Sadducei





I Sadducei (in greco Σαδδουκαῖοι, Saddoukaîoi) erano i membri di una setta o partito giudaico politico-religioso dell'aristocrazia ebraica, rappresentata dalla classe sacerdotale e dalle famiglie ad essa legate, attivi ai tempi di Cristo[1]; il Nuovo Testamento ce ne presenta alcune posizioni dottrinali come opposte a quelle dei farisei.
Il nome sembra derivare dal nome proprio Sadoc (in ebraico Ṣādhôq, trascritto dai LXX Σαδδούκ, Saddoúk[2]): attribuendosi questo titolo i sadducei si vantavano, sembra, di discendere dal sommo sacerdote Sadoc;[3] secondo altri studiosi si trattava invece della discendenza da un omonimo capo-partito.[1]
Nel I secolo dell'era cristiana i sadducei godevano di grande prestigio grazie al Tempio e alla persona del sommo sacerdote.
Scomparvero con la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C. per l'estinzione di quell'aristocrazia sacerdotale da cui provenivano i membri della setta.
Origine storica
L'origine dei sadducei, come setta contrapposta ai farisei, risale al tempo di Ircano I (134-104 a.C.). I rappresentanti dell'aristocrazia sacerdotale osteggiarono prima i sovrani asmonei che nel 153 a.C. con Gionata Maccabeo riunirono in sé le due supreme cariche, civile e religiosa. Quando, però, Ircano, che pure era di origine farisaica, si staccò dai farisei per l'offesa ricevuta da uno di essi, si cercò alleati nel gruppo dell'aristocrazia sacerdotale già dissidente dai farisei su punti di dottrina e di prassi.
Sostenitori di Aristobulo II contro Ircano II, i sadducei vennero perseguitati dai procuratori romani, che consideravano il sommo sacerdote il rappresentante ufficiale dei Giudei.
Per la loro origine e per il loro comportamento politico non godevano il favore popolare.
Posizioni dottrinali
Le notizie circa le posizioni dottrinali dei sadducei sono assai scarse, anche a causa del fatto che progressivamente furono un gruppo sempre più isolato e, ai tempi di Gesù, dominato dai Farisei. Molte di queste notizie ci provengono dai Vangeli.
In base a quanto ci è pervenuto sappiamo che[4]:
- ripudiavano le tradizioni dei padri, accentuate dai farisei, e accettavano solo la Sacra Scrittura (per alcuni solo la Torah);
- non ammettevano angeli né spiriti (cfr. At 23,6 ) all'infuori di Dio;
- negavano anche la risurrezione della carne (cfr. Lc 20,27 ; Mc 12,18 );
- secondo Giuseppe Flavio negavano anche la "sopravvivenza dell'anima, come pure la punizione e i premi laggiù nell'Ade".[5][6]
Dato che i sadducei riconoscevano come ispirata solamente la Torah, Gesù rispondeva loro usando citazioni proprio da questi libri:
« | E disse: Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe . Mosé allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio. » | |
Queste le parole di Gesù:
« | A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosé, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore » | |
La dimostrazione della sopravvivenza dei defunti dopo la morte sta nel tempo presente usato da Dio per annunciarsi. Non dice infatti: Io fui il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe , bensì: Io sono (tuttora) il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe . Quindi Lui persiste ad essere il Dio di persone trapassate perché le loro anime non sono scomparse nel nulla, ma sopravvivono nella loro integrità e nella loro personalità specifica. La risposta di Gesù è talmente esauriente che persino i farisei, noti per contrastare i sadducei, sono costretti a complimentarsi (non senza un briciolo di soddisfazione per lo smacco subito dai sadducei): « Dissero allora alcuni scribi: Maestro, hai parlato bene». (Lc 20,39 )
Gesù, a partire dalla professione di fede di Pietro, aveva cominciato a predire ai discepoli in numerose occasioni ciò che lo attendeva a Gerusalemme, ovvero passione, morte e risurrezione. Sommi sacerdoti e farisei ne erano venuti a conoscenza tramite spie mescolate ai discepoli o direttamente da Giuda. Ovviamente essi non credendo affatto che Gesù potesse risorgere, tanto più che i sacerdoti erano quasi tutti sadducei e negavano ogni forma di resurrezione, temettero il sequestro del cadavere. Si recarono pertanto da Pilato per chiedere che egli mettesse loro a disposizione un picchetto di soldati davanti al sepolcro.
Mentre gli esseni erano fatalisti e i farisei seguivano la via di mezzo nel conciliare l'azione divina con la libertà umana, i sadducei "negano in tronco il destino (εἱμαρμένη, heimarméne) ed escludono che Dio faccia o guardi alcunché di male"[7]
Ai tempi di Gesù per la liturgia del Tempio seguivano una tradizione parzialmente diversa da quella usata, che aveva una probabile matrice farisaica.
I sadducei e la condanna di Gesù
Gesù criticò i farisei a motivo delle loro tradizioni, e non perché influenzato dai sadducei.[8]
Si pensa che se fosse rimasto in Galilea molto probabilmente non avrebbe subito la morte violenta che incontrò a Gerusalemme. Nella città santa, invece, roccaforte dei sadducei, si scontrò con essi:
- scacciò i venditori dal tempio (Gv 2,13-17 ; Mt 21,12-13 ; Mc 11,15-17 ; Lc 19,45-46 );
- fu accolto dalla folla con acclamazioni messianiche entusiaste (Gv 12,12-16 ; Mt 21,1-11 ; Mc 11,1-11 ; Lc 19,28-38 ), cosa che per i sadducei mise in pericolo la tranquillità della nazione giudaica sotto il controllo romano.
Farisei e sadducei della classe sacerdotale ritrovano la coesione forzata dopo che Gesù risuscita Lazzaro. I prodigi di Gesù cominciarono a muovere le masse e i maggiorenti giudei iniziarono a temere che questo entusiasmo popolare provocasse la reazione dell'occupante romano. Il rischio politico, l'inosservanza delle tradizioni farisaiche e la dichiarazione della propria divinità indussero il sinedrio a decidere la morte di Gesù (Gv 11,45-53 ).
In tutta la storia della passione non si parla dei farisei: non si sa quale atteggiamento assunsero nel sinedrio. Apparentemente tutto si svolse in ambiente sadduceo.
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