Santa Lucia

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Santa Lucia
Vergine · Martire
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Francesco del Cossa, Santa Lucia (1473); Washington, National Gallery
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 21 anni
Nascita Siracusa
283
Morte Roma
13 dicembre 304
Sepoltura
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Appartenenza
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Extra Santa Lucia
Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
Antipapi {{{antipapi}}}
Eventi
Venerata da Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Venerabile il [[{{{aV}}}]]
Beatificazione [[]]
Canonizzazione [[]]
Ricorrenza 13 dicembre
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi Occhi su un piatto, giglio, palma, libro, spada, pugnale
Devozioni particolari Invocata contro malattie degli occhi e carestie
Patrona di Siracusa, ciechi, miopi, astigmatici, oculisti, elettricisti
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
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Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 13 dicembre, n. 1:
« Memoria di santa Lucia, vergine e martire, che custodì, finché visse, la lampada accesa per andare incontro allo Sposo e, a Siracusa in Sicilia condotta alla morte per Cristo, meritò di accedere con lui alle nozze del cielo e di possedere la luce che non conosce tramonto. »

Santa Lucia da Siracusa (Siracusa, 283; † Roma, 13 dicembre 304) è stata una vergine e martire latina, venerata dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. Morì martire durante le persecuzioni di Diocleziano a Siracusa.

Biografia

Fonti delle notizie biografiche

Nell'introduzione al romanzo storico Lucia di René du Mesnil de Maricourt[1], Ampelio Crema informa che la prima e fondamentale testimonianza sull'esistenza di Lucia proviene da un'iscrizione greca scoperta a Siracusa nel giugno 1894 dal professor Paolo Orsi nella catacomba di san Giovanni: l'epigrafe, dedicata da un siracusano alla moglie Euschia alla fine del IV secolo o all'inizio del V secolo, prova l'esistenza di una forte devozione per la santa, il cui anniversario era già commemorato da una festa liturgica.

Loculo di Siracusa

Loculo da cui fu asportato il corpo di santa Lucia nel 1040 e trasportato a Costantinopoli

Di santa Lucia esiste a Siracusa il loculo, cioè la tomba primitiva, sulla quale fin dai tempi antichi sorse una chiesa, rifatta poi nel Seicento.

Inoltre, come ha scritto Piero Bargellini nel suo libro I Santi del giorno, "esistono iscrizioni, che testificano una remota e fervida devozione per la Martire e un culto liturgico già stabilito dai primi secoli. Infine, esiste una di quelle "Passioni" con le quali la devozione dei fedeli ha ricamato di fantasia, sopra un canovaccio certamente storico".

Agiografia

Jacobello del Fiore, Santa Lucia e sua madre davanti alla tomba di sant'Agata (1410 - 1425 ca.), tavola; Fermo, Pinacoteca Civica

Gli Atti del suo martirio, il cosiddetto Codice Papadopulo, narrano di una giovane, orfana di padre, appartenente a una ricca famiglia di Siracusa, che era stata promessa in sposa a un pagano.

La madre di Lucia, Eutichia, da anni ammalata, aveva speso ingenti somme per curarsi, ma nulla le era giovato. Fu così che Lucia ed Eutichia, unendosi a un pellegrinaggio di siracusani al sepolcro di sant'Agata nel dies natalis della vergine e martire catanese, pregarono sant'Agata affinché intercedesse per la guarigione della donna. Durante la preghiera Lucia si assopì e vide in sogno sant'Agata in gloria che le diceva:

« Lucia, perché chiedi a me ciò che puoi ottenere tu per tua madre? »

Nella visione sant'Agata le preannunciava anche il suo patronato sulla città di Siracusa. Ritornata a Siracusa e constatata la guarigione di Eutichia, Lucia comunicò alla madre la sua ferma decisione di consacrarsi a Cristo. Il pretendente, insospettito e preoccupato nel vedere la desiderata sposa vendere tutto il suo patrimonio per distribuirlo ai poveri, verificato il rifiuto di Lucia, la denunciò come cristiana. Erano in vigore i decreti di persecuzione dei cristiani emanati dall'imperatore Diocleziano.

Il processo che Lucia sostenne dinanzi all'arconte Pascasio attesta la fede e anche la fierezza di questa giovane donna nel proclamarsi cristiana. Il dialogo serrato tra lei e il magistrato vede addirittura quasi ribaltarsi le posizioni, tanto da vedere Lucia quasi mettere in difficoltà l'Arconte che, per piegarla all'abiura, la sottopone e tormenti.

Lucia esce illesa da ogni tormento fino a quando, inginocchiatasi, viene decapitata. Prima di morire annuncia la destituzione di Diocleziano e la pace per la Chiesa.

Lorenzo Lotto, Santa Lucia davanti al giudice Pascasio (1532), olio su tavola; Jesi, Pinacoteca Civica

È privo di ogni fondamento e assente nelle molteplici narrazioni e tradizioni, almeno fino al XV secolo, l'episodio di Lucia che si strappa gli occhi. L'emblema degli occhi sulla tazza, o sul piatto, è da ricollegarsi, semplicemente, con la devozione popolare che l'ha sempre invocata protettrice della vista a causa del suo nome Lucia (dal latino Lux, "luce").

La sua iconografia vede spesso gli occhi accompagnati dal pugnale conficcato in gola. Il motivo di questa raffigurazione è da spiegarsi con il racconto dei cosiddetti Atti latini che descrivono la morte di Lucia per jugulatio piuttosto che per decapitazione.

Storicamente attestato, grazie anche a una testimonianza scritta lasciataci da un testimone oculare, il canonico Antonino De Michele, è quello che è passato alla storia come il miracolo della fine della carestia del 1646. La domenica 13 maggio 1646, a chiusura di un ottavario di preghiera per la cessazione della carestia, durante il quale il simulacro di Santa Lucia era stato esposto alla pubblica venerazione presso l'altare maggiore della Cattedrale, una colomba fu vista volteggiare dentro il Duomo durante la Messa celebrata dal vescovo Elia de' Rossi. Quando la colomba si posò sul soglio episcopale, una voce annunciò l'arrivo al porto di un bastimento carico di cereali. La popolazione tutta vide in quella nave la risposta data da santa Lucia alle tante preghiere che a lei erano state rivolte.

Priva di fondamento la leggenda che vuole che in quell'occasione i siracusani cucinarono di fretta i cereali per nutrirsene, facendo così nascere la tradizione della cuccìa. La cuccìa, un dolce a base di ricotta e frumento tipico della Sicilia occidentale, non è mai stato un dolce tipico siracusano. È stato introdotto a Siracusa, più come elemento folkloristico che tradizionale, negli anni Ottanta, da alcune pasticcerie siracusane.

Inoltre, secondo una leggenda priva di fondamento oggettivo,[2] la discendenza della santa siracusana proverrebbe direttamente dalla famiglia di Archimede, così le due figure più importanti della città sarebbero legate a un unico ramo genealogico.

Santa Lucia nella Divina Commedia

Caravaggio, Pala d'altare con Sepoltura di santa Lucia (1608-1609), olio su tela; Siracusa, Galleria Regionale di Palazzo Bellomo

La figura di santa Lucia, nel corso dei secoli, è stata fonte di ispirazione non soltanto sul piano strettamente religioso e teologico, o artistico, ma anche letterario sia nell'ambito di una letteratura colta, diremmo "alta", sia in un contesto più propriamente legato alla tradizione popolare di questo o quell'ambiente in cui si è, in varia misura, radicato il culto verso la martire siracusana.

Nell'ambito della tradizione letteraria propriamente detta, la figura della Santa ispirò Dante Alighieri. Il poeta nel Convivio afferma che aveva subito in gioventù una lunga e pericolosa alterazione agli occhi a causa delle prolungate letture,[3] ottenendone poi la guarigione per intercessione di santa Lucia. Gratitudine, speranza e ammirazione indussero quindi il sommo poeta ad attribuirle un ruolo fondamentale non soltanto nella sua vicenda personale, ma anche, allegoricamente e simbolicamente, in quella dell'umanità intera nel suo viaggio oltremondano descritto nella Divina Commedia.

Santa Lucia nelle tre cantiche diventa il simbolo della "grazia illuminante", per la sua adesione al Vangelo sino al sacrificio di sé, dunque, "via", strumento per la salvezza eterna di ogni uomo, oltre che del Dante personaggio e uomo.

Questa interpretazione religiosa della personalità storica della vergine siracusana, quale santa che illumina il cammino dell'uomo nella comprensione del Vangelo e nella fede in Cristo, risale ai primi secoli della diffusione del suo culto. Così, infatti, l'hanno esaltata, promuovendone la devozione, san Gregorio Magno (590-604), san Giovanni Damasceno (674-754), san Adelmo d'Inghilterra (†709) e tanti altri. E appunto a questa interpretazione della figura di santa Lucia si collega Dante, in aspra e aperta polemica con il contesto storico di decadenza morale, politica, civile del suo tempo, tema, peraltro, di fondo che percorre tutta l'opera dalla "selva oscura" all'ascesa verso l'"Empireo".

Se esaminiamo con attenzione la figura della martire nella Divina Commedia, si scorge in lei un personaggio che ci appare vivo e reale nel coniugare in sé qualità celestiali e umane allo stesso tempo. È creatura celeste e umana, quando su invito di Maria scende dall'Empireo, per avvertire Beatrice dello smarrimento di Dante e del conseguente pericolo che incombe su di lui:

« Questa (e cioè la donna gentil, Maria indicata sempre così in tutta l'opera) chiese Lucia in suo dimando e disse: Or ha bisogno il tuo fedele di te e io a te lo raccomando. Lucia, nimica di ciascun crudele, si mosse... »
(Dante Alighieri, Inferno II, 92-96)

A questo punto, la santa con gli occhi luminosissimi in lacrime (li occhi lucenti lacrimando volse) si rivolge a Beatrice, la donna amata dal poeta, invitandola a soccorrere Dante personaggio prima che sia troppo tardi:

« Beatrice, loda di Dio vera, ché non soccorri quei che t'amò tanto, ch'uscì per te de la volgare schiera? Non odi tu pietà del suo pianto? Non vedi tu la morte che 'l combatte Su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? »
(Dante Alighieri, Inferno II, 103-108)

E ancora, nel 2º regno oltremondano, Santa Lucia è creatura umana, materna, nel prendere Dante assopito, dopo un colloquio con illustri personaggi in una località amena (la "Valletta dei Principi") e nel condurlo alla porta d'ingresso del Purgatorio:

« Venne una donna e disse: I' son Lucia lasciatemi pigliar costui che dorme; sì l'agevolerò per la sua via. »
(Dante Alighieri, Purgatorio IX, 55-57)

E così, dopo averlo aiutato a intraprendere il difficile cammino di salvezza, a seguito dello smarrimento nella "selva oscura", lo mette in condizione di intraprendere il percorso della purificazione dei propri peccati. Anche qui Dante personaggio, per influsso senz'altro del Dante autore e uomo a lei "fedele", accenna ancora una volta alla luminosa bellezza degli occhi della martire, non senza rimandi simbolici:

« Qui ti posò ma pria mi dimostraro li occhi suoi belli quella intrata aperta: poi ella e 'l sonno a una se n'andaro. »
(Dante Alighieri, Purgatorio IX, 61-63)

Infine, la vergine siracusana è spirito celeste, quando al termine del viaggio ultraterreno, nel Paradiso, Dante, su indicazione di San Bernardo, la rivede nel primo cerchio dell'Empireo, accanto a sant'Anna e a san Giovanni Battista, nel trionfo della Chiesa da lei profetizzato durante il martirio:

« Di contr' a Pietro vedi sedere Anna, tanto contenta di mirar sua figlia che non move occhio per cantare osanna. E contro al maggior padre di famiglia siede Lucia, che mosse la tua donna, quando chinavi, a ruinar, le ciglia. »
(Dante Alighieri, Paradiso XXXII, 133-138)

Dante, raggiunta la pienezza della sua ascesa, associa questa volta significativamente la figura di Santa Lucia a quella della Madre di Maria, sant'Anna, collocandola di fronte ad Adamo, il capostipite del genere umano. Maria, Beatrice, Lucia sono le tre donne che hanno permesso, per volere divino, il cammino di redenzione al personaggio Dante, ma tra di esse, la vergine siracusana rappresenta per il sommo poeta, l'ineludibile anello di congiunzione (e quindi il superamento) fra l'esperienza terrena del peccato e il provvidenziale cammino ascetico-contemplativo dell'esperienza oltremondana.[4]

Culto in Italia

La sua festa liturgica ricorre il 13 dicembre; antecedentemente all'introduzione del calendario moderno (1582) la festa cadeva in prossimità del giorno del solstizio d'inverno (da cui il detto "santa Lucia il giorno più corto che ci sia") ma non vi coincideva nei paesi che adottarono subito il nuovo calendario (differenza di 10 giorni). Nei paesi nordici, che adottarono questo calendario circa duecento anni più tardi, il solstizio cadeva, invece, proprio il 13 dicembre (calendario gregoriano). È curioso notare che questa tradizione si può applicare nell'ambito del calendario gregoriano, avendo però l'accortezza di interpretare il "giorno più corto" come il giorno in cui il sole tramonta prima; comunque, l'associazione non è assoluta, in quanto nell'emisfero sud della Terra è uno dei giorni più lunghi dell'anno.

La celebrazione della festa in un giorno vicino al solstizio d'inverno, è probabilmente dovuta alla volontà di sostituire antiche feste popolari che celebravano la luce e si festeggiano nello stesso periodo nell'emisfero nord. Altre tradizioni religiose festeggiano la luce in periodi vicini al solstizio d'inverno come ad esempio la festa di Hanukkah ebraica, che dura otto giorni come le celebrazioni per la santa a Siracusa, o la festa di dipavali celebrata in India.

È considerata dai devoti la protettrice degli occhi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini e viene spesso invocata nelle malattie degli occhi.

Il corpo della santa, prelevato in epoca antica dai Bizantini a Siracusa, è stato successivamente trafugato dai Veneziani che conquistarono Costantinopoli (l'attuale Istanbul) dove è attualmente conservato e venerato nella chiesa di San Geremia a Venezia. Le sacre spoglie della santa siracusana tornarono eccezionalmente a Siracusa per sette giorni nel dicembre 2004 in occasione del 17º centenario del suo martirio.

L'arrivo e la partenza delle spoglie furono salutati da una incredibile folla di siracusani; riscontrata l'elevatissima partecipazione e devozione dei devoti, siracusani e non, da allora si è fatta strada la possibilità di un ritorno definitivo tramite alcune trattative tra l'Arcivescovo di Siracusa Giuseppe Costanzo e il Patriarca di Venezia Angelo Scola.[5]

Culto in Svezia

In Svezia Lucia è molto venerata, sia dalla chiesa cattolica, che da quella luterana.

I bambini preparano biscotti e dolciumi a partire dal 12 dicembre. La mattina del 13, la figlia maggiore della famiglia si alza ancor prima dell'alba e si veste con un lungo abito bianco legato in vita da una cintura rossa; la testa è ornata da una corona di foglie e da sette candele utili per vedere chiaramente nel buio. Le sorelle, che indossano una camicia bianca, simboleggiano le stelle. I maschi indossano cappelli di paglia e portano lunghi bastoni decorati con stelline. La bambina vestita come santa Lucia sveglia gli altri membri della famiglia e serve loro i biscotti cucinati il giorno precedente.

Nel paese scandinavo è diffusa una tradizionale canzone di santa Lucia (Luciasången) che non è altro che la celebre "santa Lucia" napoletana adattata con un testo in lingua svedese. In diverse città alcune bambine sfilano vestite come santa Lucia intonando il Luciasången di casa in casa.

Ogni anno c'è un'elezione per la Lucia di Svezia che, infine, raggiunge la città siciliana di Siracusa, durante i festeggiamenti di santa Lucia, partecipando anche alla processione dell'ottava, quando il simulacro di santa Lucia viene ricondotto in Duomo.

Note
  1. Renè du Mesnil de Maricourt, Lucia, 1858, riedizioni a opera edizioni San Paolo nel 1982
  2. Archimede Favaro su it.wikisource.org. URL consultato il 13-12-2019
  3. Cfr. Conv. III-IX, 15
  4. Diego Gimondi e Salvatore Greco (a cura di), Santa Lucia - Tradizioni Brembane e Siracusane, Editore Ferrari, 2005
  5. Ritorno definitivo del corpo di Santa Lucia su amicisantalucia.blogspot.com. URL consultato il 13-12-2019
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni