Cathopedia:Omelia del 21 Novembre 1964 Card. Carlo Confalonieri

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Sermo ab Eni.ino P. D. Carolo Sanctae Romanae Ecclesiae presb. Cardinali Confalonieri, Archipresbytero Patriarchalis Basilicae Liberianae, coram Summo Pontifice Paulo Pp. VI habito in eadem Basilica Sanctae Mariae Majoris de Urbe. (21 Novembris 1964)[1]

Beatissimo Padre, Venerabili Confratelli, Clero e Popolo di Roma fedele, l'orazione liturgica dominante della odierna festa mariana prega così: "O Signore, che volesti fosse oggi presentata al Tempio la Beata sempre Vergine Maria, abitacolo dello Spirito Santo, concedi che, per la Sua materna intercessione, noi meritiamo di essere introdotti nel tempio della tua gloria": rapido intreccio di riferimenti che delineano un grazioso scorcio di cristiana dottrina e un fertile terreno di salutari applicazioni. Avanza nel nostro pensiero il tempio di Gerusalemme sfolgorante d'oro, dove, secondo la tradizione, dalla vicina casa natale diresse i suoi passi l'umile "fanciulla ebrea", per lodare il Signore nella gioiosa corona delle coetanee e delle pie donne e prepararsi al domani con una educazione consona alla sua età e alle sue origini.

Anima piena di grazia, dall'intelligenza vivida e dal cuore ardente, Maria si donò dai primi anni a Dio, a Lui legando la sua integrità verginale, come la risposta pudica da lei data all'Angelo della annunciazione ce ne farà testimonianza; là tornò, recando lietamente sulle braccia il Figlio dell'Altissimo e Suo, per offrirlo a Dio e riscattarlo secondo la legge; là si recò docile e premurosa, in solenni ricorrenze e una volta vide e udì il Suo Gesù, adolescente, spiegare ai dottori e agli scribi, attoniti, i riposti sensi della Scrittura Santa.

Sul tipo di quell'unico tempio dell'antico Popolo eletto, si sviluppò la prodigiosa irradiazione delle Chiese su tutta la faccia della terra, a letizia e conforto del nuovo Popolo di Dio: le vostre cattedrali, o Padri venerandi; le vostre parrocchie, o Sacerdoti; i Santuari e le Cappelle, d'ogni misura, d'ogni forma, d'ogni stile, dove tutti i Fedeli ci sentiamo fratelli e ci scambiamo l'augurio di pace, attestando in Cristo, a Dio, la nostra fede, ascoltando la parola di vita, offrendo l'incruento Sacrificio della nuova alleanza, attingendo ogni giorno alle fonti inesauribili della grazia.

La splendida Basilica di Santa Maria Maggiore, che ora ci accoglie, diventa in questo momento chiarissimo simbolo di universale unità. Qui, col Successore dì Pietro, è tutta la Chiesa: nell'alta sua espressione gerarchica; nella folla devota, varia per provenienza, per lingua, per colore; nella convergenza dei voti e delle aspirazioni dì innumeri schiere di Fedeli, sparsi dovunque nel mondo, che a questa reggia romana di Maria appuntano pensieri e affetti, unanimi nella preghiera con noi privilegiati di personale presenza, con cupida immaginazione supplendo allo spettacolo negato al loro sguardo, pazientemente paghi di sentirsi uniti - forse nell'umiltà, nell'afflizione, nella povertà, nel silenzio, nelle lagrime - all'omaggio pio che viene presentato al Signore: una selva sconfinata di mani levate in alto per adorare Dio in ispirito e verità e alla maestà della Sua gloria offrire i cuori, che s'aprono fiduciosi nell'orante attesa delle celesti benedizioni.

Nel fastoso tempio costruito dall'arte, l'orazione canta Maria come tabernacolo dell'eterno Amore, nel quale lo Spirito Santo "Sua luce ascose" e il Verbo di Dio, nulla di sé mutando, "si fece carne e abitò in mezzo a noi". Grembo benedetto di Maria, che serrasti in te ciò che i cieli non valgono a contenere! Arca preziosa sopra ogni confronto di bellezza creata, vivida sorgente di luce, rovente fornace d'amore, inviolato sacrario di un'intimità unica al mondo, che gli Angeli adorano e l'Altissimo inonda delle Sue compiacenze. A questo mistero di degnazione e di grazia come bene sì adattano le parole della Scrittura: "La Sapienza si è costruita una casa" e quale casa! Nessuna mente potrà mai intendere e nessuna lingua descrivere ciò che, in nove mesi di vita nascosta di Dio in Maria, è passato nel cuore purissimo di tanta Madre: estasi dì adorazione e di ammirazione; sentimenti di gioia e di trepidazione, di umiltà e di confusione; visioni di dolcezza e di dolori, di tragedie e di trionfi, di morte e di risurrezione, di Redenzione e di vita; e tutta una elaborazione assidua, fine e diligente, di virtù, interiore ornamento dello spirito, espressione radiante serenità e pace, trionfo di carità la più delicata e perfetta: davvero, sono paradiso le tue ascensioni, o Maria!

L'apostolo, tutto proteso a modellare in Cristo l'uomo redento, ci avverte con insistenza che siamo templi di Dio e che lo Spirito Santo abita in noi. Dobbiamo dunque camminare in novità dì vita, fatti luminosi, rivestiti dì Cristo, anzi dobbiamo trasformarci così che Cristo abiti in noi. Si commenta in tal modo l'affermazione del Maestro che "se noi Lo ameremo, Dio ci amerà e verranno Dio e Lui in noi e vi porranno la loro dimora". Questa è la nuova, la vera concezione della vita cristiana, la comunione nostra con Cristo, con Dio: averLo in noi, come luce di verità e fiamma di amore; vivere della sua vita; diventare tabernacoli viventi di Dio.

Custodia interiore di tale vita è la cella del cuore, dove, in geloso ritiro, si stabilisce il colloquio spirituale con Dio e la nostra umiltà si alimenta della grazia, che risana dalle colpe, illumina il cammino, sostenta i propositi, guida alle altezze. Così, rinvigoriti, si balza nel lavoro dell'apostolato, che tutti come Fedeli ci impegna, anche solo in nome della comune appartenenza al Corpo mistico di Cristo; e, come figli della luce, ci si dona ai fratelli e ci si consacra a spandere tutt'attorno, nel mondo, la parola salvifica dell'Evangelo, il profumo di Cristo nell'esercizio delle virtù, la progressiva efficacia dell'azione per tutti condurre al Regno di Dio.

La visione ora si allarga e si innalza, nella luce della dottrina conciliare, al Tempio della gloria, nella chiarezza dei cieli, dove Dio è premio e corona dei Beati, preceduti e avanzati da Maria, l'Immacolata, incomparabilmente bella, colà salita in anima e corpo al termine della vita terrena, sollecita come madre amantissima e quasi impaziente di raggiungere, per nuovo gesto di specialissimo privilegio, il Figliuolo Suo, Gesù. La nostra filiale pietà La vede così, collocata sopra i cori degli Angeli e dei Santi, sorrisa dalla ineffabile compiacenza di Dio. Il fastoso mosaico dell'Assunta, esaltata e incoronata, che domina nell'abside d'oro di questa smagliante Basilica, fissa una scena sommamente cara al cuore del popolo cristiano e propone a tutti la vera patria del cielo, meta conclusiva del pellegrinaggio terreno della Chiesa, quando, una volta "trasformato il nostro corpo di miseria e configurato al corpo dello splendore di Cristo" appariremo "con Cristo nella gloria" e "saremo simili a Dio, perché Lo vedremo com'è". Verità consolantissima in mezzo alle tribolazioni della vita, che il veggente dell'Apocalisse, eccitando la speranza dei figli di Dio, illustra con vigorosi tratti, pieni di luce e di mistero, quando scrive di quel "tabernacolo di Dio, dove Dio abiterà con noi e dove ogni lagrima sarà asciugata", lassù nella Città Santa, Gerusalemme nuova, dove tempio è il Signore. Donde il dovere e l'impegno di rispondere alla vocazione che ci è stata donata e di entrare decisamente, viatori come siamo, nelle vie del Signore, per piacere a Lui, spiritualmente agguerriti contro le insidie del maligno, fortificati dalla grazia, alacri nell'esercìzio del bene e nelle efusioni della carità, vigilanti nell'aspettazione del glorioso ritorno del Signore nostro Gesù.

La mente, avida e insaziata, torna a fissarsi ancora una volta nella immagine sovranamente bella della Vergine Santissima, i cui incomparabili pregi, che la distinguono da ogni altra creatura e la pongono tanto alta nell'estimazione e nella devozione dei credenti, sgorgano come da primaria fonte dall'essere Ella la Madre del Salvatore, il quale, nascendo da Lei vero uomo, non cessò mai di essere Dio. Meritamente quindi la Madonna è chiamata Madre di Dio. E l'arco trionfale, che dal quinto secolo sovrasta e incorona l'ara massima di questo incantato Santuario, è la sintesi musiva e artistica della fede che dall'anima popolare esplose a festiva conferma della divina Maternità di Maria, solennemente definita dai Padri del Concilio Ecumenico di Efeso.

Da ciò la ragione dei titoli, uno dell'altro più bello, che la pietà dei fedeli è venuta, lungo i secoli, attribuendo, a catena sempre crescente, al nome augusto di Maria e che la liturgia ci consente di ascoltare e ripetere ogni giorno a esaltazione di Lei, come litania di giubilo e di amore dei figli alla Madre amatissima. Ella infatti è giustamente chiamata Madre nostra: madre spirituale, come di Cristo è la Madre naturale; perché noi, membri della Chiesa, siamo una cosa sola con Cristo, il suo corpo mistico, il suo complemento, la sua pienezza. Quando la Vergine acconsentì all'annuncio dell'Angelo, aderì spiritualmente e totalmente ai disegni di Dio, così che quel consenso fu a un tempo la sorgente dell'incarnazione del Verbo e la sorgente della nostra spirituale generazione; portando nel Suo seno purissimo il Salvatore, portò pure misticamente tutti coloro che avrebbero creduto in Lui; e affidata poi sul Calvario alle filiali sollecitudini dell'Apostolo, venne nella di lui persona affidata alla innumerevole progenie del suo universale mistico amore. Da poche ore un gioioso annuncio, preparato con autorità e imponenza conciliare e dalla commossa voce del Papa illustrato nell'inno da Lui sciolto a Maria Santissima, ha solcato i cieli, allietando la cristianità: la corona della Vergine è ornata di una nuova gemma, col titolo dolcissimo di "Mater Ecclesiae - Madre della Chiesa". Così sopra l'arco trionfale eretto da Sisto III nella Basilica Liberiana, Paolo VI con questo solenne rito lancia ora sugli orizzonti del mondo un arco ideale di gloria a Maria, consacrando nel nome di Lei, Madre di Dio e Madre nostra, l'unità inscindibile di Cristo con la Chiesa. "Gaudeamus omnes - godiamo tutti "! È gloria domestica, è gloria della stirpe, è gloria nostra! Oggi come non mai si avvera per noi l'ardito vaticinio: "Tutte le generazioni mi chiameranno Beata!".

Alla Sua materna intercessione ci rivolgiamo fidenti nell'ora importantissima che vive la Chiesa, sensibile e aperta alle necessità di un mondo che avanza velocissimamente verso traguardi e conquiste di epica grandezza, suscitando impensati problemi spirituali e morali, postulanti a loro volta la luce del magistero a Lei confidato da Cristo. La vostra numerosa presenza qui, Venerabili Padri, al termine della terza fase del Concilio Ecumenico Vaticano II, che con la vostra approvazione e con la promulgazione del Papa, Vicario di Cristo, Vescovo di questa felicissima Roma e Sommo Pontefice della Chiesa Universale, ha portato a felice epilogo una parte così cospicua del dottrinale relativo alla Chiesa, al quale è prezioso suggello il capitolo dedicato alla Vergine Santissima nel mistero di Cristo e della Chiesa, costituisce un atto estremamente gentile e di altissimo significato. Qui, dove la pietà del Vostro immediato Predecessore e la Vostra, Beatissimo Padre, più di una volta ha implorato dalla "Salus Populi Romani" e madre dell'unione il regale patrocinio sui lavori delle assisi ecumeniche, si rinnova lo spettacolo degli Apostoli e dei primi seguaci raccolti nel Cenacolo in perseverante concorde preghiera insieme a Maria, Madre di Gesù! Con gesto di nuova Pentecoste scendono le effusioni dello Spirito a confortare il ritorno dei Pastori alle care Diocesi, dove la loro voce e il loro zelo sono invocati dal Clero e dal Laicato per un'intensa ripresa di fervido e aggiornato lavoro di santificazione e di apostolato.

Vibra intanto nelle coscienze e irraggia dovunque, inteso e apprezzato nella sua attualità e nel suo valore, il programma lanciato dal Santo Padre con la geniale Enciclica: Ecclesiam Suam. Ad esso ci sentiamo tutti impegnati, per un esame approfondito e diligente dei doveri propri della nostra vocazione cristiana e delle responsabilità che tanto onore comporta in ordine a un consapevole vigoroso rinnovamento di vita e di metodi; nella illuminata generosa dedizione al dialogo, che, aprendo a tutti, ai vicini e ai lontani, i tesori inestimabili del divino Messaggio e riconoscendo quanto di bello e di onesto la Provvidenza ha copiosamente versato nelle Sue creature, di tutti i luoghi, di tutti i tempi, di tutte le culture, agevoli il trionfo della verità e dell'amore, che Cristo Gesù è venuto a portare sulla terra, a salvezza dell'umanità e a gloria del Padre che è nei cieli. Il pio pellegrinaggio papale in Terrasanta agli albori di quest'anno benedetto e la religiosa partecipazione di Sua Santità all'imminente Congresso Eucaristico Internazionale di Bombay, si inseriscono come segni auspicali nella rinascente primavera spirituale, che apre una nuova era nella storia della Chiesa e del mondo. Sul superbo volo dei tempi, sulla grande epopea della Chiesa, sull'ardente sospiro dell'universale fratellanza, stendi le tue ali materne, "o Vergine, o Signora, o Tuttasanta", sorriso dei cieli, gloria letizia onore del Popolo tuo. Ave Maria!

Note