Stregoneria
Per stregoneria e streghe si intende la pratica che alcune persone eserciterebbero in contatto con le potenze diaboliche, dalle quali riceverebbero la scienza e il potere per nuocere agli umani, nella persona e negli averi, dopo aver rinnegata la fede in Dio, adorato il demonio ed essere entrate in commercio carnale con esso.
Atteggiamento della Chiesa
Fino al XIII secolo
Fino al XIII secolo le diverse pratiche superstiziose furono rigettate come atti di vera e propria idolatria; ma vi fu costanza nel non ammettere la realtà della stregoneria, ossia che esistessero persone capaci di esercitare la magia nera in forza dei loro rapporti con il diavolo.
Così si espressero i concili di Praga (563), di Paderborn (785), di Lione (840 c.), una lettera di papa Gregorio VII al re Haakon di Danimarca (19 aprile 1080). Anche nel XII e XIII secolo, pur riprovando fermamente la magia, i concili di Rouen (1189) e di Parigi (1212) si limitavano a minacciare la scomunica a chi la praticava.
Anche nelle raccolte dei canoni la stregoneria venne considerata un parto della fantasia e peccava gravemente chi vi prestava fede. Si esprimeva così Reginone di Prümm nella sua opera De synodalibis causis et disciplinis ecclesiasticis (opera composta nel 906, come una sorta di "vademecum" per i vescovi in visita pastorale).
Il passo fu inserito per intero nei Decreta di Burcardo di Worms (inizio XI secolo) e di Ivone di Chartres (1095 c.), per poi passare nel Decretum Gratiani (1147), dove ricevette, in un certo senso, la sua solenne consacrazione e con il nome di Canon Episcopi (II, causa 26, q. 5, 12, & 2 e 3), sarà in seguito combattuto e rifiutato con astio nei manuali degli inquisitori.
La giustizia laica classificava, in questo periodo, la magia tra i delitti da punire con la morte sul rogo: così nel Sachsenspiegel (composto tra il 1222 e il 1225) e nel Schwabenspiegel (1270-1280).
La posizione dei papi
I papi Alessandro IV (1254-1261) e in modo più esplicito Giovanni XXII con la bolla Super illius specula (1326 o 1327), estendono il concetto di eresia anche alle pratiche stregoniche, affidandone la repressione agli inquisitori.
Le credenze popolari, a cominciare dal XIII secolo, dell'efficacia delle arti stregoniche si fa strada anche tra gli ecclesiastici, sebbene non abbia ripercussioni su pronunciamenti di tipo dottrinale e/o dogmatico.
Questo si nota anche nei documenti di altri pontefici nei secoli successivi.
Come nelle bolle Summis desiderantes affectibus di Innocenzo VIII del (5 dicembre 1484) e in Coeli et terrae Creator di Sisto V (5 gennaio 1586) e Inscrutabilis iudiciorum Dei di Urbano VIII (1º aprile 1631).
La manualistica inquisitoriale
Stessa cosa si può dire per i manuali dei quali si servirono i magistrati civili nella loro caccia alle streghe e cioè (per citare i più celebri), il Malleus maleficarum dei due domenicani tedeschi Enrico Institoris (E. Krämer) e Giacomo Sprenger, la Lucerna inquisitorum haereticae pravitatis (composto verso la fine del XV secolo e stampato a Milano nel 1566 e a Roma nel 1584), un Tractatus de strigibus (1508 c.) dell'inquisitore domenicano Bernardo Rategno da Como, i Disquisitionum magicarum libri sex (1599) del gesuita spagnolo Martino del Rio.
Le persecuzioni
Le persecuzioni contro le streghe non furono inaugurate dalla manualistica citata. Esse erano già cominciate, come si evince dal trattato Myrmecia bonorum seu Formicarium a exemplum sapientiae de formicis, del tedesco Giovanni Nider (composto tra il 1435 e il 1437).
Anche l'ambiente ecclesiastico prestava ormai fede alle credenze popolari circa gli orribili patti delle streghe con i diavoli e la realtà dei malefici perpetrati da esse. La credenza, quindi, acquista autorità e si generalizza, la caccia alle streghe diviene sistematica, con largo impiego di interrogatori estenuanti, torture, carceri e roghi.
Il culmine nei seccoli XVI-XVII
La tragica follia collettiva raggiunse il culmine nei secoli XVI e nel seguente. C'è chi fa salire il numero delle vittime a un milione, ma non si è lontani dal vero se la cifra si aggiri attorno ai centomila casi.
La persecuzione infierì soprattutto in Germania. I paesi protestanti pagarono un alto contributo a questa follia; ma gli stessi paesi cattolici (Francia, Fiandra) non ne furono del tutto immuni.
La Spagna ne andò quasi del tutto esente. Anche in Italia il numero dei processi fu di molto inferiore, ed ebbero luogo quasi esclusivamente nella Valtellina, nella Val Camonica, nel Tirolo e in alcune località liguri, come per esempio, a Triora.
Clamorosi processi si ebbero ancora in Francia nel 1731, in Baviera nel 1775, nella Svizzera nel 1782, in Prussia (specialmente a Posen) nel 1793, mentre l'ultima strega fu bruciata nel Messico nel 1873 (ma senza un regolare processo).
La reazione alla stregomania
Non mancarono persone di grande intelligenza e acume (protestanti, cattolici, giuristi, medici, illuministi) che reagirono alla stregomania.
Il benedettino Guglielmo Edeline (fin dal 1454), il gesuita Federico Spee con la sua celebre Cautio criminalis (1631), e, in modo particolare la Instructio pro formandis processibus in causis strigum, sortilegiorum et maleficiorum, emanata dal Sant'Uffizio per espresso volere di Paolo V nel 1620: essa è un'esplicita condanna della procedura allora seguita contro le streghe.
In fatto di responsabilità vale poco affermare che a paragone dei paesi protestanti e dei tribunali laici, l'Inquisizione fu relativamente mite, ponderata e ansiosa di giustizia nei confronti delle streghe.
Troppi ecclesiastici condividevano le credenze popolari al riguardo e le avallavano con la loro autorità.
La colpa più grave fu la procedura inumana adottata nei processi. Ma non si deve generalizzare perché, a eccezione di pochissime persone dotate di intelligenza e di buon senso, tutti (a qualsiasi confessione religiosa appartenessero) erano convinti della necessità di sterminare le streghe.
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