Angelo Narducci
Angelo Narducci Laico | |
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Angelo Narducci, nella redazione di Avvenire | |
Età alla morte | 53 anni |
Nascita | L'Aquila 17 agosto 1930 |
Morte | Milano 10 maggio 1984 |
Angelo Narducci (L'Aquila, 17 agosto 1930; † Milano, 10 maggio 1984) è stato un giornalista e politico italiano. Fu direttore del quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, Avvenire dal 1969 al 1980, nonché esponente della Democrazia Cristiana al Parlamento europeo dal 1979 al 1984. Fu uomo di cultura di un certo rilievo..
Biografia
Nacque il 17 agosto 1930 all'Aquila, il capoluogo abruzzese che alla fine della guerra viveva un periodo di grande crescita culturale, di grande passione, dove nascevano e si sviluppavano diverse iniziative.
Ad appena 16 anni, in occasione del referendum istituzionale, faceva libera propaganda per la Repubblica; leggeva Cronache Sociali e si sentiva molto vicino ai dossettiani.
Nel 1949 si iscrisse alla Democrazia Cristiana e fece il suo esordio da giornalista come corrispondente della cronaca locale per il Giornale d'Italia; scrisse inoltre su Lo studente d'Italia e su Per l'Azione; collaborò inoltre a Civitas.
Nel 1950 si trasferì a Roma ed andò ad alloggiare nella pensione-comunità detta del Porcellino, che avrebbe espresso poi il gruppo dei dirigenti fanfaniani. Fu qui che, insieme con Corrado Guerzoni, Franco Maria Malfatti, Bartolo Ciccardini, Franco Salvi e tanti altri, si formò all'attività politica culturale.
In questo periodo, in Italia, andavano in stampa diverse riviste culturali politiche. A Firenze nasceva la rivista San Marco, a Genova Cultura e Società e all'Aquila, nel 1952, Narducci, insieme con gli amici suoi concittadini Luciano Fabiani, Silvano Fiocco e Giovanni De Sanctis, diede vita a Provincia Nostra, rivista mensile di cultura e politica dei giovani democristiani. La rivista, pur avendo un prezzo di abbonamento e qualche introito dalla pubblicità, era a spese dei quattro fondatori, e per questo durò solo cinque numeri: settembre e ottobre 1952, novembre e dicembre 1953, gennaio, febbraio e marzo 1954). Seppur breve, resta la memoria di un'iniziativa audace per degli intellettuali ventenni di quell'epoca. La rivista era frutto delle conversazioni che Narducci intratteneva con i suoi amici al bar gelateria Veneta, sotto i portici del corso Vittorio Emanuele II dell'Aquila, una sorta di caffè culturale. Conversazioni che avevano per oggetto argomenti di pittura, cinema, letteratura e, soprattutto, politica.
Narducci mise in mostra le sue doti di autore di terza pagina, le sue conoscenze di letteratura, poesia, arte e filosofia scrivendo su varie testate:
- Prospettive Meridionali (1955-1958), mensile di studi e cultura del Mezzogiorno a cura del Centro democratico di cultura e di documentazione;
- Leggere, mensile bibliografico e di cultura;
- Terza Generazione, mensile di ricerca e di iniziativa;
- La Discussione (1955-1958), settimanale della Democrazia Cristiana.
Più tardi collaborò anche a Italiamondo Cronache, settimanale di politica, attualità e cultura nato nell'aprile 1959, e a Impegno Giovanile, settimanale dei giovani della DC.
Nel 1956 entrò ne Il Popolo di Ettore Bernabei, dove gli venne affidata la cura della terza pagina. Vi restò dieci anni, divenendone prima notista politico, poi redattore capo, infine vice-direttore. Da questo incarico passò nel 1966 alla Gazzetta del Popolo, dove restò fino al 1968, quando Paolo VI lo chiamò a far parte del gruppo degli iniziatori di Avvenire.
La direzione di Avvenire
Il primo numero del quotidiano cattolico della Conferenza Episcopale Italiana, Avvenire, arrivò in edicola il 4 dicembre 1968. La testata era nata dalla fusione dei due quotidiani a diffusione interregionale, L'Italia di Milano e L'Avvenire d'Italia di Bologna. Dopo poco più di dieci mesi di vita il giornale fu affidato ad Angelo Narducci, che lo diresse per quasi undici anni, dal 19 ottobre 1969 al 30 aprile 1980. Anche se passò poi il testimone ad Angelo Paoluzi, non rinunciò però a collaborare da esterno con frequenti articoli, fino all'ultimo intervento del 29 aprile 1984, undici giorni prima della sua morte.
Dal 1969 al 1984 Narducci fece di Avvenire il trait d'unión dei cattolici italiani. Dalle colonne di Avvenire dichiarava:
« | Noi ci ostiniamo a lavorare come artigiani sulla parola, perché sia onesta, perché non tradisca, perché corra, in qualche modo liberante, sulle labbra e nasca da coscienze illuminate, severe, semplici. Non cerchiamo il successo, ma interlocutori. Quella cosa povera che sono le parole vogliamo che sia la nostra grande ricchezza, la grande ricchezza dell'uomo. » | |
(Angelo Narducci, Le parole, Avvenire, 15 novembre 1970, pag. 1)
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Come Narducci intendesse un giornale lo dichiarò egli stesso in un Convegno organizzato dalla CEI nel 1972:
« | Un giornale si deve porre in una posizione di libertà di fronte al dato di fatto, per poterlo giudicare secondo parametri di verità, di giustizia e di amore, e non secondo una logica di potere e di efficienza immediata. Simile azione si compie con i mezzi propri del giornale, cioè con l'informazione la più obiettiva e tempestiva possibile, scegliendo le notizie che riportino avvenimenti degni di essere notati per la loro incidenza nella vita sociale ed ecclesiale e proponendo come spunto d'interpretazioni alcune indicazioni secondo le linee che gli sono proprie. Il giornale, cioè, deve essere uno stimolo alla riflessione per cogliere la propria identità di uomo e di cristiano; un invito all'azione, per trasformare insieme agli altri le situazioni non rispettose della dignità umana; un punto d'incontro di uomini di buona volontà. » | |
(Cit. in Giuseppe Merola, Angelo Narducci e Avvenire. Storia di un giornalista, poeta, politico con l'ansia di essere cristiano, Aracne, Roma, 2009)
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Il suo Avvenire doveva avere come punto di riferimento costante la necessità e la dignità degli ultimi, ed essere sempre pronto a giudicare fin dove l'azione politica fosse al servizio della persona e non a difesa di situazioni preesistenti.
Tra i temi prioritari, a lui cari, spiccava quello della famiglia. Per il direttore esso riassumeva in sé gli altri due argomenti fondamentali: i giovani e la scuola. Il problema della famiglia, negli anni della direzione Narducci, riguardava l'aborto, il divorzio, il riconoscimento della dignità della donna, l'educazione dei figli. Si tratta di argomenti che hanno poi assunto una loro dimensione, ma il loro sviluppo fu assicurato all'origine in modo significativo da Avvenire e dal suo direttore.
Sulle grandi potenzialità di uno strumento come il giornale, Narducci dichiarava che
« | l'attenzione che Avvenire porta ad alcuni avvenimenti, ad alcuni fatti di Chiesa, fa da traino alla stampa indipendente che è costretta a prenderne atto e quindi in qualche modo ad interessarsi di cose di cui altrimenti non si interesserebbe. I cattolici, attraverso il proprio giornale, non solo possono esprimere il loro punto di vista nell'interpretazione dei fatti sociali, ma soprattutto attirano l'attenzione del mondo laico sui problemi e sui temi ecclesiali secondo l'ottica propria di Chiesa. » | |
(Angelo Narducci, L'opposizione cattolica di Avvenire, Avvenire, situazione e prospettive, Atti del Convegno del Centro turistico internazionale -Il Ciocco- Castelvecchio Pascoli (Lucca), 29-30 novembre 1976, Milano, NEI, 1977, pag. 50)
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La morte di Paolo VI lasciò Narducci orfano, smarrito e quasi senza più stimoli, ma pronto a cominciare l'avventura politica.
Gli ultimi anni di vita
Nel 1979 accettò di candidarsi al primo Parlamento europeo, ma restando ai margini della Democrazia Cristiana. L'amico Roberto Formigoni gli assicurò il sostegno di Comunione e Liberazione. Eletto con grande consenso di voti, a Bruxelles divenne membro della Commissione per la Cooperazione allo Sviluppo e capo della delegazione del Partito Popolare europeo negli organi parlamentari previsti dalla Convenzione di Lomé, dimostrando, ancora una volta, la sua sensibilità e la sua attenzione per gli ultimi del mondo.
Nell'autunno del 1983 avvertì i primi sintomi della malattia che l'avrebbe condotto alla morte il 10 maggio 1984.
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