Settimana Santa a Nocera Terinese

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Settimana Santa a Nocera Terinese
NoceraTerinese SettimanaSanta Pietà XVII.jpg
Ambito napoletano, Gruppo scultoreo della Pietà (XVII secolo), legno policromo
Riti della Settimana Santa
Processione
Festa locale
Commemorazione celebrata Passione e morte di Gesù Cristo
Chiamata anche Rito dei Battenti o Vattienti
Note
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Calabria
Provincia Catanzaro
Comune Nocera Terinese
Località
Luogo specifico Chiesa dell'Annunziata, Chiesa di San Giovanni Battista, vie e piazze del centro storico
Diocesi Lamezia Terme
Periodo Primavera
Data
Data fine
Data mobile Domenica delle Palme - Sabato Santo
Data d'istituzione Medioevo
Organizzata da Confraternita della SS. Annunziata
Tradizioni religiose processioni, celebrazioni eucaristiche, benedizione
Tradizioni folcloristiche Vattienti e rito di flagellazione
Tradizioni culinarie Tortani
Informazioni
Collegamenti esterni
Sito ufficiale dell'Istituto Centrale per la DemoEtnoAntropologia (IDEA)

La Settimana Santa a Nocera Terinese (Catanzaro) rievoca annualmente nella città calabra la passione e la morte di Gesù Cristo.

Descrizione

La Settimana Santa nocerese si articola in momenti celebrativi, devozionali e folcloristici, scanditi dalla tradizione, che hanno il proprio culmine nella Processione della Madonna addolorata, durante il quale viene riproposto l'antico rito dei battenti o vattienti.

Domenica delle Palme

Nella Domenica delle Palme, i fedeli radunati nella Chiesa di San Giovanni Battista, in processione raggiunge il Calvario: qui il sacerdote benedirà i fasci di ulivo , di alloro e le parmavera (palme bianche intrecciate in varie forme).

Dopo la benedizione, ricomposto il corteo si ritorna in chiesa, dove viene celebrata la Santa Messa.

Martedì Santo

Nel pomeriggio del Martedì Santo, conclusa la liturgia delle Quarantore, durante la quale si svolge l'adorazione eucaristica, ha inizio nella Chiesa dell'Annunziata il rito del Cireneo, articolato in una serie di preghiere che ricordano le sofferenze di Cristo, durante la passione.

La cerimonia molto suggestiva, durante la quale un confratello impersona Simone di Cirene portando la croce dei peccati degli altri: questo rito ha origini nel XIV e XV secolo.

Al termine, viene esposta sui gradini dell'altare una grande Croce della Passione, sulla quale sono dipinti simboli e gli strumenti della passione.

Il rito del Cireneo si conclude con una breve processione, quando è già sera, dalla Chiesa dell'Annunziata a quella di San Giovanni Battista dove verrà reposta l'Eucaristia.

Mercoledì Santo

Il mattino del Mercoledì Santo, nella Chiesa dell'Annunziata viene caccianu a Madonna, ossia la statua della Pietà viene prelevata dalla nicchia, dove è collocata tutto l'anno, per essere esposta alla preghiera ed alla devozione dei fedeli. La statua è un:

La scultura è posta su un'impalcatura, che presenta sullo sfondo uno scenario raffigurante il Golgota, che viene adornato con fiori, candele e i caratteristici "piatti", dove sono fatti germogliare in luoghi non illuminati semi di grano, orzo, ceci immersi in uno strato di stoppa o cotone.

Durante la giornata, i noceresi donano alla Madonna mazzi di fiori, ex voto, piccole e grandi offerte, pregano ed intonano antichi canti in dialetto, come Ciancia ciancia Maria (in italiano, Piangi piangi Maria) e Ben truvatu lignu siccu (in italiano, Ben trovato legno secco, dove il "legno secco" indica la croce).

Giovedì Santo

Nella Chiesa di San Giovanni Battista, durante la Messa nella Cena del Signore (in latino, Missa in Coena Domini), la celebrazione in memoria dell'Ultima Cena, si tiene la lavanda dei piedi, durante la quale il sacerdote compie il gesto di lavare e baciare i piedi a dodici persone che rappresentano gli Apostoli. Portano un lungo camice bianco stretto in vita da un cingolo rosso o azzurro. Sul capo mettono una corona di spine di asparago selvatico (in dialetto, sparacogna), , intrecciata in modo da non provocare ferite. L'abbigliamento degli Apostoli è uguale a quello dei portantini della Statua della Madonna addolorata nelle processioni del Venerdì Santo e del Sabato Santo.

Dopo la comunione, nella navata si svolge una breve processione per riporre l'Eucaristia sull'altare della reposizione ubicato nella Cappella del Sacramento.

Nella chiesa si alza il suono secco della traccola (in dialetto, crotalo), che sostituisce quello delle campane che restano silenziose in segno di rispetto e di lutto.

Al termine della Messa, in sacrestia, il sacerdote regala agli Apostoli i tortani, pani benedetti, che fuori dalla chiesa, ciascuno spezza per condividere con parenti e amici.

Venerdì Santo

La sera del Venerdì Santo, dopo il rito dell'adorazione della croce, la statua della Pietà viene lentamente condotta nella Chiesa di San Giovanni Battista dai portantini vestiti con un lungo camice bianco stretto in vita da un cingolo rosso o azzurro, e sul capo una corona di sparacogna. La processione è preceduta dalla croce della Passione e da un Crocifisso, sostenuto da un giovane che indossa una mozzetta turchese e una corona di sparacogna.

Sul sagrato della Chiesa di San Giovanni Battista la moltitudine di fedeli, che ha seguito la processione, ascolta la predica di un sacerdote o teologo forestiero che rievoca la passione di Gesù Cristo, intervallata dai canti. Al termine, il predicatore invita la Madonna addolorata ad entrare in chiesa e successivamente viene riaccompagnata nella Chiesa dell'Annunziata.

Sabato Santo

Processione

La mattina del Sabato Santo, il gruppo scultoreo della Pietà, seguita da migliaia di persone, viene portata a spalle dai portantini, che indossano un camice bianco e recano sul capo una corona di sparacogna. La processione percorre l'intero paese con ritmo lento e cadenzato, effettuando soste presso le chiese e davanti ad edicole sacre.

La processione prosegue il cammino e, nel ridiscendere, raggiunge per il Pizzu Cacàtu, il luogo che nell'immaginario popolare simboleggia il monte Calvario.

Vattienti e rito di flagellazione

Durante la processione, mentre la banda musicale diffonde per le vie del centro storico il suono lugubre delle marce funebri e le donne cantano nenie dialettali, appaiono i vattienti (flagellanti), i quali sono probabilmente eredi della tradizione medievale dei disciplinati, che esprimono la loro partecipazione al lutto collettivo attraverso una pubblica autoflagellazione con un'intenzionale effusione di sangue. Si tratta di un rituale penitenziale, praticato in segno di devozione o di ex voto per una grazia chiesta o ricevuta.

L'abito rituale del vattiente è costituito da:

  • una maglietta di colore scuro;
  • un paio di pantaloncini corti che lasciano scoperte le cosce;
  • sulla testa il mannite, un largo fazzoletto nero sul quale poggia una corona di sparacogna.

Durante il rito ciascun vattiente, che in certi casi si tramanda la tradizione di padre in figlio, è accompagnato da altre due persone:

  • Acci'om (parola dialettale che deriva dal latino Ecce Homo), ossia un ragazzo o un bambino, generalmente suo parente, che porta sulle spalle una croce lignea avvolta da bende e nastri di tessuto scarlatto, il suo abbigliamento rituale consiste in un panno rosso che dalla vita scende fino alle caviglie, è scalzo ed ha in testa la corona di spine ricavate da un arbusto, detto spinasanta: questi è legato al vattiente con corda.
  • Amicu, il portatore di vino, che avrà il compito di versare, sulle gambe sanguinanti, vino bollito misto ad aceto ed erbe aromatiche che serve a disinfettare le ferite del vattiente'.

I tre uomini camminano velocemente e si fermano solo al cospetto della Pietà dinanzi alla quale il flagellante si fa il segno della croce e si genuflette, poi con forza, dopo aver iperemizzato (in dialetto, arrosato), le cosce e i polpacci con la rosa, un disco di sughero, inizia a battersi con il cardu, altro disco di sughero, nel quale sono infissi, bloccati nella cera, 13 acuminati pezzetti di vetro, detti lanze.

Conclusa il loro rito, i penitenti fanno ritorno al luogo dell'iniziazione e si lavano ripetutamente le ferite con un infuso di rosmarino per favorire la loro rimarginazione, quindi, rivestiti escono nuovamente per unirsi alla processione che segue la Pietà.

Sapori di festa

La festa, come vuole la tradizione, vive anche a tavola con i piatti tipici locali:

  • tortani, pani benedetti di buon spessore, come grandi ciambelle.

Riconoscimenti

L'Istituto Centrale per la DemoEtnoAntropologia ha riconosciuto l'evento, quale Patrimonio immateriale d'Italia

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Patrimonio immateriale d'Italia

Galleria fotografica

Bibliografia
  • Franco Ferlaino, Vattienti, Editore Jaca Book, Milano 1991 ISBN 9788816900295
  • Pretto Maffeo, La pietà popolare in Calabria, Editore Progetto 2000, Cosenza 1998 ISBN 9788885937123
Voci correlate
Collegamenti esterni