San Carlo Lwanga

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San Carlo Lwanga
Laico · Martire
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al secolo Karoli Lwanga
battezzato
Santo
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San Carlo Lwanga e compagni in gloria
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 21 anni
Nascita Bulimu
1865
Morte Namugongo
3 giugno 1886
Sepoltura
Conversione
Appartenenza
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Ordinato diacono
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Incarichi ricoperti
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° vescovo di Roma
Elezione
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Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi

Iter verso la canonizzazione

Venerato da Chiesa cattolica
Venerabile il [[]]
Beatificazione 6 giugno 1920, da Benedetto XV
Canonizzazione 8 ottobre 1964, da Paolo VI
Ricorrenza 3 giugno
Altre ricorrenze
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Attributi {{{attributi}}}
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
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Consorte

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Figli
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Collegamenti esterni
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 3 giugno, n. 1:
« Memoria dei santi Carlo Lwanga e dodici compagni, martiri, che, di età compresa tra i quattordici e i trent'anni, appartenenti alla regia corte dei giovani nobili o alla guardia del corpo del re Mwanga, neofiti o fervidi seguaci della fede cattolica, essendosi rifiutati di accondiscendere alle turpi richieste del re, sul colle di Namugongo in Uganda furono alcuni trafitti con la spada, altri arsi vivi nel fuoco. »

San Carlo Lwanga, al secolo Karoli Lwanga (Bulimu, 1865; † Namugongo, 3 giugno 1886) è stato un martire ugandese capo dei paggi della corte del re di Buganda Mwanga II. Fu convertito al cattolicesimo dai Padri bianchi del cardinale Charles Lavigerie, fu ucciso durante le persecuzioni anticristiane nel suo paese (1885 - 1887).

Biografia

La vicenda di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni si svolse sotto il regno di Mwanga II, che aveva frequentato la scuola dei missionari cristiani, ma non riuscì ad imparare né a leggere né a scrivere perché, si dice, era testardo, indocile e incapace di concentrazione. Certi suoi atteggiamenti fanno addirittura dubitare che fosse nel pieno possesso delle sue facoltà mentali; inoltre, da mercanti bianchi venuti dal nord imparò quanto di peggio questi abitualmente facevano: fumare hascisc, bere alcool in gran quantità e abbandonarsi a pratiche omosessuali. Per queste ultime, si costruì un fornitissimo harem costituito da paggi, servi e figli dei nobili della sua corte.

Fu sostenuto all'inizio del suo regno dai cristiani (cattolici e anglicani) che facevano fronte comune contro la tirannia del re musulmano Kalema. Ma ben presto re Mwanga vide nel cristianesimo il maggior pericolo per le tradizioni tribali ed il maggior ostacolo per le sue dissolutezze. A sobillarlo contro i cristiani furono soprattutto gli stregoni e i feticisti, che vedevano compromesso il loro ruolo ed il loro potere e così, nel 1885, ebbe inizio un’accesa persecuzione, la cui prima illustre vittima fu il vescovo anglicano Hannington, ma che annoverò almeno altri 200 giovani uccisi per la fede.

Il 15 novembre 1885 Mwanga fece decapitare il maestro dei paggi e prefetto della sala reale, San Giuseppe Mkasa Balikuddembè, le cui colpe erano l'essere cattolico e per di più catechista, aver rimproverato al re l’uccisione del vescovo anglicano e aver difeso a più riprese i giovani paggi dalle avances sessuali del re: apparteneva al clan Kayozi ed aveva 25 anni.

Venne sostituito nel prestigioso incarico da Carlo Lwanga, del clan Ngabi, sul quale si concentrarono subito le attenzioni morbose del re. Anche Lwanga era cattolico e nel periodo burrascoso in cui i missionari erano messi al bando, assunse una funzione di leader sostenendo la fede dei neoconvertiti.

Venne processato e il 25 maggio 1886 condannato a morte insieme ad un gruppo di cristiani e quattro catecumeni, che nella notte furono battezzati segretamente; il più giovane, Kizito, del clan Mmamba, aveva appena 14 anni. Il 26 maggio vennero uccisi San Andrea Kaggwa, capo dei suonatori del re e suo familiare, che si era dimostrato particolarmente generoso e coraggioso durante un’epidemia, e san Dionigi Ssebuggwawo.

Albert Wider, San Carlo Lwanga (al centro) e i suoi 21 compagni, 1962

Il resto dei condannati fu trasferito da Munyonyo, dove c’era il palazzo reale, a Namugongo, luogo delle esecuzioni capitali: distante 27 miglia, il trasferimento durò otto giorni, tra le pressioni dei parenti, che li spingevano ad abiurare la fede, e le violenze dei soldati. Qualcuno venne ucciso lungo la strada: il 26 maggio venne trafitto da un colpo di lancia San Ponziano Ngondwe, del clan Nnyonyi Nnyange, paggio reale, che aveva ricevuto il battesimo mentre già infuriava la persecuzione e per questo era stato immediatamente arrestato; il paggio reale San Atanasio Bazzekuketta, del clan Nkima, venne martirizzato il 27 maggio. Alcune ore dopo cadde trafitto dalle lance dei soldati il servo del re [san Gonzaga Gonga]] del clan Mpologoma, seguito poco dopo da San Mattia Mulumba del clan Lugane, elevato al rango di giudice che già cinquantenne, da appena tre anni si era convertito al cattolicesimo.

Il 31 maggio venne inchiodato ad un albero con le lance dei soldati e quindi impiccato San Noè Mawaggali, un altro servo del re, del clan Ngabi.

Il 3 giugno, sulla collina di Namugongo, vennero arsi vivi 31 cristiani: molti anglicani e il gruppo di tredici cattolici che faceva capo a Carlo Lwanga, il quale aveva promesso al giovanissimo Kizito:

« Io ti prenderò per mano, se dobbiamo morire per Gesù moriremo insieme, mano nella mano. »

Il gruppo di questi martiri è costituito inoltre da: San Luca Baanabakintu, San Gyaviira Musoke e San Mbaga Tuzinde del clan Mmamba; San Giacomo Buuzabalyawo, figlio del tessitore reale e appartenente al clan Ngeye; Sant'Ambrogio Kibuuka dei Lugane e Sant'Anatolio Kiriggwajjo, guardiano delle mandrie del re; dal cameriere del re, San Mukasa Kiriwawanvu e dal guardiano delle mandrie del re, San Adolofo Mukasa Ludico dei Ba’Toro; dal sarto reale San Mugagga Lubowa dei Ngo, da Sant'Achilleo Kiwanuka dei Lugave e da San Bruno Sserunkuuma dei Ndiga.

Culto

La beatificazione nel 1920 da parte di papa Benedetto XV di ventidue martiri di origine ugandese suscitò un certo scalpore, forse perché allora, sicuramente più di ora, la gloria degli altari era legata a determinati canoni di razza, lingua e cultura.

In effetti, si trattava dei primi santi dell’Africa nera ad essere riconosciuti martiri e, in quanto tali, venerati dalla Chiesa cattolica.

Venne canonizzato l'8 ottobre 1964 a Roma da Paolo VI che, durante il suo viaggio in Africa del 1969 inaugurò sul luogo del suo martirio il santuario dedicato ai Santi Martiri dell'Uganda.

Voci correlate
Collegamenti esterni