Templari in Italia

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San Bevignate, PG, chiesa templare
1leftarrow.png Voce principale: Templari.

I Templari in Italia hanno avuto un precoce impianto nella penisola in forza della viabilità e della possibilità delle installazioni portuali da parte di pellegrini e crociati in partenza o di ritorno dalla Terrasanta.

Posizione strategica italiana

A imitazione dell'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, i Templari privilegiarono le località costiere, muovendosi, poi verso l'interno della costa stessa.

Città come Barletta, Trani, Molfetta, forse anche Messina, si segnalano tra le prime sedi di "commende" templari nel Meridione d'Italia. Non meno antica è la casa di Venezia, dato che vi sono già presenti dal 1144. Qualche decennio dopo essi stabiliranno altre commende a Genova e Pisa, in ragione del movimento portuale legato alle varie crociate alle quali i Templari presero parte.

Altri insediamenti abitativi templari si segnalano nella viabilità interna, specialmente nel Centro e Nord Italia. Nel periodo della massima fioritura dell'Ordine, si segnalano loro presenze nei pressi di città come Piacenza, Fiorenzuola d'Arda, Parma, Reggio, Modena, Bologna, Faenza, Forlì, Cesena e Rimini lungo la via Emilia.

La via Postumia elenca sette presenze templari: a Genova, Tortona, Piacenza, Cremona, Verona, Montebello Vicentino e Tempio di Ormelle (Oderzo).

Lungo la via Francigena/Romea, sul tratto tosco-laziale, i Templari furono presenti a Lucca, San Gimignano, Siena, Viterbo, Vetralla, Sutri.

A Roma furono presenti già dal 1138, ossia un anno prima che Alessandro II, nella bolla Omne donum Optimum ne sancisse solennemente la fondazione con numerosi privilegi ed esenzioni, legando i Templari alla Sede Apostolica ed esentandoli dalla giurisdizione dei vescovi e di altre autorità locali.

Al Sud di Roma si trovano, in raccordo con gli itinerari verso i porti pugliesi, rettorie templari anche a Ceprano, San Germano (Cassino), Capua, Maddaloni, Benevento, Troia, Lucera e Foggia.

I principali insediamenti

Chiesa dei Templari a Ormelle, TV

Spesso erano i pontefici e personaggi della Curia o altri prelati che chiedevano per i Templari la possibilità di un insediamento, tramite un censo annuo o in altra forma, sia in modo temporaneo che perpetuo.

In genere essi sceglievano chiese minori, oratori o cappelle dipendenti da episcòpi, cattedrali o monasteri, strutture alle quali spesso erano annessi ospedali o luoghi di accoglienza per i pellegrini, come nel caso di Santo Stefano di Reggio Emilia.

In Italia i Templari non sembra che abbiano fabbricato edifici ex novo, limitandosi ad utilizzare e riadattare edifici preesistenti. Fa eccezione la precettoria San Bevignate/San Girolamo, presso Perugia, risalente al sec. XIII, dato che la città umbra era spesso sede dei papi ed occorreva quindi un edificio conforme anche per l'ospitalità di persone di alto rango dell'Ordine che frequentavano la corte pontificia[1]

In genere gli edifici conventuali dei Templari era ubicati fuori della cinta muraria urbana.

Possono sommarsi a circa 150 gli insediamenti templari in Italia, la maggior parte dei quali dislocati nel Sud d'Italia in coincidenza con il regno di Sicilia.

Organizzazione

I Templari in Italia in un primo tempo erano divisi in tre province: Sicilia, Puglia e Lombardia. Alla fine del sec. XII esse erano già ridotte a due province: la Lombarda, che abbracciava tutto il Nord Italia e l'altra che comprendeva tutto il Meridione, Sicilia compresa, oltre alla Sardegna. Le tre, poi due, province italiane erano rette da maestri provinciali che facevano capo ad un unico responsabile magister totius Italiae (maestro di tutta l'Italia).

Altri funzionari di rango inferiore ai maestri provinciali si occupavano delle presenze templari nei vari stati presenti nella Penisola, come per esempio nel Ducato di Puglia, Terra di Lavoro, Terra Romae, Patrimonio di San Pietro in Tuscia, Ducato di Spoleto, Marca di Ancona e Marca Trevigiana.

In genere i superiori delle case e soprattutto i maestri provinciali erano di origine francese. Specialmente nelle province del Meridione, nel periodo degli Angioini erano provinciali due gran maestri: Armando di Peragors (1232?-1244) e Guglielmo di Beaujeu (1273-1291). Nelle provincia del Nord Italia, invece, i superiori erano scelti dall'aristocrazia locale.

La residenza del gran precettore e la casa madre della provincia in genere erano unificate. Così a Barletta (San Leonardo) risiedevano i maestri provinciali del Sud. A Roma (Santa Maria dell'Aventino) risiedeva il superiore del Centro Nord Italia, almeno fino a che Roma fu sede stabile dei papi; poi perse rapidamente di importanza fino alla soppressione. Ne acquistano invece le sedi di Bologna e di Piacenza, dove si celebrano di preferenza i capitoli provinciali.

Attività economica

Masseria templare "Cristo" nel Salento

L'attività economica dei Templari in Italia riflette, nelle modalità e nelle finalità, quella dell'intero Ordine sia in Oriente che nell'Occidente europeo, ossia tramite donazioni, lasciti, legati ed altre forme di liberalità sia di ecclesiastici che di laici affinché l'Ordine potesse realizzare al meglio le finalità per cui era stato fondato. Le risoluzioni dei concili di Pisa (1135) e del Laterano (1139) rispecchiano questo atteggiamento di benevolenza e di promozione delle attività per le finalità dell'Ordine. Questo atteggiamento durerà fino a tutto il secolo XII.

Per quanto inferiore alle disponibilità fondiarie e immobiliari di altri ordini, come l'Ospedalieri di san Giovanni e quello Teutonico, destano allarmismi più o meno giustificati in laici ed ecclesiastici che non vedevano di buon occhio i beni templari non soggetti alla censualità della corona siciliana, come è il caso di Federico II di Svevia che si adoperò per ridimensionare i possedimenti templari e degli altri Ordini cavallereschi nell'ambito dei propri domini.

La gestione delle proprietà terriere dell'Ordine in Italia viene ricalcata da quella in uso in tutto l'Ordine. Dove le comunità erano più numerose i confratelli stessi si interessavano ai lavori dei campi, nei casali, grangie e masserie dipendenti dalla casa conventuale. Altrove ci si serviva anche di personale prezzolato o di manodopera servile (ivi compresi i Saraceni), importata dalla Sicilia o dalla Siria.

L'allevamento del bestiame, soprattutto bovino, ovino, da carne, da latte, da lana e da lavoro prosperava nelle fertili terre pugliesi; come pure in Toscana, in Piemonte e in Sicilia.

Le colture più diffuse erano quelle dei cereali, della vite e dei legumi. Il consumo era prevalentemente interno ma si allevava bestiame e si operava la coltivazione intensiva anche per rifornire le case della Siria che vedevano ridurre sempre più drasticamente i loro territori, fino alla catastrofe del 1291 quando le navi templari provenienti dalle Puglie attraccarono a Cipro, nuova sede temporanea dell'Ordine.

La soppressione dell'Ordine in Italia

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Processo dei Templari

Con la bolla Pastoralis praeeminentiae, pubblicata da papa Clemente V da Avignone il 22 novembre del 1307 venne ordinato l'arresto di tutti i Templari e la confisca di tutti i loro beni nell'ambito dell'intera cristianità. Trascorsero comunque vari mesi prima che la bolla fosse conosciuta ed attuata sul suolo italiano. L'attuazione pratica era demandata, nel Nord Italia, agli inquisitori domenicani. In Romagna, nel Centro e Sud Italia operavano gli inquisitori francescani. Nell'ambito del Ducato di Savoia furono, sembra, i funzionari di Amedeo V a far applicare le direttive clementine. Nel regno di Napoli il vicario di Carlo II, Roberto d'Angiò, si comportò allo stesso modo del duca savoiardo. Mancò comunque l'effetto sorpresa che invece fu attuata con pieno successo in Francia da Filippo il Bello. I beni dell'Ordine non subirono saccheggi e devastazioni da parte di terzi ma furono molto pochi i Templari che vennero fatti prigionieri per essere tradotti davanti ai tribunali inquisitoriali.

Dall'agosto del 1308 Clemente V istituisce non meno di sette commissioni ecclesiastiche che sono incaricate di condurre l'inchiesta sui Templari. Negli anni successivi, specialmente tra il 1309 e il 1311, vengono istruiti vari processi; interrogatori vengono tenuti nei tribunali in Puglia (Lucera, Brindisi), nelle Terre della Chiesa (Viterbo, Palombara Sabina), nell'Abruzzo superiore (Penne, Chieti), in Toscana (Firenze, Lucca), a Fano nella Marca anconetana e nella provincia ecclesiastica di Ravenna (Cesena, Ravenna). A Messina non si presentò nessun Templare davanti agli inquisitori, i quali si limitarono ad ascoltare persone estranee all'Ordine. Stessa cosa accadde in Sardegna dove non si presentò nessuno davanti al tribunale inquisitoriale.

Nelle inchieste a carico dei Templari in Italia si ebbe una certa diversità di procedimenti giudiziari, diversamente da quanto accadde, per esempio,in Francia, dove gli interrogatori erano uniformi e pianificati per tutti i tribunali. Da qui ne derivò anche la contraddittorietà delle conclusioni.

Nei territori dove era più forte l'influenza del re di Francia, come nel Regno di Napoli, o nello Stato della Chiesa, si ottenneroo in prima istanza le ammissioni di colpevolezza da parte degli inquisiti; non mancò anche in questi ambiti l'uso della tortura. Invece in Sicilia, dove era forte l'influenza aragonese e nella Marca di Ancona non si trovarono prove convincenti di colpevolezza a carico dell'Ordine. Lo stesso di verificò in Toscana e in Nord Italia dove l'atteggiamento prevalente era di non colpevolezza dei Templari dalle accuse formulate contro di loro. Per questo il papa emise un'altra lettera, datata al 27 giugno del 1311 dove si faceva istanza ai presuli di Pisa, di Ravenna, di Firenze e Cremona perché si ripetessero gli interrogatori, anche con l'uso della tortura, fino ad appurare "l'eretica pravità" degli accusati.

Eseguirono gli ordini papali l'arcivescovo di Pisa e quello di Firenze. Invece il prelato di Cesena, l'arcivescovo beato Rinaldo da Concorezzo[2], rimase sempre più convinto dell'innocenza dei Templari, dopo averne esaminati alcuni di persona nel novembre del 1310 ed altri furono interrogati nel giugno dell'anno successivo, nel corso del sinodo provinciale da lui presieduto. Nel 1312, durante il concilio di Vienne, egli forse intervenne ancora in difesa dei Templari anche se la stragrande maggioranza dei Padri conciliari subì passivamente le decisioni del papa che decretò la soppressione dell'Ordine il 22 marzo di quell'anno.

Anche in Italia, come altrove nella Cristianità, beneficiarî dell'eredità materiale dei Templari furono soprattutto gli Ospitalieri di San Giovanni, con l'obbligo, sancito per decreto pontificio, di provvedere al sostentamento degli ex-Templari che non erano tornati allo stato laicale.

Note
  1. Nelle terre della Chiesa (1135 ca.-1312), l'Ordine si fece strumento della politica papale,adoperandosi attivamente per garantire il controllo sulle principali vie di comunicazione e il presidio militare sulle aree di confine. Perciò vi fiorirono ricche precettorie in area perugina, come San Giustino d’Arna e di San Bevignate/San Girolamo con le loro numerose dipendenze.
  2. Rinaldo da Concorezzo (Concorezzo, circa 1250 – Ravenna, 18 agosto 1321) è stato un arcivescovo italiano ed è venerato come beato.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni