Abbazia dei Santi Felice e Mauro in Val di Narco (Sant'Anatolia di Narco)
Abbazia dei Santi Felice e Mauro in Val di Narco | |
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Abbazia dei Santi Felice e Mauro in Val di Narco, chiesa e complesso monastico | |
Stato | Italia |
Regione | Umbria |
Provincia | Perugia |
Comune | Sant'Anatolia di Narco |
Località | Castel San Felice |
Diocesi | Spoleto-Norcia |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Località Castel San Felice 06040 Sant'Anatolia di Narco (PG) |
Telefono | +39 0743 613427 |
Fax | +39 0743 613420 |
Posta elettronica | info@abbazia.net |
Sito web | |
Oggetto tipo | Abbazia |
Dedicazione | Santi Felice e Mauro |
Sigla Ordine qualificante | O.S.B. |
Fondatore | Santi Felice e Mauro |
Data fondazione | V secolo |
Stile architettonico | Romanico |
Inizio della costruzione | VI secolo |
Completamento | XIII secolo |
Coordinate geografiche | |
Umbria | |
L'Abbazia dei Santi Felice e Mauro in Val di Narco è un complesso monumentale che ospitò un monastero benedettino, situato nel territorio del comune di Sant'Anatolia di Narco (Perugia), a circa 15 km da Spoleto, lungo le rive del fiume Nera.
Storia
Dalla fondazione al Quattrocento
Nel V secolo, in Valnerina giunsero alcuni monaci, che perseguivano l'ascetismo contemplativo degli eremiti, provenienti in maggior parte dalla Siria a seguito delle dure persecuzioni e delle lotte connesse ai grandi concili orientali. Tra essi vi erano: Mauro e suo figlio Felice, i quali edificarono un eremo in prossimità del fiume Nera. Secondo alcune fonti leggendarie, la gente del posto chiese loro di essere liberata da un drago che con il suo fiato maleodorante appestava l'aria e non gli permetteva più di vivere nella valle; i due si armarono di un'ascia e di un bastone: Felice affrontò l'orribile mostro e lo uccise, mentre Mauro piantò in terra il bastone dal quale subito germogliarono le foglie.
Nel mito dell'uccisione del drago si cela quasi sicuramente la bonifica della valle che le esondazioni del Nera rendevano malsana e alla quale molto probabilmente contribuirono i monaci siriaci con le loro cognizioni sulla derivazione e il tracciamento dei corsi d’acqua.
Secondo le fonti, san Felice morì nel 535, e il suo corpo venne deposto dal padre in un oratorio, che gli venne in seguito dedicato. Più tardi, altri eremiti andarono a vivere con san Mauro nell'eremo, che divenne un monastero benedettino, dove egli stesso morì nel 555 e dove venne sepolto nello stesso luogo del figlio. Attualmente le loro spoglie sono conservate in un sarcofago in pietra, protetto da una grata di ferro, nella cripta della chiesa.
L'abbazia come insediamento benedettino ebbe breve durata perché, già tra il 1254 ed il 1257, la chiesa era retta da un priore che era anche canonico del Duomo di Spoleto.
Dal Cinquecento ad oggi
Nel 1535, il complesso monastico e le sue pertinenze furono concesse da papa Clemente VII (1523 - 1534) in commenda alla famiglia spoletina dei Lauri, che lo esercitò fino al XVIII secolo, quando si estinse il ramo maschile della famiglia. Passata al clero secolare vennero insediati dei priori, i quali avevano la supremazia sugli altri parroci della zona.
Va ricordato che nel 1530, si eseguirono radicali interventi di restauro ad opera di Giacomo Lauri e durante il periodo barocco l'interno fu ricoperto da stucchi, che vennero rimossi nel 1922 ripristinando così l'originale aspetto romanico dell'abbazia. L'ultimo restauro è stato effettuato in occasione del Giubileo del 2000 ed ha interessato il monastero annesso.
Descrizione
L'abbazia si articola in quattro corpi di fabbrica disposti a corti con la chiesa, dalla parte dell'abside, adiacente al dormitorio e alla sala capitolare mentre presso la facciata è unita la foresteria e il magazzino, chiude il tutto il refettorio.
Chiesa
La chiesa, ricostruita nel 1194 dai monaci benedettini sopra l'antico sito monastico risalente al periodo del Ducato longobardo di Spoleto (570 - 1198), rappresenta uno degli esempi migliori dell'architettura romanica locale.
Esterno
La facciata, in conci di pietra locale (calcare bianco), è suddivisa in tre ordini: l'inferiore, presenta un portale a duplice rincasso con arco a tutto sesto e lunetta, che ha perso la decorazione originaria; il mediano, è delimitato lateralmente da due lesene con capitelli corinzi ed è aperto da due bifore con colonna tortile disposte simmetricamente ai lati del rosone a doppia ghiera, iscritto in un quadrato con agli angoli i Simboli degli Evangelisti, e alla base un fregio marmoreo scolpito ad altorilievo raffigurante Storie della vita dei santi Felice e Mauro (da destra):
- San Felice resuscita il figlio di una vedova;
- Angelo guida i santi Felice e Mauro;
- San Felice uccide il drago.
Conclude la facciata un grande timpano triangolare, demarcato da un cornicione a dentelli e separato dall'ordine mediano con una cornice marcapiano ad archetti pensili; nella cuspide, è rappresentato:
Interno
La chiesa, orientata (ossia con l'abside rivolto a Est), a navata unica con tetto a capriate, presenta un presbiterio sopraelevato, al di sotto del quale si apre la cripta, e limitato da due transenne a decorazione musiva; nell'abside semicircolare, si nota un interessante dipinto murale:
- Gesù Cristo redentore benedicente e angeli (1440 - 1450), affresco, del Maestro di Eggi.[1]
Alle pareti laterali vi sono alcuni dipinti murali, ad affresco, di ambito umbro, databili al XV secolo e raffiguranti:
- a sinistra, Adorazione dei Magi (prima metà del XV secolo);
- a destra,
- San Michele Arcangelo: il santo è presentato con in una mano la bilancia della giustizia divina e nell'altra la lancia per trafiggere il drago demoniaco;
- San Felice uccide il drago: il dipinto ha un'iscrizione ormai quasi illeggibile:
« | Hoc opus fecit fieri prior de denarris cuiusdam mulieris de Rocchecta, 1467 » |
Cripta
Nella cripta, a due absidi con volte a crociera sorrette da unica colonna centrale di recupero romana, è collocato il sarcofago, in pietra rosata, contenente i resti dei santi Felice e Mauro.
Monastero
Poco rimane del complesso monastico, che certo dovette essere imponente ed articolato, comprensivo anche di uno scriptorium dove esperti amanuensi trascrissero pregevoli codici minati conservati ora presso la Biblioteca capitolare di Spoleto.
Note | |
Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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