Abbazia di San Galgano (Chiusdino)

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Abbazia di San Galgano
Chiusdino Abb.S.Galgano complesso.JPG
Abbazia di San Galgano, complesso monastico
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Toscana
Regione ecclesiastica
Regione ecclesiastica Toscana
Provincia Siena
Comune Chiusdino
Località Loc. San Galgano
Diocesi Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino
Religione Cattolica
Indirizzo Str. comunale di San Galgano, 164
53012 Chiusdino (SI)
Telefono +39 0577 756738
Sito web Sito ufficiale
Proprietà Comune di Chiusdino
Oggetto tipo Abbazia
Oggetto qualificazione cistercense
Dedicazione San Galgano
Sigla Ordine qualificante O.Cist.
Sigla Ordine reggente O.Cist.
Fondatore Ildebrando Pannocchieschi
Data fondazione 1218
Architetto Donnus Johannes
Stile architettonico Gotico
Inizio della costruzione 1218
Completamento 1288
Soppressione 1783
Data di consacrazione 1288
Data di sconsacrazione 1789
Pianta croce latina (chiesa)
Larghezza Massima 21 m. (chiesa)
Lunghezza Massima 70 m. (chiesa)
Altitudine 301 s.l.m.
Coordinate geografiche
43°08′58″N 11°09′20″E / 43.149408, 11.155628 Stemma Toscana
Mappa di localizzazione New: Toscana
Abbazia di S. Galgano
Abbazia di S. Galgano
Firenze
Firenze
Siena
Siena

L'Abbazia di San Galgano è un complesso monumentale che ospitò un monastero cistercense, situato nel comune di Chiusdino (Siena), nel territorio della Val di Merse.

Il sito è costituito dall'eremo (detto Rotonda di Monte Siepi) e dalla grande abbazia, ora completamente in rovina e ridotta alle sole mura. La mancanza del tetto, che evidenzia l'articolazione della struttura architettonica, accomuna in questo l'abbazia a quelle di Melrose e di Kelso in Scozia, di Cashel in Irlanda e di Eldena in Germania.

Storia

Abbazia di San Galgano, complesso monastico

Origini

Tra la fine del XII secolo e l'inizio del secolo successivo, la comunità monastica che si era costituita intorno al cavaliere-eremita e che aveva aderito all'Ordine dei Cistercensi, si era accresciuta, tanto che dovette trasferire la propria sede dall'Eremo di Monte Siepi in un nuovo e più ampio cenobio: dalla collina fu necessario scendere nella sottostante piana della Merse, dove il vescovo di Volterra, Ildebrando Pannocchieschi (1184 - 1212 ca.), aveva promosso l'edificazione di un grande cenobio.

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Chiesa di San Galgano in Monte Siepi (Chiusdino)

Costruzione e massimo sviluppo

I lavori di costruzione dell'abbazia vengono avviati nel 1218, probabilmente sotto la direzione di Donnus Joannes,[1] che nel 1229 ne cederà la guida ad altri monaci.

I lavori andarono avanti speditamente, tanto che un primo nucleo consistente doveva già essere costruito nel 1224, quando si trova la menzione in alcuni documenti della abbatiam novam Sancti Galgani. A dare l'impulso ai lavori fu soprattutto l'enorme patrimonio fondiario che i monaci erano risusciti ad accumulare, grazie a donazioni, a lasciti ed alle numerose concessioni ecclesiastiche che permise loro di entrare in possesso dei beni dei monasteri benedettini dei dintorni, tanto che alla metà del XIII secolo l'Abbazia era la più potente fondazione cistercense in Toscana. Essa fu, inoltre, protetta e beneficiata dagli imperatori Ottone IV di Brunswick (1175 - 1218), Enrico VI (1165 - 1197) e Federico II di Svevia, che confermarono sempre i privilegi concessi, anzi aggiungendone anche degli altri, quali il diritto di monetazione. Inoltre, il papa Innocenzo III (1198 - 1216) esentò l'abbazia dalla decima.

Nel 1262 i lavori erano quasi completati e nel 1288 venne consacrata la chiesa, come ricorda un epigrafe qui collocata.

La grande ricchezza dell'abbazia portò i monaci ad assumere una notevole importanza economica e culturale tanto da spingere la Repubblica di Siena a stringere stretti legami con la comunità. Nel 1257, il monaco Ugo venne nominato camerlengo di Biccherna, ossia responsabile dell'erario della Repubblica, a quale seguirono altri religiosi di San Galgano che occuparono questa carica. Inoltre, la Repubblica dette ai monaci il compito di progettare un acquedotto che dalla valle della Merse doveva portare l'acqua a Siena ed essi furono anche tra i primi operai del Duomo di Siena.

I monaci incisero fortemente nel territorio circostante l'Abbazia, dando inizio ai lavori di prosciugamento e bonifica delle paludi e incanalando il corso della Merse per sfruttarne l'energia idraulica; il monastero, infatti, possedeva un mulino, una gualchiera per la lavorazione dei panni ed una ferriera.

Decadenza e soppressione

Nel XIV secolo l'abbazia iniziò a decadere sia per la carestia del 1328 che per la peste del 1348, che vide i monaci duramente colpiti dal morbo, portando all'arresto dello sviluppo del cenobio. Inoltre, nella seconda metà del XIV secolo l'abbazia, come tutto il territorio senese, venne più volte saccheggiata dalla compagnie di ventura. Tali vicende portarono ad una profonda crisi nella comunità monastica, tanto che alla fine del secolo essa si era ridotta a sole otto persone.

La crisi proseguì anche nel XV secolo, tanto che nel 1474 i monaci fecero edificare a Siena il cosiddetto Palazzo di San Galgano e vi si trasferirono, abbandonando il monastero. Il patrimonio fondiario rimaneva tuttavia intatto e tale da scatenare una contesa tra la Repubblica di Siena ed il Papato. Nel giugno del 1506, papa Giulio II pronunciò l'interdetto contro Siena perché aveva contrapposto il cardinale di Recanati al candidato papale Francesco da Narni per l'assegnazione dei benefici abbaziali. In questo contrasto politico, la Repubblica di Siena, guidata da Pandolfo Petrucci, resistette ordinando ai sacerdoti la celebrazione regolare di tutte le funzioni liturgiche.

Abbazia di San Galgano, complesso monastico (pianta)

Nel 1503 l'abbazia venne affidata da papa Giulio II ad un abate commendatario, nella persona del cardinale Federico Sanseveroni, una scelta che ne accelerò la decadenza e la rovina. Infatti, il governo degli abati commendatari si rivelò scellerato, tanto che uno di loro, alla metà del secolo, fece rimuovere per poi vendere la copertura in piombo della chiesa, determinandone un rapido deperimento.

Nel 1576, una relazione redatta in occasione della visita del vescovo di Rimini, documenta che:

  • un solo monaco abitava presso il monastero;
  • le vetrate delle monofore erano andate completamente distrutte;
  • le volte delle navate erano in parte crollate;
  • alcune rovine, era ciò che rimaneva delle due infermerie, demolite all'inizio del XVI secolo.

Nel 1577 furono avviati dei lavori di restauro, ma che si rivelarono inutili, poiché non riuscirono ad arrestare il progressivo degrado.

Nella relazione redatta nel 1662 si legge:

« La chiesa non può essere tenuta in peggior grado di quello che si trova e vi piove da tutte le parti. »

Nella prima metà del XVIII secolo, il complesso monastico risultava ormai in gran parte crollato. Infatti, le cronache del tempo riferiscono della struttura sempre più fatiscente, finché due episodi determinarono in modo irreversibile le sorti dell'abbazia: nel 1781 cadde quanto rimaneva delle volte; nel 1786, dopo che un fulmine lo aveva colpito, atterrò anche il campanile, del quale si salvò la sola campana maggiore (XIV secolo), ma che solo pochi anni dopo venne fusa e venduta come bronzo.

Nel 1783, il granduca Pietro Leopoldo di Toscana (17471792) decretò la soppressione dell'abbazia.

Dall'oblio al restauro

Chiesa abbaziale, lato settentrionale

Successivamente, l'abbazia venne trasformata in una fonderia, fino a che nel 1789 la chiesa fu definitivamente sconsacrata ed abbandonata, mentre nel 1816 gli ambienti del monastero furono utilizzati a fattoria.

Verso la fine dell'Ottocento l'interesse per il monumento si risvegliò e si iniziò ad ipotizzarne il restauro, per questo venne fatto un rilievo delle strutture architettoniche e tutto l'edificio fu al centro di un corposo studio storico al quale si accompagnò una campagna fotografica eseguita dai Fratelli Alinari di Firenze.

Nel 1926 si iniziò il restauro eseguito con metodo conservativo, senza realizzare ricostruzioni arbitrarie o integrazioni: si decise semplicemente di consolidare quanto rimaneva del monastero.

Tra gli anni Novanta ed il Duemila nel monastero è stata ospitata la comunità Mondo X di padre Eligio Gelmini.

Dal 1 settembre 2017 il complesso monumentale di San Galgano è passato come proprietà dallo Stato italiano al Comune di Chiusdino.

Descrizione

Il complesso monastico si compone di due corpi di fabbrica:

  • Chiesa abbaziale
  • Monastero

Chiesa abbaziale

Chiesa abbaziale, lato orientale, abside

L'ipotesi che trova attualmente maggiori riscontri è che l'esecuzione della chiesa sia iniziata a partire dall'abside. Questa è la parte che maggiormente rispetta i canoni cistercensi: in special modo nella zona del coro e del braccio meridionale del transetto caratterizzati dall'uso di travertino e dalle aperture minori.

La chiesa rispetta i canoni della abbazie cistercensi, che erano stabiliti nella Regola di San Bernardo e prevedevano norme precise per quanto riguarda la localizzazione, lo sviluppo planimetrico e lo schema distributivo degli ambienti. Inoltre, le abbazie dovevano sorgere lungo le più importanti vie di comunicazione (in questo caso la via Maremmana) per render più agevoli i contatti con la casa madre; in genere erano poste vicino a fiumi (qui il torrente Merse) per poterne sfruttare la forza idraulica; e infine in luoghi boscosi o paludosi per poterli bonificare e poi sfruttarne il terreno per coltivazioni. Dal punto di vista architettonico gli edifici dovevano essere caratterizzati di una notevole sobrietà formale.

Esterno

Chiesa abbaziale, lato meridionale

La chiesa è orientata, cioè ha l'abside volta ad oriente, ed ha una facciata a salienti che presenta quattro colonne con aggetti per sostenere un portico, che peraltro non fu mai realizzato; l'ingresso all'aula liturgica è affidato a tre portali con archi a tutto sesto ed estradosso ogivale, oggi chiusi da inferriate. Il portale maggiore è decorato con un fregio fitomorfo a foglie di acanto.

Le fiancate laterali permettono una completa lettura delle caratteristiche salienti dell'edificio:

  • i muri sono aperti da monofore (alcune sormontate da un oculo) e bifore ogivali;
  • sono presenti frammenti della decorazione che ornava le bifore e gli oculi;
  • nel fianco sinistro, spicca la grande finestra, già trifora, nella testata del transetto.

L'abside mostra due ordini di monofore e, in alto da due oculi di differenti dimensioni. Un altro grande oculo, con resti della decorazione a rosone, è visibile nella testata del transetto destro.

Interno

L'interno della chiesa si presenta privo della copertura e del pavimento, sostituito da terra battuta che in primavera si trasforma in un manto erboso.

Chiesa abbaziale (interno)

La chiesa, a pianta a croce latina (70 x 21 m), è suddivisa in tre navate da 16 pilastri cruciformi con quattro colonne incastrate ad un terzo. Le arcate sono tutte a sesto acuto con doppio archivolto. Alta, ancora meravigliosa e risplendente per la prevalenza della pietra bianca di rivestimento, appare l'ariosa navata mediana priva delle volte gotiche crollate e quindi completamente invasa dalla luce.

L'ampio transetto è a tre navate, ma quella orientale è trasformata in quattro cappelle rettangolari, poste due a due laterali a quella maggiore, la quale presenta una semplice abside rettangolare.

Nella parete di fondo del transetto sinistro vi sono due porte: una dà accesso alla base di una scala a chiocciola, di cui rimangono 85 gradini, che conduceva al sottotetto della chiesa e l'altra al cimitero.

Nella parete di fondo del transetto destro si trova la porta che dava accesso alla sacrestia ed una apertura posta in alto sulla destra grazie alla quale i monaci, usando una scala in legno, potevano accedere direttamente alla chiesa dal dormitorio per compiere le funzioni notturne e mattutine.

Monastero

Chiesa abbaziale (lato meridionale) e resti del chiostro

Sulla destra della chiesa si trova il monastero, di cui rimangono solo alcuni ambienti e ruderi del lato orientale:

  • Chiostro
  • Sacrestia ed armarium
  • Sala capitolare
  • Auditorium
  • Scriptorium
  • Dormitorio dei monaci

Chiostro

Del chiostro, di forma quadrangolare, ad arcate su colonnine binate si conserva solo il lato orientale che è allineato con il transetto meridionale della chiesa.

Sacrestia ed armarium

Chiesa abbaziale (lato meridionale) e chiostro, ricostruzione

Dal transetto destro della chiesa si accede alla sacrestia (il primo ambiente che si incontra nel lato orientale chiostro venendo da sinistra), coperta con due grandi volte a crociera, nella quale si conservano alcune tracce della decorazione murale, ad affresco, originaria.

Accanto alla sacrestia, attraverso una porta con arco a sesto acuto si accede all’armarium, un piccolo ambiente coperto con volta a crociera, che fungeva da deposito sia dei libri liturgici, degli atti giuridici e dei titoli di possesso dell'abbazia.

Sala capitolare

La sala capitolare, a pianta rettangolare, diviso in due navate da basse colonne, con portale ogivale, che traeva l'illuminazione da due grandi bifore con colonne binate aperte sul chiostro e da tre piccole monofore con arco a tutto sesto poste sulla parete di fondo.

La sala capitolare era uno degli ambienti più importanti dell'abbazia nel quale vi si riuniva il capitolo dei monaci per deliberare gli atti che riguardavano il governo della comunità, comprese le questioni legali relative a possedimenti, acquisti, vendite, ecc.

Auditorio

Sala capitolare

Accanto alla sala capitolare si trova l’auditorium (detto anche parlatorio), suddiviso in due navate da pilastri e con soffitto a volte: questo era l'ambiente dove l'abate riceveva in colloquio privato i monaci e dove, al mattino, assegnava ai confratelli le mansioni giornaliere.

Scriptorium

All'estremità meridionale si trovava lo scriptorium, dove i monaci esperti copiavano e miniavano i libri sacri e i testi letterari. È un ambiente molto vasto, diviso in due navate da cinque pilastri cruciformi che sorreggono delle volte a crociera con decorazioni a girali.

Dormitorio dei monaci

Al piano superiore si trovava il dormitorio dei monaci, suddiviso in sedici celle, e una cappella, al quale si accedeva dal chiostro attraverso una scala.

Ambienti scomparsi

Il resto del complesso monastico oggi è scomparso. Nel lato meridionale, quello opposto alla chiesa, probabilmente si trovavano il calefattorio, il refettorio e la cucina. Il lato occidentale del chiostro era occupato dalla dispensa, dai magazzini e dal dormitorio dei conversi, che la regola cistercense imponeva fossero distinti da quelli dei monaci.

Dietro l'abside della chiesa si trovava l'infermeria dei monaci, che era separata dal complesso monumentale in particolare per motivi igienici.

Curiosità

Il suggestivo sito dell'abbazia è stato utilizzato per ambientare alcune scene di film, fra i quali si ricordano:

  • Il riposo del guerriero (1962) di Roger Vadim.
  • Nostalghia (1983) di Andrej Tarkovskij
  • Il paziente inglese (1996) di Anthony Minghella

Inoltre, all'interno della chiesa è stato anche girato il videoclip La casa del Sole del gruppo musicale dei Pooh.

Galleria fotografica

Note
  1. Donnus Johannes forse è lo stesso monaco-architetto che nel 1219 aveva portato a termine i lavori dell'Abbazia cistercense di Casamari nel Lazio.
Bibliografia
  • Balduino Gustavo Bedini, Le abbazie cistercensi d'Italia, Editore: Abbazia di Casamari, Veroli 1987, pp. 94-96
  • Carlo Bertelli et. al., Storia dell'Arte Italiana, vol. 1, Editore Electa-Bruno Mondadori, Milano 1990, p. 426 ISBN 9788842445210
  • Vito Albergo, San Galgano: eremo ed abbazia, Editore Tellini, Pistoia 1993
  • Massimo Marini, Chiusdino. Il suo territorio e l'Abbazia di San Galgano, Editore Nuova Immagine, Siena 1995, pp. 88-97
  • Ivan Rainini, L'Abbazia di San Galgano. Studi di architettura monastica cistercense del territorio senese, Editore Sinai, Milano 2001
  • Touring Club Italiano (a cura di), Toscana, col. "Guide Rosse", Editore Touring, Milano 2013, pp. 829-831 ISBN 9770390107016
  • Goffredo Viti, L'Abbazia cistercense di San Galgano, Editore Certosa Cultura, Firenze 2002
Voci correlate
Collegamenti esterni
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 15 dicembre 2020 da Teresa Morettoni, esperta in museologia, archeologia e storia dell'arte.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.