Annunciazione (Lorenzo di Credi)
Lorenzo di Credi, Annunciazione (1480 - 1485), olio su tavola | |
Annunciazione | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Regione | Toscana |
Regione ecclesiastica | Toscana |
Provincia | Firenze |
Comune | |
Diocesi | Firenze |
Ubicazione specifica | Galleria degli Uffizi |
Uso liturgico | nessuno |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Annunciazione; Creazione di Eva; Peccato originale; Cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre |
Datazione | 1480 - 1485 ca. |
Autore |
Lorenzo di Credi (Lorenzo d'Andrea d'Oderigo) |
Materia e tecnica | tempera su tavola |
Misure | h. 88 cm; l. 71 cm |
Stemmi, Punzoni, Marchi | Stemmi con aquila |
|
L'Annunciazione è un dipinto, eseguito tra il 1480 ed il 1485 circa, ad olio su tavola, da Lorenzo d'Andrea d'Oderigo detto Lorenzo di Credi (1460 ca. – 1537), conservato presso la Galleria degli Uffizi di Firenze.
Descrizione
Soggetto
Nella scena, concepita come uno palcoscenico teatrale ed articolata su due registri sovrapposti, compaiono:
- in alto, Annunciazione
- in basso, Storie della Genesi
Registro superiore
La scena dell'Annunciazione si svolge in un ambiente severo ed elegante dall'ordinata forma classica, aperta su un luminoso paesaggio. La struttura architettonica è equilibrata e presenta una triplice arcata aperta, al centro, a sua volta su un loggiato. Le aperture sono intervallate da pilastri decorati da ricchi rilievi classici, i quali reggono un fregio, pure ornato, oltre il quale sta una fila di lunette con oculi aperti sul paesaggio, divise da doppie lesene. All'armoniosa architettura corrisponde il viale alberato al centro, perfettamente simmetrico, che dà su un paesaggio sereno e immoto, con una piccola chiesa, a sinistra.
Nel dipinto compaiono:
- a destra, Maria Vergine, giovane e fragile, viene distolta dalla lettura e meditazione sulle Sacre Scritture poggiate sul leggio e reagisce con un gesto istintivo di stupore e protezione di sé, ma subito si affida serena al messaggero di Dio. Ella indossa un mantello azzurro con fodera rossa e veli trasparenti che creano anche effetti particolarmente singolari, come il lembo che pende dal braccio sinistro, che assomiglia ad un vetro trasparente con gli stessi colori del pavimento della loggia.
- a sinistra, San Gabriele arcangelo entra nell'ambiente, portando scompiglio in un momento di serena quotidianità che sorprende la Madonna ed intreccia con lei un intenso scambio di sguardi. L'Arcangelo ha una veste rossa dai risvolti verdi ed una tunica celeste, con le ali dal piumaggio che sfuma delicatamente dal rosso al lilla.
Registro inferiore
In questo dipinto concepito come una scena teatrale, il registro inferiore è realizzato come una finta predella a monocromo, congiunta alla struttura superiore come un vero e proprio proscenio, che sembra scolpito a bassorilievo, nel quale sono raffigurate tre Storie della Genesi, in intervallate da pilastrini decorati con vasi, fiori e scudi araldici:
- a sinistra, Creazione di Eva: la scena rende in forma letterale quanto scritto nella Bibbia, Eva fuoriesce dal fianco di Adamo, mentre Dio Padre la invita a farlo, benedicendola al contempo.
- al centro, Peccato originale: le due figure classicheggianti dei progenitori, raffigurate nel massimo della loro bellezza e vigore giovanile, congiungono le loro mani in corrispondenza dell'albero di fico, lungo il quale è avviluppato il serpente della tentazione. Per quanto sia Eva a consegnare il frutto ad Adamo, la perfetta simmetria della scena e le mani giunte lungo l'asse centrale della composizione, rendono paritaria la responsabilità dell'atto, che subito genera i gesti di vergogna dei due verso la propria nudità.
- a destra, Cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre: presenta la cacciata dei progenitori verso un contesto paesaggistico spoglio e deserto: d'ora in poi dovranno lavorare per nutrirsi. Eva protegge il suo corpo con il gesto della Venere pudica, memore di uno splendido modello statuario classico, riconoscibile in uno dei capolavori della collezione medicea di arte antica.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Il contesto spaziale e luministico, in cui la scena si svolge, è fortemente innovativo e moderno. Le figure, improntate su toni chiari e luminosi, si muovono come su di un palcoscenico, sullo sfondo di un'arcata ariosa e classicheggiante, che ricorda le architetture di Leon Battista Alberti. Un'ariosità, che si avverte anche nelle lunette che sormontano gli archi, i cui oculi accrescono ulteriori occasioni per notare il cielo azzurro. Inoltre, dietro alla prima arcata s’intravede un'ulteriore quinta prospettica, nella loggia trabeata che filtra la veduta su un piccolo borgo, nitido, dove natura e presenza dell’uomo si fondono armoniosamente. A loro volta gli alberi oltre l’arcata centrale suggeriscono un'ulteriore apertura in profondità, che guida lo spettatore verso il punto di fuga centrale, posto tra le montagne che si schiariscono man mano, secondo le regole della prospettiva aerea. Ma non si tratta di simmetria monotona: l'ultima arcata è cieca, anzi aperta su un ambiente, dove si nota un letto, che insieme al leggio con libro in primo piano offrono uno spaccato di vita quotidiana, che rende Maria ancora più vicina all'osservatore (fedele).
- La luce riverbera da più fonti luminose incrociate (dallo sfondo e da sinistra) rimanda agli esempi fiamminghi, recepiti anche da Leonardo da Vinci che fu collega di bottega di Lorenzo di Credi, sotto il maestro comune Andrea Verrocchio.
- L'immagine presenta alcune interessanti prove ottiche sull'irradiazione della luce che ben si adattano al clima sperimentale della cerchia leonardesca, quali le trasparenze, l'armonioso uso di toni e di colori.
- Dall'opera si desume come Lorenzo di Credi, rispetto a Leonardo, non desse alla composizione quel legante atmosferico che immerge le figure nel paesaggio, come se circolasse realmente l'aria: i protagonisti, infatti, sembrano semplicemente giustapposti alla scenografia, come sagome raffinate, ma artificiose.
- L'opera tradisce l'influsso della predicazione savonaroliana, abbinando al lirismo della scena principale un accento moralizzante vicino all'enfasi "quaresimale". Infatti, il significato complessivo della scena dell'immagine mostra Maria come "nuova Eva", non a caso la scena della Cacciata, con la progenitrice che si copre per la vergogna, mentre fugge davanti ad un angelo vendicatore, sia direttamente sotto alla Madonna che si volge verso l'Arcangelo annunciante. La Cacciata è da sempre letta come il Protovangelo, la prefigurazione della salvezza, che diventa possibile attraverso l'incarnazione del Figlio di Dio, nuovo Adamo, grazie all'offerta di sé di Maria, la nuova Eva. Infatti, Dio si rivolge al serpente con queste parole:
« | Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno. » | |
- La scena dell’Annunciazione diventa dunque il vero momento risolutivo della storia narrata e dell'intera storia della salvezza. È il momento in cui si compie il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio, che prende carne attraverso il corpo di Maria.
Stemmi
Nell'opera sono presenti, sui pilastrini della predella alla base della scena principale, degli scudi araldici con l'aquila non ancora identificati.
Notizie storico-critiche
L'opera di dimensioni ridotte serviva probabilmente alla meditazione privata, anche se non si conosce la sua ubicazione originaria, che non è neanche menzionata nelle Vite del Vasari. Inoltre, allo stato attuale degli studi non è ancora stata identificata la committenza, nonostante sui pilastrini della predella siano presenti degli scudi araldici con l'aquila. Ma certo è che doveva trattarsi di un committente (o di una committente) raffinato e di alto livello culturale, a giudicare dall'originalità iconografica e teologica del'dipinto, inusuale nella produzione del pittore.
Il dipinto in esame fu realizzato tra il 1480 e il 1485 circa, quando il Verrocchio era a Venezia per lavorare alla Statua equestre di Bartolomeo Colleoni (1480 - 1483 ca.) e Lorenzo di Credi ne gestiva la bottega a Firenze.
Dalle fonti storiche sappiamo che almeno dal 1675 apparteneva al cardinale Leopoldo de' Medici (1617 – 1675) e che nel 1798 entrò nelle collezioni della Galleria degli Uffizi.
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