San Marino diacono
San Marino Diacono | |
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Santo | |
Bartolomeo Gennari, San Marino benedicente (1650 ca.), olio su tela; Città di San Marino, Palazzo Pubblico, Sala del Consiglio dei Dodici | |
Nascita | Arbe |
Morte | Città di San Marino 301 |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 3 settembre |
Attributi | strumenti da scalpellino, orso, Monte Titano con le sue tre rocche o modellino della Città di San Marino |
Patrono di | tagliapietre, Repubblica di San Marino, Città di San Marino, Arbe |
Nel Martirologio Romano, 3 settembre, n. 6:
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San Marino (Arbe; † Città di San Marino, 301) è stato un diacono e anacoreta dalmata. È colui che, secondo la tradizione, avrebbe fondato, nel 301, la più antica repubblica del Mondo: la Repubblica di San Marino.
Leggenda
La leggenda narra che Marino, scalpellino originario dell'isola di Arbe in Dalmazia, venne nel 257 in Italia, insieme a san Leone di Arbe, per la ricostruzione delle mura di Rimini e per sfuggire alla persecuzione contro i Cristiani iniziata dall'imperatore Diocleziano.
Gli scalpellini, giunti a Rimini, furono inviati per tre anni sul Monte Titano per estrarre e lavorare la roccia. In seguito Marino e Leo si divisero, il primo tornò a Rimini, l'altro si rifugiò sul Monte Feliciano (o Monte Feltro) dove edificò anche una chiesa. Quest'insediamento sul Monte Feliciano prenderà poi il nome di San Leo.
Marino rimase a Rimini per dodici anni e tre mesi. Qui, oltre a dedicarsi al lavoro materiale, professava la parola del Signore ed avvicinò alla fede cristiana molti abitanti di Rimini.
Giunse però dalla Dalmazia una donna che dichiarava essere la sua legittima sposa e, dopo aver cercato invano di sedurlo, si rivolse alle autorità romane. Marino decise di fuggire da Rimini, risalì la valle del fiume Marecchia, il Rio San Marino e giunse al suo primo rifugio, la grotta della Baldasserona.
Dopo un anno passato nel rifugio, venne scoperto da alcuni allevatori che diffusero la notizia del ritrovamento. La donna si recò ancora dal Santo, che si chiuse nel suo rifugio senza cibo per sei giorni. Al sesto giorno la donna abbandonò il suo progetto, ritornò a Rimini dove confessò di aver agito contro un Santo, e quindi contro il Signore. Marino abbandonò dunque il suo rifugio, risalì il Monte Titano e costruì una piccola cella ed una chiesa dedicata a San Pietro.
Un uomo però, tale Verissimo figlio della vedova Felicissima, proprietaria del terreno su cui sorgeva il monte, protestò contro la presenza del Santo. Marino pregò il Signore di tenere sotto controllo il ragazzo, che in quell'istante cadde a terra paralizzato. Felicissima chiese allora perdono al Santo, in cambio della sua conversione e battesimo ed un appezzamento di terra dove Marino avrebbe voluto essere seppellito. Verissimo ritrovò dunque piene facoltà e cinquantatré suoi familiari si convertirono.
Il vescovo di Rimini, Gaudenzio, convocò Leo e Marino per esprimere riconoscenza, consacrando anche il primo sacerdote e il secondo diacono. Al ritorno da Rimini, la leggenda vuole che Marino trovò un orso che aveva sbranato l'asino, suo compagno di lavoro. Marino allora comandò all'animale di sostituirsi all'asino nei pesanti ed umili lavori per il resto della vita.
Mentre a Rimini si accendeva una nuova persecuzione, Marino morì sul Monte Titano, secondo la leggenda, il 3 settembre dell'anno 301 d.C. Prima che lasciasse la vita terrena, sempre secondo la tradizione, Marino chiamò a sé gli abitanti dell'insediamento nato sul Titano e pronunciò le parole:
(LA) | (IT) | ||||
« | Relinquo vos liberos ab utroque homine
» |
« | Vi lascio liberi dall'uno e dall'altro uomo
» |
Ossia "Vi lascio liberi dall'uno e dall'altro uomo (l'imperatore e il papa)", parole che sono il fondamento dell'indipendenza della Repubblica salvaguardata nel corso dei secoli.
Di seguito è citato l'incipit dell'opera agiografica "Vita Sancti Marini"
(LA) | (IT) | ||||
« | Temporibus Dicliciani et Maximiani imperatorum, quando persecutionis tempestas catholicam christianorum ecclesiam per totum orbem terrarum dispersam tirranica rabie et hostilibus gladiis devastabat...
» |
« | Ai tempi degli imperatori Diocleziano e Massimiano, quando la tempesta della persecuzione devastava la Chiesa cattolica dei Cristiani sparsa per tutta la terra con accanimento tirannico e con le spade nemiche....
» |
Leggenda e realtà
La leggenda di san Marino è un misto di realtà storica e racconti fantastici. La leggenda ci viene trasmessa dalla "Vita Sancti Marini", testo agiografico redatto verso la fine dell'anno 900. Sono presenti però altre versioni della vita del Santo ed alcune di queste presentano numerose differenze con la leggenda tradizionale.
Molto probabilmente il Santo è vissuto molti anni dopo il III secolo, mentre la famosa frase "Relinquo vos liberos ab utroque homine" è certamente frutto di una concezione medievale del potere, non certo del III-IV secolo.
Furono di questo parere anche Giosuè Carducci, quando pronunciò nel 1894 il discorso per l'inaugurazione del nuovo Palazzo Pubblico di San Marino, e lo studioso svizzero Paul Aebischer:
« | Le supreme parole Relinquo vos liberos ab utroque homine (Liberi io vi lascio dall’un uomo e dall’altro) non le poté Marino aver pronunziate: troppo era aliena l’idea barbarica del doppio feudalesimo nell’impero e nella chiesa dal concetto della romanità pur cristiana del secolo quarto: ma verissime elle sonavano nel decimo o undecimo quando al santo moriente le diede lo scrittore qual si fosse della sua vita e degli atti » | |
(Giosuè Carducci)
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« | se è chiaro che la formula ‘ab utroque homine’ non si può intendere come da ‘un uomo qualunque’, ma bensì ‘dall’uno e dall’altro’, questa espressione si può applicare semplicemente al papa ed all’imperatore, i quali ambedue avrebbero potuto sollevare delle pretese sulla sovranità di San Marino. Ne scaturisce che .... non può essere stata scritta che nel Medioevo ... dopo la metà dell’VIII secolo e cioè dopo la donazione fatta da Pipino il Breve ... in un momento storico in cui le prime libertà di San Marino erano minacciate da destra e da sinistra ed ha dovuto essere l’opera di un giurista, di un patriota locale desideroso di dare un fondamento legale al mito della libertas perpetua ... » | |
(Paul Aebischer)
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Tuttavia la leggenda è diventata fondamentale per la storia e l'indipendenza della piccola Repubblica nel corso degli anni.
Culto
Il culto di San Marino è molto forte nell'omonima Repubblica dove assume a volte persino caratteri divini. Oltre ad essere patrono della Repubblica, insieme a san Leo e sant'Agata, è il patrono dei tagliapietre.
La Basilica di Città di San Marino è dedicata al santo ed è Concattedrale della Diocesi di San Marino-Montefeltro. La festa liturgica ricorre il 3 settembre, giorno della sua morte e festa nazionale della Repubblica di San Marino.
Nell'arte
Nell'iconografia tradizionale san Marino viene raffigurato in vesti diaconali con un aspetto giovanile, mentre dal XVII secolo con l'immagine di un uomo anziano. Il Santo viene contraddistinto dalla presenza di strumenti da scalpellino, un orso, il Monte Titano con le sue tre rocche o il modellino della Città di San Marino.
Fra le opere di maggior rilievo storico-artistico, che lo raffigurano, si ricorda:
- Statua di San Marino diacono, in bronzo, collocata davanti al Palazzo Pubblico della Città di San Marino, recante la scritta: Ave Marine libertatis fundator / salvam fac rem publicam tuam.
- Pala d'altare raffigurante Madonna con Gesù Bambino tra san Leone di Arbe e san Marino diacono (1487 - 1493), tempera su tavola, di Luca Frosino, proveniente dalla Concattedrale, conservata presso il Museo d'Arte Sacra di San Leo.
- Polittico di san Marino (secondo - terzo quarto del XVI secolo), di Francesco Menzocchi, proveniente dall'antica Pieve di San Marino, attualmente conservato nel Museo di Stato della Repubblica di San Marino.[1]
- San Marino benedicente (1650 ca.), olio su tela, di Bartolomeo Gennari, conservato nella Sala del Consiglio dei Dodici del Palazzo Pubblico della Città di San Marino.
- San Marino risolleva la Repubblica di San Marino (1740 - 1741 ca.), olio su tela, di Pompeo Batoni, commissionato dai cittadini sammarinesi e donato al cardinale Domenico Riviera per il ruolo avuto durante l'occupazione alberoniana, attualmente conservato presso il Museo di San Francesco nella Città di San Marino. [2]
Note | |
Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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