San Filippo Smaldone
San Filippo Smaldone Presbitero | |
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Santo | |
Età alla morte | 74 anni |
Nascita | Napoli 27 luglio 1848 |
Morte | Lecce 4 giugno 1923 |
Ordinazione presbiterale | 23 settembre 1871 da mons. Lorenzo Gallo |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 12 maggio 1996, da Giovanni Paolo II |
Canonizzazione | 15 ottobre 2006, da Benedetto XVI |
Ricorrenza | 4 giugno |
Santuario principale | Chiesa della Madre di Dio o delle Scalze Lecce |
Attributi | abito talare |
Patrono di | sordomuti |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 4 giugno, n. 9:
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San Filippo Smaldone (Napoli, 27 luglio 1848; † Lecce, 4 giugno 1923) è stato un presbitero e fondatore italiano delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori. Ricordato come il "sacerdote dei sordomuti", per i quali fondò numerosi istituti benefici.
La vita
Nacque a Napoli, primogenito di sette figli dei coniugi Antonio Smaldone e Maria Concetta De Luca nel 1848, in un periodo di difficoltà e contrasti socio-politici che coinvolsero anche la Chiesa; il crollo della monarchia borbonica cui la famiglia di Filippo era legata e le difficoltà in cui si trovò la Chiesa napoletana per l'esilio dell'arcivescovo Sisto Riario Sforza, non impedirono al giovane Filippo di entrare in seminario.
Durante gli anni della formazione umanistica, filosofica e teologica si dedicò con grande impegno all'attività benefica, trascurando gli studi, per cui ricevette uno scarso successo in alcuni esami e subì il diniego all'ammissione agli ordini minori. Di quel periodo una lettera dell'arcivescovo così lo descriveva: il detto giovane, scarsissimo di talento, in luogo di rendersi più idoneo nel corso dei suoi studi chiericali, forse non per sua volontà, si è mostrato però sempre più insufficiente a poter essere da me abilitato a proseguire negli Ordini, questo ostacolo finì per essere provvidenziale, perché accostò Filippo alla problematica dell'assistenza ed educazione dei sordomuti, dal 1869 frequentò la Pia Casa dei Sordomuti a sant'Agostino alla Zecca, impegnandosi nell'insegnamento del catechismo agli ospiti.
Nel frattempo riprese il suo cammino verso l'ordinazione sacerdotale. L'Arcivescovo di Rossano Calabro, Pietro Cilento, si era dichiarato interessato al caso di questo chierico e nel 1869 otteneva dalla Santa Sede l'incardinazione nella sua diocesi e gli fu concesso di continuare a dimorare a Napoli, per portare a termine gli studi ecclesiastici sotto la guida di uno dei Maestri del celebre Almo Collegio dei Teologi, mentre proseguiva con immutata dedizione la sua opera di assistenza ai sordomuti.
Fu ordinato diacono all'età di 22 anni e dovette attendere più di un anno per essere ordinato sacerdote. A tal fine, per ottenere la relativa [[dispensa in tempi brevi, furono necessarie le attestazioni di diversi enti e personalità, così anche quella di don Lorenzo Apicella, fondatore della Pia Casa dei Sordomuti: Attesto io qui sottoscritto come il signor don Filippo Smaldone frequenta da due anni questa Casa in qualità di Istitutore della classe dei bambini con diligenza, premura e impegno grandissimo, ha grande attitudine a quest'opera e ci edifica tutti con la sua condotta. Filippo così arrivò, dopo tante difficoltà ed umiliazioni, alla sua meta tanto desiderata, fu ordinato sacerdote il 23 settembre 1871, dal vescovo lazzarista mons. Lorenzo Gallo nella sua cappella privata.
Nei primi tempi continuò a vivere con i genitore, prestando servizio a favore dell'Opera dei sordomuti e presso alcune parrocchie. Ma la cura pastorale dei sordomuti, ai quali avrebbe voluto dedicare le sue energie, rimaneva per lo più frustrante, anche a causa della mancanza di una guida nella Pia Casa dei Sordomuti. Penso anche, forse per dare un'espressione più diretta e concreta al suo sacerdozio, di partire missionario in Cina. Ma il suo confessore gli disse: La tua Cina e qui a Napoli; i tuoi infedeli sono i sordomuti. Dio ti vuole qui. Questa risposta così franca fu accettata da don Filippo come programma di vita e soluzione di tutti i dubbi. Egli intensificò ancora di più suo apostolato tra i sordomuti e lasciò la casa paterna per vivere stabilmente nella loro casa. A questo punto anche il cardinale di Napoli riconobbe ed apprezzò l'opera di don Smaldone, tanto da chiedere al vescovo di Rossano di lasciarlo stabilmente a Napoli, dove nel 1876, fu reincardinato.
Col tempo don Filippo Smaldone acquisì una grande competenza pedagogica nel settore era molto apprezzato e partecipò al primo Congresso Internazionale degli Educatori dei Sordi, che si tenne a Milano nel settembre del 1880. Divenne vicerettore delle quattro case dell'Opera, una a Napoli, una a Casoria e due a Molfetta, assicurando la guida degli assistenti e degli educatori. La sua carità e generosità raggiunsero l'eroismo in occasione della pestilenza che colpì Napoli nel 1884. Prodigo nell'assistenza agli ammalati, restò anche lui colpito e condotto quasi in fin di vita. Vistosi ormai agli estremi, si avvolse il rosario attorno al polso e si affidò alla Madonna di Pompei, guarì miracolosamente e la Madonna di Pompei divenne la sua devozione prediletta.
Ancora convalescente volle mettere mano ad un progetto che avrebbe potuto essere risolutore: formare un gruppo di giovani donne che si consacrasse esplicitamente all'apostolato dei sordomuti. Nella seconda metà del 1884 si formò un primo nucleo di tre giovani, una napoletana e due di Molfetta, che furono mandate nel convento delle Suore dell'Immacolata di Ivrea, perché vi facessero una prima esperienza di vita religiosa. Per la nuova famiglia consacrata aveva anche steso una regola, che fu redatta e firmata il 30 novembre 1884.
Il 25 marzo 1885, si trasferì a Lecce, per aprirvi la Casa tanto a lungo richiesta, forse don Filippo non immaginava neppure quanto questo soggiorno sarebbe stato importante per dare corpo alla sua opera. Vi condusse infatti le giovani che egli era andato formando in precedenza e fondò l'Istituto delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori per la cura e l'assistenza ai sordomuti. Lo scopo supremo di questo Pio Istituto e di tutto l'insegnamento dei sordomuti dev'essere la educazione loro morale e civile, ossia quella di renderli buoni cristiani, onesti cittadini, utili a se e alle famiglie, atti al libero uso dei propri diritti, e all'adempimento dei propri doveri.
La sua opera di sostegno ed educazione morale dei sordomuti gli valse, tra l'altro, la decorazione Croce pro Ecclesia et Pontifice e la nomina a canonico della cattedrale di Lecce.
Da allora per circa quarant'anni si prodigò con tutte le sue energie al consolidamento ed allargamento dell'Istituto, alla generosa e costante cura delle fanciulle e dei fanciulli sordomuti che in seguito volle anche abbracciare i ciechi e l'infanzia abbandonata.
Ammalato di diabete, morì il 4 giugno 1923 nella città salentina dove operò per gran parte della sua vita.
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