Abbazia di Santa Maria di Pomposa (Codigoro)
Abbazia di Santa Maria di Pomposa | |
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Abbazia di Santa Maria di Pomposa, chiesa | |
Stato | Italia |
Regione | Emilia Romagna |
Provincia | Ferrara |
Comune | Codigoro |
Località | Pomposa |
Diocesi | Ferrara-Comacchio |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Via Centro 1, Loc. Pomposa 44021 Codigoro (FE) |
Telefono | +39 0533 719110 |
Posta elettronica | info@abbaziadipomposa.it |
Sito web | |
Proprietà | Stato italiano |
Oggetto tipo | Abbazia |
Oggetto qualificazione | benedettina |
Dedicazione | Maria Vergine |
Sigla Ordine qualificante | O.S.B. |
Data fondazione | VI secolo |
Architetto |
Deusdedit (campanile) |
Stile architettonico | Romanico |
Inizio della costruzione | VI secolo |
Completamento | XI secolo |
Soppressione | 1652 |
Data di consacrazione | 1026 |
Note | Attualmente affidata al clero secolare. |
Coordinate geografiche | |
Emilia Romagna | |
L'Abbazia di Santa Maria di Pomposa è un complesso monumentale che ospitò un monastero benedettino, situato nel comune di Codigoro (Ferrara), risalente al VI secolo: era uno dei cenobi più significativi dell'Italia settentrionale. L'abbazia attualmente è affidata al clero secolare.
Storia
Origini e sviluppo
La presenza già certa al VI - VII secolo di un cenobio benedettino nell'Insula Pomposiana è testimoniata, per la prima volta, in un documento del 874 in cui il pontefice Giovanni VIII (872 - 882) reclamava al papato la giurisdizione sul monastero contro la Diocesi di Ravenna.
L’Insula Pomposiana, che aveva in origine la forma di un grosso triangolo circondato dalle acque (quelle del Goro, del Po di Volano e del mare), con un clima mite ed un terreno fertile, favorì lo sviluppo di un'abbazia ricca, che raggiunse l'apice della sua potenza nell'XI secolo, ottenendo anche l'indipendenza dal Monastero di San Salvatore di Pavia e da Ravenna, grazie all'accordo sottoscritto nel 1001 dall'imperatore Ottone III di Sassonia (980 - 1002) e dal papa Silvestro II (999 - 1003).
Il momento culminante della storia di Pomposa si ebbe sotto la guida dell'abate ravennate, Guido degli Strambiati (morto nel 1046), che fu l'artefice della radicale ristrutturazione e riorganizzazione dell'abbazia che, nel corso del XI secolo, venne ampliata per ospitare gli oltre cento monaci conferendo al complesso l'aspetto e le dimensioni attuali: nel 1026 fu riconsacrata la chiesa, nel 1063 costruito il campanile e, nell'arco dello stesso secolo, furono edificati i chiostri e il palazzo della Ragione, nel quale l'abate di Pomposa esercitava la giustizia civile. In quest'epoca, il cenobio possedeva proprietà sparse un po' ovunque in Italia, dovute a donazioni e lasciti, mentre nei dintorni immediati aveva terreni, paludi da pesca e saline a Comacchio.
Durante l'XI secolo, inoltre, l'abbazia divenuta ormai un centro primario di vita spirituale e culturale, accolse numerose personalità illustri, tra cui spiccano san Pier Damiani (1007 – 1072) e Guido d'Arezzo (992 ca. – 1050), che probabilmente proprio qui ha elaborato il suo metodo di scrittura delle note musicali.
Declino e soppressione
Legata ad una posizione particolarmente fertile, la prosperità dell'abbazia cominciò a declinare, quando nel 1152 un'inondazione, seguita alla rotta degli argini del Po a Ficarolo, determinò lenti, ma sostanziali mutamenti climatici ed ambientali nella zona del delta padano, che portarono anche a fenomeni di subsidenza e di impaludamento del territorio circostante il monastero. Inoltre, da questo evento, cominciò la lotta che i monaci intrapresero per secoli contro la malaria: Dante, che qui sostò nel 1321 di ritorno da Venezia quale ambasciatore polentano, vi contrasse le febbri che l’avrebbero condotto alla morte.
Nonostante il lento declino, ancora nel XIV secolo, l’abbazia era tuttavia importante e vantava possessi in 18 diocesi dell’Italia settentrionale, per questo si ebbe la possibilità di compiere, a più riprese nell'arco del secolo, i grandi cicli pittorici della sala capitolare, del refettorio e della chiesa.
Nel 1423, l'abbazia venne trasformata in commenda, ovvero affidata ad un abate esterno alla comunità monastica, divenendo così appannaggio dei cardinali, i quali ne dilapidarono gran parte dei beni, portando al decadimento del monastero
Nel 1496 Pomposa è indicata tra i beni del Monastero di San Benedetto a Ferrara; nel 1653 il papa Innocenzo X (1644 - 1655) decretò formalmente la soppressione del cenobio pomposiano dal quale gli ultimi monaci usciranno nel 1671.
Ottocento e Novecento
Degrado ed abbandono caratterizzarono da quel momento le vicende del complesso monastico, tanto che gli edifici rimasti furono venduti all'asta nel 1802 ed acquistati dai marchesi Guiccioli, famiglia ravennate, che per tutto il secolo li useranno come magazzini, stalle e fienili a servizio dell'azienda agricola di loro proprietà.
Tra il 1910 e il 1914, lo Stato italiano espropria gran parte delle fabbriche di Pomposa, mettendo in atto tra il 1925 e il 1930 un complessiva opera di recupero e restauro dell'abbazia.
Descrizione
Il complesso monastico è attualmente costituito da:
- Chiesa di Santa Maria e campanile;
- Sala capitolare, refettorio e dormitorio (oggi sede del Museo Pomposiano) che descrivono il sito del chiostro, mancante del lato occidentale;
- Palazzo della Ragione;
- Recinto del cimitero dei monaci situato a nord della chiesa.
Si tratta, però, solo di una parte del grande monastero benedettino che era dotato di numerosi altri ambienti, tra i quali la torre dell'abate, un secondo chiostro dedicato a san Guido di Pomposa, la piccola chiesa di San Michele e la biblioteca celebre in età umanistica per l'ampia raccolta di manoscritti che conservava.
Chiesa
La chiesa abbaziale, dedicata a Santa Maria, è senza dubbio l'elemento di maggior rilevanza storico-artistica del complesso monastico.
Il nucleo più antico della chiesa risale al VII - VIII secolo: a pianta basilicale, con tre navate ed abside era preceduta da un portico ad doppia campata coperto a volte. Questo impianto originario è stato mantenuto anche nelle successive trasformazioni.
Durante l'XI secolo la chiesa venne allungata con l'aggiunta di due campate e la costruzione di un nuovo atrio - decorato con fregi in cotto, oculi, scodelle maiolicate, vari animali dal valore simbolico-religioso - che un'iscrizione collocata sulla facciata ci ricorda essere opera di Muzolo.
Esterno
La chiesa presenta una facciata a salienti aperta da due monofore e preceduta da un nartece a tre archi, riccamente decorato con fregi in cotto, di scodelle maiolicate, sculture di ambito bizantino con animali simboli, ma in particolare da:
- Due oculi chiuse da transenne con Figure di animali fantastici e motivi decorativi fitomorfi (1026 - 1063), in marmo e terracotta, opera di Mazulo.[1][2]
- Busto di divinità con elmo e clamide (II secolo d.C.), in marmo.
Interno
L'interno della chiesa si presenta a pianta basilicale, suddivisa in tre navate da colonne di spoglio, romane e bizantine, con capitelli e pulvini; il presbiterio sopraelevato con la cripta sottostante sono stati ricostruiti nel corso dei restauri nel XX secolo; la grande abside, secondo l'uso ravennate, semicircolare all'interno e poligonale all'esterno; le absidi minori, di cui quella destra scomparsa, furono aggiunte nel 1150.
Per due scalette si sale al presbiterio, dove nell'abside è il ciclo di dipinti murali, ad affresco, realizzati nel 1351 da Vitale da Bologna, che rappresentano:
- nel catino, Gesù Cristo redentore in gloria tra angeli e santi;[3]
- sulle pareti, Storie della vita di sant'Eustachio (1351).
Lungo le pareti laterali della navata centrale corre una lunga decorazione ad affresco, eseguita tra il 1361 ed 1380 da Andrea de' Bruni, disposta su tre registri, dove sono raffigurati:
- superiore, Storie dell'Antico Testamento;
- mediano, Storie del Nuovo Testamento;
- inferiore, Episodi dell'Apocalisse.[4]
La parete della controfacciata è decorata da:
- Giudizio Universale (1361 - 1380), affresco, di Andrea de' Bruni.[5]
Inoltre, di particolare interesse storico-artistico:
- Pavimento, completato nel XII secolo, in mosaico e tarsia marmorea suddiviso in quattro diversi settori figurativi.
- addossata alla prima colonna sinistra, Acquasantiera (XII secolo), sorretta da quattro telamoni.
Campanile
A destra della chiesa, si eleva il campanile (h. 48 x l. 7,70 m), edificato nel 1063 dall'architetto Deusdedit, come ricorda l'iscrizione commemorativa collocata alla base dello stesso.
L'imponente torre campanaria è costruita - a partire da un massiccio basamento in pietra - in muratura di mattoni rossi e gialli aperta da monofore a luce crescente fino al quarto livello; poi le aperture (bifore, trifore e quadrifore) si fanno sempre più ampie quasi da annullare la parete alla quota della cella campanaria, conferendo all'edificio una particolare leggerezza ed uno slancio verso l'alto sottolineato anche dalla cuspide conica. Il paramento in mattoni presenta frammenti di marmo alla base ed agli angoli, è decorato da fregi in cotto e da rare scodelle maiolicate d'arte fatimita e scandito da lesene e cornici ad archetti.
Monastero
Del complesso monastico rimangono solo alcuni ambienti disposti intorno ad un cortile, che conserva i pilastri angolari dell'antico chiostro (XII secolo) ed al centro una vera di pozzo (XV secolo) di ambito veneziano.
Sala capitolare
Nel lato orientale si apre la Sala capitolare (l. 10,50 x l. 9,85 m), con portale e due bifore duecentesche; nell'interno le pareti sono decorate con dipinti murali ad affresco, realizzati nel primo quarto del XIV secolo, da un pittore di ambito giottesco detto Maestro del Capitolo di Pomposa, raffiguranti:
- nella parete orientale, Crocifissione di Gesù Cristo;
- nella parete settentrionale, San Benedetto da Norcia e profeti;
- nella parete meridionale, San Guido di Pomposa e profeti.[6]
Dormitorio
Nel lato orientale è posto anche il dormitorio del monastero, nel quale è allestito il Museo Pomposiano, che raccoglie reperti archeologici, resti scultorei, dipinti ed altre opere d'arte, provenienti dal complesso abbaziale e dal territorio circostante. Tra le opere ed i reperti più significativi conservati:
- Due cippi etruschi (V secolo a.C.), in marmo, provenienti probabilmente dalla necropoli di Spina.
- Capitello (VI secolo), in pietra lavorata a giorno, utilizzato per secolo ad acquasantiera.
- Pluteo con Motivi decorativi vegetali con draghi e basilisco (seconda metà del VII - prima metà del VIII secolo), in marmo, di ambito bizantino.[7]
- Dipinto murale con Madonna con Gesù Bambino e due angeli (metà del XIV secolo), affresco.
- Dipinto murale lacunoso con Battaglia dell'Antico Testamento (metà del XIV secolo), affresco.
Refettorio
Nel lato meridionale si trova il refettorio (24,30 x 10,85 m.), che conserva nella parete di fondo, il ciclo di dipinti murali, ad affresco - di qualità più elevata tra quelli rimasti nel cenobio - eseguiti tra il 1315 ed il 1320 da Giovanni Baronzio, raffiguranti:
- Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani;[8]
- Ultima Cena;[9]
- Gesù Cristo benedicente in trono tra Maria Vergine, san Giovanni Battista, san Benedetto da Norcia e san Guido di Pomposa;[10]
- Cena di san Guido di Pomposa;[11]
- Monaco nello studio.[12]
Palazzo della Ragione
Sorge isolato di fronte all'abbazia il Palazzo della Ragione, dove gli abati amministravano la giustizia sui territori di loro competenza: un edificio con funzione non religiosa e per questo già in origine staccato dagli altri. L'edificio costruito nell'XI secolo, ma profondamente rimaneggiato nel 1396, quando l'abate Bonaccorso fece tamponare la loggia superiore ed aprire cinque finestre.
Il palazzo, in mattoni, ha una pianta rettangolare con tetto a doppio spiovente e presenta sulla fronte principale due logge, una al piano terreno e l'altra al superiore, con colonnine in marmo bianco e capitello bizantino.
Note | |
Bibliografia | |
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