Guglielmo di Rubruck

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Guglielmo di Rubruck, O.F.M.
Religioso
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battezzato
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Incarichi attuali
Età alla morte 80 anni
Nascita 1215
Morte Rubruck
1295
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Guglielmo di Rubruck, o Ruysbroek, o Rubrouck, o Rubroeck, anche detto Rubruquis (1215; † Rubruck, 1295), è stato un religioso fiammingo dell'Ordine dei Frati Minori molto legato al re Luigi IX di Francia. Fu inviato in Mongolia tra il 1253 e il 1254. La lunga lettera che scrisse al re sulla strada del ritorno, nella quale descrisse il suo viaggio, è una fonte importante per la storia dell'epoca ed è considerata di notevole valore letterario.

I primi contatti del cristianesimo con i Mongoli

La situazione geopolitica alla metà del XIII secolo

I mongoli di Ögödei, figlio di Gengis Khan, erano arrivati a Mosca nel 1238 e a Kiev nel 1240. Dopo aver invaso la Polonia e minacciato Vienna, occuparono Zagabria, poco lontano dall'Adriatico. Alla morte di Ögödei i capi mongoli si ritirano in Asia centrale per discutervi la successione al trono.

L'Occidente aveva tremato per queste campagne mongole, tuttavia le opportunità di alleanze erano più probabili con i Mongoli che con i Musulmani che restavano i principali nemici dell'Occidente già dal XI secolo. Le orde mongole non si erano ancora intrecciate con il mondo islamico e d'altra parte tra i Mongoli vi erano molti cristiani di tradizione nestoriana.

La missione di Giovanni da Pian del Carpine e di Ascelino Lombardo

Agli inizi del 1245 papa Innocenzo IV inviò in Oriente per incontrare il Gran Khan, il francescano Giovanni di Pian del Carpine. Scopo del viaggio era convincere il capo mongolo alla sospensione dei massacri contro i cristiani e alla conversione.

Il Gran Khan Güyük, figlio di Ögedei, che era stato raggiunto vicino Karakorum, rispose indignato all'ambasceria papale e chiarì che non si sarebbe sottomesso a nessuna autorità né spirituale né temporale. Avrebbe, tutt'al più, riconosciuto il papa come suo vassallo.

La missione di Ascelino Lombardo presso il capo dell'esercito mongolo in Persia non ebbe maggiori successi anche se l'ambasceria che Altigidaï inviò al Papa lasciava la possibilità di una alleanza tra i Franchi e i Mongoli in funzione anti-islamica. Fu lo stesso Altigidaï, pochi mesi dopo, a proporre a Luigi IX un'azione militare comune. Intanto il re francese si era stabilito a Cipro da dove avrebbe guidato la settima crociata. Il piano proposto da Altigidaï consisteva nell'attacco da parte della Francia del sultanato del Cairo a sud e da parte dei Mongoli del califfato di Baghdad a nord.

La missione di André Longjumeau

A seguito dei contatti con il commissario mongolo Altigidaï, Luigi IX inviò nel 1249 in Mongolia dal re Güyük una delegazione guidata dal domenicano André de Longjumeau. Arrivati a corte gli ambasciatori trovarono che il re era morto e la sua vedova, la reggente Oghul Qaïmish, pur apprezzando i preziosi doni che le erano stati portati, invitò Luigi IX a considerasi suo vassallo.

Non vi era stato quindi nessun progresso rispetto alla missione di Giovanni da Pian del Carpine. Tuttavia importanti furono le informazioni che il De Longjumeau aveva raccolto circa la neutralità in materia religiosa dei Mongoli e la massiccia presenza di cristiani nestoriani presso la corte dell'imperatore.

Queste informazioni incoraggiarono Luigi IX ad intraprendere un'altra missione nella speranza che tutta l'aristocrazia mongola potesse passare al cristianesimo.

La missione di Guglielmo di Rubruck

La partenza (1253)

La missione che re Luigi IX affidò a Guglielmo di Rubruck fu impostata con un carattere non troppo ufficiale dopo che il re era stato deluso dalle altre ambascerie. Le lettere contenevano qualche espressione di cortesia nei confronti del re tartaro e gli si chiedeva che Guglielmo insieme al compagno, il francescano Bartolomeo da Cremona, potessero restare nei paesi dominati dai tartari "per insegnare la Parola di Dio". Re Luigi aveva anche chiesto a Guglielmo di scrivere un rapporto su tutto quello che avrebbe potuto apprendere sui Mongoli. La spedizione aveva così un carattere non solo missionario ma anche politico e scientifico.

Il resoconto della spedizione scritto da Guglielmo, insieme a quello di Giovanni da Pian del Carpine, è una delle poche fonti sulla vita dei Mongoli nel XIII secolo.

La missione iniziò da San Giovanni d'Acri, in Terra Santa. Dopo aver studiato le opere geografiche di Solino e di Isidoro di Siviglia, i due francescani Guglielmo e Bartolomeo partirono da Costantinopoli il 7 maggio 1253.

Il viaggio di Guglielmo di Rubruck (1253-55)

La scoperta del mondo dei Tartari

Dopo aver attraversato l'istmo di Pérékop e i Monti Tauridi, i due compagni scoprirono il mondo dei tartari. Guglielmo scrisse di aver avuto l'impressione che «le porte dell'inferno si fossero chiuse dietro di lui». Descrisse la steppa come un ambiente «senza boschi, senza montagne, senza rocce, coperto solo di magnifica erba». L'essersi abituato, poi, abbastanza presto, a mangiare il cibo di quei "demoni", gli diede la possibilità di essere per il resto del suo viaggio abbastanza benevolo nei loro confronti.

La prima "orda" che scoprì fu quella di Batu, uno dei nipoti di Gengis Khan, che si trovava sulla sponda orientale del fiume Volga, nei pressi della foce.

L'"orda" era una parola mongola che significava "campo militare". In un'orda la tenda del capo si trovava nel mezzo del campo, e le altre tende si trovavano più o meno lontane dal centro secondo il posto che chi le occupava aveva nella gerarchia militare e sociale mongola. L'orda era regolata da leggi severe e raccoglieva un grande numero di persone di diversa provenienza oltre che allevamenti di bestiame di ogni genere.

Il primo incontro con Batou si svolse davanti a tutta la corte. Il principe sedeva su una sedia dorata sollevata di tre gradini rispetto al suolo ed aveva una folla di funzionari e di cortigiani intorno a lui. Guglielmo e Bartolomeo erano assistiti da un interprete di nome Abdullah. Guglielmo iniziò a parlare dicendo «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato; ma chi non crederà sarà condannato»; e continuò insistendo sulla pena eterna che avrebbe subito chi avrebbe respinto la vera fede. Il principe Batou al termine della discussione offrì loro del latte in una tazza ornata di pietre preziose, segno di favore e di benevolenza.

Questa vicenda è riportata, come raccontata da Guglielmo, in uno scritto del re armeno Héythoum Ier indirizzato ad un certo Giacomo Iseo.

Nonostante la benevolenza di Batou, Guglielmo e Bartolomeo dovettero comunque dirigersi verso il Karakorum per trovare l'imperatore Mongku, l'unico che avesse il potere di decidere circa le relazioni con i sovrani di altri popoli.

Guidati da un ricco mercante mongolo, Guglielmo e Bartolomeo lasciarono il Volga il 16 settembre 1253.

Furono nei pressi di Karakorum in soli due mesi e mezzo facilitati dall'aver seguito gli itinerari del servizio postale mongolo.

L'incontro con l'imperatore Mongku (3 gennaio 1254)

Guglielmo e Bartolomeo incontrarono l'orda di Mongku prima di arrivare al Karakorum. Mongku (o Mangou) era uno dei nipoti di Gengis Khan. Prima di succedere a Güyük nel 1248, aveva partecipato alla campagna mongola in Russia. A Kiev aveva cercato di salvare dalla distruzione i tesori bizantini. Una volta conquistato il trono, dopo aver scoperto un complotto, reagì in modo sanguinario arrivando a soffocare la vedova dell'imperatore.

Guglielmo e Bartolomeo furono ricevuti da Mongku nel palazzo della figlia prediletta, Cirina, che era cristiana. In quest'incontro fu concesso ai due ambasciatori di restare presso l'orda per due mesi oppure di dirigersi a Karakorum che era a dieci giorni di cammino.

I due preferirono restare con l'imperatore visto che la loro missione era convertirlo al cristianesimo e visto che nell'orda di Mongku vi erano presenti persone provenienti da tutte le regioni dell'Impero.

Il viaggio a Karakorum (1254)

L'orda di Mongku si diresse a Karakorum dove arrivò il 5 aprile 1254. Con Guglielmo e Bartolomeo fu la prima volta che ambasciatori cristiani occidentali entravano in quella città; essi furono accolti dai nestoriani del luogo.

Karakorum aveva due moschee musulmane, una chiesa nestoriana, dodici templi buddisti e le diverse religioni vivevano in un clima di tolleranza.

In particolare i due ambasciatori si resero conto che i nestoriani erano numerosi alla corte dell'imperatore dove esercitavano le funzioni di interpreti, funzionari, ministri e di insegnanti dei figli del re. Essi si trovavano numerosi anche nei tribunali dove, però avevano una cattiva fama per la loro avidità e corruzione.

Alla vigilia di Pentecoste fu organizzato un dibattito pubblico tra musulmani, buddisti e cristiani. Nonostante l'impegno profuso Guglielmo racconta che il dibattito teologico si concluse con una ubriacatura generale: «il francescano vide così svanire i suoi sogni d'apostolo» (Bernard de Vaulx, Histoire des missions catholiques françaises, Paris 1951).

I due francescani furono ricevuti ancora da Mongku il quale spiegò loro che non aveva bisogno del cristianesimo e che gli bastavano gli indovini, seguendo i consigli dei quali viveva ugualmente bene; così li licenziò chiedendo a Guglielmo di comunicare in Occidente le lettere e quelle sue parole e assicurando loro che sarebbero stati ancora benvenuti qualora il loro re avesse voluti mandarli per un'altra ambasceria.

Epilogo del viaggio

Di ritorno a San Giovanni d'Acri, Guglielmo fece pervenire a Luigi IX il rapporto sul viaggio fatto. Queste note manoscritte furono una testimonianza importante sui luoghi attraversati e sui problemi che una missione del genere aveva riservato ad un monaco occidentale. L'alleanza tanto sperata tra i cristiani di Occidente e i Mongoli non fu, però, conclusa. Guglielmo di Rubruck visse ancora molti anni, almeno fino al 1295.

Bibliografia
  • Bernard de Vaulx, Histoire des missions catholiques françaises, Paris 1951.
  • Jean-Paul Roux, Les Explorateurs au Moyen Âge, Paris 1985.
Voci correlate
Collegamenti esterni