Ultima Cena (Domenico Ghirlandaio)
Domenico Ghirlandaio, Ultima Cena (1480), affresco | |
Cenacolo di Ognissanti | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Regione ecclesiastica | Toscana |
Provincia | Firenze |
Comune | Firenze |
Diocesi | Firenze |
Ubicazione specifica | Chiesa e convento di Ognissanti, ex refettorio |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Firenze |
Luogo di provenienza | ubicazione originaria |
Oggetto | dipinto murale |
Soggetto | Ultima Cena |
Datazione | 1480 |
Ambito culturale | |
ambito toscano | |
Autore | Domenico Ghirlandaio (Domenico Bigordi) |
Materia e tecnica | affresco |
Misure | h. 400 cm; l. 880 cm |
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L'Ultima Cena è un dipinto murale, eseguito nel 1480, ad affresco, da Domenico Bagordi detto Domenico Ghirlandaio (1449 - 1494), ubicato nell'ex refettorio della Chiesa e convento di Ognissanti di Firenze.
Descrizione
Ambientazione
La scena dell'Ultima Cena è ambientata in una sala con una finta apertura della parete in una loggia, che asseconda gli elementi architettonici della stessa. A questo effetto illusionistico contribuisce sostanzialmente anche lo studio della luce, che coincide con quello reale della stanza. Le due finestre dipinte sullo sfondo corrispondono, infatti, alle due reali dell'ambiente, con la fonte luminosa principale proveniente da sinistra. L'effetto era per i frati quello della presenza di Gesù Cristo e degli Apostoli perfettamente integrati tra loro, come un gruppo che consumava il pasto elevato di fronte a loro.
Ghirlandaio memore del passo evangelico di Marco (14,15), riguardante il cenacolo, colloca la scena in una loggia al piano alto (lo vediamo dall’altezza degli alberi) che attraverso le due aperture, oltre le mura, si affaccia in un giardino, una sorta di hortus conclusus, che ricorda i viridari delle case patrizie romane, nel quale volano numerosi uccelli, che si carica di valenze allegoriche e precisi elementi simbolici:
- aranci e cedri alludono al Paradiso, poiché queste piante sono sempreverdi e quindi incorruttibili;
- palma come simbolo del trionfo del martirio sulla morte;
- cipresso simboleggia la condivisione della sofferenza;
- falco che ghermisce l'anatra, è l'emblema della lotta del bene contro il male, e allude al fatto che esso è sempre in agguato e può condurre alla stessa fine di Giuda Iscariota;
- melograni sono simboli di resurrezione;
- rose rosse (nel vaso) sono simboli del sangue;
- coppie di uccelli in volo alludono ai cicli della natura che si rinnovano,
- pavone, simbolo dell'immortalità, ecc.
Inoltre, i frutti tra i rami del giardino, che si trovano anche sulla tavola degli apostoli, come i cedri e le arance che sono simboli di salvezza e redenzione, mentre i datteri e i melograni lo sono di martirio e resurrezione.
Soggetto
Nel dipinto murale, intorno ad una lunga tavola ad "U" imbandita, come un desco fiorentino del tempo, compaiono:
- Gesù Cristo, seduto fra san Pietro e san Giovanni, annuncia con amarezza l'imminente tradimento.
- Apostoli affiancano Gesù, stando seduti su un lungo banco ligneo, rialzato da una pedana, e prendono posto tutti dalla stessa parte del tavolo. Le figure degli apostoli, ordinati a coppie, sono intensamente caratterizzate con fisionomie realistiche e sono colti con vari atteggiamenti all'annuncio di Gesù secondo cui uno fra loro lo tradirà:
- San Pietro, seduto affianco a Gesù, solleva il coltello e lo indica come per difendere il Maestro;
- San Giovanni, seduto affianco a Gesù, piega la testa accostandosi al suo petto ed appoggiandosi sul tavolo visibilmente addormentato;
- San Giacomo appare turbato e altri discutono via via più pacatamente dell'annuncio;
- Giovane apostolo, vestito di verde (forse san Tommaso), poggia il braccio sul tavolo come per levarsi a discutere con Giuda Iscariota, verso il quale invia un penetrante sguardo;
- Due apostoli, all'estrema destra, si indicano il petto, come a chiedersi se il messaggio di Gesù a proposito del tradimento sia rivolto a loro.
- Giuda Iscariota, vestito di giallo, seduto su uno sgabello che appoggia (non a caso) al di sotto della pedana, è l'unico ad occupare il lato opposto del tavolo ed è solo davanti a Gesù. L'immagine di Giuda isolata rispetto agli altri apostoli e con la borsa contenente i denari, pegno dell'imminente tradimento, è tipica di questo tema iconografico. La sua figura, senza aureola, con la chioma nera, la barba scura, lo sguardo penetrante ed il naso adunco assomiglia a quella di un satiro della mitologia romana, dalla quale i cristiani avevano mutuato molte delle caratteristiche fisiche del diavolo.
Sulla tavola, coperta da una tovaglia perugina di lino con le frange e ricamata con ippogrifi blu, sono presenti alcuni alimenti, quali "frutti della terra e del lavoro dell'uomo" che richiamano il messaggio di salvezza, resi con grande cura, spesso di valore simbolico, come:
- albicocche, simbolo del peccato;
- lattuga, simbolo della penitenza;
- ciliegie, frutti rossi, che alludono al sangue versato da Cristo sulla croce;
- arance, frutti del Paradiso;
- acqua e vino bianco in bottiglie a collo lungo di vetro;
- vino e pane che fanno riferimento all'istituzione dell'Eucarestia;
- formaggi e lardo, tagliati a pezzi su taglieri, sono cibi locali e popolari. San Pietro, ad esempio, che ha il bicchiere vuoto, sembra aver appena finito di tagliare il proprio formaggio a pezzetti sulla tavola.
Inoltre, accanto al banco ligneo intagliato sono posti:
- Due brocche in metallo scuro, nell'angolo a sinistra, e un bacile dorato e cesellato, a destra, si riferiscono sia alla lavanda dei piedi, sia alla liturgia: il sacerdote, infatti, ne fa uso per lavarsi le mani prima della consacrazione.
- Bouquet di fiori, a destra, in una piccola brocca sopra la spalliera.
Note stilistiche, iconografiche e iconologiche
- Domenico Ghirlandaio costruì la prospettiva della tavola in modo da permettere di vedere le stoviglie e le pietanze, permettendogli un accurato studio dal vero degli oggetti che tanto lo avevano impressionato nelle opere dei maestri fiamminghi presenti a Firenze.
- L'espressione del volto di Gesù Cristo risulta fredda e distaccata: questo è dovuto ad un restauro condotto nel XVII secolo, durante il quale il pittore Carlo Maratta rifece completamente la testa, modificandola.
Notizie storico-critiche
L'Ultima Cena venne realizzata nel 1480 da Domenico Ghirlandaio nell'ex refettorio del Convento di Ognissanti. L'opera venne commissionata al pittore, già celebre, in procinto di recarsi a Roma per lavorare alla Cappella Sistina con altri artisti fiorentini.
In seguito all'alluvione del 1966, l'affresco fu "strappato" e restaurato. In quell'occasione venne alla luce la sinopia sottostante, attualemente esposta nello stesso ambiente.
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