Monastero di Camaldoli (Poppi)
Monastero di Camaldoli | |
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Monastero di Camaldoli, complesso monastico | |
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Provincia | Arezzo |
Comune | Poppi |
Località | Camaldoli |
Diocesi | Arezzo-Cortona-Sansepolcro |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Loc. Camaldoli 52014 Poppi (AR) |
Telefono | +39 0575 556021 |
Fax | +39 0575 556001 |
Posta elettronica | monastero@camaldoli.it |
Sito web | |
Proprietà | Congregazione Camaldolese dell'Ordine di San Benedetto |
Oggetto tipo | Monastero |
Oggetto qualificazione | camaldolese |
Dedicazione | San Donato d'Arezzo Sant'Ilariano |
Sigla Ordine qualificante | O.S.B. Cam. |
Fondatore | San Romualdo |
Data fondazione | post 1023 |
Stile architettonico | Romanico, rinascimentale |
Inizio della costruzione | post 1023 |
Altitudine | 816 metri s.l.m. |
Coordinate geografiche | |
Toscana | |
Il Monastero di Camaldoli è un complesso cenobitico camaldolese, situato a tre chilometri dall'Eremo, in una stretta gola tra il monte Cotozzino (1301 metri s.l.m.) e il poggio Muschioso (1158 metri s.l.m.), nel territorio del comune di Poppi (Arezzo).
Origini e toponimo
La tradizione vuole che il luogo fu donato dal conte Maldolo d'Arezzo (donde il nome di Ca' Maldoli) a san Romualdo (952-1027), che nel 1012 costruì il primo nucleo dell'eremo e qualche anno dopo l'ospizio (in latino, hospitium). Gli studiosi datano invece la fondazione dell'eremo al 1023 - 1024 e fanno derivare il toponimo da Campus amabilis, così chiamato per la particolare bellezza del sito.
Per approfondire, vedi la voce Eremo di Camaldoli (Poppi) |
Storia
Il monastero di Camaldoli sorse dopo il 1023, sul sito dell'antico castello di Fontebuona del conte Maldolo di Arezzo, per volontà di san Romualdo (952-1027), come ospizio per accogliere i visitatori e i pellegrini.
Intorno al 1080, durante il priorato del beato Rodolfo I (1074-1089), quarto priore dell'Eremo, fu trasformato, oltre che in ospizio, anche in piccolo cenobio, come luogo di formazione dei giovani in preparazione alla vita eremitica e sempre in questo periodo venne costruito il chiostro detto di Maldolo che tuttora funge da spazio di accoglienza per i visitatori.
La Congregazione Camaldolese dell'Ordine di San Benedetto, approvata nel 1113 da papa Pasquale II, ebbe una grande espansione e fiorì sopratutto tra il XII e XV secolo, quando raggiunse ricchezza e potenza economica estendendo la sua influenza su tutto il Casentino.
Nel tempo il complesso è stato sottoposto a vari rifacimenti e ristrutturazioni, in particolare nel 1203 e nel 1276, dopo due rovinosi incendi e ha subito numerosi saccheggi, come quello condotto nel 1498 da conte Bartolomeo d'Alviano (1455-1515).
Il monastero fu sempre un importante centro spirituale e culturale, dotato, nel XV secolo, di una fiorente tipografia che stampò le Costituzioni camaldolesi, contenenti anche le norme per la piantagione e la conservazione dell'abete bianco. Inoltre, intorno al 1470 - 1480, durante il priorato generale dell'umanista Mariotto Allegri (1410-1478), vi ebbe sede anche una celebre accademia di cui fecero parte Lorenzo il Magnifico, Leon Battista Alberti, Marsilio Ficino, Cristoforo Landino e altri. Per poterli meglio alloggiare il priore generale fece ristrutturare il piano superiore del chiostro di Maldolo per ricavarne appartamenti e sale per la discussione.
I lavori di edificazione dell'attuale monastero iniziarono nel XVI secolo e videro l'ingrandimento del chiostro sul lato settentrionale della chiesa e sul lato occidentale dell'ospedale, che venne inglobato. I lavori erano conclusi nel 1611.
Le soppressioni ecclesiastiche dell'epoca napoleonica (1810) e sabauda (1866) tolsero ai monaci il cenobio. Solo nel 1934 i religiosi poterono riprenderne il possesso del monastero, che all'epoca si trovava in uno stato di totale abbandono e già in quell'anno riuscirono a riavviare l'attività di accoglienza dei pellegrini e ospiti nella foresteria.
Un anno importante per la storia di Camaldoli è stato il 1936, quando Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI, chiese ai monaci di mettere a disposizione dei laureati cattolici e degli universitari della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) la foresteria per le Settimane Teologiche estive che tuttora vi si svolgono.
Dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965), il monastero è diventato un luogo di spiritualità e formazione teologica, biblica, liturgica e di promozione di quegli aspetti e istanze che il Concilio ha voluto far rifiorire nella vita della Chiesa.
Descrizione
Il complesso monastico, massiccio e di forma irregolare, si compone di tre corpi di fabbrica:
- Foresteria
- Chiesa dei Santi Donato e Ilariano
- Monastero
Foresteria
Sul piazzale d'ingresso, nel lato occidentale, prospetta la lunga facciata dell'antica foresteria, Hospitium camalduli, destinata ad accogliere pellegrini e ospiti per ritiri e incontri con la comunità monastica. Nell'edificio si notano:
- Chiostro di Maldolo, di forma quadrangolare, è circondato da un portico con colonne dell'XI - XII secolo.
- Chiostro dei Fanciulli, di forma quadrangolare, cinto per due lati da un portico con snelle colonne con capitelli della prima metà del XV secolo: questo venne fatto costruire dal priore generale, il beato Ambrogio Traversari (1386-1439), per poter dare alloggio ai novizi.
- Sala delle Accademie o del Landino, che conserva il soffitto ligneo del 1460, era il luogo ove si svolsero le discussioni tra umanisti su temi letterari e scientifici - poi raccolti e pubblicati da Cristoforo Landino - a cui parteciparono fra gli altri: Marsilio Ficino, Leon Battista Alberti, Lorenzo il Magnifico e il priore generale dell'Ordine, Mariotto Allegri. L'ambiente viene tuttora utilizzato per incontri e convegni, in particolare per le cosiddette "Settimane di Camaldoli".[1]
- Biblioteca, di struttura medievale, con finestre del XIII e XV secolo, possiede un patrimonio librario costituito da circa 35.000 volumi e dispone di una emeroteca di 540 testate, italiane e straniere, afferenti alle scienze religiose e alle materie umanistiche.
Chiesa dei Santi Donato e Ilariano
Per un portale, posto sul lato settentrionale del piazzale, si entra nel cortile dove sul lato occidentale prospetta la sobria facciata della chiesa, ricostruita più volte sul luogo della primitiva, distrutta nel 1203. L'attuale edificio, innalzato tra il 1509 e il 1524, fu radicalmente ristrutturato da maestranze fiorentine tra il 1772 e il 1776.
L'interno, barocco, si presenta a unica navata sorretta da pilastri con capitelli corinzi. La volta è decorata da un dipinto murale raffigurante:
- Madonna in gloria con san Romualdo, san Benedetto da Norcia, san Donato d'Arezzo e sant'Ilariano (seconda metà del XVIII secolo), affresco, di Sante Pacini.
Lungo la navata sono conservati splendidi dipinti, a olio su tavola, di Giorgio Vasari (1511-1574), raffiguranti:
- Madonna con Gesù Bambino in trono tra san Giovanni Battista e san Girolamo (1537).
- Natività di Gesù (1538).
- all'altare maggiore, Deposizione di Gesù Cristo dalla croce (1540): la pala firmata in basso costituiva la parte centrale di un complesso pittorico smembrato nel 1775, durante i lavori di rifacimento della chiesa. Dell'opera facevano parte anche tredici scomparti di predella, di cui oggi ne rimangono dieci con Storie dell'Antico Testamento e Miracoli di san Donato d'Arezzo e due dipinti, attualmente collocati sulle pareti laterali della chiesa, che raffigurano:[2]
Nella chiesa sono, inoltre, custoditi alcuni dipinti (seconda metà del XVIII secolo), di Sante Pacini, tra i quali si notano:
Monastero
Il monastero d'impianto cinquecentesco, si articola attorno a un chiostro, di forma rettangolare, cinto su due lati da un portico ad arcate su colonne monolitiche di pietra arenaria, del 1543, con al centro una vasca ottagonale. Tra gli ambienti monastici si evidenziano:
Refettorio
Il refettorio, di stile tardo manierista, terminato nel 1606, è coperto dal coevo soffitto ligneo a cassettoni, intagliato da alcuni monaci del monastero stesso e decorato da dipinti raffiguranti:
- sulla parete di fondo, Gesù Cristo servito dagli angeli (1611), olio su tela, di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio.
- alle pareti laterali, Giacobbe e Rachele al pozzo e Trionfo di Davide (metà del XVII secolo), affreschi, di Lorenzo Lippi.
- ai lati del pulpito, Deposizione di Gesù Cristo dalla croce e Risurrezione di Gesù Cristo (primo quarto del XVIII secolo), olio su tela, di Giovanni Camillo Sagrestani.
Farmacia
Nel 1046 i monaci avevano edificato un piccolo ospedale per poter curare gli ammalati dei paesi limitrofi e i pellegrini, che erano assistiti gratuitamente dagli stessi religiosi e che, in caso di decesso, provvedevano a loro spese a garantire le esequie e la sepoltura. L'ospedale rimase in uso fino alla soppressione napoleonica del 1810.
Dell'ospedale rimane l'antica farmacia, edificata nel 1543, con il laboratorio galenico, dove venivano lavorate le erbe e le spezie per la preparazione dei medicinali. In essa si conservano:
- arredi del XVI secolo, in legno di noce intagliato;
- strumenti e utensili (alambicchi, mortai, fornelli, ecc.);
- vasi di ceramica derutese e faentina (XVI - XVIII secolo);
- contenitori di vetro;
- libri e prontuari di medicina, chirurgia e botanica, databili dal XV al XVI secolo.
Nella farmacia ancora oggi vi si vendono i prodotti alimentari, erboristici e cosmetici preparati dai monaci secondo ricette tradizionali.
Galleria fotografica
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Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
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