Battesimo di Gesù Cristo (Piero della Francesca)
Piero della Francesca, Battesimo di Gesù Cristo (1440 ca.), tempera su tavola | |
Battesimo di Gesù Cristo | |
Opera d'arte | |
Stato | Regno Unito |
Nazione | Inghilterra |
Regione ecclesiastica | [[|]] |
Contea | City of London |
Comune | Londra |
Diocesi | Westminster |
Ubicazione specifica | National Gallery |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Sansepolcro |
Luogo di provenienza | Chiesa dell'Abbazia camaldolese (ora Concattedrale di San Giovanni Evangelista) |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Gesù Cristo viene battezzato da san Giovanni Battista nel fiume Giordano; Storie di san Giovanni Battista |
Datazione | 1440 ca. |
Ambito culturale | |
Autori |
|
Materia e tecnica | tempera su tavola |
Misure | h. 167 cm; l. 116 cm |
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Il Battesimo di Gesù Cristo è un dipinto, eseguito nel 1440 circa, a tempera su tavola, di Piero di Benedetto de' Franceschi, detto Piero della Francesca (1483 ca. - 1524), proveniente dalla chiesa dell'Abbazia camaldolese (ora Concattedrale di San Giovanni Evangelista) di Sansepolcro ed ora conservato presso la National Gallery di Londra (Gran Bretagna).
Descrizione
Soggetto
Il dipinto è ambientato in uno splendido paesaggio naturale, dove scorre il fiume Giordano, dove compaiono:
- al centro:
- Gesù Cristo è raffigurato in posizione frontale, a mani giunte, immobile come una colonna, sta ricevendo il battesimo di Giovanni, prima di iniziare la vita di predicazione. Il suo volto appare assorto in una concentrazione assoluta;
- San Giovanni Battista sta battezzando Gesù Cristo.
- Spirito Santo sotto forma di colomba si libra nell'aria ad ali aperte; sottili striature d'oro rappresentano la luce divina che discende dalla stessa. Il pittore ha scelto di concentrare il misticismo della scena su questo simbolo, senza raffigurare Dio Padre nel cielo.
- a sinistra: Tre angeli, accanto ad un grande albero, assistono alla scena, partecipando intensamente all'evento divino ed esprimendo un senso di statuaria tranquillità.
- a destra:
- Catecumeno, si sta spogliando per essere battezzato.
- Gruppo di sacerdoti greci, le cui immagini si riflettono nelle acque in un'ansa del fiume, uno dei quali indica stupefatto il cielo: si tratta probabilmente di un espediente per alludere al passo evangelico in cui si parla del "cielo spalancato" dal quale discese la colomba, un prodigio altrimenti difficile da rappresentare. Il gesto è posto in rilievo dall'"incorniciatura", tramite linee di forza, del battezzando, con il braccio di san Giovanni che appare come un prolungamento del gesto del sacerdote, della schiena arcuata del discepolo che si spoglia e della gamba del Battista in parallelo.
Angeli
La presenza dei tre angeli richiama l'episodio biblico della loro manifestazione ad Abramo sotto la quercia di Mamre (Gen 18,1-3 ):
« | Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo». » |
Questo episodio è stato sempre letto come una precisa allusione nell'Antico Testamento alla Trinità, di cui il battesimo di Gesù e la trasfigurazione sul monte Tabor costituiscono la manifestazione evangelica. Per questo i tre angeli vestiti di quei colori che richiamano la Trinità (rosso, bianco e blu), rappresentano:
- Padre, l'angelo a sinistra, vestito con il rosso ed il blu, con un prezioso monile sulla fronte;
- Spirito Santo, l'angelo al centro vestito di bianco;
- Figlio, l'angelo a destra, vestito con il rosso ed il blu (una ripulitura errata nel XIX secolo ha purtroppo dilavato i colori di questa figura), il quale appare prospetticamente "segnato" dal tronco dell'albero, il più vicino a Gesù e che ha sulla spalla quella che probabilmente è la veste di Cristo, simbolo della nuova vita, dopo i quaranta giorni trascorsi nel deserto.
Inoltre, va ricordato che questi colori (rosso, bianco e blu) erano quelli degli abiti dell'Ordine dei Trinitari, fondato da papa Innocenzo III nel 1198.
Secondo molti studiosi i due angeli di destra e del centro, che si tengono per mano, sotto lo sguardo di un terzo angelo che, con il palmo della mano rivolto verso il basso, evoca un antico gesto di concordia, alludono all'unità delle due Chiese, latina e greca e celebrano il Concilio di Ferrara e Firenze tenutosi nel 1439 per la conciliazione della Chiesa occidentale con quella orientale. Tale simbolismo sembra essere testimoniato anche dalla presenza, subito dietro il neofita, dei personaggi vestiti all'orientale.
Ambientazione
La scena avviene tra le acque del fiume Giordano, in Palestina, ma in realtà ciò che si nota che è una veduta della valle del Tevere con un borgo turrito, chiuso fra le sue mura alle pendici di un colle ridente: Sansepolcro, la città di Piero della Francesca.
Nel paesaggio si vedono una serie di colline in lontananza, descritte nei minimi dettagli, il cielo terso solcato da nuvole bianco-grigie e la lunga strada leggermente sinuosa che porta alla città, insieme agli alberi conici ed ai tronchi d'albero tagliati che proiettano la loro ombra sul prato verde scuro, dando la misura dello spazio prospettico.
Il tronco liscio, chiaro ed eretto dell'albero replica la solidità ed il pallore del corpo di Gesù Cristo e la sua chioma, con la forma emisferica, determina una sorta di cupola che protegge l'immagine dell'Uomo-Dio. Inoltre, questo richiama il lignum vitae, la salvezza portata dal legno della Croce.
Predella
Il dipinto era completato originariamente da una predella, opera di Matteo di Giovanni (1428 ca. – 1495), e composta di cinque scomparti con le Storie di san Giovanni Battista, nelle quali sono raffigurate:
- Natività di san Giovanni Battista; Sant'Agostino;
- San Giovanni Battista predica alle folle; San Gregorio Magno;
- Crocifissione di Gesù Cristo; San Girolamo;
- San Giovanni Battista condotto davanti ad Erode Antipa ed Erodiade; Sant'Ambrogio;
- Banchetto di Erode Antipa
Gli scomparti della predella sono conservati oggi nel Museo Civico di Sansepolcro. [1]
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Il dipinto è costruito secondo una rigorosa costruzione geometrica tramite l'uso di corpi platonici, dei quali l'artista trattò nel De quinque corporibus regolaribus: un quadrato sormontato da un semicerchio; se dal lato superiore del quadrato si costruisce un triangolo equilatero, il vertice inferiore coincide con il piede di Gesù Cristo, mentre nell'incontro delle diagonali del quadrato si trova il suo ombelico. Al centro del triangolo sono poste le mani giunte di Gesù e sull'asse del dipinto si allineano, con esattezza geometrica la colomba, la mano con la coppa di san Giovanni Battista e il corpo di Cristo stesso. La colomba si trova sul centro del semicerchio e le sue ali sono disposte lungo il diametro. L'asse mediano, che allude alla rivelazione di Gesù, come Figlio di Dio, genera una partizione calibrata, ma non simmetrica in quanto l'albero a sinistra, che divide il dipinto in rapporto aureo, ha maggior valore di cesura che non il gruppo centrale. Se nel quadrato s'inscrive un pentagono, esso racchiude gran parte delle figure della composizione, con parallelismi tra i suoi lati ed altre linee di forza.
- La "trasfigurazione" di Gesù come uomo e Dio è uno dei temi centrali del dipinto, come sottolinea l'isolamento sull'asse di Cristo, in posizione frontale, e della colomba, con gli altri personaggi disposti simmetricamente ai lati. Un indizio è la mano sinistra di san Giovanni Battista, che non va oltre la sua veste, come bloccata da un sottile confine immaginario.
- La struttura compositiva rivela il concetto d'appartenenza dei soggetti al tutto: la colomba dello Spirito Santo è accostabile alle nuvole sullo sfondo, Gesù è assimilabile al bianco tronco d'albero che ha accanto a sé. Entrambi sono, infatti, dello stesso colore, definito in seguito "polpa di marmo", che dà al corpo di Gesù Cristo un senso di freddezza e solidità. La sua figura ha, inoltre, un modellato anatomico saldo e naturalistico, derivato da Masaccio.
- La raffigurazione del battesimo annulla alcune leggi naturali, come ad esempio il fiume Giordano che s'interrompe ai piedi di Gesù; questo è probabilmente dovuto alla credenza che Cristo, in quanto essere unico e inimitabile, non potesse essere sdoppiato, nemmeno dal riflesso dell'acqua. I riflessi, quasi impercettibili, sui malleoli delle figure centrali testimoniano in ogni modo che essi si trovano nell'acqua. Molto originale per la pittura italiana dell'epoca è anche la disposizione del fiume, che sfocia in primo piano, perpendicolare allo sfondo e rivolto allo spettatore.
- Nell'opera sono evidenti i debiti con la scuola pittorica fiorentina, in particolare la solidità plastica di Masaccio e il colore luminoso dei "pittori di luce", quali Beato Angelico e Domenico Veneziano, sebbene il tutto sia reinterpretato in modo molto personale.
- La luce zenitale annulla le ombre rendendo omogenea tutta la composizione. Le vesti dei sacerdoti greci e degli angeli sono delicatamente accordate, con un alternarsi ritmico tra colori caldi e colori tenuemente freddi, come si ritrova anche nel ciclo della Leggenda della Vera Croce (1452 - 1466).
Notizie storico-critiche
L'opera fu eseguita per la chiesa dell'Abbazia camaldolese (attuale Concattedrale di San Giovanni Evangelista) di Sansepolcro, come scomparto centrale di un polittico terminato negli scomparti centrali e nella predella da Matteo di Giovanni verso il 1465, che probabilmente decorava l'altare maggiore. I monaci camaldolesi la commissionarono per onorare il beato Ambrogio Traversari (1386 - 1439), abate generale dell'Ordine, nonché celebre teologo ed umanista. Questi, da poco defunto, aveva tutelato l'interesse dei suoi monaci nella cittadina alto-tiberina contro le pretese del vescovo della vicina Città di Castello ed era stato il più appassionato propugnatore della conciliazione delle Chiese cristiane d'Oriente (greca) e d'Occidente (romana o latina) nel Concilio di Ferrara e Firenze del 1439. Egli, anzi, aveva fortemente contribuito a fare in modo che durante il Concilio prevalesse la tesi della Chiesa romana contro quella della Chiesa orientale riguardo al mistero della Trinità. Infatti, va tenuto conto che la scelta del soggetto, il Battesimo di Gesù, implica la raffigurazione della prima distinta manifestazione delle tre persone della Trinità (Mt 3,16-17 ):
« | Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto». » |
La datazione dell'opera è molto controversa, tanto che gli studiosi hanno avanzato le seguenti ipotesi:
- Alcuni studiosi in base ai riferimenti al Concilio di Ferrara e Firenze presenti nel dipinto, quali il corteo di sacerdoti greci sullo sfondo, lo collocherebbero ad un periodo immediatamente successivo al 1439 (anno del concilio ecumenico), facendone una delle prime opere conosciute dell'artista. Inoltre, anche i colori tenui a pastello farebbe pensare ad un'influenza ancora forte di Domenico Veneziano (cfr. la Pala di Santa Lucia dei Magnoli, del 1445 ca.), del quale Piero della Francesca fu collaboratore dal 1435 circa.
- Altri storici dell'arte, basandosi sulle caratteristiche compositive e stilistiche, collocano l'opera nella fase matura del pittore, dopo il primo soggiorno urbinate (1450 ca.), dove avrebbe sviluppato l'interesse per i complessi schemi geometrico-matematici e per i molteplici significati teologici.
- Altri, ancora datano l'opera a dopo il soggiorno romano (1458 - 1459) dell'artista, vicino ad opere chiave come la Resurrezione'.
Il dipinto fu riscoperto nella sagrestia della Concattedrale di San Giovanni Evangelista a Sansepolcro, intorno al 1858, dal pittore e scrittore inglese Charles Lock Eastlake (1793 – 1865), inviato della regina Vittoria (1819 – 1901), in Italia, per trovare interessanti opere da collocare nei costituendi musei inglesi, ma non venne preso in considerazione perché "quasi completamente devastato dal sole e dall'umidità". Alcuni mesi dopo venne, invece, acquistato da un altro inglese, John Charles Robinson, per conto dell'industriale delle ferrovie Matteo Uzielli, alla morte del quale, avvenuta nel (1861), Charles Lock Eastlake, forse rammaricato per essersi fatto sfuggire questo capolavoro, lo acquistò inizialmente per se stesso, salvo poi ripensarci e venderlo alla National Gallery di Londra, in quello stesso anno.
Note | |
Bibliografia | |
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