Rorate caeli desuper
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Il testo del canto | ||||||||||||||||||
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Rorate caeli desuper ("O cieli, stillate dall'alto") è un'antifona latina dell'Avvento e il ritornello di un canto per lo stesso tempo liturgico.
Le parole iniziali sono tratte da Is 45,8 , un versetto dell'Antico Testamento che esprime in termini poetici il desiderio dei Patriarchi e dei profeti - e, simbolicamente, della Chiesa - della venuta del Messia.
Storia
Il versetto iniziale si canta sin dal VII secolo, dal tempo di papa Gregorio Magno, come antifona d'ingresso. Più precisamente, fino alla riforma ispirata dal Concilio Vaticano II il versetto iniziale veniva pregato quotidianamente come versetto e responsorio dei Vespri, nella forma:
- Rorate coeli desuper et nubes pluant justum.
- Aperiatur terra et germinet salvatorem.
Il testo era usato anche[1]:
- come introito della Messa della quarta domenica d'Avvento, del mercoledì delle Tempora d'Avvento, della festa dell'Exspectatio Partus ("attesa del parto") della Madonna (18 dicembre), e delle Messe votive della beata Vergine Maria durante l'Avvento;
- come versetto del primo responsorio del martedì nella prima settimana d'Avvento;
- come prima antifona alle Lodi del martedì prima di Natale, e come seconda antifona del Mattutino della festa dell'Exspectatio Partus;
- nel secondo responsorio per il venerdì della terza settimana d'Avvento e nel quinto responsorio del Mattutino della festa dell'Exspectatio Partus.
L'introito in canto piano si trova nella varie edizioni del Graduale Vaticano, e anche nel Liber usualis di Solesmes[2].
Nel 1870 Dom Prosper Guéranger inserisce l'introito nella sua opera L'anno liturgico. Avvento[3] nel capitoletto dedicato al giovedì della prima settimana d'Avvento; sotto il titolo "Preghiera delle Chiese di Francia durante l'Avvento"[4] il versetto è presentato come antifona a una serie di preghiere;
- Ne irascaris Domine, "Non ti adirare Signore", tratta da Is 64,8-10 , che esprime supplica;
- Peccavimus, "Abbiamo peccato", tratta da Is 64,4-6 , che esprime penitenza;
- Vide Domine, "Guarda Signore", ispirato a Is 16 , che esprime attesa;
- Consolamini popule meus, "consolati, popolo mio", ispirato da Is 40-41 , che esprime consolazione.
Caratteristiche musicali
La forma musicale in cui sono scritte le strofe è quella che viene detta di accentus: uno stile di canto monodico senza un ritmo codificato, in cui il testo è il metro principale ed ha una nota per sillaba (per questo è anche detto "canto sillabico").[5]. Questo genere di canto esprime non solo con il testo, ma anche con la musica stessa, tutto il carattere proprio dell'Avvento, cioè l'attesa temperante che non vuole anticipare la solennità del Natale.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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