Giuseppe Morosini
Giuseppe Morosini, C.M. Presbitero | |
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Don Giuseppe Morosini | |
Età alla morte | 31 anni |
Nascita | Ferentino 19 marzo 1913 |
Morte | Roma 3 aprile 1944 |
Appartenenza | Congregazione della Missione |
Ordinazione presbiterale | 1937 da mons. Luigi Traglia |
Giuseppe Morosini (Ferentino, 19 marzo 1913; † Roma, 3 aprile 1944) è stato un presbitero e cappellano militare italiano, attivo nella lotta contro il nazi-fascismo. Alla sua figura è ispirato il personaggio di don Pietro, protagonista del film Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini..
Biografia
Ultimogenito di una famiglia numerosa e di sani principi cattolici, manifestò dalla più tenera età la vocazione religiosa. Dopo una breve esperienza nel locale Seminario Diocesano entrò nella Congregazione della Missione. Conclusi gli studi e il periodo di formazione, fu ordinato presbitero il Sabato Santo del 1937 nella Basilica di San Giovanni in Laterano, a Roma, da monsignor Luigi Traglia.
Apostolato
Esercitò il ministero sacerdotale dapprima a Roma, poi a Piacenza dove, nel 1939, fu incaricato delle missioni e dell'assistenza spirituale al Collegio San Vincenzo. Nel 1941 divenne cappellano militare nel 4º Reggimento artiglieria alloggiato a Laurana, nel territorio di Fiume.
Nell'autunno del 1942 i Superiori lo richiamarono a Roma per inviarlo in missione nei paesi dell'Abruzzo e della Sabina. A servizio pastorale ultimato rientrò a Roma dove prestò la sua opera nel quartiere Prati, presso la Scuola "Pistelli", organizzata come centro di raccolta dei ragazzi provenienti dalle zone sinistrate dalla guerra.
Dopo l'8 settembre 1943 si impegnò ancor di più nell'azione religiosa, sociale e politica: dal 10 ottobre cominciò ad assistere spiritualmente un gruppo di partigiani a Monte Mario. Condivise con loro momenti di forte tensione, aiutando la resistenza di Roma e in particolare il gruppo "Mosconi".
La sua opera si distinse nel rifornimento di viveri, nella circolazione di informazioni e soprattutto nella tutela e protezione di quanti rischiavano la vita per la difesa delle libertà civili e umane contro il nazifascismo. Da un ufficiale della Wehrmacht riuscì a ottenere una copia del piano operativo delle forze tedesche schierate sul fronte di Cassino, che trasmise agli Alleati.
Arresto e martirio
Denunciato da un delatore che si spacciò per amico e partigiano, don Giuseppe fu arrestato dalla Gestapo il 4 gennaio 1944. Colui che lo aveva tradito, in cambio di un compenso di settantamila lire, era un certo Dante Bruna.
Fu rinchiuso nel carcere romano di Regina Coeli, nella cella 382 del terzo braccio, che restringeva i detenuti politici catturati dal comando tedesco. Qui ebbe come compagno di cella Epimenio Liberi, un giovane padre ventitreenne, poi trucidato alle Fosse Ardeatine, che aveva partecipato ai combattimenti di Porta San Paolo e che era entrato nella resistenza tra le file del Partito d'Azione. La moglie era in attesa del terzo figlio. Il padre non ebbe la gioia di abbracciarlo, ma al nascituro il Morosini scrisse una Ninna Nanna per soprano e pianoforte che fece arrivare alla moglie di Liberi.
Sottoposto a tortura, mantenne un religioso contegno. Condannato a morte, nell'attesa dell'esecuzione, si prodigò per sostenere i compagni di carcere e gli ebrei che vi erano rinchiusi.
A Regina Coeli, Sandro Pertini ebbe modo di incontrarlo dopo uno degli estenuanti interrogatori delle S.S. e lasciò questa toccante testimonianza:
« | Detenuto a Regina Coeli sotto i tedeschi, incontrai un mattino don Giuseppe Morosini: usciva da un interrogatorio delle S.S., il volto tumefatto grondava sangue, come Cristo dopo la flagellazione. Con le lacrime agli occhi gli espressi la mia solidarietà. Egli si sforzò di sorridermi e le labbra gli sanguinarono. Nei suoi occhi brillava una luce viva. La luce della sua fede. Il ricordo di questo nobilissimo martire vive e vivrà sempre nell'animo mio. » | |
Nonostante l'intervento della Santa Sede, che cercò di scongiurare l'esecuzione capitale, il Morosini fu sottoposto a un processo-farsa e fu dichiarato colpevole di agire contro il nazismo; oltre all'accusa di aver passato agli Alleati la copia della mappa del settore difensivo tedesco davanti a Cassino, venne incolpato anche del possesso di una pistola, rinvenuta tra la biancheria e del deposito di armi ed esplosivi nascosto nello scantinato del Collegio Leoniano.
Il 3 aprile 1944 fu trasportato a forte Bravetta, all'estrema periferia di Roma, per esservi fucilato da un plotone della Polizia d'Africa Italiana. Di quella mattina, i verbali relativi all'esecuzione riportano:
« | Il condannato benedisse il plotone di esecuzione dicendo ad alta voce: "Dio, perdona loro: non sanno quello che fanno", come Cristo sul Golgota. All'ordine di "fuoco" dato per uccidere il condannato, dieci componenti su dodici del plotone spararono in aria. Ferito dai colpi degli altri due, don Morosini fu ucciso dall'ufficiale fascista che comandava l'esecuzione, con due colpi di pistola alla nuca. » |
Riconoscimenti
Una prima memoria di don Giuseppe Morosini si tenne a Roma il 17 dicembre 1944, nella sezione della Democrazia Cristiana dei Parioli a opera di monsignor Bonaldi, cappellano di Regina Coeli, che assistette il sacerdote durante la sua prigionia.
A don Giuseppe Morosini fu concessa la medaglia al valor militare alla memoria di motu proprio il 17 febbraio 1945 da Umberto di Savoia, luogotenente Generale del Regno d'Italia.
Nel 1946, in Ferentino, in occasione del XXV anniversario della fondazione del circolo Fortes in fide, al quale nel 1921 fu iscritto come aspirante il piccolo Morosini, furono tenute solenni commemorazioni del sacerdote martire.
Nel decennale del sacrificio, l'11 aprile 1954, Domenica delle Palme, i resti mortali di don Giuseppe Morosini furono traslati in Ferentino e tumulati nella cappella della chiesa di Sant'Ippolito. In quell'occasione il cardinale Luigi Traglia, che aveva ordinato presbitero don Morosini, accompagnò il feretro e celebrò la Messa in Piazza Matteotti davanti al Palazzo Municipale.
Un'emissione filatelica nel 1997 fu dedicata alla figura di Giuseppe Morosini.
La città di Roma gli ha intitolato una piazza nel quartiere Delle Vittorie.
Medaglia d'oro al valor militare | |
«Sacerdote di alti sensi patriottici, svolgeva, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, opera di ardente apostolato fra i militari sbandati, attraendoli nella banda di cui era cappellano. Assolveva delicate missioni segrete, provvedendo altresì all'acquisto e alla custodia di armi. Denunciato e arrestato, nel corso di lunghi estenuanti interrogatori respingeva con fierezza le lusinghe e le minacce dirette a fargli rivelare i segreti della resistenza. Celebrato con calma sublime il divino sacrificio, offriva il giovane petto alla morte. Luminosa figura di soldato di Cristo e della Patria.» — Roma, 8 settembre 1943-3 aprile 1944. |
Filmografia
Nel film Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini la figura di don Pietro è ispirata a quella di don Giuseppe Morosini. In particolare la scena dell'interrogatorio, nella quale compare l'attore Aldo Fabrizi, seviziato dalle S.S., fu costruita sulle testimonianze rese su don Giuseppe Morosini.
Bibliografia | |
Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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