Acemeti

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Papa Giovanni II († 535). Nel 534 scomunicò gli acemeti per le loro posizioni teologiche nestoriane

Gli Acèmeti (pronunciato con l'accento sulla prima e; dal greco ἀκοίμητοι, akoímetoi[1], "insonni"; in latino acoemetae) furono una comunità di asceti così chiamati perché, divisi in vari turni, ininterrottamente si alternavano nella recitazione delle preghiere liturgiche[2]. Furono istituiti da sant'Alessandro l'Acemeta († 430 ca.) all'inizio del V secolo.

Origini

Educato a Costantinopoli, Alessandro si ritirò verso il 380 in Siria come asceta; evangelizzò poi la Mesopotamia fondando un grande monastero sull'Eufrate. Tornato poi a Costantinopoli dopo un soggiorno ad Antiochia, vi fondò la comunità degli acemeti, attirando a sé, per la novità e la serietà della regola, numerosi monaci di altri conventi[3], ma anche rimostranze e persecuzioni da parte delle autorità: per l'ostilità di Teodosio II, di Eudossia e del patriarca Nestorio gli acemeti furono costretti, verso il 420, a trasferirsi a Rufiniana in Bitinia[4].

Più tardi poterono fondare, sulla riva orientale del Bosforo, l'Eirenaion ("luogo di pace"). Altro loro monastero importantissimo, che ebbe poi svolgimento autonomo, fu il celebre Stoudion.

Sviluppo

Il più illustre degli acemeti fu San Marcello, discepolo di Alessandro, che fu attivo avversario di Eutiche.

Gli acemeti ebbero una parte efficace nelle controversie teologiche dei secoli V e VI: furono difensori dell'ortodossia cattolica, soprattutto contro l'imperatore Anastasio e la basilissa Teodora. Furono infatti gli acemeti a denunciare a papa Felice III il patriarca Acacio, che aveva osato leggere sui dittici il nome del monofisita Pietro Mongo, durante la liturgia alla quale erano stati presenti anche i legati pontifici, i quali furono perciò scomunicati dal papa, che depose Acacio. Il Sinodo Romano del 484 ne lodò l'appoggio dato al papato in tale occasione[4].

Altra occasione di difendere l'ortodossia si presentò agli acemeti quando alcuni monaci della Scizia Minore (oggi Dobrugia) proposero nel 519 a Constantinopoli la formula "Uno della Trinità ha patito nella carne", ortodossa in se stessa, e che secondo loro avrebbe dovuto conciliare il Tomo di papa Leone I con gli anatematismi di San Cirillo d'Alessandria. La formula mise però in sospetto gli acemeti, che attaccarono i monaci sciti, i quali si recarono a Roma ad esporre le loro idee al papa Ormisda († 523). Questi, dopo quattordici mesi (giugno 519-agosto 520) della loro non tranquilla permanenza a Roma, li rinviò in Oriente dichiarando, in una lettera all'imperatore Giustiniano e al patriarca Epifanio, che la formula cristologica da essi patrocinata era superflua di fronte a quella adottata dal Concilio di Calcedonia.

La posizione antimonofisita degli acemeti finì per spingerli verso il nestorianesimo: nel contrastare le tendenze eutichiane dei teopaschiti, alcuni eccedettero; essi infatti, per rivendicare la doppia natura, divina e umana, di Cristo, giunsero fino a velare il carattere divino della sua unica Persona; ciò che implicitamente fecero anch'essi, come i nestoriani, negando alla Vergine Maria il titolo di Madre di Dio (Θεοτόκος, Theotókos). Il Papa Giovanni II, dietro formale richiesta di Giustiniano, in seguito al Concilio di Roma (534) li scomunicò il 24 marzo 534.

Giuseppe, loro capo (ἡγούμενος, hegoúmenos), fu al secondo Concilio di Nicea (787). In seguito, perdettero d'importanza, mentre ne acquistarono sempre più gli studiti guidati dall'egumeno San Teodoro.

Non trascurarono il lavoro intellettuale, e papa Vigilio si servì della loro biblioteca.

Ritmi di preghiera

Fondamento della regola degli acemeti era l'ἄπαυστος λειτουργία, ἄληκτος ὑμνολογία, ápaustos leitourghía, álektos hymnologhía, cioè la "ripetizione ininterrotta delle lodi di Dio" (cfr. Sal 105,33; 119; 146,2 ). Sulla base del Sal 119,62.147-148 si divise la giornata in quelle che poi furono le horae canonicae[4]:

  • ὀρϑρινόν, orthrinón, "preghiera del mattino" (lodi mattutine);
  • τρίτη, tríte, "(ora) terza";
  • ἕκτη, hékte, "(ora) sesta";
  • ἐνάτη, enáte,"(ora) nona";
  • λυχνικόν, lychnikón, "preghiera delle lampade" (vespri);
  • πρωϑύπνιον, prothýpnion, "preghiera prima del sonno" (compieta);
  • μεσονύκτιον, mesonýktion, "preghiera a mezzanotte" (mattutino).
Note
  1. Dal verbo greco κοίμάομαι, koímáomai, "dormo", preceduto dalla lettera α privativa.
  2. Martino Jugie (1948) 211.
  3. http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-alessandro/
  4. 4,0 4,1 4,2 Alberto Pincherle (1929).
Bibliografia


Voci correlate