Domenico Ghirlandaio (Domenico Bigordi) detto Ghirlandaio
Materia e tecnica
tempera su tavola
Misure
h. 167 cm; l. 167 cm
Iscrizioni
MCCCC/LXXXV
Note
opera datata
8C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è CristoSignore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodavaDio e diceva: 14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama»....
15Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l'un l'altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». 16Andarono, senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
La scena della pala d'altare è ambientata davanti alla capanna (concepita come una rovina antica) con un tetto di paglia sorretto da monumentali pilastri romani, sopra il quale brilla la cometa, dove compaiono:
Maria Vergine è inginocchiata umilmente su un prato fiorito, colta nell'atto di adorare il Bambino;
Gesù Bambino adagiato a terra sul mantello della Madonna e all'ombra di un sarcofago romano, decorato a festoni, che fa da mangiatoia per il bue e l'asino;
san Giuseppe, dietro a Maria, guarda il corteo dei Magi in arrivo, lungo una strada ripida e tortuosa;
a destra, un gruppo di tre pastori ritratti con vivo realismo, derivati dal modello del Trittico Portinari di Hugo van der Goes. Nel primo pastore, quello che indica Gesù Bambino, Domenico Ghirlandaio, incluse il proprio autoritratto.
L'opera s'ispira a modelli di Filippo Lippi, ma mostra anche evidenti segni dell'influenza della pittura fiamminga su quella fiorentina, dopo lo studio e la graduale assimilazione del Trittico Portinari di Hugo van der Goes, portato a Firenze nel 1483 dalla famiglia omonima, che influenzò profondamente i pittori rinascimentali che cercarono di comprenderne le diversità e carpirne i segreti soprattutto nella resa della luce e nel naturalismo lenticolare. Tipicamente fiamminga è, infatti, l'attenzione al dettaglio, dove ogni oggetto ha un preciso ruolo simbolico e l'uso della prospettiva aerea, con il paesaggio che sfuma in lontananza nella foschia verso una minuta rappresentazione di colline e città.
Nel dipinto colpisce la profusione di citazioni classiche (il sarcofago-mangiatoia, l'arco di trionfo, le iscrizioni, i capitelli corinzi, ecc.). All'epoca dell'esecuzione della pala, l'artista era da poco tornato da un soggiorno a Roma ed è chiaramente quest'esperienza ad aver suggerito i particolari antichi che qui rappresentano il passaggio dalle religioni giudaica (di Ircano) e romana (di Pompeo) al Cristianesimo, sorto sulle rovine delle altre fedi, come ricordano i due pilastri scanalati. Questo significato simbolico dell'opera è suggerito anche da altri elementi, quali:
Il transito del corteo dei Magi, sotto l'arco di trionfo, va inteso come il lasciarsi alle spalle l'era romana e l'inizio della nuova epoca cristiana.
Il paesaggio lontano, con le vedute cittadine, esprime quest'allegoria:
la città più lontana a destra è, infatti, un riferimento a Gerusalemme con l'edificio a cupola della Moschea della Roccia, davanti alla quale sorge un albero secco con un ramo spezzato, simbolo della conquista della medesima;
la città di sinistra invece è un'elaborazione di Roma, nella quale si riconoscono i sepolcri dei due imperatori considerati "profetici", Ottaviano Augusto ed Adriano, rispettivamente tumulati nel proprio mausoleo e nella Torre delle Milizie (in epoca rinascimentale si riteneva che questa fosse la sua tomba, ma s'intravede anche quella che sembra la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, a ribadire il ruolo di Firenze come nuova Roma).
La collocazione del sarcofago appena dietro a Gesù Bambino sottolinea il passaggio dalla morte alla vita nuova. Questa metafora umanistica si trasforma infine in simbolo eucaristico, perché il corpo del neonato si trova davanti ad un sarcofago diventato mangiatoia e così si comprende che non è solo questione di una realtà nuova che si sostituisce alla "morte" del mondo greco-romano, ma di vita che nutre l'uomo, di un corpo che diventa alimento. Infatti, sotto il lembo del manto su cui giace il Bambino, il pittore raffigura alcune spighe di grano, riferimento inequivocabile all'Eucarestia.
Il dipinto è disseminato, anche di altri simboli e allegorie, come:
↑L'iscrizione ricorda la leggenda dell'augure Fulvio, che sul punto di morire, durante l'assedio di Gerusalemme di Pompeo, predisse che il suo sepolcro sarebbe stato usato da un Dio.
Bibliografia
Carlo Bertelli et. al., Storia dell'Arte Italiana, vol. 2, Editore Electa-Bruno Mondadori, Milano1990, p. 254 ISBN 9788842445227
Ronald G. Kecks, Ghirlandaio. Catalogo completo, Editore Octavo, Firenze1995, pp. 119 - 126
Emma Micheletti, Domenico Ghirlandaio, Editore Scala, Firenze1990, ISBN 9788881170036
Rolf Toman (a cura di), Arte italiana del Rinascimento, Editore Konemann, Colonia1999, pp. 286 - 287, 289 ISBN 9783829020404
Timothy Verdon, La bellezza nella Parola. L'arte a commento delle letture festive. Anno B, Editore San Paolo, Milano2008, pp. 52 - 55 ISBN 9788821563904