interesse per Piero della Francesca, la Risurrezione venne riscoperta da viaggiatori inglesi e fu ampiamente ricorda in un articolo di Austin Henry Layard nel Quarterly Review, il quale definì Gesù Cristo di Sansepolcro come:
« | Dotato di una maestà terrificante e non terrena nel contegno, nei grandi occhi fissi nel vuoto e nei tratti malgrado ciò distesi. » |
Molti seguirono le sue orme e con la costruzione della prima linea ferroviaria per Arezzo a metà degli anni Sessanta del XIX secolo, gli artisti inglesi, che già avevano ammirato il Battesimo di Gesù Cristo, esposto la National Gallery, si riversavano a vedere i dipinti di Piero della Francesca, del quale apprezzavano la "laicità" della sua nuova scienza prospettica e la sua ispirazione che derivava dall'arte greca, fortemente ammirato dai neoclassici ottocenteschi. Lo stesso Edgar Degas visitò Arezzo e Sansepolcro, traendo ispirazione per opere come Semiramide alla costruzione di Babilonia, oggi al Museo d'Orsay, o Giovani spartane alla National Gallery.[1] Il dipinto fu ricordato anche dallo scrittore Aldous Huxley che nutriva una grande ammirazione per quest'opera, definendolo la più bella pittura del mondo[2]: queste parole risparmiarono la città di Sansepolcro dal bombardamento dell'artiglieria alleata, durante la Seconda Guerra Mondiale. Infatti, il capitano britannico Anthony Clarke raccontò che egli, ordinato il cannoneggiamento della città (nonostante i nemici si fossero già ritirati), interruppe il fuoco dopo essersi ricordato dello scritto di Huxley [3]
Note | |||||||
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Bibliografia | |||||||
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