Parabola dell'amministratore scaltro
Parabola dell'amministratore scaltro | |
Jan Luyken, Parabola dell'amministratore scaltro (ultimo quarto del XVII - inizio XVIII secolo), incisione ad acquaforte tratta dalla Bibbia Bowyer; Bolton (Gran Bretagna). | |
Passo biblico | Lc 16,1-13 |
Luca | |
Parabola precedente | Parabola del Padre Misericordioso |
Parabola successiva | Parabola di Lazzaro e del ricco epulone |
Insegnamento - Messaggio teologico | |
Dare le proprie ricchezze ai poveri per conquistarsi il Paradiso. | |
Il testo della parabola | ||||||
|
La parabola dell'amministratore scaltro, indicata anche come la parabola del fattore infedele, è riportata in Lc 16,1-8 , ed è propria dall'evangelista Luca.
Attraverso di essa Gesù inculca ai discepoli la necessità di impegnarsi a fondo per prepararsi alla resa dei conti finale nel giorno del giudizio[1]. E difatti la parabola non dice nulla su quanto avviene dopo la "lode" del padrone: di fatto essa vuole trasmettere il senso della decisione radicale che l'amministratore ha saputo prendere in relazione al suo futuro sulla terra e che il discepolo di Gesù deve essere pronto a prendere in reazione al suo futuro dopo la morte (v. 9); ma ciò, afferma Gesù, in genere non avviene (v. 8b).
Nella parabola l'amministratore si comporta in maniera disonesta verso il suo padrone, ma l'intenzione di Gesù non è certamente quella di lodare la disonestà, quanto quella di esortare a imitarne la determinazione con cui agisce, per assicurarsi l'avvenire: i discepoli devono impegnarsi con la stessa risolutezza per conquistare la vita eterna, procurandosi con l'elemosina amici che li accolgano "nelle dimore eterne" (v. 9).
Contesto
La parabola segue alle tre parabole della misericordia (c. 15)[2], senza per questo avere molto in comune con esse; ha però un tema simile alla parabola di Lazzaro e del ricco epulone che si trova ai vv. 19-31.
Al testo della parabole dell'amministratore segue una catechesi di Gesù sull'uso delle ricchezze: esse devono essere usate dai discepoli di Gesù con scaltrezza, per avere amici che li accolgano "nelle dimore eterne" (v. 9: la menzione delle "dimore eterne" è parallela alla preoccupazione dell'amministratore perché ci sia qualcuno che lo accolga "in casa sua": v. 4). Gli amici da procurarsi sono i poveri: essi intercederanno in favore di chi li avrà beneficati nel giorno del giudizio di Dio
La ricchezza è connotata da Gesù come "iniqua", "disonesta" (v. 9), letteralmente: "mammona d'iniquità": il termine mammona è aramaico e indica il possesso acquisito in maniera disonesta[3].
Note esegetiche
L'accento della parabola è sulla salvezza individuale, come spesso nell'opera lucana[4].
La situazione storica a cui si riferisce la parabola è nota. Nell'Israele del tempo di Gesù i grandi proprietari terrieri, per lo più stranieri, gestivano le loro proprietà attraverso degli amministratori (fattori) locali, ai quali lasciavano grande libertà e piena responsabilità: loro compito era di realizzare per il padrone il profitto pattuito; una volta assicurato questo profitto, avevano anche la possibilità (maggiorando il prezzo) di realizzare guadagni personali. Nella parabola l'amministratore è chiamato oikonomos, "intendente"[5].
L'accusa contro l'amministratore (v. 1) doveva essere di negligenza più che di frode, perché non è direttamente accusato di disonestà[6].
La reazione dell'amministratore alla minaccia di licenziamento è quella di realizzare ai debitori del suo padrone uno sconto, con il fine di avere qualcuno che gli possa assicurare l'avvenire. Si è ipotizzato[7] che gli importi dedotti fossero dei supplementi o degli interessi che spettavano al padrone o all'intendente; in tal caso l'amministratore potrebbe essere considerato abile senza che forse sia da considerare ladro. In realtà tale spiegazione non è credibile per il 50% di sconto sul debito dell'olio (v. 6).
I dati degli abbuoni sono stati calcolati per valutarne il valore concreto[8] e corrispondono a una cifra complessiva di mille denari, dove il denaro era la paga giornaliera di un bracciante agricolo.
- La misura dell'olio è espressa in bath, che corrisponde a 36,51 litri, per cui 50 misure sono 18 ettolitri;
- La misura del grano è invece il kor e un kor corrisponde a circa 10 bath; le 20 misure di grano sono sui 55 quintali.
Note | |
| |
Bibliografia | |
| |
Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
|