Cattura di Gesù Cristo (Caravaggio)
Caravaggio, Cattura di Gesù Cristo (1602), olio su tela | |
Cattura di Gesù Cristo | |
Opera d'Arte | |
Stato | Irlanda |
Regione | - class="hiddenStructure noprint" |
Provincia | Leinster |
Comune | Dublino |
Diocesi | Dublino |
Ubicazione specifica | National Gallery of Ireland |
Uso liturgico | nessuno |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Cattura di Gesù Cristo |
Datazione | 1602 |
Ambito culturale | |
Ambito lombardo | |
Autore |
Caravaggio (Michelangelo Merisi) detto Caravaggio |
Materia e tecnica | olio su tela |
Misure | h. 133,5 cm, l. 169,5 cm |
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La Cattura di Gesù Cristo è un dipinto, realizzato nel 1602, ad olio su tela, da Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571–1610), conservato presso la National Gallery of Ireland di Dublino (Irlanda).
Descrizione
Soggetto
Il dipinto presenta la scena della Cattura di Gesù Cristo, ambientata in piena notte, dove compaiono:
- Gesù Cristo, immobile davanti alla furia dei soldati che voglio arrestarlo, riceve il bacio dal traditore con un'espressione di angosciata rassegnazione, secondo le virtù francescane di abnegatio e di oboedientia. La sua figura, che ricorda molto quella leonardesca dell'Ultima Cena (1494-1498), è dipinta con un'espressione dimessa, sostanzialmente impotente, ma nello stesso tempo serena e appare proprio come Marco scrive (14,49): "Si compiano dunque le Scritture!". Le sue mani sono strette in un intreccio che può significare preghiera, ma anche decisione di non intervenire e segno della tristezza interiore che il contesto gli sta procurando. Gesù resta in silenzio un poco scostato da Giuda non per disgusto, ma per mettere in luce tutta pietà e la compassione che il comportamento di uno dei suoi gli ispira. Cristo ora tace, solo accoglie il traditore con una affettuoso rimprovero: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?” (Luca 22,48) confermando così quanto aveva detto agli apostoli e in modo particolare allo stesso Iscariota nel cenacolo: "Prendete e mangiate… prendete e bevete tutti" (Matteo 26,26-27) parole che dichiarano attraverso la consacrazione del pane e del vino la sua disponibilità a fare qualsiasi cosa pur di dimostrare tutto il suo amore per i discepoli e per ciascun uomo. Giuda ha potuto ricevere questa buona notizia in modo personale, nell'intimità di un colloquio che gli altri non hanno udito, eppure questo non è stato sufficiente per bloccare il suo progetto "demoniaco" di riprendere in mano la propria vita e di non fidarsi più del Maestro, del suo modo di essere il Messia.
- Giuda Iscariota svolge il suo odioso compito quasi con una smorfia, fissando con uno sguardo agghiacciante il Maestro; è colto nel momento in cui sta avvicinando la bocca alla sua guancia per dare il segnale convenuto. Sembra quasi interrogarlo come per attendere un suo discorso, una sua presa di posizione, una spiegazione di quanto sta avvenendo. La sua figura è rappresentata volutamente in forte contrasto con quella di Gesù: l'aspetto rude è contrapposto al volto ieratico del Cristo. Questa differenza è sottolineata ad esempio dalle loro mani: la sua mano, rozza e forte, cerca di trattenere Cristo, quasi che questa lo possa aiutare nel compiere l'atto che forse non vuole compiere, e invece le mani delicate del Maestro incrociano le dita in un gesto di rassegnazione e consapevole resa "tristitia animi signo" pronte ad essere incatenate.
- Tre guardie armate arrestano Gesù, tra i quali, quello più a destra, è appena visibile, dietro all'uomo con la lanterna, mentre quello raffigurato con più precisione è un ufficiale dotato di una ricca armatura, con i finimenti bordati di oro, sotto cui però si può già intravedere un filo di ruggine, come a simboleggiare l'inefficacia della violenza come chiave di risoluzione dei conflitti.
- Giovane servo, in mezzo ai soldati, assiste alla cattura di Gesù, illuminando la scena con una lanterna. Le dita che sorreggono il filo della lampada sono nella stessa posizione che ha il pittore quando impugna il pennello. Questo personaggio, secondo lo storico dell'arte Roberto Longhi (1890–1970), ha lo stesso volto di Caravaggio trentenne, che entra così anche "fisicamente" nella scena che vuole rappresentare e a cui sta partecipando con intima commozione. Il suo volto a differenza di quello di Giuda è illuminato, i suoi occhi vivi, lo sguardo teso all'osservazione dell'evento, secondo quelle indicazioni spirituali che sant'Ignazio, alcuni decenni prima, aveva dato nei suoi esercizi. Qui si vuole affermare che colui che contempla le scene evangeliche deve immaginarsi di essere presente agli episodi raccontati come se fosse lì, coinvolgendo tutti i propri sensi. In questo modo si possono condividere i sentimenti e gli stati d'animo dei personaggi rappresentati e li si può applicare alla propria vita. Inoltre, la lanterna in mano all'artista, secondo lo studioso Maurizio Marini (1942-2011), ricorderebbe Diogene e la ricerca della fede e della redenzione cui il pittore tendeva.
- Discepolo fugge terrorizzato con le braccia sollevate e il panneggio rosso in volo che viene trattenuto da un soldato. Il suo viso, bloccato di tre quarti nell'urlo, sembra presagire la Passione che seguirà all'arresto di Cristo: dall'abbigliamento e dall'aspetto, secondo la gran parte degli storici dell'arte, potrebbe trattarsi di san Giovanni, che tuttavia nel proprio Vangelo, fa capire di essere l'unico, insieme a san Pietro, a seguire Gesù arrestato. Mentre, secondo altri sarebbe san Marco, che nel suo Vangelo è l'unico a narrare di "un giovane", che è fuggito dopo l'arresto di Gesù, lasciando un "lenzuolo" nelle mani dei suoi inseguitori. La sua figura è in netta contrapposizione con quella del giovane servo, posta volutamente all'altra estremità della composizione, sottolineando ulteriormente le contraddizioni della scena: uno che si allontana scappando per la paura, ma anche forse per l'orrore dell'arresto del Maestro, perdendo il lenzuolo (Marco 14,52), e l'altro proprio con una atteggiamento esattamente opposto, che addirittura si avvicina incuriosito a tal punto da alzare la sua lanterna per poter vedere meglio tutto ciò che sta accadendo.
Note stilistiche, iconografiche e iconologiche
- Nel dipinto Caravaggio fa una scelta molto innovativa, sia per la composizione dei personaggi, rappresentati a grandezza naturale per tre quarti, sia per la forma dell'opera, rettangolare e orizzontale nel suo sviluppo. L'artista attira l'osservatore-fedele di fronte ad ogni protagonista nei suoi particolari, costringendolo ad entrare quasi a forza in maniera minuziosa tra e dentro le figure, non consentendogli di "non vedere" ognuno dei sette personaggi nella loro azione. Anche per questo le figure dipinte occupano appositamente quasi per intero la tela, lasciando allo sfondo scuro, minuscole parti. Non un racconto, come ci avevano abituato tutti gli altri artisti prima di lui che hanno raffigurato questo medesimo soggetto, per i quali tutti i personaggi attraverso il momento nel quale venivano colti andavano a costruire una storia, in questo caso quella della cattura di Cristo. Caravaggio fa una scelta differente non racconta una storia, ma fotografa un attimo ben preciso, quello che lui ritiene fondamentale nell'episodio, e si disinteressa di tutto quello che avviene prima o dopo quell'attimo. L'arresto di Cristo è reso dal pittore in un modo realistico, mai visto prima nell'arte sacra, creando una delle più drammatiche immagini religiose di sempre, dove abbiamo la forte sensazione che questa sia una scena notturna autentica che accade in una squallida strada della Roma seicentesca, dove stiamo assistendo ad un autentico arresto di un brigante, ad uno scontro in cui ci sono uomini che litigano con una forte esplosione di violenza: è la scena di un mondo distorto, dove Cristo è catturato, tradito e trattato proprio come un criminale qualunque. Nessuno aveva mai reso come Caravaggio così vivo il lato oscuro della storia evangelica.
- Il Giuda Iscariota di Caravaggio non ha il volto stravolto dal male come spesso viene raffigurato nell'iconografia tradizionale, come ad esempio di può vedere nella già ricordata Ultima Cena di Leonardo. È solo un uomo che ha deciso di fidarsi del nemico della natura umana, del "separatore", del divisore, e questo lo fa sprofondare in quel vuoto interiore di cui sono espressione i suoi occhi spenti. Alcuni elementi della tradizione iconografica del traditore sono comunque ripresi nel suo volto venato del rossore che la tradizione attribuisce ai capelli del traditore, così come la sua veste gialla che richiama il colore del tradimento, come si vede ad esempio nel Bacio di Giuda raffigurato nel 1303-1305 da Giotto nella Cappella degli Scrovegni, a Padova. Giuda poi abbraccia Gesù con il braccio "sinistro" anch'esso simbolo del tradimento.
- L'ampio panneggio rosso, che incornicia la figura di Gesù Cristo e di Giuda Iscariota, unica variante accesa di uno spettro cromatico ridotto ai toni essenziali del nero e dell'ocra, serve al pittore ad evidenziare la drammaticità delle espressioni dei volti dei protagonisti ed il fulcro della composizione.
- La sorgente luminosa principale non è evidente nel dipinto, ma Caravaggio sceglie una luce di taglio proveniente da sinistra, in alto (in fondo i personaggi principali sono proprio collocati nei due quadranti di sinistra) che mette in evidenza soprattutto quattro persone, mentre il resto del dipinto rimane in semi-oscurità. La fonte di luce minore, ben presente nella composizione, è invece la lanterna tenuta dal giovane servo a destra, che non rischiara la scena, ma illumina solo il suo viso nell'attimo in cui affiora la sua curiosità di "vedere meglio", per molti studiosi - come già ricordato - un autoritratto del Caravaggio stesso, in una veste molto particolare di autore/regista da un lato, è lui che dipinge la scena, ma anche di spettatore/attore, visto che ritrae se stesso. Ma questo non fa pensare ad una scelta narcisista del pittore, ma al contrario ad una scelta di profonda religiosità e la sua presenza conferma che la fede può illuminare l'uomo in qualsiasi situazione. Nel dipinto anche l'oscurità ha un significato teologico che richiama il Vangelo di Giovanni, dove si legge: "Egli (Giuda) preso il boccone, subito uscì (dal cenacolo). Ed era notte." (13,30). Con il tradimento dell'apostolo su di lui cade la notte, le tenebre cadono su Cristo e sulla nostra natura umana.
- Tutti i contrasti (Gesù-Giuda e discepolo-giovane servo) presenti nel dipinto rappresentano simbolicamente e volutamente il bene e il male, la luce della fede e l'oscurità per la mancanza di questa.
- Il gruppo centrale, composto da Gesù Cristo, Giuda Iscariota e il soldato con il braccio teso, è ispirato ad una xilografia con il medesimo soggetto del 1509, opera di Albrecht Dürer.
- Nel dipinto tutti gli ingredienti che il Caravaggio miscela sapientemente per raggiungere il suo obiettivo di eseguire una pittura completamente naturalistica nella sua rappresentazione dei personaggi, e ancora innovativa dal punto di vista tecnico per il suo uso della luce che, l'artista fa diventare elemento dell'opera al pari dei personaggi stessi raffigurati.
Notizie storico-critiche
L'opera venne commissionata a Caravaggio, durante il suo soggiorno romano, dal marchese e collezionista d'arte Ciriaco Mattei[1] (1545-1614). Suo fratello, il cardinale Girolamo Mattei (1547–1603) suggerì il soggetto e l'iconografia, ispirandosi alla spiritualità francescana. Dai documenti, inoltre, sappiamo che il 2 gennaio 1603 il committente pagava centoventicinque scudi il dipinto con la Cattura di Gesù Cristo.
Nel 1802, per gravi problemi economici la famiglia Mattei lo vendette, come opera del pittore olandese Gerard van Honthorst (1592–1656), a William Hamilton Nisbet che lo espose nella sua casa in Scozia fino al 1921, quando l'ultima discendente lo mise all'asta. Il dipinto, ancora non riconosciuto come opera originale del Caravaggio, fu acquistato da una pediatra irlandese, Marie Lea-Wilson, la quale era rimasta particolarmente colpita dalla rappresentazione drammatica dell'aggressione subita da Gesù che le ricordava la morte violenta del marito, il capitano Percival Lea-Wilson, fucilato dall'Esercito repubblicano irlandese il 15 giugno 1920. Negli anni Trenta, convertitasi al cattolicesimo lo donò ai Gesuiti di Dublino in segno di gratitudine per il sostegno da loro ricevuto dopo la scomparsa del coniuge.
Nel 1990, i Gesuiti invitarono a valutare la loro raccolta artistica, Sergio Benedetti, curatore della National Gallery of Ireland, che, grazie al restauro del dipinto e al rinvenimento di nuovi documenti,[2] ha riconosciuto, in quest'opera, conservata a Dublino, l'originale che si pensava perduto, della quale esistevano almeno 12 copie sicure, di cui una, quella conservata nel Museum of Western and Eastern Art di Odessa (Ucraina), era considerata, fino a quel momento, l'autografa.[3]
Dopo l'attribuzione dell'opera al Caravaggio, i Gesuiti hanno dato in prestito a tempo indeterminato il dipinto alla National Gallery of Ireland di Dublino.
Curiosità
- La storia della scoperta di questo splendido dipinto e della sua attribuzione a Caravaggio è una delle più felici e rocambolesche avventure critiche recenti, al punto da diventare soggetto per un libro di successo e di larga diffusione, pubblicato nel 2006 da Jonathan Harr intitolato Il Caravaggio perduto.
- Nel film La Passione di Cristo (2004) di Mel Gibson, il regista ha rivelato di essersi ispirato a questo dipinto per la scena dell'arresto utilizzando nella fotografia una simile prospettiva, illuminazione e disposizione delle figure.
Note | |
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Bibliografia | |
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