Suscipe
Suscipe è una parola latina che significa "accogli", "accetta", ma anche "sostieni", "sorreggi"[1]. È l'incipit latino di alcune preghiere e invocazioni della tradizione cristiana; tra di esse si ricordano in particolare le preghiera che iniziano con le parole "Suscipe me, Domine", "Suscipe, sancte Pater", "Suscipe, sancta Trinitas", "Sume, Domine, et suscipe".
Nella tradizione monastica
"Suscipe me, Domine" è l'inizio del Salmo 119,116:
(LA) | (IT) | ||||
« | Suscipe me secundum eloquium tuum, et vivam, et non confundas me ab exspectatione mea. » | « | Sostienimi secondo la tua promessa e vivrò, non deludere la mia speranza. » | ||
(Versione di Tiziano Lorenzin, I Salmi, Milano 2008, p. 458 )
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Questo versetto salmico è presente nella Regola benedettina nel contesto del capitolo LVIII in cui si tratta delle norme per l'accettazione dei candidati monaci nel monastero (De disciplina suscipiendorum fratrum) e precisamente al paragrafo 21 nella sezione in cui si descrive la professione monastica (paragrafi 17-29)[2].
In questo paragrafo il candidato viene chiamato "suscipiendus" (cioè colui che deve essere ammesso): dopo aver promesso pubblicamente stabilità, atteggiamento di conversione e obbedienza depone sull'altare il documento di petizione da lui firmato[3] e quindi intona il triplice canto del "Suscipe", con le braccia levate e a forma di croce[4].
Così commenta Giannoni questo particolare del rito della professione monastica:
« | Nella tradizione monastica il suscipe (Sal 119,116), cantato tre volte durante la professione religiosa, esprime l'offerta di sé e l'accettazione della voce che invita a entrare in una comunione di vita fino alla monósis, la condizione del "mónos pròs mónon", del "solitario rivolto verso l'Unico che è termine e forma dell'esistenza del monaco, come verifica della condizione del Verbo presso Dio nell'eternità (Gv 1,1 ). » | |
(Paolo Giannoni, Gesù orante. Lectio divina sull'esperienza di Gesù, Milano 2000, 95.)
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Nella Liturgia Eucaristica
Nella liturgia con l'uso del termine "suscipe" ci si riferisce abitualmente al momento dell'Offertorio durante il quale il sacerdote offre il pane.
L'uso del termine è proprio solo per quanto riguarda la celebrazione della Messa secondo il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito dal Beato Giovanni XXIII[5] in quanto effettivamente sono presenti due invocazioni che iniziano col "suscipe": "Súscipe, sancte Pater" al momento dell'offerta del pane, e "Súscipe, sancta Trínitas" alla fine del rito dell'offertorio prima dell' "orate fratres".
(LA) | (IT) | ||||
« | Súscipe, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus, hanc immaculátam hóstiam, quam ego indígnus fámulus tuus óffero tibi, Deo meo vivo et vero, pro innumerabílibus peccátis, et offensiónibus, et neglegéntiis meis, et pro ómnibus circumstántibus, sed et pro ómnibus fidélibus christiánis vivis atque defúnctis: ut mihi et illis profíciat ad salútem in vitam ætérnam. Amen.[6] » | « | Accetta, Padre santo, onnipotente eterno Iddio, questa ostia immacolata, che io, indegno servo tuo, offro a Te Dio mio vivo e vero, per gli innumerevoli peccati, offese e negligenze mie, e per tutti i circostanti, come pure per tutti i fedeli cristiani vivi e defunti, affinché a me ed a loro torni di salvezza per la vita eterna. Amen. » |
(LA) | (IT) | ||||
« | Súscipe, sancta Trínitas, hanc oblatiónem, quam tibi offérimus ob memóriam passiónis, resurrectiónis, et ascensiónis Jesu Christi, Dómini nostri, et in honórem beátæ Maríæ semper Vírginis, et beáti Joánnis Baptístæ, et sanctórum Apostolórum Petri et Páuli, et istórum, et ómnium Sanctórum: ut illis profíciat ad honórem, nobis autem ad salútem: et illi pro nobis intercédere dignéntur in cælis, quorum memóriam ágimus in terris. Per eúndem Christum Dóminum nostrum. Amen.[7] » | « | Accetta, o Santissima Trinità, questa offerta che ti facciamo in memoria della passione, risurrezione e ascensione di nostro Signore Gesù Cristo, e in onore della beata sempre Vergine Maria, di san Giovanni Battista, dei santi Apostoli Pietro e Paolo, di questi [martiri le cui reliquie sono nell'Altare], e di tutti i Santi, affinché ad essi sia d'onore e a noi di salvezza, e si degnino d'intercedere per noi in Cielo, mentre noi facciamo memoria di loro in terra. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Cosí sia. » |
Queste due preghiere, di origine gallicana e poi affermatesi anche in ambiente germanico, facevano parte di numerose invocazioni chiamate "apologie" che iniziarono ad essere introdotte nella liturgia nel secolo IX e che diventarono numerose nel secolo XIII. In particolare il "Suscipe, Sancte Pater" è già presente nel Sacramentario di Metz (circa 870) mentre il "Suscipe, Sancta Trinitas" è posteriore[8].
Il Messale di Pio V ne conservò solo alcune oltre al "Suscipe, Sancte Pater" e al "Suscipe, Sancta Trinitas".[9]
Prosper Guéranger così commentò il "Suscipe, sancte Pater":
« | Il sacerdote, ricevendo la patena ed offrendo l'ostia, pronuncia l'orazione: Suscipe, sancte Pater. Quest'orazione risale all'VIII o IX secolo. Per comprendere bene tutte le orazioni che seguono, è necessario aver sempre presente il Sacrificio, benché esso non sia ancora stato offerto. Così, in questa prima orazione, si parla dell'ostia che si presenta all'eterno Padre, benché quest'ostia non sia ancora l'Ostia divina. Quest'Ostia è senza macchia: immaculatam hostiam, v'è qui un'allusione alle vittime dell'Antico Testamento, che dovevano essere tutte scelte tra quelle senza alcuna macchia, perché erano figura di Gesù Cristo, il quale doveva un giorno apparirci come immaculatus.
In quest'orazione la mente del sacerdote va più lontano del momento presente: pensa all'Ostia che sarà sull'altare dopo la consacrazione, la quale è la sola vera Ostia. E per chi offre quest'Ostia? Noi qui vediamo quale vantaggio arrechi l'assistenza alla Santa Messa. Il sacerdote, infatti, offre l'Ostia non solo per se medesimo, ma anche per tutti quelli che gli stanno attorno: pro omnibus circumstantibus. Egli menziona ogni giorno "tutti i presenti". Inoltre, l'azione del Sacrificio della Messa si estende a tal punto che il sacerdote parla di tutti i fedeli, avendo cura di non ometter i defunti, dei quali fa menzione immediatamente dopo, dicendo: pro omnibus fidelibus christianis vivis atque defunctis, "per tutti i fedeli cristiani vivi e defunti"; e questo perché la Messa non si propone solamente di dar gloria a Dio, ma anche di procurar il bene degli uomini. » | |
(Prosper Guéranger, Spiegazione della Santa Messa, 2009[10].)
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L'enfasi che nella storia della liturgia fu data all'invocazione "Suscipe, sancte Pater", e le sue interpretazioni teologiche, arrivarono fino al punto che il pastore protestante Luther Reed potè affermare, polemicamente, che:
« | la parte centrale dell'offertorio, il "Suscipe, sancte Pater" è una perfetta esposizione della dottrina romana del sacrificio della messa » | |
(Luther Reed, The Lutheran liturgy. A study of the common liturgy of the Lutheran Church in America, Philadelphia 1959, 78)
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Nel Messale Romano promulgato da Paolo VI (1970) queste orazioni ("apologie") furono espunte per cui l'uso del termine "suscipe" per descrivere nella "forma ordinaria" del rito latino romano della messa il momento dell'offerta del pane è improprio[11].
Note | |||||||||||||||||||||||||
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Bibliografia | |||||||||||||||||||||||||
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Voci correlate | |||||||||||||||||||||||||