Trasfigurazione di Gesù Cristo (Raffaello)
Raffaello Sanzio, Trasfigurazione di Gesù Cristo (1518 - 1520), olio su tavola | |
Trasfigurazione di Gesù Cristo | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Comune | |
Diocesi | Roma Vicariato Generale dello Stato della Città del Vaticano |
Ubicazione specifica | Pinacoteca Vaticana |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Roma |
Luogo di provenienza | Chiesa di San Pietro in Montorio , altare maggiore |
Oggetto | pala d'altare |
Soggetto | Trasfigurazione di Gesù Cristo |
Datazione | 1518 - 1520 |
Autori |
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Materia e tecnica | olio su tavola |
Misure | h. 410 cm; l. 279 cm |
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La Trasfigurazione di Gesù Cristo è una pala d'altare, eseguita tra il 1511 ed il 1512, ad olio su tavola trasportata su tela, da Raffaello Sanzio (1483 - 1520) e completata da Giulio Pippi, detto Giulio Romano (1499 - 1546); l'opera, proveniente dall'altare maggiore della Chiesa di San Pietro in Montorio, di Roma, è ora conservata nella Pinacoteca Vaticana, presso i Musei Vaticani.
Descrizione
Nella pala, che si articola in due registri sovrapposti, sono rappresentati altrettanti episodi narrati in successione nel Vangelo:
- in alto Trasfigurazione di Gesù Cristo tra i profeti Mosè ed Elia;
- in basso, in primo piano, Incontro degli Apostoli con il ragazzo indemoniato che verrà guarito miracolosamente da Gesù Cristo al suo ritorno dal monte Tabor.
Soggetto
La scena, ambientata sul monte Tabor, si articola in due registri sovrapposti, dove compaiono:
- nel registro superiore:
- Gesù Cristo trasfigurato, rivela la sua natura divina alla presenza di tre apostoli: egli indossa delle vesti bianche, che hanno il nitore, la trasparenza e la bellezza della luce; infatti, la sua figura si staglia, bianco su bianco, entro una nube luminosa, che abbaglia gli astanti. Gesù è il centro di tutta la struttura compositiva, l'inizio e la fine d'ogni cosa. L'inquadratura di Cristo è frontale: le braccia aperte, la cui disposizione imita e preannuncia la croce. L'artista, infatti, evoca contemporaneamente la morte del salvatore, nella posa cruciforme assunta da Cristo, e la sua vita immortale, svelata dalla trasfigurazione.
- Profeti si sono materializzati, accanto a Gesù, e "conversano" con lui della sua imminente passione e morte; essi riassumono il suo esser venuto a completare la Legge e sono il simbolo dell'avverarsi delle profezie dell'Antico Testamento. I due profeti sono posti ai lati di Cristo:
- Tre apostoli (san Pietro, san Giacomo e San Giovanni), storditi dall'evento, sono atterrati come folgorati dalla splendida visione; tra loro solo san Pietro è l'unico a guardare la scena della Trasfigurazione, e negli Atti degli Apostoli è appunto lui a descriverla in prima persona ai fedeli.
- a sinistra, Due santi, inginocchiati, si uniscono all'adorazione del Cristo. Secondo alcuni studiosi sarebbero san Pastore e san Giusto, patroni della città di Narbona, alla cui cattedrale il dipinto era dedicato. Mentre per altri, invece, si tratterebbe di san Felicissimo e sant'Agapito, la cui festa si celebra il 6 agosto, giorno anche della solennità della Trasfigurazione del Signore: si tratta quindi di un inserto legato ad un significato liturgico.
- nel registro superiore:
- a sinistra: Nove apostoli rimasti incontrano il ragazzo indemoniato con i familiari;
- a destra:
- Ragazzo indemoniato rotea innaturalmente gli occhi, mentre i parenti e gli Apostoli si agitano nella speranza di ottenere un miracolo da Gesù;
- Padre del giovane che premurosamente sorregge il figlio;
- Madre del ragazzo, inginocchiata, indica agli Apostoli l'arrivo di un'ennesima crisi: la guarigione verrà compiuta da Gesù dopo la Trasfigurazione.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Nell'opera, si avverte chiaramente come Raffaello abbia distinto i due momenti narrativi: in basso la scena è concitata e nervosa, mentre quella superiore è ordinata e simmetrica. La diversità tra le due metà, simmetrica ed astrattamente divina quella superiore, convulsa e irregolare quella inferiore, non compromettono però l'armonia dell'insieme, facendone "un assoluto capolavoro di movimento e organizzazione delle masse, in cui figure singole e gruppi d'eccellente fattura si combinano con grandi moltitudini in un mobile insieme di grande vitalità". Sull'asse verticale si consuma, infatti, la relazione tra l'epifania di Cristo, che scioglie tutto il dramma della metà inferiore in una contemplazione incondizionatamente ammirata. Inoltre, il legame iconologico tra la trasfigurazione e la guarigione è che, in entrambe le scene, vi è un padre che ama e sorregge un figlio.
- L'uso della luce, proveniente da fonti diverse e con differenti graduazioni, è particolarmente scenografico, nonché l'estremo dinamismo e la forza che scaturisce dalla contrapposizione tra le due scene. In definitiva si tratta di due composizioni circolari, una parallela al piano dell'osservatore, in alto, e una scorciata nell'emiciclo di personaggi in basso. Il movimento di Gesù Cristo che si libra in volo, sollevando le braccia, estrema sintesi personale dell'energia michelangiolesca, era già stato sperimentata in figure minori d'affreschi o in opere come la Visione di Ezechiele (1518 ca.), anche se qui acquista una vitalità e una forza espressiva del tutto inedita, dando il via a reazioni a catena che animano tutta la pala.
- La nube luminosa, che lo circonda, sembra spirare un forte vento che agita le vesti dei profeti e schiaccia i tre apostoli sulla piattaforma montuosa, mentre in basso una luce cruda ed incidente, alternata ad ombre profonde, rivela un concitato protendersi di braccia e mani, con il fulcro visivo spostato a destra, sulla figura dell'indemoniato, bilanciato dai rimandi, altrettanto numerosi, verso la miracolosa apparizione superiore. Qui i volti sono fortemente caratterizzati e legati a moti di stupore, sull'esempio di Leonardo da Vinci.
Notizie storico-critiche
Il cardinale Giulio de' Medici (futuro papa Clemente VII) commissionò tra il 1516 ed il 1517 due dipinti destinati alla Cattedrale di San Giusto di Narbona, città di cui era divenuto vescovo nel 1515: la Trasfigurazione per la quale fu dato incarico a Raffaello Sanzio e la Resurrezione di Lazzaro (oggi alla National Gallery di Londra), ordinata a Sebastiano del Piombo.
In una lettera di Leonardo Sellaio a Michelangelo Buonarroti, datata 19 gennaio 1517, accenna alla doppia commissione, ricordando il disappunto di Raffaello Sanzio per essere finito in quella sorta di competizione:
« | Ora mi pare che Raffaello metta sottosopra el mondo, perché lui [il Piombo] non la faca [faccia], per non venire a' paraghonj. » |
Il 7 aprile 1520, quando doveva essere forse a metà della pala d'altare, Raffaello Sanzio morì e in quella circostanza, riporta Giorgio Vasari, la Trasfigurazione fu prelevata dal suo studio e collocata davanti al letto di morte[1]: per questo l'opera è oggi ritenuta un vero e proprio testamento spirituale dell'artista.
La Trasfigurazione fu completata, in seguito, nella parte inferiore da Giulio Romano, allievo di Raffaello Sanzio, entro il 1522, non fu mai inviata in Francia, poiché dopo la morte di Raffaello Sanzio (1520) il cardinale la trattenne presso di sé, donandola in seguito alla Chiesa di San Pietro in Montorio, dove fu collocata sull'altare maggiore.
Nel 1797, in seguito al Trattato di Tolentino, quest'opera, come molte altre, fu trasportata a Parigi e restituita nel 1816, dopo la caduta di Napoleone. Fu allora che entrò a far parte della Pinacoteca Vaticana per volontà di papa Pio VII (1800 - 1823).
Note | |
Bibliografia | |
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