Conversione di San Paolo
La conversione di San Paolo è descritta esplicitamente negli Atti degli Apostoli e rievocata in termini abbastanza generici in alcune lettere paoline.
Più specificamente, i brani in cui essa è narrata sono:
- At 9,1-19 : è la descrizione narrativa dell'accaduto;
- At 22,6-16 : è un ulteriore racconto effettuato dallo stesso Paolo con lievi variazioni sia al termine del tentativo di linciaggio a Gerusalemme;
- At 26,12-18 : ancora un altro racconto di bocca di Paolo, durante la comparizione davanti al governatore Porcio Festo e al re vassallo di Roma Marco Giulio Agrippa II, a Cesarea Marittima.
Gli accenni generici alla conversione contenuti in alcune lettere paoline non descrivono esplicitamente l'evento come in Atti[1] ma si riferiscono genericamente a una maturazione ed evoluzione interiore di Paolo:
- Gal 1,11-17 : l'evento è descritto come una rivelazione]; Padre si compiace di rivelare in Paolo il Figlio suo;
- Fil 3,3-14 : Paolo parla della sua situazione precedente la conversione e di quella seguente, facendo notare come prima era irreprensibile nell'osservanza della legge giudaica e come dopo tutto questo non ha contato più nulla per lui a motivo della conoscenza di Gesù;
- 1Tim 1,12-17 : a Paolo è stata usata misericordia, è lui il primo peccatore salvato;
- Rm 7,7-25 : tale passo è talmente generico che non è chiaro se si riferisca o meno alla vicenda personale di conversione di Paolo.
Come avvenne la conversione
La conversione di Paolo avviene in due momenti:
- la folgorazione con la conseguente cecità, sulla via di Damasco (At 9,1-8; 22,6-11; 26,12-18 ); al riguardo alla tradizione artistica successiva ha immaginato la caduta a terra come una caduta da cavallo, ma il particolare è assente da tutti e tre i resoconti, sebbene rimanga possibile e verosimile poiché l'evento si verificò durante il viaggio;
- l'incontro con il giudeo-cristiano Anania e il battesimo ricevuto dalle sue mani (At 9,10-19; 22,12-16 ): il testo afferma che fu tramite Anania che Gesù risorto comunicò a Paolo il mandato missionario ai gentili (At 9,15 ) che caratterizzerà il suo ministero successivo.
Tra i due momenti trascorrono tre giorni nei quali Paolo è nella più completa cecità, fisica e sicuramente anche spirituale.
L'uso del termine "conversione"
Tradizionalmente l'adesione di Paolo al movimento cristiano viene indicata col termine "conversione". In tal senso si muove la tradizione cattolica, che ricorda l'evento con la festa liturgica della Conversione di San Paolo Apostolo; tale dicitura è usata anche in recenti documenti pontifici, come il Decreto con il quale si concede una speciale facoltà per la celebrazione della Conversione di San Paolo Apostolo nell'anno giubilare, bimillenario della sua nascita del 25 gennaio 2008.[2]
In realtà il termine metànoia, "conversione", non compare mai nei racconti né nelle allusioni che troviamo nelle Lettere, dove Paolo usa i termini generici di "chiamata", "scelta", "conquista-cattura". Per questo alcuni studiosi[3] preferiscono parlare di "vocazione" o di "chiamata" di Paolo da parte di Gesù; essi ritengono che il termine "conversione" sia più adatto per indicare il passaggio dal paganesimo idolatrico al cristianesimo[4].
La dicitura "conversione" resta comunque quella più comunemente usata e condivisa.
Interpretazione dei racconti
L'interpretazione dell'evento da parte degli studiosi contemporanei è diversificata, fermo restano il valore storico della triplice narrazione degli Atti:
- gli studiosi cristiani ammettono - tendenzialmente - il carattere soprannaturale e miracolistico della narrazione;
- gli studiosi non credenti ne negano il carattere soprannaturale; per essi la descrizione dell'evento non è altro che un prodotto narrativo di Luca.
In realtà nell'ottica della fede in Cristo non vi è motivo per dubitare dell'intervento diretto di Cristo Risorto e della chiamata ricevuta da Paolo.
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Voci correlate | |