Utente:Quarantena/San Venanzio Fortunato
San Venanzio Fortunato Vescovo | |
---|---|
al secolo Venanzio Onorio Clemenziano | |
Santo | |
Età alla morte | 77 anni |
Nascita | Duplavilis, odierna Valdobbiadene 530 |
Morte | Poitiers 607 |
Ordinazione presbiterale | VI secolo |
Consacrazione vescovile | VI secolo |
Incarichi ricoperti | Vescovo di Poitiers |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 14 dicembre |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 14 dicembre, n. 9:
|
San Venanzio Fortunato, al secolo Venanzio Onorio Clemenziano (Duplavilis, odierna Valdobbiadene, 530; † Poitiers, 607) è stato un vescovo latino. Fu uno degli ultimi autori di poesie in lingua latina, biografo di santi; è venerato come santo.
Biografia
Venanzio Fortunato studiò grammatica, retorica e diritto ad Aquileia e a Ravenna.
L'agiografia narra che fu colpito da una malattia agli occhi, dalla quale ebbe un'improvvisa quanto inspiegabile guarigione, dopo essersi unto con l'olio di una lampada che ardeva davanti ad una immagine di San Martino di Tours[1].
Nel 565, recatosi in Gallia per un pellegrinaggio di ringraziamento a Tours, conobbe a Poitiers la principessa di Turingia santa Radegonda VI, figlia di Bertario, che era in ritiro nel monastero da lei fondato e retto dalla figlia adottiva, la badessa Agnese; nel 567 si stabilì in quella città[2].
Venanzio scrisse numerosi poemi dedicati alle due donne, e in seguito all'incontro spirituale con la vita monastica, divenne sacerdote.
Alla morte di Radegonda e di Agnese, si spostò in altre città del regno dei Franchi, per poi tornare nel 599 come vescovo a Poitiers, dove morì probabilmente nel 607.
Opere
La sua opera letteraria comprende circa trecento composizioni, in alcune delle quali racconta le esperienze dei suoi viaggi, con gli incontri con persone e luoghi diversi. Nel De excidio Thuringiae narra le vicende della dinastia di Radegonda.
Altre opere hanno un carattere prettamente religioso, come i poemi e gli inni sacri alla Croce di Cristo, scritti per l'arrivo al monastero di Poitiers di una reliquia di quel legno donata dall'imperatore Giustino II. Tra questi inni, il Pange lingua ed il Vexilla regis prodeunt in seguito furono introdotti nella liturgia. È attribuito a lui anche l'inno pasquale Salve festa dies[3].
Scrisse una vita in versi in onore di san Martino, il poema in quattro libri De vita sancti Martini. Altre biografie in prosa riguardano la vita di vescovi, vari santi e di Radegonda, la regina che sarà poi proclamata santa.
Venanzio Fortunato, fu un raffinato autore esperto nella tecnica della versificazione. Tracciando la figura a versus intexti di un suo carme, dichiara che i versi devono ubbidire a rapporti numerici fissi e, nel suo caso, ogni esametro sarà composto da 33 lettere, tante quante gli anni di Cristo.
Tre sono i suoi carmi figurati, di cui uno lasciato incompiuto dopo averne composto solo i versus intexti. Questa occasione ci permette di capirne la tecnica compositiva.
Il secondo De signaculo sanctae crucis, ha per tema la croce e presenta al suo interno un chiaro disegno a croce degli intexti, analogo al carme VI di Porfirio.
Il terzo è un carme particolare perché conta due versi disposti a triangolo sopra il carme, a figurare la cordicella che avrebbe dovuto reggere il testo se fosse stato scritto su foglio grande da appendere al muro quale tavola votiva.
Non è invece a versus intexti un quarto carme, forse spurio, ma bellissimo, a forma di croce ove la parte centrale è composta con la tecnica a cubo, cioè con la parola crux che si irradia a partire dal centro.
Venanzio è autore pure di eleganti versi interamente basati su figure retoriche come questi dal carme 10,3
« | ornamentorum ornatus ornatius ornans » |
oppure
« | florum flos florens, florea flore fluens » |
L'acrostico di Venanzio Fortunato
Venanzio compose un famoso poemetto in ringraziamento al vescovo di Autun, Syagirius, che aveva riscattato il figlio di un concittadino di Fortunato, fatto prigioniero e reso schiavo, secondo le abitudini del tempo, nel corso di una scorreria di truppe borgognone, avvenuta nella regione di Tours e Poitiers forse nel 585. Il poemetto, destinato ad essere scolpito sul muro della sede episcopale di Autun, è un acrostico in lingua latina. Il poema è composto di trentatré versi, tanti quanti gli anni della vita di Cristo, e ciascun verso contiene trentatré lettere. La prima, la diciassettesima e l'ultima lettera di ciascun verso, lette dall'alto verso il basso, compongono a loro volta altrettanti versi di un acrostico e le lettere, disposte secondo le diagonali del quadrato – a forma di croce – costituiscono altri due versi. Il testo scolpito in pietra si trova oggi presso il Musèe Rolin ad Autun.
Predecessore: | Vescovo di Poitiers | Successore: | |
---|---|---|---|
Platone? - 599 | 599 - 607 | Caregisile? |
Note | |
| |
Bibliografia | |
| |
Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
|