Concilio Vaticano I
Concilio Vaticano I | |
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Concilio Vaticano I | |
Concili ecumenici della Chiesa cattolica | |
Data | 8 dicembre 1869, 20 ottobre 1870 |
Convocato da | Papa Pio IX |
Presieduto da | Papa Pio IX |
Partecipanti | 744 |
Argomenti in discussione | Fede e ragione, Le missioni cattoliche, Infallibilità papale |
Documenti e pronunciamenti | Dei Filius, Pastor Aeternus |
Concilio precedente | Concilio di Trento |
Concilio successivo | Concilio Vaticano II |
Storia del Cristianesimo |
Il Concilio Vaticano I è il XX Concilio Ecumenico della Chiesa cattolica, celebrato a Roma, nella Basilica di San Pietro in Vaticano; esso iniziò l'8 dicembre 1869 e fu aggiornato sine die da Pio IX il 20 ottobre 1870.
La decisione di Pio IX
Papa Pio IX ebbe l'idea di indire un Concilio alcuni giorni prima della pubblicazione del Sillabo, l'8 dicembre 1864. A un gruppo di cardinali, consultori della Congregazione dei Riti, il 6 dicembre Pio IX esprimeva la sua intenzione di convocare un concilio. Non che prima di questa data il papa non ci avesse pensato: ma l'idea di un concilio era rimasta vaga e generica. E benché l'idea di un concilio era stata avanzata da diverse persone, la decisione ultima fu presa direttamente dal pontefice: fu una sua decisione personale e cosciente, indipendente da ogni possibile influsso o suggerimento, per motivi esclusivamente religiosi.
Il Concilio rientrava poi in un preciso progetto unitario, ossia la difesa dell'ordine soprannaturale dagli attacchi della cultura contemporanea, progetto che si era già concretizzato nella proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione (8 dicembre 1854), nel Sillabo (8 dicembre 1864) e appunto nel Vaticano I (8 dicembre 1869). La scelta dell'8 dicembre non era dunque casuale.
La preparazione
Non mancarono i dubbi sull'opportunità di convocare un concilio per le condizioni generali in Europa (ascesa della Prussia a danno dell'Austria, evoluzione liberale dell'impero francese, il forte anticlericalismo portoghese, la crisi spagnola) e per le condizioni dello Stato pontificio (o meglio, di ciò che ne restava, con la spada di Damocle di una possibile annessione al regno d'Italia). Ma alla fine, grazie anche all'influsso di eminenti personalità quali il cardinal Reisach, monsignor Manning e monsignor Dupanloup, il concilio venne annunziato pubblicamente il 29 giugno 1867 in occasione delle feste del centenario di san Pietro; esattamente un anno dopo esso venne indetto per l'8 dicembre 1869.
Subito dopo l'annuncio ufficiale vennero composte alcune commissioni preparatorie, cui presero parte un centinaio di consultori, che dovevano stendere gli schemi provvisori dei futuri decreti. Sette erano le commissioni, il cui lavoro portò in due anni alla preparazione di 50 schemi (di cui solo 2 arrivarono in porto):
- commissione direttrice (la segreteria);
- commissione teologica;
- commissione dei religiosi;
- commissione della disciplina ecclesiastica;
- commissione delle questioni politico-ecclesiastiche;
- commissione per le missioni e le Chiese orientali;
- commissione cerimoniale.
Accanto a questo, verso la fine di novembre 1869, venne pubblicato il regolamento, imposto per autorità dal papa stesso. Si sarebbero subito sottoposti ai Padri conciliari gli schemi; le proposte sugli schemi erano affidate a una speciale commissione, de postulatis (nominata direttamente dal papa), che ne vagliava il contenuto e riferiva al papa; gli schemi sarebbero stati esaminati nelle congregazioni generali e se, qualora fossero stati respinti, si sarebbe affidata la nuova redazione a una delle commissioni (i cui membri erano eletti dalla base). Si mostrarono subito i difetti di questo regolamento, imposto dall'alto, che prevedeva poche discussioni e una rapida approvazione degli schemi.
L'opinione pubblica intanto seguiva con un certo interesse la preparazione del concilio. Il 6 febbraio 1869, la Civiltà Cattolica, organo dei Gesuiti, nella corrispondenza dalla Francia, riferiva che alcuni cattolici francesi erano favorevoli a una definizione per acclamazione dell'infallibilità papale, che era il tema principale del futuro Concilio. Il tono di implicita approvazione con cui si riferiva questo pensiero, fece sorgere in molti l'impressione che la Curia di Roma si fosse schierata con questa linea. Vivaci furono le reazioni e le polemiche conseguenti. Molti sottolineavano l'inopportunità di una definizione dogmatica sull'infallibilità, per una triplice considerazione:
- non tutti conoscevano appieno l'evoluzione del dogma ed erano contrari a ciò che non si trovasse nella Scrittura;
- alcuni papi avevano sbagliato (Liberio nella controversia ariana e Onorio in quella monotelitica);
- altri infine ammettevano l'infallibilità pontificia, ma solo con il consenso universale della Chiesa.
Tra i "non opportunisti" si schieravano l'episcopato tedesco; monsignor Henry Maret, decano della facoltà teologica della Sorbona; monsignor Félix Dupanloup, che non riteneva necessaria una definizione (la Chiesa era vissuta 18 secoli senza il dogma dell'infallibilità) soprattutto per non urtare i fratelli separati e i governi europei.
I lavori del Concilio
All'apertura del concilio, l'8 dicembre 1869 furono presenti oltre 700 vescovi (su circa un migliaio), di cui 200 italiani, 150 circa di lingua inglese, 30 dall'America latina, 40 dai paesi tedeschi e 50 dall'Oriente. Subito l'episcopato si divise in due gruppi: la maggioranza infallibilista (italiani, spagnoli, americani, irlandesi, vescovi missionari e molti francesi, svizzeri, belgi) e la minoranza antiinfallibilista (quasi tutti i vescovi di lingua tedesca e molti francesi: Dupanloup, Darboy, Maret, Ketteler, Rauscher, Strossmayer).
La Costituzione Dei Filius
Per approfondire, vedi la voce Dei Filius |
Alla fine del mese di dicembre cominciarono le discussioni sul primo schema preparatorio sugli errori del razionalismo, schema che venne però ben presto bocciato, perché oscuro e prolisso. Da regolamento una speciale commissione (la deputazione della fede) venne incaricata di preparare un'altra redazione. Così chi pensava a una veloce approvazione di schemi già preparati in precedenza dovette ricredersi, primo fra tutti lo stesso Papa Pio IX.
Il nuovo testo fu presentato all'assemblea conciliare nel mese di marzo 1870 e dopo discussione, il 12 aprile fu approvato con 667 voti favorevoli, senza astensioni né voti contrari; e il 24 aprile la costituzione Dei Filius venne promulgata solennemente.
In essa viene affermato che:
- esiste un Dio personale, « un solo Dio, vero e vivo », che ha creato liberamente il mondo e lo governa con la sua provvidenza.
- l'esistenza di Dio può essere conosciuta e dimostrata con la ragione, fatta salva la necessità della rivelazione.
- la fede è un dono soprannaturale di Dio e una libera adesione dell'intelligenza umana mossa dalla volontà.
- non vi è opposizione tra fede e ragione, « due ordini di conoscenza distinti » ma non contraddittori.
La Costituzione Pastor Aeternus
Per approfondire, vedi la voce Pastor Aeternus |
Ma fin dai primi giorni del Concilio ciò che interessava maggiormente l'opinione pubblica e i governi europei era il problema della Infallibilità papale, che preoccupava soprattutto per i suoi risvolti politici. All'interno del Concilio la maggioranza dei padri conciliari era propensa a discutere fin da subito di questo tema.
Il 21 gennaio 1870, un mese e mezzo dopo l'apertura del Concilio, fu sottoposto ai Padri conciliari un lungo schema dottrinale sulla chiesa (De Ecclesia), in cui però mancava ogni accenno all'infallibilità pontificia. Su intervento dello stesso Pio IX venne aggiunto allo schema un capitolo dedicato all'infallibilità del magistero pontificio; ma in questo modo lo schema risultava ancora più lungo del testo originale. Così alcuni Padri conciliari proposero di iniziare immediatamente l'esame e la discussione dell'ultimo capitolo dello schema sulla chiesa, quello che parlava dell'infallibilità del papa. Alla fine di aprile il Papa approvò il procedimento e così l'ultimo capitolo fu estrapolato dallo schema originale (De Ecclesia) e trasformato in un nuovo testo (De Romano Pontifice).
La discussione su questo nuovo schema si prolungò vivacissima, tra interminabili discussioni, dal 13 maggio al 18 luglio 1870. Il 13 luglio si votò lo schema nel suo insieme: 50 Padri circa non parteciparono alla seduta e dei 601 presenti, 88 dettero un voto negativo e 62 approvarono con la riserva iuxta modum. Sommando questi ultimi voti con quelli dei non presenti, circa un quarto dell'assemblea si mostrò contraria all'approvazione dello schema. Si passò quindi alla votazione sui singoli capitoli. Infine, il 18 luglio fu letto il testo definitivo della Pastor Aeternus e si procedette alla votazione. La minoranza antiinfallibilista aveva già comunicato a Pio IX la sua decisione di non partecipare alle votazioni e la sera precedente aveva abbandonato il Concilio. Su 535 vescovi presenti, 533 dettero la loro approvazione. Il Papa sanzionò immediatamente il testo e fra l'oscurità generale, causato da un violento temporale che imperversava su Roma, si cantò il Te Deum.
La Costituzione afferma che:
- l'apostolo Pietro ricevette direttamente da Cristo il primato su tutta la Chiesa;
- questo primato concesso a Pietro si perpetua, per volere di Dio, nei Papi di Roma;
- il primato del Papa è "ordinario, immediato, veramente episcopale"; gli stessi termini sono utilizzati dalla Costituzione per qualificare l'esercizio dell'autorità dei Vescovi; il documento non affronta il problema di come possano coesistere questi due poteri, papale ed episcopale, entrambi qualificati con gli stessi aggettivi;
- « il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra (..) gode di quell'infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi ».
La sospensione del Concilio
Il 26 luglio fu distribuito ai padri conciliari un nuovo schema da discutere relativo alle missioni della Chiesa. Ma ormai il Concilio languiva. Il giorno dopo l'approvazione della Pastor Aeternus scoppiava la guerra franco-prussiana, che mise in difficoltà molti vescovi, soprattutto ovviamente quelli francesi e tedeschi e già si mise in dubbio l'effettiva possibilità di proseguire il Concilio. C'era poi l'incombente minaccia di occupazione di Roma da parte dell'esercito del regno d'Italia. La città fu presa il 20 settembre e annessa all'Italia il 9 ottobre. Pio IX, non ritenendo più garantita la libertà del Concilio, lo aggiornò sine die col breve Postquam Dei munere del 20 ottobre 1870.
Bibliografia | |
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Voci correlate | |