Sansone
Sansone Personaggio dell'Antico Testamento | |
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Giudice | |
Guido Reni, Sansone vittorioso, 1611-1612 Bologna, Pinacoteca Nazionale | |
Morte | ? |
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Sansone, in lingua ebraica Shimshon, "piccolo sole" († ...), fu uno dei Giudici biblici, noto per la sua forza prodigiosa, concessagli da Dio per la sua condizione di nazireo. Di lui narra il libro dei Giudici ai capitoli 13-16.
Il racconto biblico
La nascita
A causa dei loro peccati, gli Israeliti restano in balìa dei Filistei per quarant'anni. Durante questo periodo a Zorea vive Manoach, della tribù di Dan, assieme a sua moglie, una donna sterile. Un Angelo appare alla donna e le annuncia la nascita di un figlio. L'angelo le impone di astenersi da cibi impuri e bevande inebrianti (vedi kosher) e di non tagliare i capelli del bambino perché sarà un nazireo, consacrato a Dio fin dal concepimento, e comincerà a liberare Israele dai Filistei. La moglie riferisce al marito della visita. Manoach prega il Signore di mandare di nuovo l'uomo per insegnare loro cosa fare per il nascituro. L'Angelo torna e conferma quanto preannunciato. Manoach allora sacrifica un capretto al Signore. Quando l'Angelo sale verso il cielo assieme alle fiamme dell'olocausto, Manoach e la moglie si gettano faccia a terra. Manoach dice alla moglie di temere la morte per aver visto Dio. La moglie però lo rassicura dicendo che se questa era la Sua volontà, allora non avrebbe accettato l'offerta né mostrato e fatto udire quelle cose. In seguito la donna partorisce un figlio che chiama Sansone. Il bambino cresce e il Signore lo benedice. A Macane-Dan, fra Zorea e Estaol, lo Spirito del Signore comincia a investirlo.
Le nozze
A Timna Sansone vede una figlia dei Filistei e se ne innamora. Tornato a casa, la chiede in sposa ai genitori. Questi, davanti alla risolutezza del figlio, accettano di imparentarsi con una straniera. Sansone si mette in viaggio con i genitori per andare a chiedere la mano della sposa. Giunti presso le vigne di Timna, un leone attacca Sansone. Investito dallo spirito del Signore, Sansone squarcia a mani nude il leone. Ma ai genitori non racconta niente dell'accaduto. Va quindi dalla donna, le parla e la chiede in sposa. Dopo qualche tempo, tornando per prendere la donna, esce dalla strada per vedere la carcassa del leone: tra i suoi resti trova una colonia di api. Prende del miele, ne mangia e poi lo offre ai genitori, ma senza raccontarne la provenienza. Manoach raggiunge la casa della donna e Sansone offre un banchetto ai trenta invitati della sposa.
Sansone allora propone un indovinello agli invitati:
«Dal divoratore è uscito il cibo e dal forte è uscito il dolce».
Se riusciranno a risolverlo entro i sette giorni del banchetto, avranno trenta tuniche e trenta vesti; ma se nessuno indovinerà la soluzione, allora saranno i Filistei a donare altrettanto a Sansone. Dopo tre giorni di tentativi, al quarto gli invitati minacciano la sposa di dar fuoco a lei e alla casa del padre se non convince il marito a spiegarle l'indovinello. Per i sette giorni del banchetto la moglie tormenta Sansone con continui piagnistei per avere la soluzione. Il settimo giorno Sansone cede e le spiega la soluzione. Lei quindi la riferisce ai Filistei. Nel settimo giorno, prima del tramonto, i filistei risolvono l'enigma:
«Che c'è di più dolce del miele? Che c'è di più forte del leone?»
Sansone capisce di essere stato raggirato. Allora viene investito dallo spirito del Signore e si reca ad Ascalon, dove uccide trenta uomini e prende le loro vesti per darle agli invitati della sposa. Poi se ne va infuriato a casa di suo padre e lascia la sposa al compagno che aveva fatto da amico di nozze.
La vendetta di Sansone
Tornato dalla moglie, Sansone scopre che il padre l'ha maritata al compagno di nozze. Allora decide di vendicarsi: cattura trecento volpi, lega le code a due a due e mette tra le code legate una fiaccola accesa. Poi libera le volpi per i campi dei Filistei e tutto il raccolto viene bruciato. Quando i Filistei vengono a sapere che la causa del disastro è il matrimonio tradito, bruciano la donna e suo padre. Persa la moglie, Sansone giura di vendicarsi e compie una strage nel villaggio filisteo. Poi si ritira nella caverna della rupe di Etam.
Allora i Filistei si accampano in Giudea e fanno una scorreria fino a Lechi. Chiedono quindi che Sansone venga legato e consegnato a loro. Tremila Giudei vanno alla caverna, promettono a Sansone che non gli verrà fatto alcun male e lo legano con due funi nuove. Mentre Sansone giunge a Lechi, i Filistei gli vengono incontro con grida di gioia. Allora lo spirito del Signore lo investe, le funi si carbonizzano e cadono disfatte dalle mani. Trovata una mascella d'asino, la usa come arma e uccide mille uomini. Poi, dopo aver elogiato la propria impresa, la getta via. Il luogo prenderà nome Ramat-Lechi (che significa «la parte alta della mascella»). Dopo il massacro, Sansone prova una grande sete e invoca il soccorso del Signore. Allora Dio spacca la roccia concava di Lechi e ne fa scaturire acqua fresca. La fonte verrà chiamata En-Koré (che significa «la fonte della pernice»; pernice in ebraico significa «colui che chiama»). Sansone diventa Giudice di Israele per venti anni.
La fine
Sansone va a trovare una prostituta a Gaza, in terra filistea. Saputolo, i Filistei circondano la casa in attesa dell'alba e tendono un agguato. A mezzanotte Sansone esce, scardina la porta della città, se la mette sulle spalle e la porta in cima al monte che guarda in direzione di Ebron.
In seguito Sansone si innamora di Dalila, una donna della valle di Sorek. Allora i capi dei Filistei le offrono mille e cento sicli d'argento ciascuno per sedurlo e farsi rivelare il segreto della sua forza in modo da poterlo legare. A ogni incontro Dalila interroga Sansone su come può essere legato, ma Sansone la inganna: la prima volta parla di sette corde d'arco fresche, la seconda di funi nuove, la terza di tessere le sue sette trecce nell'ordito e di fissarle al pettine del telaio. Di volta in volta Dalila esegue le sue indicazioni, ma Sansone si libera facilmente dai legami. Dalila allora lo tormenta fino alla noia e alla fine Sansone le rivela il suo segreto: se il suo capo fosse rasato, perderebbe tutta la forza. Dalila comprende che questa volta Sansone le ha detto la verità e quindi chiama i capi dei Filistei. Questi le portano il denaro e si mettono in agguato. La notte Dalila fa addormentare Sansone sulle sue ginocchia, chiama un uomo adatto e gli fa radere le sette trecce. Persa la forza, Sansone viene sopraffatto dai Filistei: gli cavano gli occhi, lo portano a Gaza, lo legano con catene di rame e lo mettono a girare la macina della prigione.
Mentre i capelli cominciano a ricrescergli, i Filistei celebrano un grande sacrificio in onore del loro dio Dagon per ringraziarlo di aver permesso la cattura del loro nemico. I Filistei quindi chiamano Sansone che li intrattiene con dei giochi. Al fanciullo che lo tiene per mano chiede di lasciarlo e di fargli toccare le colonne portanti della casa per appoggiarsi. Nella casa vi sono tutti i capi dei Filistei e sulla terrazza assistono allo spettacolo tremila persone. Allora Sansone invoca il Signore per vendicarsi dei suoi occhi, si mette tra le due colonne portanti e gridando «Che io muoia insieme con i Filistei!» con tutta la forza fa crollare la casa. Con lui muoiono più persone di quante ne ha uccise in tutta la sua vita. Poi i suoi fratelli e familiari prendono il suo corpo e lo seppelliscono nel sepolcro di Menoach suo padre tra Zorea ed Estaol.
Persistenza dell'immagine di Sansone
Nel racconto dell'Antico Testamento Sansone è un tipico eroe nazionale, la cui energia e la stessa eccessività ne fanno passare in seconda linea i difetti (nulla si dice, ad esempio, della sua azione di governo, benché si dica che fu Giudice in Israele per vent'anni).
Il Cristianesimo ereditò dalla tradizione ebraica l'immagine di Sansone, che per i suoi aspetti più spirituali (la consacrazione all'Eterno, il sacrificio finale) preconizzava quella del Cristo. Per questa ragione Sansone fu utilizzato nell'iconografia paleocristiana come simbolo di Cristo.
Per secoli la figura di Sansone rimase un archetipo della figura dell'eroe, che pur incarnando un'ideale di grande virtù spirituale e fisica, resta annichilito dall'astuzia e dal fascino femminile, annichilimento dal quale egli riesce a scuotersi soltanto a prezzo del sacrificio estremo di sé.
Iconografia
Sansone e il leone
sul verso di una moneta di Alfonso I d'Este (c. 1530) Fontana della residenza di Peterhof di San Pietroburgo Hayez (1842)
Sansone e Dalila
Ch'io muoia insieme ai Filistei!
Vetrata, Strasburgo c. 1160 Annibale Carracci, Sansone in carcere, 1588-1590, Roma, Galleria Borghese
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