Rorate caeli desuper

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Il testo del canto

(LA) (IT)
« Roráte caéli désuper,
et núbes plúant jústum.

Ne irascáris Dómine,
ne ultra memíneris iniquitátis:
ecce cívitas Sáncti fácta est desérta:
Síon desérta fácta est:
Jerúsalem desoláta est:
dómus sanctificatiónis túæ et glóriae túae,
ubi laudavérunt te pátres nóstri.

Peccávimus, et fácti súmus tamquam immúndus nos,
et cecídimus quasi fólium univérsi:
et iniquitátes nóstræ quasi véntus abstulérunt nos:
abscondísti faciem túam a nóbis,
et allisísti nos in mánu iniquitátis nóstrae.

Víde Dómine afflictiónem pópuli túi,
et mítte quem missúrus es:
emítte Agnum dominatórem térrae,
de Pétra desérti ad móntem fíliae Síon:
ut áuferat ípse júgum captivitátis nóstrae.

Consolámini, consolámini, pópule méus:
cito véniet sálus túa:
quare maeróre consúmeris,
quia innovávit te dólor?
Salvábo te, nóli timére,
égo enim sum Dóminus Déus túus,
Sánctus Israël, Redémptor túus. »

« Stillate come rugiada cieli dall'alto,
e le nubi facciano piovere colui che rende giustizia.

Non adirarti Signore,
non soffermarti sulla nostra iniquità.
Ecco la città santa è divenuta una città fantasma,
Sion è deserta, Gerusalemme è desolata:
la tua casa, il tempio santo e glorioso,
dove ti lodavano i nostri padri.

Abbiamo ceduto al male, siamo divenuti un panno immondo,
siamo caduti tutti come foglie,
e i nostri peccati ci hanno trascinato via come il vento:
ci hai nascosto il tuo volto
e ci hai abbandonati in mano alle nostre iniquità.

Guarda, o Signore, l'angoscia del tuo popolo,
manda colui che hai deciso di mandare.
Inviaci l'Agnello dominatore del mondo,
dal pietroso deserto al monte della figlia di Sion,
perchè ci liberi lui dal giogo della prigionia.

Consolati, consolati, popolo mio:
presto arriverà la tua salvezza.
Perchè la mestizia ti consuma?
Perché si rinnova il tuo dolore?
Ti porterò io la salvezza, non temere;
io sono infatti il Signore tuo Dio,
il Santo d'Israele, il tuo Redentore»

(Testo e traduzione tratti dal sito cantualeantonianum.com )

Rorate caeli desuper ("O cieli, stillate dall'alto") è un'antifona latina dell'Avvento e il ritornello di un canto per lo stesso tempo liturgico.

Le parole iniziali sono tratte da Is 45,8 , un versetto dell'Antico Testamento che esprime in termini poetici il desiderio dei Patriarchi e dei profeti - e, simbolicamente, della Chiesa - della venuta del Messia.

Storia

Il versetto iniziale si canta sin dal VII secolo, dal tempo di papa Gregorio Magno, come antifona d'ingresso. Più precisamente, fino alla riforma ispirata dal Concilio Vaticano II il versetto iniziale veniva pregato quotidianamente come versetto e responsorio dei Vespri, nella forma:

Rorate coeli desuper et nubes pluant justum.
Aperiatur terra et germinet salvatorem.

Il testo era usato anche[1]:

L'introito in canto piano si trova nella varie edizioni del Graduale Vaticano, e anche nel Liber usualis di Solesmes[2].

Nel 1870 Dom Prosper Guéranger inserisce l'introito nella sua opera L'anno liturgico. Avvento[3] nel capitoletto dedicato al giovedì della prima settimana d'Avvento; sotto il titolo "Preghiera delle Chiese di Francia durante l'Avvento"[4] il versetto è presentato come antifona a una serie di preghiere;

Caratteristiche musicali

La forma musicale in cui sono scritte le strofe è quella che viene detta di accentus: uno stile di canto monodico senza un ritmo codificato, in cui il testo è il metro principale ed ha una nota per sillaba (per questo è anche detto "canto sillabico").[5]. Questo genere di canto esprime non solo con il testo, ma anche con la musica stessa, tutto il carattere proprio dell'Avvento, cioè l'attesa temperante che non vuole anticipare la solennità del Natale.

Note
  1. Hugh Henry (1912) 183.
  2. Edizione 1908, p. 125.
  3. Dublino, 1870, pp. 155-156.
  4. Vedi anche sul web. Tale sezione, come altre simili, non è stata mantenuta nelle edizioni seguenti dell'opera, e non appare nella traduzione italiana edita nel 1956 dalle Edizioni Paoline sulla base di quella francese del 1950.
  5. Questo stile di canto si contrappone al concentus, ricco di melismi, utilizzato soprattutto per infondere una certa solennità al canto.
Bibliografia


Voci correlate
Collegamenti esterni