Utente:Nives Cusimano/Abbà

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Abbà è una parola aramaico, la lingua popolare usata al tempo di Gesù, e significa "Padre"; più esattamente, si traduce con "papà", "babbo". Gesù si rivolge a suo Padre con tale termine affettuoso, e i cristiani lo usano come preghiera nello Spirito (Rm 8,15 ).

Nel Nuovo Testamento

Nella lettera di San Paolo alla comunità della Galazia l'apostolo ricorda ai fedeli la loro condizione di riscattati dal Figlio di Dio dalla schiavitù della legge giudaica per ricevere la divina filiazione adottiva propria di coloro che non sono più schiavi ma figli:

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In maniera analoga San Paolo scrive ai fedeli della comunità di Roma, ammonendoli a non ricadere nella schiavitù di coloro che vivono " secondo la carne"; ma di vivere nella libertà di coloro che, guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio, infatti

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In questo caso l'espressione "Abbà, Padre!" è una esclamazione liturgica, nella quale il vocabolo aramaico Abbà è un trasliterato greco e venne conservato nelle comunità cristiane extrapalestinesi " per fedeltà alla preghiera insegnata dallo stesso Signore"

Nella preghiera del Padre Nostro da parte delle comunità cristiane primitive, l'accento cadeva, pertanto sull'invocazione iniziale, Abbà Padre!; invocazione propria ed esclusiva del cristiano, di colui, cioè che è già partecipe della vita e dello Spirito di Cristo, Figlio di Dio.

Il termine aramaico si è conservato nel testo greco di San Marco della preghiera di Gesù nel Getsemani:" Abbà, Padre tutto è a te possibile..:" nel testo di San Marco è stata conservata perché il termine per i suoi lettori romani ricordava lo stupore dei discepoli in presenza di qualcosa di inaudito.

Quando Gesù chiamò Dio Abbà diede la sensazione di inusualità. Nella sua predicazione è un termine assolutamente nuovo il vocabolo Abbà. Questo appellativo, in origine, pare che sia un vocativo diminutivo ripreso dal linguaggio dei bambini ed equivalente più o meno al nostro "papà". Gesù con l'utilizzarlo vuole porre l'accento sulla realtà della sua relazione di Figlio di Dio.

I Padri della Chiesa: Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di Ciro, provenienti da Antiochia, dove la gente parlava il dialetto siriaco occidentale dell'aramaico, attestano che Abbà era l'invocazione con cui il bambino piccolo si rivolgeva al padre. Abbà era un'espressione familiare, una parola popolare. Nessuno avrebbe osato invocare Dio così!

Gesù lo fa sempre, in tutte le preghiere tramandateci. Tranne nel grido sulla croce; "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Sal 21,2 ). Gesù quindi ha parlato con Dio come una bambino parla con il proprio padre; con la stessa semplicità, intimità e fiducia!

Da San Matteo sappiamo che Gesù considerò l'invocazione divina Abbà come espressione della sua particolare comunione con Dio e del potere concessogli dal Padre. Nel significato della parola Abbè si comprende l'ultimo segreto della sua missione. Egli, cui il Padre aveva donato la piena conoscenza di Dio, aveva il privilegio messianico di rivolgersi a lui con la familiare invocazione del Figlio.

Questo Abbà è "voce stessa di Gesù", poiché racchiude l'essenza della sua missione e del suo messaggio. Non solo, nel Padre nostro Gesù autorizza i suoi discepoli a ripetere con lui l'Abbà. Con ciò li rende partecipi della sua posizione di Figlio; e li autorizza, in quanto discepoli suoi, a parlare con il Padre celeste con la medesima intimità con un bambino ha verso il proprio padre e afferma anche che la nuova relazione di figlio apre la porta al Regno di Dio. "In verità vi dico che, se non diventerete nuovamente come bambini, non entrerete nel Regno di Dio".

I bambini possono dire Abbà". Solo chi è mosso dalla intimità propria del vocabolo Abbà ha accesso al regno.

San Marco traduce Abbà con Ho Pater, aggiungendo l'articolo, invece il testo parallelo di San Luca usa la forma più greca del vocativo.

Questo vocativo si trova pure altrove, così che si può supporre il corrispondente aramaico Abbà. Tutto ciò indica che Abbà è l'invocazione abitualmente usata da Gesù, quando si rivolgeva a Dio.

L'invocazione assolutamente nuova parla di una filiazione reale e veramente unica.

I discepoli parteciparono dello Spirito del Figlio di risorto, divennero essi stessi figli di Dio, ottenendo il diritto a dire a Dio "Abbà Padre". Assimilati, mediante lo Spirito, al Risorto, già formano una sola personalità giuridica con lui e sono, da ora innanzi, figli di Dio.

Il termine Abbà diretto e sorprendente viene attutito nella liturgia, dove il rito mantiene le distanze, con "Padre nostro... che sei nei cieli " si vuole allontanare una relazione eccessivamente familiare con Dio.

Bibliografia