Cattedrale di Santa Maria del Fiore (Firenze)

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Cattedrale di Santa Maria del Fiore o Duomo di Firenze
Santa Maria del Fiore.jpg
Firenze, Cattedrale di Santa Maria del Fiore
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Toscana
Regione ecclesiastica
Regione ecclesiastica Toscana
Provincia Firenze
Comune Stemma Firenze
Diocesi Firenze
Religione Cattolica
Sito web Sito ufficiale
Proprietà Opera del Duomo
Oggetto tipo Chiesa
Oggetto qualificazione Cattedrale
Dedicazione Maria Vergine
Vescovo mons. Giuseppe Betori
Fondatore cardinale Pietro Valeriano Duraguerra
Data fondazione 8 settembre 1296
Architetti Arnolfo di Cambio
Giotto di Bondone
Francesco Talenti
Giovanni di Lapo Ghini
Filippo Brunelleschi cupola
Emilio De Fabris facciata
Stile architettonico Gotico, Rinascimentale
Inizio della costruzione 1296
Completamento 1436
Data di consacrazione 25 marzo 1436
Consacrato da papa Eugenio IV.
Strutture preesistenti Chiesa di Santa Reparata
Pianta basilicale a tre navate
Profondità Massima 153 m
Note è la quinta chiesa d'Europa per grandezza
Coordinate geografiche
43°46′24″N 11°15′22″E / 43.773232, 11.255992 Stemma Toscana
Mappa di localizzazione New: Toscana
Cattedrale di S. Maria del Fiore
Cattedrale di S. Maria del Fiore

La Cattedrale di Santa Maria del Fiore è il Duomo di Firenze e si affaccia su piazza del Duomo.

È la quinta chiesa d'Europa per grandezza, dopo la Basilica di San Pietro, la Cattedrale di San Paolo a Londra, la Cattedrale di Siviglia e il Duomo di Milano[1]. È lunga, infatti, 153 metri mentre il basamento della cupola è largo circa 54 metri.

Ha una pianta peculiare, composta com'è di un corpo basilicale a tre navate saldato ad una enorme rotonda triconca che sorregge l'immensa Cupola del Brunelleschi, la più grande cupola in muratura mai costruita.

Al suo interno è visibile la più grande superficie mai decorata ad affresco; 3600 metri quadri, eseguiti tra il 1572 - 1579 da Giorgio Vasari e Federico Zuccari.

La costruzione, iniziata sulle antiche fondazioni della Chiesa di Santa Reparata nel 1296 da Arnolfo di Cambio, fu continuata da Giotto a partire dal 1334 fino alla sua morte avvenuta nel 1337. Francesco Talenti e Giovanni di Lapo Ghini la continuarono nel 1357.

Nel 1412 la nuova cattedrale fu dedicata a Santa Maria del Fiore, e consacrata il 25 marzo del 1436 al termine dei lavori della cupola del Brunelleschi da papa Eugenio IV.

È la cattedrale dell'arcidiocesi di Firenze.

Gli edifici preesistenti

La cattedrale vista di profilo
Coerenza stilistica fra Santa Maria del Fiore, il Campanile e il Battistero

Il centro religioso di Firenze era nell'alto Medioevo tutt'altro che baricentrico, essendosi sviluppato nell'angolo nord-est dell'antica cerchia romana. Come tipico dell'epoca paleocristiana le chiese si erano infatti sviluppate, anche a Florentia, a ridosso delle mura e solo nei secoli successivi vennero inglobate nella città.

La prima cattedrale fiorentina fu San Lorenzo, dal IV secolo, e successivamente, forse nel VII secolo, il titolo passò a Santa Reparata, la primitiva chiesa che si trova sotto il Duomo e che all'epoca era ancora fuori dalle mura.

In epoca carolingia la piazza era un misto di potere civile e religioso, con la residenza del margravio accanto alla sede del vescovo, più o meno sotto il palazzo Arcivescovile.

Nel 1078 Matilde di Canossa promosse la costruzione della cerchia antica (come la chiamò Dante), inglobando anche Santa Reparata e la primitiva forma del Battistero di San Giovanni, risalente al IV o V secolo[2].

Alla fine del XIII secolo la Platea Episcopalis, il complesso episcopale fiorentino, presentava rapporti spaziali completamente differenti. La piazza San Giovanni era poco più di uno slargo tra il palazzo Vescovile e il Battistero di San Giovanni, allora vero fulcro del complesso, appena completato col suo attico e il tetto in marmo a piramide ottagonale. Ad est, a ridosso di quella che venne chiamata poi Porta del Paradiso, si trovava il portico della chiesa di Santa Reparata, che disponeva all'estremità orientale di un vero e proprio coro armonico munito di due campanili[2].

A nord-est sorgevano anche l'antica chiesa di San Michele Visdomini, poi spostata più a nord, che si trovava sullo stesso asse Duomo-Battistero, e il più antico "Spedale" fiorentino; a sud sorgevano le abitazioni dei Canonici, organizzate intorno a un chiostro centrale. Lo spazio religioso assolveva, come normale all'epoca, anche funzioni civiche, come le nomine dei cavalieri, le assemblee popolari, la lettura dei messaggi delle autorità, le consacrazioni al Battista dei prigionieri di guerra, ecc[2].

Tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo Firenze visse un picco di fioritura politica e culturale, che culminò con la creazione di un nuovo polo civico legato al potere politico, poi detto piazza della Signoria, e la costruzione di una nuova cattedrale[2]. Santa Reparata infatti, pur antica e veneranda, non era più adeguata alla città in fortissima espansione, ricca e potente, che aveva appena regolato i suoi conti con la rivale Siena (Battaglia di Colle Val d'Elsa, 1269) e imposto, sia pure a fatica, la sua egemonia nel caotico scacchiere toscano. Santa Reparata veniva descritta dal Villani come molto di grossa forma e piccola a comparazione di sì fatta cittade e nei documenti del comune come Cadente per estrema età.

Nel 1294 infine il governo cittadino decise la ricostruzione della chiesa con dimensioni tali da eclissare le cattedrali delle città avversarie, tra cui Pisa e Siena. Sulla ricchezza della fabbrica venne, dunque, posto un particolare accento, in modo da rappresentare l'icona della potenza cittadina[2].

Il nuovo cantiere e la critica

Schema dell'evoluzione della pianta di Santa Maria del Fiore basata sulle ipotesi di Camillo Boito.

Il cardinale Pietro Valeriano Duraguerra, legato di papa Bonifacio VIII, pose solennemente la prima pietra della nuova basilica nella festa della Natività di Maria del 1296 (8 settembre). La costruzione dell'edificio fu un vasto progetto che durò almeno 170 anni (molti di più considerando anche la realizzazione della facciata dell'Ottocento), vi parteciparono numerosi artisti di massimo rilievo e fu al centro degli sforzi collettivi di molte generazioni.

La costruzione di Santa Maria del Fiore, uno dei momenti di maggiore importanza nello sviluppo dell'ingegneria moderna, fu quindi frutto di un cantiere durato secoli e che ha risentito delle alterne vicende della storia politica ed economica di Firenze, dei cambiamenti di gusto e delle diverse personalità dei capomastri che si sono alternati alla guida del cantiere.

L'impronta arnolfiana

Santa Maria del Fiore secondo il presunto progetto di Arnolfo, o forse dello stesso autore degli affreschi, Andrea di Bonaiuto, affreschi del 1369 - 50 anni prima della realizzazione della cupola (Cappellone degli Spagnoli, Santa Maria Novella)

I lavori iniziarono con lo scavo delle fondazioni, poi con l'elevazione dei muri delle navate laterali; si procedette così per lasciare il più a lungo possibile la chiesa di Santa Reparata in grado di funzionare come cattedrale.

A capo del cantiere venne posto Arnolfo di Cambio che già aveva probabilmente lavorato alla vasta chiesa di Santa Croce in Firenze e nello stesso torno di tempo dirigeva la costruzione del Palazzo della Signoria. Sono ancora in discussione sia la questione della reale esistenza di un progetto di Arnolfo di Cambio, sia della sua visibilità nella struttura odierna: alla luce dei pochi ed incompleti scavi condotti non è possibile dare una risposta certa, ma nel complesso è innegabile che alcuni caratteri della cattedrale attuale paiano fortemente arnolfiani anche se furono eseguiti da altri capomastri, quindi l'esistenza di un progetto originario è probabile.

Si ritiene tradizionalmente che nella rappresentazione della Chiesa trionfante negli affreschi di Andrea di Bonaiuto nel Cappellone degli Spagnoli in Santa Maria Novella, sia presente una plausibile raffigurazione del modello ligneo presentato da Arnolfo. Non mancano, comunque, le perplessità: il campanile, troppo simile a quello veramente realizzato, è più tradizionalmente "spostato" nell'area absidale; la cupola, seppure gotica nell'ornamentazione, è una tradizionale cupola semisferica; inoltre, potrebbe più semplicemente riflettere, più che il modello di Arnolfo, quello presentato all'Opera del Duomo dallo stesso autore dell'affresco.

Probabilmente, già Arnolfo aveva pensato una chiesa dotata di una grande cupola, ispirata al modello romano di Santa Maria della Rotonda (il Pantheon), e con l'intento di superare le dimensioni del Battistero. Nonostante alcune incertezze dei critici, gli scavi hanno confermato che le prime fondazioni che sia possibile attribuire a Santa Maria del Fiore si trovano sotto l'attuale facciata (il cosiddetto muro 100) e sotto i muri laterali, estendendosi poi a sud della facciata, venendo così a confermare l'ipotesi che Arnolfo avesse progettato una chiesa larga quanto l'attuale, seppur con asse ruotato pochi gradi più a sud, e munita di un campanile isolato a sud della facciata. L'esiguo spessore di queste fondazioni rende probabile una altezza progettata assai inferiore a quella poi raggiunta.

La facciata fu subito iniziata, nonostante secondo la prassi fosse un elemento generalmente posposto rispetto alla costruzione di altre parti della chiesa, perché con la demolizione della prima campata di Santa Reparata, decisa per lasciare maggiore spazio al Battistero, si rese necessario chiudere l'antica chiesa in modo da garantirne un uso provvisorio più lungo possibile.

Anche il grande ballatoio sporgente, pur essendo stato eseguito materialmente da Francesco Talenti, è un indizio di carattere tipicamente arnolfiano. I critici lo accostano al cornicione di Santa Croce (tradizionalmente attribuitogli) ed a quello di altre opere analoghe come il Duomo di Orvieto e quello di Siena. In particolare, Angiola Maria Romanini, studiosa dello scultore, sottolinea come il cornicione-ballatoio sia una costante immancabile [...] in tutte le architetture arnolfiane.

Alla morte di Arnolfo (1302), contemporanea a quella di altri promotori del cantiere, come il Vescovo Monaldeschi e il cardinale Matteo d'Acquasparta, legato papale, i lavori subirono un rallentamento e furono in seguito sospesi per circa 30 anni.

L'aspetto dell'antica facciata

Ricostruzione della facciata di Arnolfo di Cambio

Negli studi si tende ad essere d'accordo circa la presenza di una facciata incompiuta progettata e in parte eseguita da Arnolfo di Cambio, pur se accresciuta e inglobata dall'opera dei capomastri successivi, anche se la questione è stata oggetto di forti controversie in passato.

Nel Museo dell'Opera del Duomo sono conservate numerose statue e frammenti, molte di altissima qualità e di chiara mano di Arnolfo, che, probabilmente, provengono in massima parte da Santa Maria del Fiore. La decisione del Governo del Comune di Firenze di esentare Arnolfo dal pagamento di tributi per sé e per i suoi rimane un forte indizio dell'apprezzamento per i primi lavori per la nuova cattedrale: Magnifico et visibili principio. Poiché onori del genere erano tutt'altro che consueti nell'oculata amministrazione cittadina, è logico pensare che si trattasse di costruzioni davvero impressionanti, per quanto solo abbozzate.

Sopravvivono anche alcune testimonianze[3] che, oggetto di recenti studi, hanno portato ad una ricostruzione virtuale dell'aspetto della facciata trecentesca. La fascia basamentale ad ornati cosmateschi e gli straordinari gruppi scultorei delle lunette dei portali sono così attribuibili, senza alcuna discussione, all'opera di Arnolfo. Restano i dubbi su quanta parte della facciata distrutta fosse da riferirsi al progetto originale, visto che le proporzioni della costruzione erano state nel frattempo radicalmente alterate.

Secondo la ricostruzione proposta nel 2005, in occasione di una esibizione temporanea all'Opera del Duomo, da Erica Neri e Silvia Moretti, la facciata sarebbe stata caratterizzata nei livelli portati a termine da grandi protiri pensili sovrastanti i tre portali, seguiti da un registro di bifore cuspidate, che simulavano una galleria aperta; mosaici in stile cosmatesco, una novità per Firenze, ma una costante dell'opera arnolfiana, che a Roma era stato in contatto con le famiglie dei marmorari romani, adornavano lo zoccolo basamentale tra i portali con fasce di false finestre (ritrovate in parte nel 1970 rimuovendo alcuni lastroni utilizzati per il pavimento). Arnolfo impiantò una struttura su scala monumentale che culminava nella grandiosa decorazione statuaria delle grandi lunette che sovrastavano le entrate.

Nelle tre lunette raffigurò il ciclo mariano, già consolidato iconograficamente, che iniziava con la Nascita della Vergine a sinistra, seguito dalla Madonna in trono e santi nel portale centrale, dove figuravano santi fiorentini come San Zanobi e Santa Reparata, infine la cosiddetta Dormitio Virginis, cioè il Compianto sulla Vergine nel momento della morte, raffigurata nell'atto di addormentarsi. Sui pilastri aggettanti erano state collocate le statue di quattro profeti e degli apostoli. Nella galleria del secondo registro erano, invece, stati collocati in epoca più tarda (1390 circa) e quindi, forse, secondo un progetto diverso, i santi protettori di Firenze.

Le statue, in parte disperse, sono, comunque, conservate in larga parte nelle collezioni del Museo dell'Opera del Duomo. Arnolfo impiegò tutta la sua maestria tecnica nella realizzazione delle sculture, dando forte tridimensionalità ai rilievi pur impiegando lastre di spessore piuttosto contenuto. Concepite per essere osservate dal basso, creavano una sorta di effetto trompe l'oeil (effetto col quale in pittura si simulano decorazioni tridimensionali), che è stato accostato agli effetti ricercati in alcuni affreschi di Giotto ed altri pittori.

La costruzione del corpo basilicale

Firenze, Cattedrale di Santa Maria del Fiore (interno)

Dopo la morte di Arnolfo di Cambio i lavori si arrestarono a tempo indeterminato. Nel 1330 il ritrovamento sotto Santa Reparata delle reliquie del venerato vescovo di Firenze, San Zanobi, diede nuovo impeto alla costruzione. L'Arte della Lana, che aveva ricevuto l'incarico di sovrintendere alla costruzione, nel 1334 affidò la direzione dei lavori a Giotto, assistito da Andrea Pisano. Giotto si concentrò sul Campanile di cui fornì un progetto (un disegno conservato nell'Opera del Duomo di Siena ne è probabilmente un riflesso; anche il programma iconografico dei rilievi basamentali è almeno in parte suo) e riuscì ad iniziare la costruzione, ma morì dopo soli 3 anni nel 1337. Andrea Pisano continuò i lavori, anch'egli soprattutto sul campanile, ma morì con l'arrivo della peste nera nel 1348 e i lavori furono di nuovo bloccati, per ripartire sotto la guida di Francesco Talenti.

La costruzione del corpo basilicale deve essere vista come un'opera corale, in cui capomastri e operai, che sapevano bene di avventurarsi in un'opera mai tentata prima, procedettero con cautela, chiedendo consulti, facendo prove in scala, decidendo modifiche in corso d'opera, preparando modelli alternativi e discutendo con grande continuità durante tutto l'arco della costruzione. Altri architetti impegnati furono, in seguito, Alberto Arnoldi, Giovanni d'Ambrogio, Neri di Fioravante e l'Orcagna.

Non si aspettò molto per riprendere i lavori e già nel 1349 il progetto passò a Francesco Talenti, al quale si deve il completamento del campanile ed un nuovo progetto che alterò quello arnolfiano muovendo dalla facciata, con una intricata (e costosissima) decorazione marmorea delle pareti laterali. Talenti, tra critiche, dibattiti e minacce (gli operai proposero di multarlo per costringerlo ad essere più presente sul cantiere) mise a punto il modello dei titanici pilastri della navata, realizzando i primi due valichi.

Dopo il 1359 gli successe alla direzione dei lavori Giovanni di Lapo Ghini (13601369) che ultimò le prime tre campate, la cui principale caratteristica era la pianta pressoché quadrata in luogo delle tradizionali campate a pianta rettangolare molto pronunciata del gotico francese, allora il modello dominante. Le immense campate fiorentine (appena tre metri più basse delle volte della Cattedrale di Beauvais, le più alte del gotico francese) dovevano coprire un immenso spazio con pochissimi sostegni. La navata era, quindi, pensata come una sala in cui i vuoti prevalevano sulle pur ragguardevoli strutture architettoniche. Il ritmo dei sostegni era decisamente diverso dalla foresta di pietra tipica del gotico d'oltralpe, o di chiese fedeli a quel modello, come il Duomo di Milano. Non vi sono precedenti per dimensioni e struttura che possano essere citati come antefatti di questo progetto. Nel 1375 l'antica chiesa di Santa Reparata fu definitivamente abbattuta. Le navate furono completate con la copertura tra il 1378 ed il 1380.

Le pareti furono ricoperte all'esterno da una sfarzosa decorazione a marmi policromi da Campiglia, poi Carrara (marmo bianco), Prato (serpentino verde), Siena e Monsummano (rosso), Lavenza e qualche altra località. Le bande in marmo ripresero sia la decorazione del Battistero, sia quella del Campanile.

Furono realizzate quattro porte laterali, fra le quali spiccavano per bellezza la Porta dei Canonici verso sud, in stile gotico fiorito, e la Porta della Mandorla verso nord, detta così per l'elemento contenuto nella cuspide gotica con l'altorilievo dell'Assunta, opera di Nanni di Banco (1414-1421).

La porta della Mandorla è considerata la palestra di tutti gli scultori della nuova generazione fiorentina, che introdurrà il Rinascimento nel cantiere: Donatello, forse Jacopo della Quercia, che scolpisce anche il rilievo della lunetta, poi sostituito dal mosaico del Ghirlandaio, Luca della Robbia. Sul lato nord si trova anche la Porta di Balla o dei Cornacchini, con un protiro poco aggettante sostenuto da colonnine tortili che poggiano su leoni. Una leggenda popolare narra che ai primi del Quattrocento, un certo Anselmo, abitante in via del Cocomero (oggi via Ricasoli), proprio di fronte alle case della famiglia Cornacchini, sognasse di essere sbranato dal leone che, stranezza del sogno, era precisamente quello della porta. Quando però, quasi a sfida dell'innocua belva decorativa, volle metterle una mano in bocca, uno scorpione lì annidato lo punse a un dito e ventiquattr'ore dopo Anselmo era morto[4].

Le sei bifore laterali, dal disegno tipicamente gotico con fini ornamenti, sono piazzate al centro di specchiature scandite da lesene. Le ultime quattro verso il transetto danno luce all'interno. Talenti, che probabilmente doveva fronteggiare alcuni problemi statici, chiuse le altre, che, d'altronde, a causa dell'ondivago andamento dei lavori, non sarebbero risultate simmetriche se viste dall'interno. Infatti la realizzazione dell'esterno dell'edificio non rispecchia il ritmo delle campate all'interno; è questo uno dei motivi che portò infine alla rimozione di Talenti, richiamato più tardi per dedicarsi esclusivamente al ballatoio.

Le finestre superiori della navata centrale sono invece occhi circolari, una caratteristica dettata dalla volontà di evitare di alzare troppo la navata maggiore e assicurare comunque una buona illuminazione. Le aperture circolari, inoltre, erano meno problematiche dal punto di vista strutturale. Le necessità statiche resero indispensabile il ricorso ad archi rampanti per scaricare parte del peso delle volte della navata centrale sui muri esterni. Tali espedienti, già previsti forse da Arnolfo (si ritrovano, bene in vista, nel dipinto di Andrea da Bonaiuto), non dovevano proprio andar giù ai fiorentini, che alla fine decisero di occultarli rialzando le pareti laterali con un attico a rettangoli di pietra verde appena riquadrati di bianco: la soluzione univa la volontà di imitare l'attico del Battistero con una coloritura scura che rendeva meno evidente l'espediente. Tale attico è generalmente (ed erroneamente) indicato come la prova del fatto che i muri esterni furono cominciati secondo un progetto arnolfiano e poi furono rialzati dal Talenti. La prova definitiva della falsità di questo assunto è stata data dalla scoperta che le fitte lesene che caratterizzano il muro delle navate laterali a partire da ovest erano inizialmente previste anche per la navata maggiore (sono ancora visibili nei sottotetti) che sappiamo progettata e in parte eretta dal Talenti.

La semplificazione della decorazione dei muri esterni venne decisa non tanto per motivi stilistici o di gusto quanto per contenere le spese (si tenga presente che il rivestimento marmoreo del Campanile di Giotto costerà, alla fine, quasi due milioni di fiorini, una cifra senza precedenti per l'epoca). Infine, venne innalzato il tamburo ottagonale con le stesse grandi finestre circolari. Nel 1421 la basilica era terminata e restava solo da costruire la cupola.

La cupola

La cupola domina la piana di Firenze
Lo schema della cupola secondo la ricostruzione arbitrariamente regolarizzata del Nelli

Era rimasta nella cattedrale una grande cavità larga 43 metri e posta su un tamburo ad un'altezza di circa 60 metri, della cui copertura nessuno, fino ad allora, si era ancora posto il problema di trovare una soluzione concreta.

Nel 1418 fu indetto un concorso pubblico per la progettazione della cupola, o anche solo di macchine atte al sollevamento di pesi alle altezze mai raggiunte prima da una costruzione a volta, cui parteciparono numerosi concorrenti. Il concorso, generalmente considerato come l'inizio della costruzione della cupola, non ebbe alcun vincitore ufficiale: il cospicuo premio messo in palio non fu infatti assegnato. Filippo Brunelleschi, che era tornato da Roma appositamente per lavorare alla cupola, stava già (come gli archivi registrano) costruendo un modello per conto dell'Opera. Alla fine venne deciso di affidare la costruzione a lui e a Lorenzo Ghiberti, il quale aveva già strappato a Brunelleschi il contratto per la Porta del Paradiso. Nella descrizione dei lavori che Filippo stilerà per gli Operai dell'Arte della Lana (responsabili del buon andamento della costruzione) si stabilisce che si comincerà a costruire la cupola fino all'altezza di trenta braccia e poi in base al comportamento delle murature si deciderà come continuare. L'altezza indicata è quella alla quale i mattoni avrebbero dovuto essere posati ad un angolo tale (rispetto all'orizzontale) da non poter essere trattenuti al loro posto dalle malte a lenta presa conosciute dai muratori dell'epoca (la tecnica romana della pozzolana non era più in uso) con conseguente rischio di scivolamento all'interno della muratura. Un grave problema era anche la differenza in larghezza dei lati del tamburo, che richiedevano così una estrema precisione per la posa dei letti di mattoni in modo da non creare pericolose interruzioni nella tessitura muraria. A ricordare i pericoli di una costruzione poco accurata bastava guardare alcuni metri più in basso per vedere la vistosa crepa che si era aperta nella muratura ancora fresca di una delle semicupole del grande triconco basamentale.

Il 7 agosto 1420 ebbe inizio la costruzione della cupola, e, dopo un diverbio fra i due architetti, nel 1425 Ghiberti venne estromesso dai lavori che passarono interamente in mano a Brunelleschi. Quest'ultimo aveva un'idea ben precisa di come realizzare l'impresa, avendo potuto studiare il Pantheon a Roma e, per illustrarla, costruì un modello ligneo con l'aiuto di Donatello e Nanni di Banco, che alcuni identificano con quello oggi al Museo dell'Opera del Duomo. Fra i prototipi creati per convincere della fattibilità dell'opera, il Vasari racconta anche che il grande architetto accettò la commissione di costruire una cappella per la famiglia Rinuccini dotandola di una versione in miniatura della cupola. Tale cappella si trovava nella chiesa di San Jacopo Soprarno ed è andata perduta. In ogni caso, una cupola con un diametro di pochi metri non costituiva affatto un modello probante per l'immensa costruzione in progetto.

Il vero problema della costruzione della cupola è nella sua forma, che non è una "cupola di rotazione", come nel Pantheon, ma una volta cupoliforme (cioè con la chiave di volta ad una altezza molto superiore a quelle degli archi d'imposta) a pianta ottagonale. Mentre costruire senza sostegni una cupola del primo tipo è sempre possibile, non si può fare a meno di centinatura per costruire una cupola come quella della Cattedrale fiorentina. Il problema era che sarebbe stato necessario usare una quantità colossale di legname per costruire impalcati e centine di quella dimensione a quell'altezza, e che travi della lunghezza necessaria sarebbero state praticamente impossibili da reperire. Brunelleschi risolse, però, tutti questi problemi costruendo con successo una cupola interna con uno spessore enorme (due metri e mezzo alla base) ed una cupola esterna più sottile (inferiore ad un metro) con l'unica funzione si proteggere la cupola interna dalla pioggia e farla apparire, secondo le parole dell'architetto, più magnifica e gonfiante all'esterno. Il "segreto" che rese possibile la costruzione della cupola fu indagato in modo scientifico solo a partire dagli anni sessanta con i lavori (vedi bibliografia) di Mainstone e Di Pasquale. Un cantiere di restauro aveva reso necessaria la rimozione delle tegole che coprono uno degli spicchi della cupola, il che consentì di osservare come le facce dei mattoni non fossero perfettamente parallele, ma sistemate lungo rette originate da un punto situato al centro dell'ottagono di base della cupola. La disposizione dei mattoni a spina di pesce serviva soprattutto a creare un appiglio per le file dei mattoni in modo da impedirne lo scivolamento fino alla presa della malta. Numerosi rinforzi di pietra e metallo consolidarono la struttura. Un'altra teoria suffragata da affermazioni scientifiche è quella formulata dal Professor Massimo Ricci; Secondo questa ipotesi la tecnologia della Cupola non risponderebbe affatto, nemmeno nelle strutture interne, ad una cupola di rotazione; i mattoni a spinapesce non sarebbero apparecchiati secondo "corsi circolari", ma "paralleli" alle superfici delle vele. In questa ricostruzione la struttura della Cupola è concepita come una successione di piattabande radiali orizzontali. Recenti verifiche su questa ipotesi costruttiva fatte nell'intradosso delle calotte verificherebbero che la struttura della Cupola fu sviluppata in senso radiale-verticale e non "orizzontale" come l'ipotesi "di rotazione" richiederebbe.

Un altro fattore di primaria importanza nella costruzione della cupola fu la necessità di progettare macchine innovative per il sollevamento di migliaia di tonnellate di materiali da costruzione alla vertiginosa altezza della cupola. Brunelleschi diede prova di genio assoluto disegnando numerose macchine che facevano uso di demoltipliche e ingranaggi di tipo assolutamente nuovo. Queste macchine furono inoltre usate, anni dopo la morte dell'architetto, per issare la grande sfera dorata in cima alla cupola e, rimaste in bella vista a marcire, non essendo possibile destinarle ad altri usi, furono studiate e disegnate con grande attenzione da numerosi artisti. Fra di loro, il giovane Leonardo da Vinci, nei cui codici si trovano ancora alcuni disegni di macchine brunelleschiane e attribuite erroneamente al Da Vinci da numerosi entusiasti.

I lavori terminarono il 30 agosto 1436 e la chiesa fu solennemente consacrata da Papa Eugenio IV il 25 marzo, capodanno fiorentino.

Per realizzare la lanterna fu bandito un nuovo concorso, vinto anche questa volta da Brunelleschi, con un progetto sempre basato sulla forma ottagonale che si ricollega con le colonne e gli archi alle linee dei costoloni bianchi della cupola. La costruzione della lanterna iniziò nel 1446, pochi mesi prima della scomparsa di Brunelleschi. Dopo un lungo periodo di stallo, durante il quale vennero anche proposte numerose modifiche, fu terminata definitivamente da Michelozzo nel 1461. In cima alla copertura a cono fu posta nel 1468 una grande sfera dorata opera di Verrocchio. La croce fu poi applicata tre anni dopo.

La sfera cadde nel 1492 (si dice che fu un infausto presagio della vicina morte di Lorenzo il Magnifico) e di nuovo durante una tempesta la notte del 17 luglio 1600. Un disco di marmo bianco sul retro di Piazza del Duomo ricorda ancora il punto dove si arrestò la sfera, che fu sostituita con quella, più grande, che si può ammirare ancora oggi (ricollocata nel 1602).

La decorazione con il ballatoio, visibile solo sullo spicchio est, fu realizzata nel Cinquecento da Baccio d'Agnolo, ma interrotta presto per via dell'opposizione di Michelangelo che la definì una gabbia pe' i' grilli, intendendo che la ridondanza di questa decorazione avrebbe fatto assomigliare la cupola ad una di quelle gabbiette ornate che si usano per la Festa del grillo.

A questo punto rimaneva incompiuta solo la facciata della cattedrale, la quale presentava ancora la parziale costruzione decorativa risalente ad Arnolfo di Cambio.

La nuova facciata

Nuova facciata del Duomo di Firenze

La facciata di Santa Maria del Fiore è stata per secoli il grande problema irrisolto del complesso episcopale fiorentino; circondata da capolavori dell'architettura di tutti i tempi, tutti coperti di una veste smagliante di marmi multicolori, la facciata incompiuta in pietraforte spiccava in modo inaccettabile.

Fra il 1587 ed il 1588 il Granduca Francesco I ordinò all'architetto di corte Bernardo Buontalenti di rimuovere tutti i marmi e le sculture e di coprire la martoriata facciata con un soprammattone su cui fosse eseguita una facciata dipinta di gusto manierista. Nonostante la chiara natura non definitiva dell'opera, la facciata del Buontalenti restò in essere fino alla seconda metà dell'800, tanto che ne esistono documentazioni fotografiche. Difatti nessuno dei progetti presentati all'epoca (ossia, oltre a quello del Buontalenti stesso, uno di Giovanni Antonio Dosio, uno di Don Giovanni de' Medici ed uno del Giambologna) fu accettato e il concorso pubblico indetto allo scopo si risolse in un grande scandalo di corruzione. Si avvicendarono in seguito varie facciate posticce provvisorie, erette in occasione di eventi speciali, come i matrimoni dinastici e altri festeggiamenti. Queste "opere temporanee" erano in genere in legno, tele dipinte e gesso.

Una nuova competizione si svolse solo nel 1864, e per essa giunsero a Firenze i più disparati progetti, da quelli di gusto neogotico d'oltralpe, a quelli più rispettosi dello stile italiano, ad altri di gusto pienamente eclettico tipico dell'epoca. Questi progetti sono esposti al Museo dell'Opera del Duomo. Il vincitore fu Emilio De Fabris (1808-1883), scelto nel 1871, con un progetto ispirato al gotico trecentesco. I lavori iniziarono nel 1876 e furono completati da Luigi Del Moro (subentrato nel cantiere alla morte di De Fabris) nel 1887, con vari strascichi polemici. Ad esempio non si riusciva a prendere una decisione sul coronamento delle navate laterali, se con un ballatoio piano, come nelle antiche basiliche, o con delle cuspidi come nel Duomo di Siena e in quello di Orvieto e per dirimere la questione si arrivò ad erigere entrambe le versioni contemporaneamente, facendo poi decidere ai fiorentini stessi tramite un referendum popolare. Della singolare facciata in opera durante la fase dell'indecisione resta una fotografia d'epoca. Fu infine scelta la versione con il ballatoio, e nel 1887 la facciata completata poté essere inaugurata.

La struttura a marmi policromi (definita da Enzo Carli[5] "uno degli episodi tragici del cantiere della cattedrale") si armonizza cromaticamente con gli edifici vicini, campanile e battistero, ma tradisce la sua modernità nell'eccessivo zelo tipicamente ottocentesco, caratterizzato da una sovrabbondante presenza di decorazioni. Inoltre, rispetto ai fianchi della cattedrale, fu utilizzata una proporzione maggiore di marmo rosso di Siena, per motivi patriottici legati al tricolore della appena riunificata Italia.

Il tema dominante della decorazione è il tributo a Maria. Le tre grandi porte bronzee risalgono al periodo dal 1899 al 1903 e sono decorate con scene della vita della Madonna. Le tre porte di bronzo furono realizzate, due da Augusto Passaglia (la maggiore centrale e quella laterale sinistra), mentre la laterale destra, fu opera molto sofferta realizzata da Giuseppe Cassioli il quale, avendo nei lunghi anni di lavoro subìto vessazioni, disgrazie e miseria, nel lasciarci il suo autoritratto in una delle testine del battente destro, volle raffigurarsi con una serpe intorno al collo nell'atto di soffocarlo.

Le lunette a mosaico sopra la porta furono disegnate da Niccolò Barabino e raffigurano (da sinistra): La Carità fra i fondatori delle istituzioni filantropiche fiorentine, Cristo in trono con Maria e San Giovanni Battista e Artigiani, mercanti e umanisti fiorentini rendono omaggio alla Vergine. Nel frontone sul portale centrale è stato collocato un bassorilievo di Tito Sarrocchi con Maria in trono con uno scettro di fiori. Nella parte alta della facciata corre una serie di nicchie con i dodici apostoli e, nel mezzo, una Madonna con bambino. Fra il rosone e il timpano è stata realizzata una galleria di busti di fiorentini illustri.

L'interno

La cattedrale è costruita sul modello della basilica, ma non è provvista delle tradizionali absidi assiali, bensì di una rotonda triconca saldata all'estremità orientale. Il corpo basilicale è diviso in tre navate e i muri della navata centrale sono sorretti da grandi pilastri compositi.

Le dimensioni sono enormi: 153 metri di lunghezza per una larghezza di 38 metri. le absidi nord e sud del triconco distano fra loro 90 metri. L'altezza dell'imposta delle volte nella navata è di 23 metri, al sommo dell'estradosso delle volte di circa 45 metri e il dislivello dal pavimento alla cima della cupola interna è di circa 90 metri.

L'interno, piuttosto semplice ed austero, dà una forte impressione di vuoto aereo.

Molte delle decorazioni della chiesa sono state rimosse nel corso del tempo, a volte distrutte a volte spostate nel vicino Museo dell'Opera del Duomo, come le magnifiche cantorie di Luca della Robbia e di Donatello, a causa dei restauri ottocenteschi dell'architetto Baccanti, che coprì di intonaco bianco le pareti.

Alcune opere della cattedrale rispecchiano la sua funzione pubblica, con monumenti dedicati ad illustri uomini ed a comandanti militari di Firenze. Nel Quattrocento, infatti, il cancelliere fiorentino Coluccio Salutati vagheggiava il progetto di trasformarla in una sorta di Pantheon dei fiorentini illustri, con opere d'arte celebrative. A quel programma decorativo risalgono essenzialmente:

  • Dante con in mano la Divina Commedia di Domenico di Michelino (1465), interessante anche per la precisa veduta cittadina del 1465.
  • Affreschi staccati dei condottieri, sulla parete sinistra, raffiguranti i monumenti a due figure eroiche in cavalcatura trionfante. Entrambi presentano una prospettiva incerta, con due punti di fuga diversi per il piedistallo e la statua equestre, e, inoltre, i cavalli non potrebbero in realtà stare in piedi dato che hanno entrambe le zampe alzate dallo stesso lato. Lo strappo è stato fatto nel XIX secolo.
    • Monumento equestre di John Hawkwood (Giovanni Acuto) di Paolo Uccello (1436), dipinto in bicromia con terra verde.
    • Monumento equestre di Niccolò da Tolentino di Andrea del Castagno (1456), in pendant con il precedente, disegnato a imitazione del marmo, forse più bello dell'altro nella decorazione e nel senso di movimento.

Più tardi sono invece i busti, realizzati nel XV e nel XIX secolo.

  • Busti nella navata sinistra:
    • Busto di Emilio de Fabris, (fine del XIX secolo)
    • Busto di Antonio Squarcialupi (celebre organista della cattedrale), di Benedetto da Maiano (1490)
    • Busto di Arnolfo di Cambio, di Aristodemo Costoli[6] (1843)
  • Busti nella navata destra:

Sopra il portale centrale un grande disco dell'orologio affrescato con ritratti di evangelisti di Paolo Uccello (1443). L'orologio, di uso liturgico, è uno degli ultimi funzionanti che usa la cosiddetta hora italica, un giorno diviso in 24 "ore" di durata variabile a seconda delle stagioni, che comincia al suono dei vespri, in uso fino al XVIII secolo. I ritratti degli evangelisti non sono identificabili col tradizionale ausilio degli animali-simbolo, ma attraverso i tratti fisionomici che richiamano l'animale (o, nel caso di Matteo, l'angelo) simbolico.

Le 44 vetrate colorate antiche sono fra le più importanti in Italia relativamente al periodo fra il Trecento e il Quattrocento. Le bifore della navata e del transetto ritraggono Santi e personaggi del Vecchio e Nuovo Testamento, mentre i grandi occhi circolari sul tamburo rappresentano scene mariane. I principali artisti rinascimentali del tempo disegnarono i cartoni per le finestre, fra i quali Donatello (l'Incoronazione della Vergine, unica visibile dalla navata), Lorenzo Ghiberti, Paolo Uccello e Andrea del Castagno. Il rosone raffigura Cristo incorona Maria su disegno di Gaddo Gaddi (inizio del Trecento). La vetrata ovest del tamburo, visibile solo dall'altare e dall'estremità del transetto è la sola rimasta non istoriata.

In controfacciata il monumento funebre a Antonio d'Orso (1323), vescovo di Firenze, fu realizzato da Tino da Camaino.

Il Crocifisso dell'altare maggiore è di Benedetto da Maiano (1495-1497). Gli stalli del coro attorno all'altare maggiore, forse l'opera più riuscita dello scultore Baccio Bandinelli, furono smantellati nel restauro novecentesco e oggi si trovano nel Museo dell'Opera del Duomo. Tra le poche opere rimaste in loco si segnalano le due terracotte invetriate policrome di Luca della Robbia nelle lunette degli accessi alle sagrestie: angelo con candeliere e Resurrezione di Cristo. All'interno della sacrestia delle messe, sul lato Nord, tarsie lignee dal forte valore prospettico ed illusionistico furono disegnate, sul lato frontale, da Alesso Baldovinetti, Maso Finiguerra ed Antonio del Pollaiolo e messe in opera da Giuliano e Benedetto da Maiano. Sono tra le prime manifestazioni in Italia di questa tecnica, legata agli studi sulla prospettiva. I dodici pannelli bronzei della porta di questa sacrestia furono realizzati da Luca della Robbia. Questo complesso decorativo si completava con le due grandiose cantorie, di Luca della Robbia e di Donatello, poste sopra le porte delle due sagrestie. Nei lavori di ripristino ottocentesco furono smontate e spostate al Museo dell'Opera.

Nella cappella assiale del triconco è collocato l'altare dedicato a San Zanobi, primo vescovo di Firenze. L'urna bronzea sotto la mensa dell'altare è un capolavoro di Lorenzo Ghiberti e contiene le reliquie del santo. Il comparto centrale raffigura il miracolo della resurrezione di un bambino, avvenuto in città in Via del Corso dove una targa sul cosiddetto Palazzo dei Visacci commemora tuttora l'episodio. Il dipinto sovrastante è un'Ultima cena di Giovanni Balducci, mentre il mosaico in pasta di vetro del Busto di San Zanobi, un tempo qui, si trova nel Museo dell'Opera del Duomo. A questo singolare lavoro, frutto dell'effimero revival del mosaico patrocinato da Lorenzo il Magnifico, nel momento in cui si immaginava di rivestirne l'interno della cupola, si ricollegano le decorazioni a mosaico e globi di pasta vitrea che incrostano i costoloni della volta della cappella.

Alle pareti e su alcuni dei pilastri di sostegno sono collocati, in nicchie architettoniche, statue di apostoli, realizzate per lo più nel Cinquecento. Questo programma iconografico fu iniziato nel quattrocento con Donatello, poi affidato a Michelangelo che però abbandonò la commissione lasciando un San Matteo soltanto abbozzato che oggi si trova al Museo dell'Accademia.

Fra le decorazioni del XVI secolo, relative al periodo granducale, figurano il pavimento marmoreo, attribuito a Baccio d'Agnolo e Francesco da Sangallo (1520-26). Durante i restauri effettuati in seguito all'alluvione del 1966 si scoprì che nel pavimento furono usati, capovolti, alcuni marmi presi dalla facciata incompiuta, demolita in quegli anni.

L'organo della Cattedrale, del XX secolo, è stato costruito da Vincenzo Mascioni. È dotato di ben settemila canne e quattro tastiere.

La decorazione interna della Cupola

Inizialmente la cupola sarebbe dovuta essere decorata da mosaici dorati, per riflettere al massimo la luce proveniente dalle finestre del tamburo, come suggerito dal Brunelleschi. La sua morte mise da parte questo costoso progetto e si provvide semplicemente a intonacare in bianco l'interno.

Il Granduca Cosimo I de' Medici scelse il tema del Giudizio Universale per affrescare l'enorme calotta, ed affidò il compito a Giorgio Vasari. I lavori durarono dal 1572 al 1579 e furono terminati, dopo la morte del Vasari, avvenuta nel 1574, da Federico Zuccari e collaboratori, come Domenico Cresti. Alla maestosa figura del Cristo, visibile dall'interno della chiesa, fa da contrappunto la scena infernale con Satana nella superficie opposta. Nella parte più vicina alla lanterna sono raffigurati i Ventiquattro anziani dell'Apocalisse, interamente dipinti dal Vasari; altre porzioni rappresentano Coro di angeli, Cristo, Maria e i santi, Le Virtù, i doni dello Spirito Santo e le Beatitudini; nella parte inferiore Inferno ed i sette vizi capitali.

Questi affreschi, se visti da vicino durante il percorso della salita alla cupola, mostrano le deformazioni prospettiche e di colore usate per ottimizzare la veduta dal basso. La tecnica usata è mista: affresco per il Vasari, tecniche a secco per lo Zuccari, che qui ha eseguito il suo capolavoro.

Il livello sotterraneo

Tomba di Filippo Brunelleschi

Sotto la cattedrale furono realizzati dei difficili lavori di scavo fra il 1965 e il 1974. La zona sotterranea della cattedrale fu usata per la sepoltura dei vescovi fiorentini per secoli. Recentemente è stata ricostruita la storia archeologica di quest'area, dai resti di abitazioni romane, ad una pavimentazione paleocristiana, fino alle rovine della vecchia cattedrale di Santa Reparata. Si accede agli scavi da una scala nella navata sinistra dove, vicino all'entrata, si trova la tomba di Filippo Brunelleschi, a riprova della grande stima dei fiorentini verso il grande architetto della cupola.

Avvenimenti storici avvenuti nella Cattedrale

Nella cattedrale si svolse il Concilio di Firenze del 1438-1439, durante il quale Cosimo il Vecchio presiedette alla riunificazione fra la chiesa latina, rappresentata da Papa Pio II, e quella bizantina, rappresentata dall'Imperatore Giovanni VIII Paleologo e dal patriarca Giuseppe. In realtà, questo accordo rimase solo sulla carta e fu il disperato tentativo dell'Imperatore di Bisanzio di ottenere aiuto dall'occidente per fronteggiare l'assedio sempre più stretto dei turchi alla sua capitale (l'Impero Romano d'Oriente cadrà infatti poco dopo nel 1453). Nonostante ciò, l'arrivo degli illustri personaggi segnò la raggiunta importanza di Firenze a livello europeo e l'esotico corteo dei dignitari stranieri ebbe un notevole impatto sugli artisti della città, come raffigurato nella Cappella dei Magi di Benozzo Gozzoli.

Il momento più tragico della storia del Duomo si ebbe con la Congiura dei Pazzi, quando fu teatro del brutale assassinio di Giuliano de' Medici e del ferimento di suo fratello maggiore Lorenzo, il futuro Magnifico. Il 26 aprile 1478, dei sicari si appostarono durante la messa per colpire i rampolli di casa Medici, su mandato della famiglia dei Pazzi appoggiata da papa Sisto IV e da suo nipote Girolamo Riario, tutti interessati a bloccare l'egemonia medicea. Giovan Battista da Montesecco però, che avrebbe dovuto uccidere Lorenzo, si rifiutò di agire in un luogo consacrato e fu sostituito da un sicario di minor esperienza. Mentre Giuliano cadeva sotto le numerose coltellate, Lorenzo riuscì a fuggire nella Sacrestia barricandovisi dentro. La popolazione fiorentina, favorevole ai Medici, si accanì dunque contro gli assassini e sui loro mandanti. In giornate molto drammatiche, la folla inferocita linciò e fece impiccare sommariamente la maggior parte dei responsabili.

A partire dal 1491, inoltre, Girolamo Savonarola, frate del Convento di San Marco, pronunciò in Santa Maria del Fiore le sue famose orazioni, improntate all'assoluto rigorismo morale ed ispirate da un grande fervore religioso, durante le quali esprimeva tutto il suo disgusto per la decadenza dei costumi, per il rinato paganesimo e per la sfrontata ostentazione della ricchezza.

Astronomia in Cattedrale

La cupola del Brunelleschi ospita anche uno strumento astronomico per lo studio del sole, rappresentato dal grande gnomone creato da Paolo Toscanelli e restaurato da Leonardo Ximenes. Più di uno gnomone vero e proprio, inteso come asta che proietta un'ombra su una zona illuminata, si tratta di un foro gnomonico presente sulla lanterna ad un'altezza di 90 metri, che dà una proiezione del sole su una superficie in ombra, in questo caso il pavimento della cattedrale.

Uno strumento del genere esisteva anche nel Battistero di San Giovanni già attorno all'anno Mille (il foro è stato poi chiuso), ma nel 1475 l'astronomo Toscanelli approfittò del completamento della cupola per installare una lastra bronzea con un foro circolare di circa 4 centimetri di diametro, che desse un'immagine ottimale dell'astro. Studiando infatti il rapporto tra altezza e diametro del foro si ottenne una vera a propria immagine solare stenopeica, capace di mostrare anche le macchie solari o l'avanzare delle eclissi in corso, oppure il raro passaggio di Venere tra il sole e la terra. L'utilizzo più importante dello gnomone al tempo della sua creazione fu quello di stabilire il solstizio esatto, cioè la massima altezza del sole nel cielo a mezzogiorno durante l'anno e, quindi, la durata dell'anno stesso, osservazioni che porteranno insieme ad altre analoghe rilevazioni, come quella del 1510 ricordata da un disco di marmo nel pavimento della cappella Della Croce nell'abside destra della cattedrale, a convincere papa Gregorio XIII circa la necessità di riformare il calendario, allineando la data solare con quella ufficiale e creando il calendario gregoriano (1582).

Nei secoli successivi, lo strumento ebbe modo anche di essere usato per indagini più ambiziose, come quella promossa dall'astronomo della corte granducale Leonardo Ximenes nel 1754, che si propose di studiare se l'inclinazione dell'asse terrestre variasse nel corso del tempo, una questione molto dibattuta dagli astronomi del tempo. Le sue osservazioni, confrontate con quelle del 1510 furono incoraggianti e, ripetute per più anni, gli permisero di calcolare un valore dell'oscillazione terrestre congruente con quello odierno. Fu lui che tracciò la linea meridiana in bronzo sul pavimento della stessa Cappella dove è presente il disco di Toscanelli. Pochi decenni dopo, però, lo gnomone di Santa Maria del Fiore divenne obsoleto sia per la scoperta di nuove strumentazioni che permettevano osservazioni più precise, con un ingombro ridotto a pochi metri, sia perché ci si accorse che le misurazioni erano influenzate dai piccoli movimenti della cupola dovuti alla temperatura esterna.

La rievocazione di tali osservazioni ha un carattere prettamente storico e spettacolare, ed ha luogo ogni anno il 21 giugno alle 12.00 ora solare (le 13.00 da quando è in vigore l'ora legale)[7].

Elenco dei principali artisti che decorarono la cattedrale

  • Baccio Bandinelli, bassorilievi del recinto dell'altare (smontato, oggi nel museo dell'Opera del Duomo)
  • Tino da Camaino (monumento funebre a Antonio d'Orso)
  • Benedetto da Maiano e Giuliano da Maiano (crocifisso, pannelli nella sacrestia, busti di fiorentini illustri)
  • Andrea del Castagno (affresco di Niccolò da Tolentino sulla parete destra, disegno per alcune vetrate delle finestre a occhio)
  • Luca della Robbia (rilievi in bronzo della Resurrezione e dell'Ascensione sulle porte della sacrestia; lavori nella sacrestia con Michelozzo; cantoria, ora nel Museo dell'Opera del Duomo).
  • Nanni di Banco (rilievi dell'Assunzione della Vergine, esterno, lato sud)
  • Domenico di Michelino (Dante con in mano la Divina Commedia, parete di destra)
  • Donatello (teste di profeti e sibille, esterno parete sud; cantoria, oggi nel Museo dell'Opera del Duomo; disegno per la vetrata con l'Incoronazione della Vergine)
  • Lorenzo Ghiberti (disegni per finestre della navata, tra cui Assunzione della Vergine; Arca di san Zanobi)
  • Davide Ghirlandaio e Domenico Ghirlandaio (mosaico dell'Annunciazione porta sud, esterno)
  • Michelangelo (San Matteo, opera incompiuta per la decorazione del coro, ora al Galleria dell'Accademia; Pietà Bandini, oggi al Museo dell'Opera del Duomo)
  • Michelozzo (lavori sulla porta della sacrestia, con Luca della Robbia)
  • Paolo Uccello (decorazione dell'orologio nella controfacciata; affresco di Statua equestre di Sir John Hawkwood sulla parete destra; disegno per le vetrate di due finestre a occhio)
  • Giorgio Vasari e Federico Zuccari (affreschi del Giudizio Universale, interno della cupola)

Opere già in Duomo

Note
  1. AA.VV., Guida all'Italia, Vol. 3, Oscar Mondadori, Verona 1971, pag. 148.
  2. 2,0 2,1 2,2 2,3 2,4 TCI, cit., pag. 142.
  3. L'antica facciata arnolfiana è testimoniata da: 1) l'affresco del primo trecento rappresentante la Madonna della Misericordia visibile nel Museo del Bigallo; 2)un disegno preparatorio per una lunetta di Bernardo Poccetti, eseguita poco prima della distruzione del 1587; questo disegno, il più citato, lascia irrisolte molte questioni, poiché i due lati della decorazione non sono simmetrici e la costruzione avrebbe forti problemi statici; anche qualora la descrizione fosse accuratissima si tratterebbe comunque non tanto della facciata di Arnolfo, ma dello stato finale della facciata dopo le probabili grandi modifiche apportate dai successivi capomaestri dell'Opera. 3) un disegno di Alessandro Nani del XVII secolo, copia da Bernardo Poccetti; 4) una miniatura con Storie di San Zanobi (1335); 5) un affresco attribuito a Piero Nelli conservato nel Museo di Santa Croce.
  4. Franco Ciarleglio, Lo struscio fiorentino, Polistampa, Firenze 2003.
  5. Enzo Carli, Arnolfo, Edam, Firenze, 1993
  6. il bassorilievo fu erroneamente attribuito a Ulisse Cambi, ma la firma e i documenti d'archivio ne attestano la vera paternità al Costoli (Fortune di Arnolfo, pp.103-105)
  7. Per la presenza di ponteggi sul lato sud della lanterna, l'osservazione non si è potuta tenere nel 2005 e nel 2006.
Bibliografia
  • Giuseppe Richa, Notizie Istoriche delle Chiese Fiorentine, Firenze 1754-1762; rist. anast. Roma, Multigrafica, 1989.
  • Cesare Guasti, Santa Maria del Fiore. La costruzione della Chiesa e del Campanile, Firenze, Ricci, 1887; rist. anast. Bologna, Forni, 1974.
  • Enzo Carli, Arnolfo, Edam, Firenze, 1993.
  • Angiola Maria Romanini, Arnolfo di Cambio, Milano 1969.
  • Eugenio Battisti, Filippo Brunelleschi, Electa, Milano, 1976; ried. Mondadori, Milano, 1989. ISBN 88-435-2789-4
  • Francesco Gurrieri, La Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze, Firenze 1994
  • Giuseppe Rocchi Coopmans de Yoldi, Santa Maria del Fiore. Piazza, Battistero, Campanile, Firenze, Università degli Studi, 1996.
  • Francesca Corsi Masi, Il ballatoio interno della Cattedrale di Firenze, Pacini, Pisa, 2005.
  • Guida d'Italia, Firenze e provincia ("Guida Rossa"), Touring Club Italiano, Milano 2007.
Voci correlate
Collegamenti esterni