Croce

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Tradizionale forma della croce nel cristianesimo occidentale o Croce latina

La Croce è il simbolo cristiano più diffuso, riconosciuto in tutto il mondo. È una rappresentazione stilizzata dello strumento usato dai romani per la tortura e l'esecuzione capitale tramite Crocifissione[1], il supplizio che secondo i Vangeli e la tradizione è stato inflitto a Gesù Cristo.

Per i cristiani la croce costituisce:

  • un ricordo della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù;
  • un monito dell'invito evangelico ad imitare Gesù in tutto e per tutto, accettando pazientemente anche la sofferenza[2].

Dato che per i cristiani Crocifissione e Risurrezione sono inseparabili, la Croce è principalmente un simbolo di speranza e un monito contro le immagini erronee di Dio[3].

Origini pre-cristiane del simbolo grafico

Trattandosi di un segno grafico molto semplice, il simbolo della croce è attestato in moltissime culture antecedenti il cristianesimo sia come semplice schema decorativo, sia con motivazioni funzionali[4], sia infine con molteplici significati simbolici. Il suo utilizzo in contesti religiosi pagani è associato a specifiche varianti grafiche come la svastica indoeuropea, l'ankh egiziana o la croce celtica. Affine alla Croce è anche il Tau o Croce di Sant'Antonio, tipica anticamente dei culti medio-orientali e simbolo di fertilità, come nel culto del dio Tammuz, la cui iniziale era proprio la lettera T. Essa oggi viene considerata una vera Croce, nonostante la forma a T, proprio perché i patiboli romani potevano avere anche questa forma. La tipologia della Croce latina, prevalente nel Cristianesimo, non compare però in nessuno di questi antichi culti.

La Croce nei primi secoli cristiani

ichthys o pesce, simbolo rappresentante Cristo nei primi secoli cristiani

Il termine Croce deriva dalla parola greca Stauròs che è un palo piantato diritto, ma staurós indica anche il legno del supplizio, grosso modo nel senso latino di patibulum, una trave assicurata sulle spalle come strumento di supplizio, per essere poi innalzata sul di un palo formando la Croce, formata da un palo perpendicolare e da una trave orizzontale, in forma di T, Crux commissa o di †,Crux immissa. Al tempo di Gesù in Palestina, la condanna alla crocifissione e l'esecuzione di questo tipo di pena, che nel diritto romano era riservato solo agli schiavi o agli stranieri ribelli, erano praticate soltanto dalla potenza occupante romana. La pena della crocifissione era quindi intesa più come deterrente che come espiazione, come strumento di ordine al fine di mantenere il dominio vigente. È quindi del tutto logico che lo strumento del supplizio venisse eretto in un luogo ben esposto. I romani fecero ampio uso di questo tipo di esecuzione, basti ricordare i 6.000 schiavi ribelli che agli ordini di Spartaco avevano combattuto contro Roma e che Crasso nel 71 a.C. fece crocifiggere – nudi – lungo la via Appia da Capua a Roma.

La Croce è scarsamente presente nell'iconografia cristiana delle origini, sia a causa delle persecuzioni sia per una precisa scelta liturgica. I primi cristiani, infatti, seguirono rigorosamente le limitazioni giudaiche sull'utilizzo di immagini. Così nel canone 36 del Concilio di Elvira, tenutosi in Spagna fra il 303 e il 306, si prescrive esplicitamente: Ci è sembrato bene che nelle chiese non ci debbano essere pitture, in modo che non sia dipinto sui muri ciò che è onorato e adorato.

Inizialmente i cristiani utilizzarono solo motivi iconografici comuni alla cultura classica (es. il Buon Pastore) o criptici, come il pesce, collegato a Gesù solo dal cristogramma Ichthys, o l'ancora, un simbolo la cui forma ricorda una croce (rovesciata) e che è collegata a Cristo dalla Lettera agli Ebrei 6,19-20. Paradossalmente l'assenza della Croce dimostrerebbe proprio che sin da allora la Croce era un simbolo inequivocabilmente cristiano e perciò pericoloso da esporre in luoghi pubblici come le catacombe. Non è quindi un caso se uno dei disegni più antichi della Croce, il graffito di Alessameno, venne eseguito da un pagano in data sconosciuta fra l'anno 85 e il III secolo. Il riferimento al Cristianesimo si dedurrebbe dalla testa d'asino posta sul capo di Cristo; una forma di denigrazione nota dalle fonti scritte.

Di questa centralità della Croce sin dai primi secoli cristiani danno abbondante testimonianza i testi scritti. Ad esempio Tertulliano (160-230) polemizza con i pagani, che avevano una venerazione religiosa per le proprie insegne militari (i vexilla o labari), ironizzando che anch'essi adoravano una croce, solo la coprivano con un vestito perché si vergognavano di adorarne una nuda[5].

Centralità della Croce nell'elaborazione teologica del Nuovo Testamento

Il significato della morte in croce di Gesù è stato ed è tuttora oggetto di riflessione per i teologi. È considerato un mistero, intendendo con ciò un evento il cui significato è comprensibile ma inesauribile; sempre nuovi legittimi punti di vista possono aggiungersi a quelli passati. Questo mistero venne considerato il punto fondamentale della fede cristiana già sin dalle Lettere di San Paolo, ritenute fra i più antichi documenti del Nuovo Testamento (i testi seguenti sono tratti dalla Bibbia CEI, una delle traduzioni più letterali):

« Anch'io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso »
(1 Corinzi, 2,1-2)

La Croce è motivo di scandalo per i pagani (tanto che Gesù era considerato un asino e raffigurato come tale) e quindi anche punto di discriminazione fra la vera e la finta fede:

« Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano , per noi, è potenza di Dio »
( 1Corinzi, 1,17-18)

La valenza del mistero della croce è addirittura cosmica:

« Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli »
(Colossesi, 1,19-20)

L'adesione a Cristo, secondo San Paolo, non è adesione intellettuale (troppo facile e poco impegnativa), né sforzo di osservare la morale (soddisfatta ipoteticamente la quale, sarei salvo anche senza Gesù), ma imitazione di Cristo soprattutto nell'atteggiamento di affidamento alla volontà di Dio (Marco, 14,36; Matteo, 26,39; Luca, 22,41). Il rapporto amoroso di fede aiuta a dimenticare il proprio io (cfr. kenosi) e a unirsi a Cristo, come membra di un unico corpo, nella figliolanza di Dio. Nel linguaggio di Paolo si tratta di partecipare alla Morte di Cristo per partecipare alla sua Resurrezione:

« Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri »
(Galati 5,24)
« Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto è ormai libero dal peccato »
(Romani 6,6-7)
« E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria »
(Romani 8,17)

Un ulteriore approfondimento della teologia paolina è motivato dalla riflessione su alcuni passi dell'Antico Testamento, fra cui soprattutto Deuteronomio. 21,22-23 e Isaia 53 alla luce anche della dottrina ebraica della retribuzione. Si trova qui la radice della dottrina dell'espiazione, secondo la quale Gesù sarebbe morto per i peccati degli uomini:

« Colui che non aveva conosciuto il peccato Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio »
(2Corinzi, 5,21)
« Dio ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse alle genti e noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede »
(Galati, 3,13-14)

Questa riflessione era anche suggerita dalle circostanze della morte di Gesù: spirato proprio nel momento in cui gli ebrei sacrificavano l'agnello pasquale. Anche i due spiedi che trafiggevano l'agnello erano disposti in croce. L'interpretazione della morte di Gesù come sacrificio espiatorio è molto lontano dalla sensibilità dei cristiani odierni e dalle elaborazioni di molti teologi, ma per i primi cristiani aveva il pregio di dare a molti brani dell'Antico Testamento un nuovo significato: quello di allegorie o profezie cristologiche.

Altre profezie bibliche della Croce

La centralità della Croce già per i primi cristiani risalta anche dall'interpretazione che essi diedero della Bibbia. Rileggendo, quindi, la Bibbia alla luce della crocifissione i Cristiani furono molto colpiti dal più piccolo accenno, che richiamasse alla mente la Croce o il gesto di allargare le mani. In un primo gruppo di testi gli effetti miracolosi del gesto di stendere le mani venne interpretato come una profezia della potenza salvifica della Croce:

  • Annunciando la liberazione dall'Egitto (simbolo prototipale della liberazione dal male e dal peccato) Dio dichiara: "Vi libererò dalla schiavitù e vi libererò con braccio teso" (Esodo, 6,6. Il braccio teso era segno di potenza e non di giuramento, infatti subito sotto (6,8) Dio giura "a mano alzata";
  • In occasione dell'attraversamento del Mar Rosso l'intervento miracoloso di Dio si manifesta quando Mosè stende il braccio con salvezza degli israeliti e rovina degli egiziani (Esodo, 14,21-27). Testo, che Paolo di Tarso aveva probabilmente in mente scrivendo il testo di 1Cor, 1,18 sopra citato;
  • Nell'Esodo Israele prevale sugli Amaleciti solo se Mosè continua a tenere le braccia sollevate dai fianchi (Esodo, 17,11-12), disponendo, cioè, il proprio corpo come una croce. Il testo non specifica affatto che le braccia erano spalancate, anziché sollevate sopra le testa. La Lettera di Barnaba 12,2, però, l'interpreta proprio così. Anche Ireneo interpretò il testo nella stessa maniera[6]. L'espressione, poi, con cui Dio parla di distruggere perfino il ricordo degli Amaleciti è esattamente la stessa utilizzata per cancellare il ricordo dei peccati degli Ebrei in altri testi biblici (Salmi, 51,1, Isaia, 43,25, Michea 7,18-19);

Un altro brano, che colpì molto i primi cristiani è nel libro di Ezechiele e recita:

« Il Signore gli disse: "Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono" » (9,4 )

La lettera "tau" "T" o "taw", che è l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico e (come la "omega" greca) sembra avere anche un significato escatologico, era tracciata proprio come una croce sino all'epoca di Cristo circa. In molti testi dei Padri della Chiesa, quindi, questo testo (da confrontare con Apocalisse, 7,3) fu considerato anch'esso una profezia della croce di Cristo e determinò l'introduzione dell'uso cristiano di farsi il segno della Croce.

I concetti teologici sulla Croce sopra esposti si diffusero fra i cristiani tramite la lettura del Nuovo Testamento e nel secondo millennio anche tramite l'Imitazione di Cristo[7], il libro più diffuso di tutta la letteratura cristiana occidentale, o opere simili.

Simbolismo associato alla Croce e al Crocifisso

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Tipologie di croci

Nel corso dei secoli e nelle diverse culture il simbolo della Croce è stato rappresentato in molte diverse maniere. Anzitutto la Croce può essere riprodotta con il corpo del Crocifisso o senza. L'assenza del corpo, tipica della Chiesa protestante, ma usata anche nelle altre chiese, enfatizza la fede nella Resurrezione di Gesù.

L'immagine del Crocifisso si diffonde a partire dall'XI secolo, ma inizialmente il Cristo era rappresentato con gli occhi aperti e la testa ritta, come già presago della resurrezione (Christus triumphans).

Secondo Jacques Le Goff[8] la dolorizzazione della devozione di Cristo si diffonde a partire dal XIII secolo sotto l'influenza degli ordini mendicanti, che promuovono la solidarietà verso gli umili, i malati e soprattutto i poveri espressa tramite concrete opere di Misericordia. L'immagine del Cristo sofferente (Christus patiens) è funzionale a enfatizzare l'identificazione evangelica fra Cristo e ogni bisognoso (cfr. Matteo 25,31-40). A partire dal XIV secolo il ricordo della Passione di Gesù si arricchisce di altri motivi iconografici, fra cui la rappresentazione degli strumenti della Passione (chiodi, martello, lancia, scala, ecc.), e si prolunga con la rappresentazione della deposizione del Crocifisso e della meditazione sul suo cadavere.

L'adozione dell'iconografia del Crocifisso per rappresentare la solidarietà con i sofferenti si è estesa al di fuori del cristianesimo ed è utilizzata anche da artisti ebrei, agnostici o atei[9].

Anche la forma della Croce ha un significato. La Croce latina e la Croce di Sant'Antonio mirano a riprodurre la forma del patibolo usato dai romani; la forma della Croce greca, con i bracci di uguale lunghezza, ha un significato simbolico.

Esposizione della Croce in locali pubblici

L'esposizione della Croce sulle pareti dei locali pubblici come aule scolastiche e aule di tribunali, di recente ha fatto nascere il problema se ciò violi o meno il principio della laicità dello stato. La questione è stata ripetutamente discussa anche in tribunale a seguito della richiesta di rimozione dei simboli cristiani dai locali pubblici, posta da alcuni cittadini. La questione ha trovato una risposta nella decisione n. 556 emessa dal Consiglio di Stato il 13 febbraio 2006, con la quale è stato stabilito che:

« il simbolo è idoneo a esprimere "valori civilmente rilevanti", come l'uguaglianza e la solidarietà, che stanno alla base ed ispirano il nostro intero ordinamento costituzionale ovvero il fondamento del nostro vivere civile. "In tal senso il crocifisso potrà svolgere, anche in un orizzonte laico, diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni". »

Di segno contrario è stata la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha stabilito il 3 novembre 2009, in risposta a un ricorso di una cittadina italiana, che un "segno esteriore forte" della Religione Cattolica, quale certamente è il crocifisso, "possa essere perturbante dal punto di vista emozionale per gli studenti di altre religioni o che non ne professano alcuna", violando in tal modo gli artt. 18 e 26 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1948[10]. Ci sono buoni motivi per ritenere che questa decisione sia stata ispirata a una certa corrente di pensiero laicista e relativista che, in nome della libertà dell'individuo, persegue la radicale estirpazione di ogni radice cristiana dell'Europa, violando così i diritti di ben mezzo miliardo di cristiani europei.

Congregazioni ed Ordini religiosi della Croce

Sono numerosi gli istituti religiosi intitolati alla Croce. Tra questi:

La Croce in araldica

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Tipologie di croci

Dalla Croce e dai simboli precristiani sono derivate, nei secoli, tanti altri tipi di croce. Questi sono alcuni esempi:

Note
  1. La croce utilizzata dai romani era costituita da un palo orizzontale (chiamato patibulum), che ogni condannato doveva portare sino al luogo della crocifissione, e da un palo verticale infisso permanentemente nel suolo (stipes). Talvolta si utilizzava come stipes un semplice albero. Queste caratteristiche compaiono ad esempio in numerose commedie di Plauto](cfr. Persa 295, Miles gloriosus 359-360, Mostellaria 55-57 e 359-360, Carbonaria fr.2) o in testi di Dionigi d'Alicarnasso, Seneca, Giustino e altri ancora. Dionigi, in particolare, descrive la punizione di uno schiavo le cui mani erano inchiodate al patibolo (del peso verosimilmente di almeno mezzo quintale)e poi era costretto con le frustate a trascinarsi fino al luogo dell'esecuzione (Antichità Romane, 7.69, 1-2).
  2. Cfr. Luca 14, 27 ("Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo") e l'analogo testo di Marco 8, 34.
  3. Si veda ad esempio: Dio stesso si è dato un'"immagine": nel Cristo che si è fatto uomo. In Lui, il Crocifisso, la negazione delle immagini sbagliate di Dio è portata all'estremo.....Questo sofferente innocente è diventato speranza-certezza: Dio c'è, e Dio sa creare la giustizia in un modo che noi non siamo capaci di concepire e che, tuttavia, nella fede possiamo intuire., in: Benedetto XVI, Spe salvi, par. 43, Roma 2007
  4. Ad esempio la presenza di croci sul bordo di ossuari giudeocristiani è stata interpretata da alcuni come una semplice indicazione per facilitare l'applicazione del coperchio
  5. Cfr. Tertulliano, Apologeticus adversus gentiles pro christianis, Pars IV, cap. XVI, 8 (Siphara illa vexillorum et cantabrorum stolae crucis sunt) e Ad Nationes, I, 12 (Sic etiam in cantabris atque vexillis, quae non minore sanctitate militia custodit, siphara illa vestes crucum sunt. Erubescitis, opinor, incultas et nudas cruces colere). Analogo argomento si trova in Marco Minucio Felice, Octavius, XXIX (Nam et signa ipsa et cantabra et vexilla castrorum, quid aliud quam inauratae cruces sunt et ornatae?)
  6. Demonstratio Apostolicae Praedicationis, 36
  7. Cfr.: libro II, cap. 12.1
  8. Jacques Le Goff, Il cielo sceso in terra. Le radici medievali dell'Europa, Laterza, Bari 2004, pp. 102-103
  9. Cfr. per approfondimenti la voce: Crocifissione di Gesù
  10. Testo in francese della sentenza, comunicato stampa riassuntivo in inglese.
Voci correlate
Collegamenti esterni