Certosa dei Santi Stefano e Bruno (Serra San Bruno)
Certosa dei Santi Stefano e Bruno | |
Serra San Bruno (Vibo Valentia), Certosa dei Santi Stefano e Bruno, complesso monastico | |
Altre denominazioni | Certosa di Serra San Bruno |
---|---|
Stato | Italia |
Regione | Calabria |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Calabria |
Provincia | Vibo Valentia |
Comune | Serra San Bruno |
Diocesi | Catanzaro-Squillace |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Piazzale Santo Stefano, 1 89822 Serra San Bruno (VV) |
Telefono | +39 096 371253 |
Fax | +39 096 372120 |
Posta elettronica | info@certosini.info |
Sito web | Sito ufficiale |
Proprietà | Ordine Certosino |
Oggetto tipo | Certosa |
Dedicazione |
Santo Stefano San Bruno di Colonia |
Sigla Ordine fondatore | O.Cart. |
Sigla Ordine qualificante | O.Cart. |
Sigla Ordine reggente | O.Cart. |
Fondatore | San Bruno di Colonia |
Data fondazione | 1091 |
Architetto | Jean François Pichat (ricostruzione del XIX secolo) |
Stile architettonico | Neogotico |
Inizio della costruzione | 1091 |
Completamento | 1900 |
Altitudine | 815 metri s.l.m. |
Coordinate geografiche | |
Calabria | |
La Certosa dei Santi Stefano e Bruno, comunemente nota come Certosa di Serra San Bruno, è un complesso monastico, situato nel territorio del comune omonimo, in provincia di Vibo Valentia, che ospita un monastero certosino.
Storia
Origini e toponimo
Serra San Bruno trae la sua origine dall'arrivo in Calabria nel 1091 di san Bruno di Colonia, monaco ed eremita tedesco, fondatore dell'Ordine certosino. Il nome originario dell'altipiano era Torre fino al XIV secolo, quando, al tempo di Ferdinando I d'Aragona (1375 – 1416), prevalse quello di Serra, cui dopo la proclamazione del Regno d'Italia si aggiunse l'epiteto di "San Bruno" per qualificare meglio la cittadina calabrese e, soprattutto, quale manifestazione di riconoscenza e di devozione al fondatore del monastero e dell'abitato.
Fondazione
Quando san Bruno giunse in Calabria, il conte Ruggero d'Altavilla (1031 ca. – 1101) gli donò un terreno nella località chiamata Torre, fra i boschi delle Serre, a circa 850 metri di altitudine e in posizione lontana da ogni centro abitato, dove egli fondò l'Eremo di Santa Maria del Bosco o Santa Maria della Torre, mentre a poco meno di 2 Km più a valle – dove sorge l'attuale Certosa – fondò per i conversi il Monastero di Santo Stefano, consacrato tra il 1097 e il 1099. Il 6 ottobre 1101 san Bruno morì e fu seppellito a Santa Maria nel cimitero degli eremiti. Da quel momento in poi la certosa fu retta dal beato Lanuino († 1116/1119), amico e successore del santo.
Dopo la morte di san Bruno, nel 1193, una parte della comunità lasciò l'Ordine certosino e passò a quello dei cistercensi di Fossanova (Latina), trascorrendo essenzialmente una vita cenobitica; l'altra si ritirò alle falde settentrionali dell'Aspromonte, nella zona di Castellace, oggi frazione di Oppido Mamertina, a circa 200 metri di altitudine.
Periodo cistercense
Dal 1193 fino al 1411 il monastero fu affidato ai monaci cistercensi.
Nel 1411 il Monastero di Santo Stefano fu dato in commenda ad un prelato, residente a Napoli, che ne percepiva le rendite, mentre il cenobio era governato da un superiore privato dei beni materiali necessari a un’ordinata e proficua amministrazione, tanto che vi fu un notevole declino economico che arrestò ogni attività produttiva, finché nel XV secolo i terreni furono alienati e l'Abbazia di Santo Stefano fu messa a disposizione del Pontefice.
Ritorno dell'Ordine certosino
Intono al 1505, accadde una felice circostanza, che fece risorgere il Monastero di Santo Stefano, ossia il ritrovamento al disotto della Chiesa di Santa Maria delle spoglie di san Bruno e del successore il beato Lanuino, che erano stati sepolti in questo edificio, ma dei quali, a causa delle alterne vicende verificatesi nel corso dei secoli, si era perduta la memoria. Le reliquie furono portate solennemente in processione, il martedì di Pentecoste: tradizione che prosegue ancora oggi.
Fu in seguito a questi eventi, che nel 1513 il papa Leone X riaffidò il monastero ai monaci certosini e nel 1514 approvò il culto di san Bruno. In quegli anni venne commissionato a Napoli il Reliquiario a busto del Santo, in argento, che contiene le sue spoglie e quelle del beato Lanuino.
I monaci con grandi difficoltà, ma anche con tenacia, energia e fervore, ricominciarono a restaurare la Certosa e a ricostruire la comunità. In questo periodo venne eretto il perimetro murario che circondava il complesso monastico e fu avviata la ricostruzione della chiesa che fu completata nel primo quarto del XVII secolo. Fu principalmente il priore Bertrand Chalup († 1619) che ricostruì completamente il monastero.
Purtroppo nel 1783 un terribile terremoto venne ad arrestare improvvisamente e tragicamente la vita della Certosa. Il 7 febbraio, una violenta scossa del 9° grado della scala Mercalli, con epicentro a Soriano (borgo a circa 15 chilometri da Serra) e dintorni, seminò terrore e distruzione in tutta la Calabria, mietendo in pochi instanti circa 40.000 vittime. Nel monastero non ci furono perdite di vite umane, ma degli edifici neppure uno rimase illeso; andò in rovina in un attimo il lavoro di secoli. Ben presto i monaci dovettero abbandonare Serra; i loro terreni furono incamerati; i libri, i documenti e le opere della chiesa furono sequestrati o trafugati, finché nel 1808 la Certosa fu soppressa con decreto di Giuseppe Bonaparte (1768 – 1844).
Dall'Ottocento ad oggi
Nel 1826 il Comune di Serra acquista il complesso per preservarlo dalla rovina assoluta, insieme al Reliquiario a busto di san Bruno.
Dopo un fallito tentativo di recupero della Certosa, per opera di Stefano Franchet (1840 – 1844), un rescritto del 21 giugno 1856, emanato dal re Ferdinando II delle Due Sicilie (1810 - 1859), dava finalmente nuova vita alla Certosa.
Il 30 maggio 1857, con un corteo solenne, il Reliquiario a busto di san Bruno fu trasportato dalla Chiesa Matrice di Serra, dove era stato collocato dopo la soppressione della Certosa, alla sua sede originaria con l’intervento di un'immensa folla.
La ricostruzione della Certosa, tuttavia, procedette stentatamente, anche perché nel 1866, in seguito al compimento dell’unità italiana, intervenne una nuova legge di chiusura dei monasteri. La situazione poté risolversi quando si ebbe un diretto e concreto intervento della Casa Madre, la Grande Chartreuse, in Francia, la quale nel 1887 acquistò dal Comune di Serra i ruderi della distrutta Certosa con il terreno racchiuso tra le sue mura. Il grandioso complesso edilizio fu ricostruito, a partire dal 1894, da maestranze calabresi, su progettazione e sotto la direzione dell'architetto francese Jean François Pichat, il quale realizzò la struttura con un’attenzione filologica al passato anteriore e recupero di quelle parti che non erano andate distrutte dal terremoto.
La ricostruzione durò sino alla fine del secolo e terminò, il 13 novembre 1900, con la consacrazione della chiesa presieduta da Giuseppe Barillari, vescovo di Memfi.
Descrizione
Resti dell'antica Certosa
Oltrepassato l'ingresso si accede ad un ampio prato, dove si innalzano le rovine dell'antica Certosa: rimane la parte inferiore della facciata di ordine dorico; dietro ad essa sono posti i primi due archi su pilastri. Infatti, l'originaria chiesa monastica si presentava a pianta a croce greca, divisa in tre navate da pilastri binati e con cupola sulla crociera. Del chiostro rettangolare, edificato nel XVII secolo, rimane gran parte della parte inferiore (7 arcate sul lato settentrionale, 7 pilastri e 8 archi su quello meridionale); nel centro è situata una coeva fontana.
Nuova Certosa
La nuova Certosa, compiuta nel 1900, in forme neogotiche, su disegno dell'architetto Jean François Pichat, è costituita da vari corpi di fabbrica, dei quali si evidenziano:
- Chiesa dei Santi Stefano e Bruno
- Due chiostri
Chiesa dei Santi Stefano e Bruno
La chiesa presenta una facciata a capanna aperta da un portale e un rosone fortemente strombati, affiancata lateralmente da due torri. L'interno ha una pianta a navata unica coperta da volte a crociera. Tra le opere conservate di maggior rilievo si segnalano:
- Statue di san Bruno di Colonia e del beato Lanulino (inizio del XX secolo), in marmo di Giovanni Scrivo.
- Sportello di tabernacolo con Madonna con Gesù Bambino e santi (XVII secolo), in alabastro dipinto.
- Reliquiario a busto di san Bruno di Colonia (1516 ca.), in argento, di bottega napoletana: sulla teca contenente le reliquie del Santo e del beato Lanuino figura un'iscrizione che recita:
(LA) | (IT) | ||||
« | In morte quoque non sunt divisi. » | « | Non sono stati divisi neppure nella morte » |
Monastero
Il complesso monastico, severo e piuttosto semplice, si articola intorno a due chiostri:
- Chiostro piccolo, circondato da un portico, attorno al quale si dispongono gli ambienti della vita in comune quali la chiesa, la sacrestia, la sala capitolare, il refettorio e la biblioteca con un patrimonio librario di 25.000 volumi.
- Chiostro grande, circondato da un portico con splendide bifore archi, sul quale si aprono le celle dei monaci, dove essi si dedicano nella solitudine alla preghiera e al lavoro manuale. Nell'angolo nord-orientale presenta un ampio spazio adibito a cimitero.
Nei vari ambienti del monastero si conservano pregevoli dipinti e sculture, tra cui spiccano:
- San Bruno di Colonia in gloria (XVII secolo), olio su tela di ambito napoletano.
- Rebecca ed Eleazar e Gesù Cristo e la Samaritana al pozzo (XVIII secolo), olio su tela di Francesco De Mura.
- Ciclo di dipinti del XVIII secolo, attribuiti ad Antonio Cilea, raffiguranti:
- Riposo nella fuga in Egitto;
- Evangelizzazione dell'Africa;
- Madonna addolorata;
- Morte di san Giuseppe;
- Trionfo della Croce.
Museo della Certosa
Per approfondire, vedi la voce Museo della Certosa di Serra San Bruno |
Il Museo della Certosa, allestito in un'ala della Certosa, è stato istituito nel 1994 per conservare, valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico proveniente dal monastero, presentare la spiritualità, la cultura e la storia dell'Ordine certosino, e documentare la vita e l'opera di san Bruno di Colonia.
Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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