Beato Giovanni Bono
Beato Giovanni Bono, O.S.A. Frate | |
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Beato | |
Giovanni Mazone, Scomparto di polittico con Beato Giovanni Bono da Mantova (1466), tempera su tavola; Milano, Collezione Serrao | |
Età alla morte | 81 anni |
Nascita | Mantova 1168 |
Morte | Mantova 16 ottobre 1249 |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 1483, da Sisto IV |
Ricorrenza | 23 ottobre |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 23 ottobre, n. 13:
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Beato Giovanni Bono (Mantova, 1168; † Mantova, 16 ottobre 1249) è stato un eremita e fondatore italiano dell'Ordine eremitico dei Giamboniti che confluì nell'Ordine agostiniano nella Grande Unione del 1256.
Cenni biografici
Giovanni Bono nacque a Mantova, verosimilmente nel 1168. Alla morte del padre Giovanni, appena quindicenne, abbandonò la madre e prese a girovagare per le piazze e le corti d'Italia guadagnandosi da vivere come giullare.
Attorno al 1208 Giovanni si ammalò gravemente e, per adempiere a un voto fatto a Dio di abbandonare il secolo qualora gli fosse stata concessa la guarigione, si dedicò a una vita di ascesi e di penitenza. Qualche anno dopo, morta la madre e lasciata la città natale, si ritirò in Romagna a far vita da penitente: dopo una prima sosta a Bertinoro si rifugiò in un luogo ancor più isolato, presso Butriolo, circa due miglia a sud di Cesena, nella valle del torrente Cesuola.
Ben presto la fama di santità, procuratagli dalla sua aspra disciplina ascetica, e la voce dei primi miracoli compiuti per sua intercessione, richiamarono intorno al suo eremo una folla crescente di fedeli e di curiosi.
Dal 1217 si era stabilita intorno all'eremo di Butriolo una piccola comunità di discepoli dell'eremita giullare, che seguivano l'esempio e l'insegnamento di Giovanni. Il vescovo cesenate Oddone acconsentì alla richiesta di Giovanni di poter dare inizio a una vera e propria comunità domus presso la chiesetta edificata in onore della Vergine. A partire da quel momento sarebbero sorte analoghe fondazioni di domus a Bertinoro, Bologna, Mantova, e poi nelle Marche, in Toscana e nelle Venezie.
Come riportato nella bolla Admonet nos cura di Papa Innocenzo IV (14 aprile 1253),[1] attorno al 1225, anche in ottemperanza al precetto del concilio Lateranense IV che imponeva ai religiosi l'adozione di una delle regole approvate, i Giamboniti ottennero dalla Santa Sede di vivere secondo la regula sancti Augustini e le specifiche costituzioni dell'Ordine.
La scelta dell'abito, poi mutato e definito una volta per tutte dalla bolla Dudum apparuit di Papa Gregorio IX (24 marzo 1240),[2] non più grigio ma nero, avrebbe comportato aspre polemiche per l'oggettiva concorrenza, con ampia ricaduta economica, che essa veniva a determinare a causa della foggia simile a quella dei frati minori.
Giovanni rimase priore generale del nuovo ordine sino al 1238. Con la nomina del successore frate Matteo da Modena, approvata dal locale vescovo Manzino, vennero alla luce i primi contrasti legati alla difficoltà di mantenere radicata in una dimensione diocesana un istituto che si andava diffondendo ben al di là del territorio cesenate.
A seguito delle richieste di due confratelli che si erano recati di persona a Lione presso la Curia di Innocenzo IV, i Giamboniti, con la bolla Religiosam vitam eligentibus (26 aprile 1246),[3] ottennero importantissime concessioni: un cardinale "governatore", nella persona di Guglielmo Fieschi, nipote del Papa, la protezione apostolica su tutte le domus della Congregazione con la conferma dei loro beni e possedimenti, e la piena immunità dalla giurisdizione vescovile con l'assoggettamento diretto all'autorità pontificia. Di lì a qualche mese lo stesso Innocenzo IV, con la bolla Vota devotorum (26 settembre 1246),[4] concedette ai frati sacerdoti, subordinandolo al permesso dei rispettivi ordinari e dei parroci titolari, il diritto di confessare e predicare. Questi e altri provvedimenti innescarono una profonda trasformazione dell'originaria comunità di vocazione eremitica di Giovanni.
Ne conseguì uno scisma apertosi nel 1249 con le dimissioni "per incapacità" dal generalato di frate Matteo da Modena, che convocò il capitolo generale da celebrarsi a Ferrara il 17 ottobre di quell'anno. Con le nuove procedure elettive, il conferimento del titolo di priore generale della Congregazione al titolare della casa madre di S. Maria di Butriolo non sarebbe più stato automatico. La conseguenza fu che i frati di Butriolo non accettarono queste decisioni, che venivano a determinare l'obliterazione totale delle radici cesenati della comunità. La frattura venne sanata solamente tre anni più tardi, grazie alla mediazione del vescovo di Padova Giovanni Battista Forzatè e di frate Simone da Milano. Fu eletto un nuovo generale nella persona di Lanfranco da Settala, già priore della domus di san Giacomo di Savena (Bologna), e futuro primo generale degli agostiniani.
Nel frattempo, a scisma avvenuto, l'8 ottobre 1249 Giovanni decise, fra lo sconcerto e lo smarrimento dei confratelli e di tutti i fedeli, di ritornare a Mantova, presso l'eremo di sant'Agnese in Porto, dove morì il successivo 16 ottobre.
Note | |
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Bibliografia | |
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