De Imitatione Christi
La Imitazione di Cristo (titolo originale in latino: De Imitatione Christi) è, dopo la Bibbia, il testo più diffuso di tutta la letteratura cristiana occidentale.
Il testo è stato scritto in latino e ne è sconosciuto l'autore. La rosa di nomi a cui attribuire l'opera è, sostanzialmente, ridotta a tre figure: il monaco agostiniano Tommaso da Kempis, a Jean Gerson o a Giovanni Gersen[1]. La mancanza dell'autore, secondo l'uso certosino, ha fatto propendere ultimamente per l'attribuzione a quest'ambiente (Enzo Bianchi). L'analisi contenutistica sembra confermare questa ipotesi.
È un testo tuttora considerato di riferimento per tutte le Chiese cristiane (cattolica, protestante e ortodossa).
Controversie sull'attribuzione
Come accennato, permangono dubbi sul reale autore del testo. A tutt'oggi si sono susseguite varie ipotesi[2].
Lo storico britannico Brian McNeil suppone che il vero autore sia Jean Gerson, abate benedettino, "cancelliere" della Sorbona (1363-1429)[3].
Una seconda teoria attribuisce l'opera all'agostiniano olandese Tommaso da Kempis (1379-1471).
Una terza teoria ritiene invece che l'opera sia frutto del lavoro di più persone che hanno provveduto a completare il testo in tempi diversi. L'ipotesi si basa sulla differente impostazione stilistica dei primi due libri rispetto agli ultimi due[4] (vedi sotto).
Una quarta teoria vede il benedettino Giovanni Gersen tra gli autori dell'opera. I sostenitori più qualificati della tesi gerseniana sono Tiburzio Lupo S.D.B. e Piergiovanni Bonardi C.P.[5].
Una quinta teoria, ad oggi la più attuale, propende per l'attribuzione all'ambiente dei monaci Certosini. A questo proposito Enzo Bianchi scrive:
« | L'opera può essere collocata e a noi pare certamente proveniente da ambiente monastico con possibilità di essere più quello certosino, attento alle ragioni del cuore, nutrito di cristocentrismo individuale, diffidente verso le forme di vita comunitaria, che quello benedettino che, per quanto ambiente solitario, esprime pure esigenze comunitarie che nel libro mai si fanno sentire. » | |
(Introduzione a L'Imitazione di Cristo, Edizioni Paoline, Milano 2008, p. 15)
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Struttura del testo
L'opera si divide in quattro libri.
- Il Libro I (Libro della imitazione di Cristo e del dispregio del mondo e di tutte le sue vanità) sollecita ad abbandonare la vacuità delle cose materiali ed a porre al centro dell'attenzione la carità, la conformità a Cristo, la meditazione, l'obbedienza e la contrizione.
- Il Libro II (Dell'interna conversazione) insiste sulla necessità e l'inevitabilità della sofferenza per poter entrare nel regno di Dio ed elabora una serie di precetti per vivere una vita interiore molto intensa.
- Il Libro III (Dell'interna consolazione) segna un mutamento nello stile: il testo diventa infatti una sorta di dialogo mistico con Cristo.
- Il Libro IV (Libro del sacramento del corpo di Cristo) esorta, sempre sotto forma di dialogo, alla unione con Cristo attraverso l'eucarestia.
Considerando il capitolo iniziale, è verosimile pensare che la scelta di tale titolo per l'intera opera abbia avuto origini casuali, forse nel passaggio da copista a copista.
I vari libri hanno caratteristiche diverse:
- I primi due libri sembrano abbozzare una sorta di "regola monastica", "intesa al governo della vita interiore"[6] e quasi contrapposta alle scuole filosofiche realista e dei nominalisti.
- Il terzo libro è scritto con uno stile più drammatico, probabilmente aggiunto in un momento successivo.
- Il quarto libro, incentrato completamente sull'importanza dell'Eucarestia, fa pensare ad una stesura più tarda, probabilmente risalente al XIV secolo, quando le dispute su quel Sacramento erano particolarmente accese.
Dottrina
L'oggetto dell'opera è la via da percorrere per raggiungere la perfezione ascetica, seguendo le orme di Gesù.
La via della conoscenza anti-intellettualistica
L'inizio del libro introduce l'indirizzo anti-intellettualistico di tutta l'opera, che riprende Qo 12,12 :
« | quando verrà per noi il giorno del Giudizio, non ci sarà domandato che cosa avremo letto, ma che cosa avremo fatto, né con quanta dottrina o eleganza avremo parlato, ma quanto santamente avremo vissuto. » | |
(Libro Primo)
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Persone formatesi alla scuola dell'Imitazione di Cristo
Vari santi e personalità importanti del cattolicesimo si sono formati alla scuola di quest'opera:
- Sant'Ignazio di Loyola. Il De imitatione Christi costituisce una delle fonti principali degli Exercitia spiritualia (1548) di sant'Ignazio di Loyola[7]
- Santa Teresa di Lisieux. L'Imitazione di Cristo è capitale per riuscire a comprenderne appieno la figura: è proprio su questo testo che si è svolta la sua prima formazione, ancor prima della sua conoscenza e frequentazione assidua dei due giganti dell'ordine carmelitano: Santa Teresa d'Avila e San Giovanni della Croce. Nell'adolescenza Teresa portava sempre questo libro con sé dovunque andasse, e ne conosceva ampi stralci a memoria.
- Bossuet definiva questo libro "Quinto evangelo", tanta era l'importanza che gli accordava rispetto a tanti altri libri che nel loro insieme costituiscono la letteratura cristiana.
- Voltaire. Pur essendo non credente, riconobbe meriti singolari a quest'opera.
- Papa Giovanni XXIII. Si ispirava regolarmente al "De imitatione Christi".
- San Benedetto Giuseppe Labre. Mistico e santo francese, seguiva quasi alla lettera l'insegnamento del libro. Alla sua morte i suoi unici averi erano un Vangelo, un crocifisso, un breviario per le preghiere quotidiane e appunto una copia dell'opera.
Edizioni
Si contano attualmente oltre settecento manoscritti e più di tremila edizioni in oltre cento lingue. Tra di esse:
- Imitazione di Cristo, Edizioni San Paolo, Torino, 2007
Note | |
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Bibliografia | |
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Collegamenti esterni | |
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