De Trinitate (Agostino)

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Sant'Agostino, affresco; il santo è raffigurato nell'intento di scrivere una delle sue opere
1leftarrow.png Voci principali: Sant'Agostino d'Ippona, Trinità.

Il De Trinitate ("Sulla Trinità") è il trattato di Sant'Agostino d'Ippona sulla Trinità, in quindici libri. È considerato "il capolavoro dogmatico di Agostino[1]. L'opera chiude sostanzialmente l'era delle speculazioni dogmatiche intorno alla Trinità.

È pubblicato nel volume XLII della Patrologia Latina del Migne[2].

Storia

Agostino lavorò all'opera dal 399 al 419[3]. I primi dodici libri furono diffusi tra il pubblico a sua insaputa e prima che l'autore potesse rivederli, cosa che aveva in animo di fare; Agostino se n'ebbe a male, e decise di non continuare l'opera. Lasciatosi poi persuadere dalle preghiere dei suoi fratelli monaci, aggiunse gli ultimi tre libri (XIII-XV)[4].

Metodo

Il suo metodo si sviluppa in tre punti:

  1. l'accertamento della fede;
  2. la fondazione biblica;
  3. l'esercizio dialettico della ragione.

Agostino stesso affermò in una sua lettera che solo pochi lettori sarebbero stati in grado di seguire i suoi ragionamenti[5].

Articolazione

L'opera si compone in due parti[1]:

  1. libri I-VII: espongono l'insegnamento scritturale intorno alla Trinità (I-IV) e la formulazione del dogma che ne risulta (V-VII);
  2. libri VIII-XV: indagano con la speculazione il mistero trinitario, basandosi su analogie rilevate nelle creature, specialmente nello spirito umano.

Prima parte

I primi quattro libri espongono, in base ai dati della Bibbia, l'unità e l'uguaglianza delle divine Persone[6].

Il quinto libro confuta le obiezioni filosofiche, ricorrendo alla dottrina delle relazioni. L'autore stesso ne riassume così il contenuto:

(LA) (IT)
« In quinto [libro] [..] demonstratur non omne quod de Deo dicitur secundum substantiam dici [..]; sed dici etiam relative, id est non ad se, sed ad aliquid quod ipse non est; sicut Pater ad Filium dicitur, vel Dominus ad creaturam sibi servientem. » « Nel quinto libro [..] ho dimostrato che non tutto ciò che si dice di Dio lo si dice sotto l'aspetto della sostanza [..]. Si dice anche sotto l'aspetto della relazione, ossia non rispetto a quello che è in se stesso, bensì rispetto a qualcosa che non è l'assoluto in Dio; per esempio quando si dice Padre in relazione al Figlio o si dice Signore in relazione alle creature che lo servono. »
(l. XV, 5. Traduzione dal sito augustinus.it. )

Il sesto libro conferma l'uguaglianza delle Persone, sebbene si attribuiscano loro titoli particolari all'una o all'altra, e, in particolare, titoli di sapienza o di virtù dati al Figlio.

Il settimo insiste sull'unità delle Persone, dicendo che in Dio si ha "una virtus et una sapientia, sicut unus Deus et una essentia" ("una virtù e una sapienza, come è un solo Dio e una sola essenza"); spiega inoltre le formule comuni "una essentia, tres personae" ("una sola essenza, tre Persone") e "una essentia, tres hypostases (substantiae)" ("una sola essenza, tre ipostasi (sostanze)").

Seconda parte

La seconda parte risulta nell'insieme assai meno teologica della prima; è però più originale, ed offre un vero tesoro di risorse dottrinali[6]. Apre nuove vie alla speculazione, ed effettua lunghe digressioni, specialmente circa la conoscenza di Dio e l'unione con lui mediante la fede, la speranza, la carità e la sapienza. Tuttavia lo sviluppo delle immagini ed analogie usate per "dimostrare" la Trinità non ha il rigore che si troverà più tardi negli scolastici.

L'ottavo libro aiuta ad acquisire di Dio una conoscenza puramente spirituale, mediante la conoscenza che l'uomo ha della verità, della bontà e della giustizia. Afferma che nella carità si trovano alcuni segni della Trinità.

Nei libri nono spiega la Trinità secondo l'immagine della mente umana, vedendone un segno nella triade mens, notitia, amor ("spirito", "conoscenza di sé", "amore").

Il decimo libro precisa l'immagine del precedente: Agostino trova una trinità anche più evidente ("evidentior trinitas") nella triade formata da "memoria" (l'intelletto dotato di verità conosciute), "intelligenza" (l'intelletto pensante) e "volontà" (l'intelletto, o anima spirituale, amante).

L'undicesimo libro presenta un'immagine della Trinità più grossolana delle precedenti, e, quindi, più ardua a capirsi: si tratta della visione corporea e, in un piano più alto, di quella immaginativa.

I libri dodicesimo, tredicesimo e quattordicesimo ricercano un'immagine della Trinità più profonda e perfetta delle precedenti: Agostino la trova nella sapienza.

Il quindicesimo libro riprende lo sviluppo teologico della dottrina trinitaria, interrotto dai lungi excursus sulle immagini della Trinità, e si chiude con una magnifica preghiera alla Triade santissima.

Insegnamento

La chiarificazione del concetto di relazione

La riflessione di Agostino si situa nel contesto della polemica ariana. Gli ariani non riconoscevano la divinità del Figlio; secondo essi "quello che si dice di Dio non può esser detto che secondo la sostanza, poiché in lui non ci sono accidenti; perciò se il Figlio è generato, lo è secondo la sostanza: egli ha dunque una sostanza diversa da quella del Padre, ed inferiore"[7].

A tale argomentazione Agostino risponde riconoscendo che in Dio niente si dice come accidente, ma che da ciò non segue che tutto si dica secondo la sostanza; c'è un terzo modo: quello che si dice secondo la relazione. In base a ciò Agostino può affermare che la sapienza e altri attributi si trovano nel Padre e nel Figlio, ma nel Padre si trovano con la relazione di generante, e nel Figlio con quella di generato. Diventa così esplicito e centrale nella teologia trinitaria il tema della relazione, che prima era adoperato solo in modi implicito, o comunque con un minor rilievo.

In tal maniera Agostino può dire che ciò che in Dio si dice ad se, cioè che delle divine Persone si dice secondo l'assoluto, tutte e tre le Persone lo hanno in comune; quello invece che delle Persone si dice ad alium, cioè secondo il relativo, è ciò che le oppone e le distingue. Così la sapienza del Padre e del Figlio è la stessa, ma il Padre non è il Figlio.

Tale dottrina fu più tardi espressa con rigore di termini nel Decretum pro Iacobitis[8] del Concilio di Firenze (1431-1445).

Le immagini della Trinità

Nell'intento di portare il suo lettore a una migliore intelligenza del dogma trinitario, Agostino si serve dell'affermazione biblica dell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26 ). Per Agostino "la mente umana è l'immagine della Trinità. Scrutando dunque lo spirito umano alla luce del mistero delle tre divine Persone egli scopre una profonda psicologia, in cui l'unità ed insieme la distinzione e le relazioni delle nostre facoltà superiori sono mirabilmente illustrate"[9].

In particolare Agostino scopre due triadi nell'uomo. La prima che presenta è mens, notitia, amor[10], ma le sue riflessioni lo conducono a un altro, più perfetto e di superiore omogeneità: memoria, intellectus, voluntas[11]. Nell'unità della sostanza dell'uomo, "queste facoltà sono distinte ed hanno tra di loro l'ordine ed in qualche modo la natura delle relazioni che sappiamo aversi in Dio. Il verbo dell'intelletto procede dalla memoria, cioè dalla nostra scienza che esso esprime, e ne è un'immagine e una primogenitura; dalla memoria e dall'intelletto procede l'amore della volontà"[9], come dal Padre e dal Figlio procede lo Spirito di carità[12].

Note
  1. 1,0 1,1 Berthold Altaner (1952) 315.
  2. Sul web si trovano tanto il testo latino che la traduzione italiana.
  3. Berthold Altaner (1952) 315. Invece Fulberto Cayré (1936) 672 pone gli anni dal 400 al 416.
  4. Fulberto Cayré (1936) 672.
  5. Ita ut nec libros de Trinitate, quos diu in manibus verso nondumque complevi, modo attendere velim, quoniam nimis operosi sunt, et a paucis eos intellegi posse arbitror (Epistola 169,1, online).
  6. 6,0 6,1 Fulberto Cayré (1936) 673.
  7. Carlo Boyer (1948) 531-532.
  8. Il decreto si trova all'interno della Bulla unionis Coptorum Aethiopumque "Cantate Domino" del 4 febbraio 1442; DS 1330 segg.; l'affermazione sulla Trinità e le relazioni è in DS 1330.
  9. 9,0 9,1 Carlo Boyer (1948) 532.
  10. Libro II.
  11. Libro X.
  12. Libro XIV.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni