Offertorio
L'Offertòrio, dal tardo latino ecclesiastico offertorium, con significato di «offrire» ha due connotazioni:
- l'inizio della «Liturgia eucaristica» a conclusione della «Liturgia della Parola» del Rito romano e secondo punto del Rito ambrosiano subito dopo il «Dono della pace» e prima della recita del Credo, in cui i fedeli recano i doni del pane[1], del vino e dell'acqua[2] all'altare che il Celebrante, con gesti e preghiere rituali, offrirà a Dio che, al momento della consacrazione, si trasformeranno nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo. L'Offertorio si conclude con l'Orazione sulle offerte (in Rito tridentino e a mbrosiano antico Oratio super oblatam) pronunciata dal celebrante.
- il canto che, nella Celebrazione eucaristica, accompagna la processione dei fedeli che recano all'altare i doni del pane[1], del vino e dell'acqua[2]; può consistere di un'antifona detta «Preghiera sulle offerte» in Rito romano e «Preghiera sui doni» in Rito ambrosiano. Questi canti fanno parte del Proprio, per cui diversi per ogni Messa dell'anno. Può essere utilizzato un altro testo appropriato, a scelta dell'officiante o del coro.
Il rito
Quando inizia l'Offertorio, i fedeli (mai i ministranti), devono organizzare una processione lungo la navata centrale prima che inizi questo rito (quindi devono prepararsi prima).
Mentre l'assemblea si siede, il celebrante o il diacono si collocano tra il presbiterio e la navata centrale della chiesa in attesa che vengano portati i doni.
In primo luogo vengono recati il pane[1], il vino e l'acqua[2] e poi altri doni facoltativi che siano per il servizio dei poveri (cibo) o della chiesa (oggetti liturgici, fiori ecc...).
Le offerte in denaro, che si raccolgono durante la processione delle offerte, che fanno parte anch'esse del rito, devono essere collocate in un luogo visibile, vicino all'altare.
Oggetti di altro tipo possono essere portati con carattere simbolico come il ringraziamento a Dio, il nostro impegno di fedeltà a Lui, le nostre buone azioni, i nostri lavori e sacrifici, ecc... Sono doni che vanno preventivamente accordati con il Celebrante e per i quali occorre prestare attenzione affinché siano consoni alla liturgia. Qualsiasi altro dono portato è indisponibile a chiunque, a eccezione dei destinatari concordati inizialmente.
Tutti i doni, eccetto il pane[1], il vino e l'acqua[2], vengono deposti con l'aiuto dei ministri, in luogo adatto, fuori della mensa eucaristica.
Quanti partecipano alla processione chinano il capo prima di consegnare l'offerta al Celebrante o ad altro ministro da lui delegato e senza proferire alcuna parola tornano al proprio posto. In rito ambrosiano, inoltre, quando il sacerdote, aiutato dai ministri, riceve i doni, benedice i singoli offerenti dicendo: « Ti benedica il Signore †[3] con questo tuo dono».
« Si possono anche fare offerte in denaro, o presentare altri doni per i poveri o per la Chiesa, portati dai fedeli o raccolti in chiesa. Essi vengono deposti in luogo adatto, fuori della mensa eucaristica»
(Ordinamento Generale del Messale Romano, 73).
Il canto
Il canto all'offertorio accompagna la processione con la quale si portano i doni; esso si protrae almeno fino a quando i doni sono stati deposti sull'altare. È sempre possibile accompagnare con il canto i riti offertoriali, anche se non si svolge la processione con i doni. Le norme che regolano questo canto sono le stesse previste per il canto d'ingresso.
Il canto viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal popolo, oppure tutto quanto dal popolo o dalla sola schola. Si può utilizzare sia l'antifona con il suo salmo, quale si trova nel Graduale romanum, nel Graduale simplex o nel'Antifonale ambrosiano[4], sia quello del messale, oppure un altro canto (come nel Rito ambrosiano dal Cantemus Domino[5]) adatto all'azione sacra, al carattere del giorno o del tempo e il cui testo sia stato approvato dalla autorità competente.
Se non ha luogo il canto, l'antifona proposta dai Messali viene letta o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, o altrimenti dallo stesso sacerdote che può anche adattarla a modo di monizione iniziale.
Canto all'Offertorio utilizzato sia per il Rito romano, sia per il Rito ambrosiano | |||||
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Se qualcuno ha dei beni in questo mondo |
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La Messa prosegue nei Riti successivi della Liturgia eucaristica.
Nel Rito tridentino
Il Sacerdote dà subito inizio all'Offertorium salutando il popolo, il quale siede dopo che il Sacerdote ha detto Oremus. Non è prevista dal Vetus Ordo (Antica Liturgia) alcuna Oratio Universalis (preghiera universale) così com'è articolata neli Riti riformati dal Concilio Vaticano II, né tanto meno alcuna processione offertoriale fatta dai fedeli.
Se la Messa è cantata, si esegue l'Antifona di Offertorio, che il Sacerdote reciterà privatamente. L'Antifona dell'Offertorio fa parte del Proprio. Si esegue in canto gregoriano che è riportato nel Graduale Romanum o nel Liber Usualis, oppure la schola può cantare in polifonia opere artistiche (secondo i canoni tradizionali della Polifonia Sacra stabiliti dall'Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia) che riportano in musica il testo stesso previsto dal Proprio.
Il Sacerdote, baciato l'Altare in mezzo e congiunte le mani davanti al petto, si volge verso i fedeli e allargando e congiungendo le mani dice: « Dóminus vobíscum.» e l'assemblea risponde « Et cum spíritu tuo.»
Poi a mani giunte si volge all'Altare, allarga e congiunge le mani, china il capo alla Croce e dice: « Orémus.»
Quindi, a mani giunte, legge l'Antifona dell'Offertorio, sottovoce se è eseguita in canto dalla schola, ossia nelle Messe cantate, si esegue l'antifona che il Sacerdote recita privatamente. Nelle Messe lette essa è recitata ad alta voce solo dal Sacerdote.
La Celebrazione eucaristica prosegue con il celebrante che presenta le oblata (offerte) prima della consacrazione.
Nel Rito ambrosiano antico
Anche nel Rito ambrosiano antico non è prevista alcuna Oratio Universalis, né tanto meno alcuna processione offertoriale fatta dai fedeli. Il Sacerdote legge l'Offertorium all'altare che nelle Messe in canto è cantato da tutti, terminato estende e giunge le mani dicendo: « Dóminus vobíscum.» e l'assemblea risponde « Et cum spíritu tuo.» segue la preghiera del Symbolum constantinopolitanum e l'Oratio super Oblatam.
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