Magi

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Magi
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 24 luglio, n. 13:
« A Colonia nella Lotaringia, in Germania, traslazione dei tre magi, che, sapienti di Oriente, vennero a Betlemme portando doni a contemplare nel Bambino il mistero della gloria dell'Unigenito. »

I Magi († I secolo) (sing. mago), popolarmente e impropriamente chiamati Re Magi, sono maghi, ossia astrologi, probabilmente sacerdoti zoroastriani, che, avendo visto sorgere (Mt 2,2 ) la sua stella, giunsero da Oriente a Gerusalemme per adorare il bambino Gesù, il re dei Giudei che era nato (Mt 2,1-12 ).

Il racconto evangelico li descrive in maniera estremamente scarna e la successiva tradizione cristiana (in particolare i leggendari vangeli apocrifi dell'infanzia, di scarso valore storico) ne ha precisato alcuni particolari: sarebbero stati tre (sulla base dei tre doni portati: oro, incenso e mirra), sarebbero stati re e si sarebbero chiamati Melchiorre, Baldassarre e Gaspare.

Il racconto di Matteo 2,1-12

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Visita e adorazione dei magi

Il Vangelo secondo Matteo è l'unica fonte biblica a descrivere l'episodio. Secondo il racconto evangelico, i Magi, al loro arrivo a Gerusalemme, per prima cosa, fecero visita a Erode, il re della Giudea romana, domandando dove fosse 'il re che era nato', in quanto avevano 'visto sorgere la sua stella'. Erode, mostrando di non conoscere la profezia dell'Antico Testamento (Michea 5,1 ), ne rimase turbato e chiese agli scribi quale fosse il luogo ove il Messia doveva nascere. Saputo che si trattava di Betlemme, li inviò in quel luogo esortandoli a trovare il bambino e riferire i dettagli del luogo dove trovarlo, 'affinché anche lui potesse adorarlo (2,1-8). Guidati dalla stella, essi arrivarono a Betlemme e giunsero presso il luogo dove era nato Gesù, prostrandosi in adorazione e offrendogli in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non ritornare da Erode, fecero ritorno alla loro patria per un'altra strada (2,9-11). Scoperto l'inganno, Erode s'infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini di Betlemme di età inferiore ai due anni, dando luogo alla Strage degli Innocenti (2,16-18).

Il passo di Matteo non fornisce il numero esatto dei Magi ma la tradizione più diffusa, basandosi sul fatto che vengono citati tre doni, parla di tre uomini. In realtà, il testo greco non ne indica né il numero né tanto meno i nomi; parla solo di alcuni Magi dall'oriente (μαγοι απο ανατολων).

L'esegesi storico-critica, a partire dal XIX secolo, ha proposto dei criteri per distinguere i fatti storici probabilmente accaduti da altri racconti creati dalle primitive comunità cristiane o dagli evangelisti stessi. In questa prospettiva, un gran numero di biblisti contemporanei sottolinea che, nel caso di Mt 2, non ci si trova di fronte a una cronaca, ma a una composizione didascalica, midrashica: una "costruzione" letteraria che è stata pensata per fornire un insegnamento. Chi avrebbe scritto e redatto la "novella teologica" dei Magi a Betlemme aveva alle spalle "storie" simili nelle letterature religiose del tempo e soprattutto aveva alle spalle una evidenza inconfutabile: Gesù, considerato l'inviato di Dio, fu respinto dal potere sia politico sia religioso. E se i maestri del Giudaismo, in larga misura, avevano rifiutato Gesù, lo avevano accolto persone che, per lo più, erano marginali, senza "titoli" particolari. Con un procedimento letterario chiamato retroproiezione, dunque, l'evangelista avrebbe collocato all'inizio della vita di Gesù ciò che sarebbe poi successo durante tutti gli anni della sua esistenza: in Erode e nell'ambiente di Gerusalemme il racconto vede l'opposizione del potere politico e religioso, mentre i Magi che "vennero da lontano" sarebbero i rappresentanti di tutte quelle persone che "vengono da lontano", che a quel tempo erano guardate con sospetto. Il testo evangelico, infatti, mostra chiaramente che i Magi sono dei "gentili" (non ebrei): gli studiosi Raymond Brown e Ortensio da Spinetoli, tra gli altri, fanno notare come nel racconto i Magi si rivolgano agli Ebrei in veste di stranieri e non sembrino conoscere le Sacre Scritture ebraiche.

Il significato del termine "magi"

Beato Angelico e Filippo Lippi, Adorazione dei Magi

Maghi è la traslitterazione del termine greco magos (μαγος, magos, plurale μαγοι, magoi). Si tratta di un titolo riferito specificamente ai re-sacerdoti dello Zoroastrismo tipici dell'ultimo periodo dell'impero persiano.

« I tre re pagani vennero chiamati Magi non perché fossero versati nelle arti magiche, ma per la loro grande competenza nella disciplina dell'astrologia. Erano detti magi dai Persiani coloro che gli Ebrei chiamavano scribi, i Greci filosofi e i latini savi»
(Ludolfo di Sassonia (†1378), Vita Christi)

In alcune versioni meno recenti delle Scritture, ad esempio la Bibbia di re Giacomo, i Magi sono indicati come Uomini Saggi, un termine arcaico per indicare i maghi o magi, con il carattere di filosofi, scienziati e personaggi importanti. Nella Bibbia di re Giacomo, lo stesso termine greco magos che nel Vangelo secondo Matteo viene tradotto con "saggio", è reso con "stregone" negli Atti degli Apostoli (episodio di "Elimas il mago", Atti 13 ). Lo stesso termine greco identifica anche Simon Mago in Atti 8 . Oggi il significato più profondo è ormai dimenticato e, quindi, tutte le traduzioni moderne usano il termine di derivazione greca, magi.

In Erodoto la parola magoi era associata a personaggi dell'aristocrazia della Media ed, in particolare, ai sacerdoti astronomi della religione zoroastriana, che erano anche ritenuti capaci di uccidere i demoni e ridurli in schiavitù. Poiché il passo di Matteo implica che fossero dediti all'osservazione delle stelle, la maggioranza dei commentatori ne conclude che il significato inteso fosse quello di "sacerdoti di Zoroastro" e che l'aggiunta "dall'Oriente" ne indicasse naturalmente l'origine persiana. Addirittura, la traduzione dei Vangeli di Wycliffe parla direttamente di "astrologi", non di "saggi". Nel XIV secolo la distinzione tra astronomia e astrologia non era ancora riconosciuta e le due discipline cadevano entrambe sotto la seconda denominazione.

Anche se il sostantivo maschile magi (μαγοι) è stato usato un paio di volte in riferimento a una donna (nell'Antologia Palatina e in Luciano), l'appartenenza alla classe dei magi era riservata ai maschi adulti. Gli antichi magi erano persiani e poiché i territori a oriente della Palestina biblica coincidevano con l'impero persiano, ci sono pochi dubbi sull'origine etnica e sulla religione di appartenenza dei personaggi descritti nel vangelo di Matteo.

Si noti come il termine magi sia una traduzione artificiosa atta a evitare il termine piuttosto sgradevole di maghi che indicava i ciarlatani e gli imbroglioni.(dal libro di Maggi)

I Magi e il Cristianesimo

Se è vero che il brano evangelico non riporta neanche il numero esatto dei Magi, la tradizione cristiana li ha identificati come I tre Saggi o I tre Re e ha assegnato loro i nomi di Melchiorre, Baldassarre e Gaspare. Esistono comunque delle tradizioni alternative che portano i magi in visita a Gesù in numero minore (due) o maggiore (fino a dodici).

Fin dai primi secoli del cristianesimo ai Magi sono stati associati gli atteggiamenti positivi della ricerca della luce spirituale e del rifiuto delle tenebre: addirittura si riteneva che con la loro opera avessero contribuito a cacciare i demoni verso gli Inferi. E, poiché erano sacerdoti, sebbene zoroastriani, seguendo la stella e raggiungendo il neonato re di Israele, lo avrebbero anche riconosciuto come dio, anzi, come l'unico Dio venerato anche dalla rivelazione zoroastriana. Quindi i Magi sarebbero arrivati presso la mangiatoia di Betlemme con piena coscienza dell'importanza religiosa e cosmica della nascita del Cristo.

In effetti, per il Vangelo di Matteo i Magi sarebbero stati le prime autorità religiose a adorare il Cristo e quindi, dei tre doni che essi portavano con sé, da questo punto di vista, il più importante era l'ultimo, la mirra. Si tratta di una pianta medicinale da cui si estrae una resina gommosa, che veniva mescolata con oli per realizzare unguenti a scopo medicinale, cosmetico e anche religioso: la parola Cristo significa proprio unto, consacrato con un simbolico unguento, un crisma, per essere re, guaritore e Messia di origine divina.

Per tutte queste ragioni, il racconto dei Magi gode di un particolare rispetto presso le popolazioni cristiane. Nel calendario liturgico dei cattolici e di altre Chiese cristiane, la visita dei Magi a Gesù bambino viene commemorata nella festa dell'Epifania, il 6 gennaio. La Chiesa ortodossa e altre Chiese di rito orientale (che nell'Epifania ricordano il Battesimo di Cristo nel Giordano) commemorano la venuta dei Magi nel giorno stesso del Natale.

Il tema è ricorrente nelle rappresentazioni artistiche e letterarie di ispirazione cristiana sotto il nome di Adorazione dei Magi.

A partire dalle poche informazioni neotestamentarie, la tradizione cristiana ha arricchito la storia dei magi di molti dettagli. Una delle evoluzioni più rilevanti è il passaggio dalla condizione di astrologi a quella di re. L'opinione più accreditata è che si tratti di un richiamo alle profezie dell'Antico Testamento che parlano dell'adorazione del Messia da parte di alcuni re (Is 60,3 , Sal 72,10 e Sal 68,29 ). I primi esegeti avrebbero, dunque, reinterpretato il passo di Matteo alla luce di queste profezie elevando i Magi al rango di re. Il biblista Mark Allan Powell rifiuta però questa interpretazione, sostenendo che l'idea di un'autorità regale dei Magi è di molto successiva, addirittura posteriore a Costantino e strumentale alla giustificazione del ruolo dei monarchi cristiani. Già dal 500, comunque, tutti i commentatori adottarono la versione più diffusa che parlava di tre re, che non venne messa in discussione fino alla Riforma protestante. Un'ulteriore evoluzione vuole che i re Magi provenissero da paesi lontani posti nei tre continenti allora noti (Europa, Asia e Africa), a significare che la missione redentrice di Gesù era rivolta a tutte le nazioni del mondo. Per questo motivo i tre re sono raffigurati in genere come un bianco, un arabo e un nero.

In un inno religioso del poeta iberico Prudenzio, della fine del IV secolo, si ritrova già l'interpretazione medievale dei doni come emblemi profetici dell'identità di Gesù, ripresa anche in canti popolari molto più tardi (ad es. "We Three Kings" di John Henry Hopkins, Jr., 1857). L'incenso, che veniva usato nel tempio, indica il sacerdozio di Gesù; l'oro ne indica la regalità; la mirra, usata nella preparazione dei corpi per la sepoltura, indica l'espiazione dei peccati attraverso la morte. Nei primi secoli dell'era cristiana furono scritti altri antichi testi significativi sui Magi : l' "Opus imperfectum in Matthaeum", "La Vita di Adamo ed Eva", "Il Protocollo Etiopico di San Giacomo" e "La Caverna dei Tesori", quest'ultimo un importante testo siriaco del VI secolo.

Anche se non è citato nel Corano, il racconto dei Magi era ben conosciuto in Arabia. L'enciclopedista arabo al-Tabari, nel IX secolo, riferisce dei doni portati dai Magi attribuendo loro il simbolismo che ci è usuale e citando come fonte lo scrittore del VII secolo Wahb ibn Munabbih.

La stella che attraversa il cielo, che la leggenda e l'iconografia indicano come Stella di Betlemme e i contemporanei come "Stella della Profezia" (quella che Giuseppe Flavio riferisce al suo mecenate Vespasiano), viene spesso rappresentata come una cometa dotata di coda. Nel racconto evangelico, la stella non è l'unico segno a identificare la cittadina di Betlemme. Anche una interpretazione del Libro di Isaia, di cui Erode era a conoscenza, identificava Betlemme come il luogo dove sarebbe nato un re, il Messia dei Giudei, discendente o "figlio" di Davide (si veda anche il Libro di Michea).

I magi nei vangeli apocrifi

Diversamente dai vangeli canonici, sono molti i riferimenti ai Magi nei vangeli apocrifi, in alcuni dei quali possiamo trovare l'origine delle immagini che nel corso dei secoli hanno avuto una grande popolarità, fino a diventare parte integrante della cultura cristiana canonica.

Protovangelo di Giacomo

Narra il Protovangelo di Giacomo che, mentre Giuseppe si prepara a partire per la Giudea, a Betlemme c'è una grande agitazione per l'arrivo dei Magi che chiedono dove sia il re dei giudei che era nato, poiché avevano visto la sua stella in oriente ed erano venuti per adorarlo. Erode, che aveva saputo dell'arrivo dei magi, manda dei messi da loro per farli venire al suo cospetto e interrogarli. Chiede dunque ai Magi dove fosse scritto che sarebbe dovuto nascere il Cristo. I Magi rispondono che era scritto che sarebbe nato a Betlemme in Giudea:

« Ed egli allora li congedò. E interrogò i Magi, dicendo loro: - Che sogno avete visto circa il re che è nato?

Dissero i Magi: - Abbiamo visto una stella grandissima, che brillava tra queste altre stelle e le oscurava, così che le stelle non si vedevano e noi per questo abbiamo capito che un re era nato per Israele e siamo venuti a adorarlo.

I Magi se ne andarono. Ed ecco la stella che avevano visto in oriente li precedeva finché giunsero alla grotta e si fermò in capo alla grotta. E i magi videro il bambino con sua madre Maria e trassero fuori della loro bisaccia dei doni: oro incenso e mirra. »

(Cap. XXI, par. 2 e 3[1])

I Magi quindi prendono la strada del ritorno, essendo stati avvertiti dall'angelo di non entrare in Giudea.

Vangelo dello pseudo Matteo

Secondo il Vangelo dello pseudo-Matteo i Magi arrivano dopo il secondo anno dalla nascita del Cristo:

« Trascorso poi il secondo anno, dall'oriente vennero dei magi a Gerusalemme, portando doni. Essi interrogarono sollecitamente i Giudei, domandando: - dov'è il re che vi è nato? Infatti abbiamo visto in oriente la sua stella e siamo venuti a adorarlo. »
(Cap XVI, par. 1[1])

Erode dopo essere venuto a sapere dell'arrivo dei Magi si spaventa e manda degli scribi dai farisei e dai rabbini del popolo per sapere da loro dove nelle sacre scritture i profeti avevano predetto la nascita del Cristo. Alla risposta che sarebbe dovuto nascere in Betlemme, il re chiama i Magi e domanda loro quando fosse apparsa la stella:

« Poi li mandò a Betlemme, dicendo: - Andate e fate diligenti ricerche del bambino; e quando lo avrete trovato fatemelo sapere, perché venga anch'io a adorarlo. Ora, mentre i Magi procedevano per la strada, apparve loro la stella e, quasi a far a loro da guida, li precedeva, finché giunsero dove era il bambino. Nel vedere la stella, i magi si rallegrarono di grande gioia, ed entrati nella casa trovarono il bambino che sedeva in grembo alla madre. »
(Cap XVI, par. 1 e 2[1])
« Al bambino poi offrirono ciascuno una moneta d'oro. Dopo di ciò uno offrì dell'oro, un altro dell'incenso e l'altro della mirra. »
(Cap XVI, par. 2[1])

I Magi infine vengono ammoniti dall'angelo, in sogno, a non tornare da Erode e dopo l'adorazione del bambino tornano "al loro paese" per un'altra via.

Vangelo dell'infanzia arabo siriano

Nel Vangelo arabo dell'infanzia (apocrifo) è scritto che in seguito alla nascita di Gesù a Betlemme vennero dei magi dall'oriente:

« ...come aveva predetto Zaratustra... »
(Cap VII[1])

Maria dona loro alcune delle fasce del bambino Gesù, che i magi accettano con grande riconoscenza. In quello stesso istante appare loro un angelo:

« ...sotto forma di quella stella che prima era stata la loro guida nel viaggio: ed essi se ne andarono, seguendo l'indicazione della sua luce, finché giunsero alla loro patria. »
(ibid.)

Nel capitolo successivo si racconta poi che:

« Si raccolsero allora intorno a essi i loro re e principi, domandando che cosa mai avevano visto e avevano fatto, in che modo erano andati e ritornati e che cosa avevano riportato con sé. »
(Cap VIII)

I Magi mostrano così la fascia a tutti e celebrano una festa: accendono un fuoco, "...seguendo la loro usanza...", lo adorano e vi gettano sopra la fascia. Il fuoco avvolge subito la fascia accartocciandola, ma una volta spentosi questa rimane integra:

« ...come se il fuoco non l'avesse nemmeno toccata. Perciò essi si misero a baciarla, a mettersela sugli occhi e sul capo, dicendo: - Questo è senza dubbio la verità: che si tratta di un grande prodigio, perché il fuoco non ha potuto bruciarla né consumarla! - Quindi la presero e con grandissima venerazione la riposero tra i loro tesori. »
(ibid.)

Vangelo dell'infanzia Armeno

il Vangelo armeno dell'infanzia è quello che ha la descrizione più dettagliata dei re Magi tra tutti i testi della tradizione Cristiana.

« Quando l'angelo aveva portato la buona novella a Maria era il 15 di Nisān, cioè il 6 aprile, un mercoledì, alla terza ora.[2] Subito un angelo del signore si recò nel paese dei persiani, per avvertire i re Magi che andassero a adorare il neonato. E costoro, guidati da una stella per nove mesi, giunsero a destinazione nel momento in cui la vergine diveniva madre.

In quel momento il regno dei persiani dominava per la sua potenza e le sue conquiste su tutti i re che esistevano nei paesi d'oriente e quelli che erano i re magi erano tre fratelli: il primo Melkon, regnava sui persiani, il secondo, Balthasar, regnava sugli indiani e il terzo, Gaspar, possedeva il paese degli arabi.[3] Essendosi uniti insieme per ordine di Dio, arrivarono nel momento in cui la vergine diveniva madre. »

(Cap V, par.9[1])

Il racconto dei Magi continua, successivamente la nascita di Gesù, con Giuseppe e Maria che rimangono nella grotta per non farsi vedere "(..) perché nessuno ne sapesse niente".

« Ma tre giorni dopo, il 23 di Tēbēth, cioè il 9 gennaio, ecco che i Magi d'Oriente (...) arrivarono alla città di Gerusalemme, dopo nove mesi. Questi re dei magi erano tre fratelli (...). I comandanti del loro corteggio erano, investiti della suprema autorità, erano dodici. (...) I drappelli di cavalleria che li accompagnavano comprendevano dodicimila uomini: quattromila per ciascun regno. »
(Cap XI, par. 1)

Successivamente i re, con il loro seguito, si accampano presso Gerusalemme per tre giorni. Benché fossero fratelli, "(..) figli di uno stesso re, marciavano al loro seguito eserciti di lingua molto differente."

« Melkon aveva con sé mirra, aloe, mussolina, porpora, pezze di lino e i libri scritti e sigillati dalle mani di Dio.

Il secondo, il re degli indi, Gaspar, aveva come doni in onore del bambino del nardo prezioso, della mirra, della cannella, del cinnamomo e dell'incenso e altri profumi.

Il terzo re, il re degli arabi, Balthasar, aveva oro, argento, pietre preziose, zaffiri di gran valore e perle fini.

Quando tutti furono giunti nella città di Gerusalemme l'astro che li precedeva celò momentaneamente la sua luce. Essi perciò si fermarono e posero le tende. Le numerose truppe di cavalieri si dissero l'un l'altro: - E adesso che facciamo? In quale direzione dobbiamo camminare? Noi lo ignoriamo, perché una stella ci ha preceduti fino a oggi, ma ecco che è scomparsa e ci ha lasciati nelle difficoltà. »

(Cap XI, par. 3)

Anche nel testo Armeno, come nel protovangelo di Giacomo e nello pseudo Matteo, i Magi non sanno dove cercare Gesù. Così vanno da Erode che desidera interrogarli. I tre re sono però consapevoli che la testimonianza che loro possiedono non proviene da nessun uomo, né altro essere vivente, essendo un ordine divino. Erode allora chiede loro del libro che contiene la profezia, ricevendo per risposta:

« Nessun altro popolo lo conosce, né per sentito dire, né per conoscenza diretta. Solo il nostro popolo ne possiede la testimonianza scritta. Quando Adamo dovette lasciare il paradiso e Caino ebbe ucciso Abele, il Signore Dio diede a Adamo, come figlio della consolazione, Seth e con lui questo documento scritto, chiuso e sigillato dalle mani di Dio[4]»
(Cap. XI, par. 2 e 3)

I Magi quindi elencano la genealogia che da Adamo a Seth, passando per Noè, Sem, il sommo sacerdote Melchisedec fino a Ciro, re di Persia, dove è stato custodito in una sala, facendo sì che la scrittura pervenisse fino a loro. Così hanno potuto conoscere in anticipo della profezia della nascita del figlio d'Israele.

Erode furioso di rabbia, chiede quindi di vedere il documento ma in quel momento il palazzo viene scosso e l'edificio crolla. Erode quindi si convince a lasciare liberi i Magi che finalmente trovano il bambino Gesù al quale gli offrono i doni.

Infine re Melkon, preso il libro del testamento, lo consegna in dono a Gesù dicendo:

« Ecco lo scritto, in forma di lettera, che tu hai lasciato in custodia, dopo averlo chiuso e sigillato. Prendi e leggi il documento autentico che tu stesso hai scritto. »
(Cap XI, par. 22)

Nel testo che Adamo aveva dato a suo figlio Seth, conservato in segreto, è scritto che:

« (...) come dapprima Adamo aveva voluto diventare un dio, Dio stabilì di diventare uomo, per l'abbondanza del suo amore e in segno di misericordia verso il genere umano. Egli fece promessa al nostro primo padre che, tramite suo, avrebbe scritto e sigillato di propria mano una pergamena, a caratteri d'oro, con queste parole:

- Nell'anno 6000, il sesto giorno della settimana, io manderò il mio figlio unico, il Figlio dell'uomo, che ti ristabilirà di nuovo nella sua dignità primitiva. Allora tu, Adamo, unito a Dio nella tua carne resa immortale, potrai discernere il bene dal male. »

(Cap XI, par. 23)

Vangelo di Nicodemo

Nel Vangelo di Nicodemo Pilato, rivolto alla folla degli giudei, ricorda loro come il Dio d'Israele abbia aiutato il loro popolo a fuggire dall'Egitto, affrancandosi dalla schiavitù e come in cambio di ciò essi abbiamo preferito adorare un vitello di metallo fuso. Solo grazie a Mosè Dio non ha sterminato il suo popolo. Poi alzatosi dal suo seggio dice:

« Noi riconosciamo come imperatore Cesare e non Gesù; ma invero i Magi gli hanno portato dall'oriente doni come a un re. Ed Erode udito dai Magi che era nato un re, voleva ucciderlo, ma venutone a conoscenza, suo padre Giuseppe prese lui e sua madre e fuggirono in Egitto (...) »
(Cap IX, par. 3)

Le tombe dei Magi

Marco Polo afferma di aver visitato le tombe dei Magi nella città di Saba[5], a sud di Teheran, intorno al 1270:

« In Persia è la città ch'è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre re ch'andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son seppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura e sonvi ancora tutti interi con barba e co' capegli: l'uno ebbe nome Beltasar, l'altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli III re: niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano III re seppelliti anticamente. »
(Il Milione, cap. 30)

Quella di Marco Polo non è tuttavia l'unica testimonianza sul luogo di sepoltura dei Magi. Nel transetto della basilica romanica di Sant'Eustorgio a Milano si trova la "cappella dei Magi", in cui è conservato un colossale sarcofago di pietra (vuoto), risalente al tardo Impero Romano: la tomba dei Magi. Secondo le tradizioni milanesi, la basilica sarebbe stata fatta costruire dal vescovo Eustorgio intorno all'anno 344: la volontà del vescovo era quella di esservi sepolto, dopo la sua morte, vicino ai corpi dei Magi stessi. Per questo motivo, con l'approvazione dell'imperatore Costante avrebbe fatto giungere i loro resti dalla basilica di Santa Sofia a Costantinopoli (dove erano stati portati alcuni decenni prima da sant'Elena, che li aveva ritrovati durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa).

Nel 1162 l'imperatore Federico Barbarossa fece distruggere la chiesa di Sant'Eustorgio (come pure gran parte delle mura e degli edifici pubblici di Milano) e si impossessò delle reliquie dei Magi. Nel 1164 l'arcicancelliere imperiale Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia ne sottrasse i corpi e li trasferì, attraverso Lombardia, Piemonte, Borgogna e Renania[6], fino al duomo della città tedesca, dove ancora oggi sono conservate in un prezioso reliquiario. Una versione ben nota del dettagliato racconto è quella contenuta nella Historia Trium Regum (Storia dei tre re) del chierico del XIV secolo Giovanni di Hildesheim[7]

Ai milanesi rimase solo la medaglia fatta, sembra, con parte dell'oro donato dai Magi al Signore, che da allora venne esposta il giorno dell'Epifania in Sant'Eustorgio accanto al sarcofago vuoto.

Tuttavia a Milano il culto dei Re Magi rimase vivo. Il cronista Galvano Fiamma racconta nel 1336 che si celebrava ancora un corteo dei Magi a cavallo attraverso la città.

Negli anni successivi Milano cercò ripetutamente di riavere le reliquie, invano. Né Ludovico il Moro nel 1494, né Papa Alessandro VI, né Filippo II di Spagna, né Papa Pio IV, né Gregorio XIII, né Federico Borromeo riuscirono a far tornare le spoglie in Italia.

Solo nel ventesimo secolo Milano riuscì a ottenere una parte di quello che le era stato tolto: il 3 gennaio 1904[8], infatti, il cardinal Andrea Carlo Ferrari, Arcivescovo di Milano, fece solennemente ricollocare alcuni frammenti ossei delle spoglie dei Re Magi (due fibule, una tibia e una vertebra), offerti dall'Arcivescovo di Colonia Anton Hubert Fischer, in Sant'Eustorgio. Furono posti in un'urna di bronzo accanto all'antico sacello vuoto con la scritta Sepulcrum Trium Magorum ("sepolcro dei tre Magi")[9].

I Magi nell'arte

Una rappresentazione dei Re Magi a Natal (Brasile)
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Adorazione dei Magi

Le più antiche raffigurazioni dei Magi si trovano già nelle catacombe, come per esempio nella cappella di santa Priscilla (II-III secolo). In queste prime rappresentazioni essi sono raffigurati come i Persiani, o in genere gli orientali, con una corta tunica, pantaloni aderenti (anassiridi) e berretto frigio. Sarà nell'arte bizantina che essi verranno poi abbigliati come nobili della corte imperiale.

I Re Magi sono di solito rappresentati nell'arte europea nella scena dell'Adorazione dei Magi; un altro topos piuttosto diffuso è quello del Viaggio dei Magi. Più in generale, appaiono nelle diffuse rappresentazioni della Natività e in altre decorazioni natalizie che hanno origine nel presepe napoletano. Appaiono ad esempio nell'opera di Gian Carlo Menotti Amahl e gli ospiti notturni e in molte carole natalizie, tra cui, nel mondo anglosassone, è molto nota We Three Kings.

Gli artisti hanno sfruttato spesso questo tema per rappresentare le tre età dell'uomo e anche, nell'epoca delle scoperte, come allegoria dei diversi mondi conosciuti: Baldassarre è raffigurato come un giovane africano (un Moro), Gaspare spesso ha una fisionomia chiaramente orientale e Melchiorre i tratti europei.

Alcuni esempi contemporanei:

Nel film Donovan's Reef, nella scena della Recita di Natale che si tiene nella Polinesia francese, al posto della tradizionale corrispondenza con i continenti, i Magi sono "adattati" a impersonare il re della Polinesia, il re delle Americhe e il re della Cina.

Un altro dettaglio narrativo di carattere sentimentale è stato aggiunto prima nel romanzo, poi nel film Ben Hur, in cui il personaggio di Baldassarre è un uomo ormai anziano che torna in Palestina per incontrare Gesù ormai adulto.

Nomi tradizionali dei Re Magi

Duomo di Fidenza, Bassorilievo con il Viaggio dei Magi; sul bordo superiore i loro nomi: Caspar, Baltasar e Melchior

Le Chiese orientali assegnano vari nomi ai Magi, ma nella tradizione occidentale si sono affermati i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. In altre culture i nomi sono ancora diversi, ad esempio la Chiesa cattolica etiope li chiama Hor, Basanater e Karsudan.

Nessuno dei nomi accreditati è di chiara origine persiana, né si può dire che abbia un significato specifico; tuttavia, Gaspare può essere una variante della parola persiana Jasper - "Signore del Tesoro" - da cui deriva anche il nome del diaspro. In Siria la comunità cristiana chiama i Magi Larvandad, Hormisdas e Gushnasaph. Questi ultimi nomi sono, probabilmente, di origine persiana, il che naturalmente non è sufficiente a garantire la loro autenticità.

Il primo nome, Larvandad, è una combinazione di Lar, una regione nei pressi di Teheran e vand o vandad, un suffisso comune in medio-persiano che significa "collegato con" o "situato in". Lo stesso suffisso si ritrova anche nei toponimi iraniani come Damavand, Nahavand e Alvand e in alcuni nomi e titoli quali Varjavand e Vandidad.

In alternativa, potrebbe essere una combinazione di Larvand (ovvero la regione di Lar) e Dad ("dato da"). Quest'ultimo suffisso si ritrova anche nei nomi iraniani "Tirdad", "Mehrdad", "Bamdad" e in toponimi come "Bagdad" ("Data da Dio"), un tempo in Iran, ora Baghdad in Iraq. Il nome vorrebbe, quindi, dire 'nato nella', o "dato dalla" regione di Lar.

Il secondo nome, Hormisdas, è una variante del nome persiano Hormoz, in Medio Persiano Hormazd e Hormazda. Il nome si riferiva all'angelo del primo giorno di ciascun mese, il cui nome era stato dato dal Dio supremo, il cui nome era "Ahura Mazda" o "Ormazd" in Antico persiano.

Il terzo nome, Gushnasaph, era un nome di persona diffuso nell'antico e nel medio-persiano, corrispondente all'attuale Gushnasp o Gushtasp. È formato dalla radice Gushn, "pieno di qualità virili" o "pieno di desiderio o di energia" per qualcosa e dalla parola Asp (in persiano moderno: Asb), cavallo. L'animale era di grande importanza per le genti iraniche e il relativo suffisso si ritrova in molti nomi usati nella regione, tra cui gli attuali Lohrasp, Jamasp, Garshasp e Gushtasp. Il nome potrebbe, quindi, tradursi "persona con l'energia e la virilità di un cavallo" o "desideroso di avere dei cavalli". In alternativa, poiché Gushn risulta anche usato per indicare "molti", potrebbe essere più semplicemente "possessore di molti cavalli".

Giuseppe Tucci e Mario Bussagli, orientalisti, hanno ipotizzato di riconoscere in Gaspare un sovrano indoiranico di stirpe kushana, Gundophar, vissuto nel I secolo d.C., che sembra aver appoggiato la missione in India dell'apostolo San Tommaso[10].

L'Epifania

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Epifania

Il mondo cristiano ricorda i Re magi nel giorno dell'Epifania, il 6 gennaio, ultimo dei "dodici giorni di Natale".

La Basilica della Natività

Nell'anno 614, la Palestina fu occupata dai Persiani guidati dal re Cosroe II. Essi distrussero quasi tutte le chiese cristiane, ma risparmiarono la Basilica della Natività di Betlemme. Si racconta che fecero questo poiché sulla facciata della basilica vi era un mosaico che raffigurava i Magi vestiti con l'abito tradizionale persiano.

Note
  1. 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 Marcello Craveri (a cura di), I vangeli apocrifi, Einaudi 1969.
  2. In base a questo computo la nascita di Gesù verrebbe a cadere il 6 gennaio. Fino al IV secolo d. C. le date più comunemente proposte per il natale erano il 28 marzo, il 18 aprile, o il 29 maggio. Poi si fece un calcolo: nella convinzione che Gesù fosse vissuto trenta anni (dall'incarnazione non dalla nascita) si partiva dalla data di morte, ritenuta il 6 aprile e gli si assegnavano ventinove anni e tre mesi di vita reale (gli altri nove mesi essendo quelli della gestazione). Cosicché la nascita veniva a cadere il 6 gennaio, che le chiese orientali commemoravano con il nome di Epifania ("apparizione", venuta in terra della divinità). L'autore dell'apocrifo armeno arriva alla stessa conclusione con un diverso calcolo. La data attualmente accettata del 25 dicembre si impose in Occidente con Costantino, nel 321 d. C., per sostituire il Dies Natalis Solis Invicti, il cui culto era molto diffuso tra i pagani e venerato dallo stesso Costantino.
  3. Appare qui per la prima volta nella tradizione cristiana la credenza che i re magi fossero in numero di tre e che fossero re.
  4. La leggenda di un messaggio segreto trasmesso da Adamo al figlio Seth, ebbe molto credito presso gli gnostici. Nella letteratura neotestamentaria greco-latina, la notizia appare per la prima volta nel V secolo, nell'apocrifo "discesa all'Inferno", cap. III.
  5. Da non confondere con la biblica Saba. Franco Cardini la chiama Sawa.
  6. Ancora oggi molti luoghi in Italia, Francia, Svizzera e Germania si fregiano dell'onore di avere ospitato le reliquie durante il tragitto delle spoglie dei Magi da Milano a Colonia e in molte chiese si trovano ancora frammenti lasciati in dono. La testimonianza di questo passaggio si trova anche nelle insegne di alberghi e osterie tuttora esistenti, come "Ai tre Re", "Le tre corone" e "Alla stella".
  7. Per spiegare la presenza a Colonia delle reliquie mummificate dei saggi orientali, Giovanni di Hildesheim inizia il racconto dal viaggio a Gerusalemme compiuto da Sant'Elena, madre di Costantino I, durante il quale ella recuperò la Vera Croce di Gesù e altre reliquie:
    « La regina Elena... cominciò a pensare grandemente ai corpi di quei tre re e si schierò e con un largo seguito si recò nella terra dell'Indo... quand'ebbe trovato i corpi di Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, la regina Elena li mise in uno scrigno che ornò di grandi ricchezze e li portò a Costantinopoli... e li pose in una chiesa chiamata Santa Sofia. »
  8. Hans Hofmann, "Die Rückführung von Teilen der Dreikönigsreliquien von Köln nach Mailand 1903-1904", in Jahrbuch des Kölnischen Geschichtsvereins, 46 (1975) 51-72, con molti documenti.
  9. Francesca Belotti, Gian Luca Margheriti, in Corriere della Sera, ViviMilano.
  10. Franco Cardini, "Sulle tracce dei tre Maghi", Liberal, 3 gennaio 2009.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni