Dies irae

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La melodia gregoriana del Dies irae

Il Dies irae è una sequenza in lingua latina, molto famosa, attribuita dubitativamente a Tommaso da Celano. Sono in molti a ritenerla una composizione poetica medievale tra le più riuscite. C'è un salto di stile rispetto al latino classico: il ritmo è accentuativo e non quantitativo, e i versi sono rimati con rima baciata (AAA, BBB, CCC) ad eccezione delle ultime due strofe. Il metro è trocaico. Descrive il giorno del giudizio, l'ultima tromba che raccoglie le anime davanti al trono di Dio, dove i buoni saranno salvati e i cattivi condannati al fuoco eterno.

Il Dies irae è una delle parti più note del requiem e quindi del rito per la messa esequiale previsto dalla liturgia per la messa di rito tridentino.

Compare anche nella Liturgia delle Ore (come inno alternativo per l'ultima settimana del tempo ordinario) in una versione riveduta, che tiene conto dei dubbi contemporanei sull'identificazione della figura di Maria Maddalena con la penitente pentita, identificazione accettata invece da parte dell'esegesi medievale.

L'ispirazione dell'inno è biblica, dalla versione latina della Vulgata del libro di Sofonia 1,15-16:

(LA) (IT)
« Dies irae, dies illa, dies tribulationis et angustiae, dies calamitatis et miseriae, dies tenebrarum et caliginis, dies nebulae et turbinis, dies tubae et clangoris super civitates munitas et super angulos excelsos. » « Giorno d'ira quel giorno, giorno di angoscia e di afflizione, giorno di rovina e di sterminio, giorno di tenebre e di caligine, giorno di nubi e di oscurità, giorno di squilli di tromba e d'allarme sulle fortezze e sulle torri d'angolo. »

In musica

Autografo del Requiem K 626 di Wolfgang Amadeus Mozart: l'inizio del Dies Irae

Celebri musicisti hanno interpretato questo inno nelle loro messe di requiem. Fra gli altri:

Soltanto Gabriel Fauré non ha incluso il Dies irae nel suo Requiem.

Altri adattamenti:

Testo e traduzione

(LA) (IT)
«

Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sybilla.

Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus.

Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.

Mors stupebit et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura.

Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.

Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet, apparebit:
nil inultum remanebit.

Quid sum miser tunc dicturus?
quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?

Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.

Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae
ne me perdas illa die.

Quaerens me, sedisti lassus,
redemisti Crucem passus:
tantus labor non sit cassus.

Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.

Ingemisco, tamquam reus,
culpa rubet vultus meus
supplicanti parce, Deus.

Qui Mariam absolvisti,[1]
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.

Preces meae non sunt dignae,
sed tu bonus fac benigne,
ne perenni cremer igne.

Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.

Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.

Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis.

Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
Judicandus homo reus.
huic ergo parce, Deus:

Pie Jesu Domine,
dona eis requiem.

Amen.

 »

«

Giorno dell'ira sarà quel giorno
dissolverà il mondo terreno in cenere
come annunciato da David e dalla Sibilla.

Quanto terrore verrà
quando giungerà il giudice
a giudicare severamente ogni cosa.

La tromba diffondendo un suono stupefacente
tra i sepolcri del mondo
spingerà tutti davanti al trono.

La Morte si stupirà, e la Natura
quando risorgerà ogni creatura
per rispondere al giudice.

Sarà prodotto il libro scritto
nel quale è contenuto tutto,
dal quale si giudicherà il mondo.

E dunque quando il giudice si siederà,
ogni cosa nascosta sarà svelata,
niente rimarrà invendicato.

In quel momento che potrò dire io, misero,
chi chiamerò a difendermi,
quando a malapena il giusto potrà dirsi al sicuro?

Re di tremenda maestà,
tu che salvi per grazia chi è da salvare,
salva me, fonte di pietà.

Ricorda, o pio Gesù,
che io sono la causa del tuo viaggio;
non lasciare che quel giorno io sia perduto.

Cercandomi ti sedesti stanco,
mi hai redento con il supplizio della Croce:
che tanta fatica non sia vana!

Giusto giudice di retribuzione,
concedi il dono del perdono
prima del giorno della resa dei conti.

Comincio a gemere come un colpevole,
per la colpa è rosso il mio volto;
risparmia chi ti supplica, o Dio.

Tu che perdonasti Maria di Magdala,[2]
tu che esaudisti il buon ladrone,
anche a me hai dato speranza.

Le mie preghiere non sono degne;
ma tu, buon Dio, con benignità fa'
che io non sia arso dal fuoco eterno.

Assicurami un posto fra le pecorelle,
e tienimi lontano dai caproni,
ponendomi alla tua destra.

Una volta smascherati i malvagi,
condannati alle fiamme feroci,
chiamami tra i benedetti.

Prego supplice e in ginocchio,
il cuore contrito, come ridotto a cenere,
prenditi cura del mio destino.

Quel giorno sarà un giorno di lacrime,
quando risorgerà dalla cenere
Il peccatore per essere giudicato.
perdonalo, o Dio:

Pio Signore Gesù,
dona a loro la pace.

Amen.

 »

Note
  1. Secondo la versione riveduta: Peccatricem qui solvisti
  2. Secondo la versione riveduta: Tu che perdonasti la peccatrice
Voci correlate