Tomás Luis de Victoria
Tomás Luis de Victoria, O.C. Presbitero | |
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Tomás Luis de Victoria | |
Età alla morte | 63 anni |
Nascita | Ávila (Spagna) 1548 |
Morte | Madrid 27 agosto 1611 [1] |
Ordinazione presbiterale | Chiesa di San Tommaso di Canterbury, 28 agosto 1575 |
Invito all'ascolto |
Tomás Luis de Victoria (Ávila (Spagna), 1548; † Madrid, 27 agosto 1611[1]) è stato un presbitero, compositore di musica sacra spagnolo. Fu il più grande compositore di polifonia spagnolo di tutti i tempi, e insieme a Giovanni Pierluigi da Palestrina e Orlando di Lasso uno dei grandi musicisti del suo tempo in Europa. È conosciuto anche con il nome italianizzato di Tommaso Ludovico da Vittoria.
Biografia
Infanzia e primi studi
Nacque settimo dei dodici figli di una coppia facoltosa e ben imparentata, Francisca Suarez de la Concha e di Francisco Luis de Victoria; il padre morì quando il compositore aveva solo nove anni.
Circa un anno dopo, egli divenne corista nella cattedrale di Avila, dove rimase fino all'età di diciotto anni e dove cominciò gli studi di teoria musicale (canto gregoriano, contrappunto e composizione) e di applicazione pratica alla tastiera, sotto diversi maestri, fra i quali Geronimo de Espinar e Bernardino de Ribera e secondo alcuni studiosi anche Antonio de Cabezon.
A Roma
Nel 1567, terminata l'attività di voce bianca, fu inviato a perfezionare gli studi presso il Collegium Germanicum dell'Ordine dei Gesuiti in Roma.
Nel vicino Seminario Romano era maestro di cappella e insegnante di canto e musica Giovanni Pierluigi da Palestrina, che forse ebbe il giovane Tomás fra i suoi allievi: di sicuro questi incontrò i figli di Palestrina, Rodolfo ed Angelo.
Ottenne ben presto stima e apprezzamento, tanto che, il 18 agosto 1568, ottenne l'incarico di maestro del coro nella cappella privata del cardinale Ottone Truchsess von Waldburg, posto lasciato vacante dal compositore Jacobus de Kerle[2].
Nel gennaio 1569 lasciò il Collegium Germanicum e, mentre continuava gli studi, divenne organista e cantore nella Chiesa di Santa Maria in Monserrato degli Spagnoli, la cappella ufficiale del culto della corona di Aragona a Roma.
Ma nel 1571 ritornò al Collegium Germanicum, dove fu nominato insegnante. Nello stesso anno, succedette a Palestrina come maestro di cappella del Seminario Romano[3]
Dedicò nel 1572 al suo primo datore di lavoro, il cardinale Arcivescovo di Asburgo Ottone Truchsess von Waldburg, che fu il suo più grande patrono e mecenate, il suo primo libro di mottetti Motecta quae 4, 5, 6, 8 vocibus concinuntur pubblicato a Venezia.
La sua collaborazione col Collegium Germanicum vide il suo culmine il 17 ottobre 1573, con la prima esecuzione assoluta del salmo "Super flumina Babylonis" per 2 cori a 4 voci. Nel frattempo cominciò a collaborare anche con un'altra chiesa spagnola di Roma (la Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, attualmente Chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore). Con questa istituzione egli stipulò un contratto originale per l'epoca: la sua attività infatti era occasionale e la retribuzione fu calcolata in base alla quantità di musica che compose e al numero di cantori che eseguivano con lui i servizi per le funzioni solenni come il Corpus Domini e altri uffici maggiori.
Quando nel 1575 per ordine di papa Gregorio XIII il Collegium Germanicum fu spostato presso la Basilica di Sant'Apollinare, Victoria fu promosso maestro di cappella di questo centro, con ciò acquisendo nuovi impegni: fu incaricato dell'educazione musicale dei fanciulli cantori, insegnò agli studenti più capaci il contrappunto e gli elementi della composizione e in generale supervisionò tutta la musica in tutte le chiese collegate al Collegium Germanicum. Tutti questi nuovi compiti lo forzarono a rinunciare al posto presso la chiesa di Santa Maria in Monserrato.
Lo stesso anno prese gli ordini minori (lettore ed esorcista) e fu ordinato Presbitero il 28 agosto nella Chiesa di San Tommaso di Canterbury. Durante l'anno seguente (1576) pubblicò la sua seconda antologia: Liber Primus qui Missas, Psalmos, Magnificat aliaque complectitur.
Nel 1578 lasciò il Collegium Germanicum e si ritirò come cappellano in San Girolamo della Carità. Tuttavia, Victoria rimase in ottimi rapporti con il suo precedente istituto, ove volentieri tornò saltuariamente per esempio per l'Epifania del 1585.
Nella sua nuova posizione, Victoria visse per sette anni a stretto contatto con San Filippo Neri e attraversò un periodo di profonda e intensa religiosità.
Condivise anche la compagnia di due grandi musicisti, lo spagnolo Francisco Soto de Langa e l'italiano Giovanni Animuccia.
Durante questi anni, apparvero parecchie collezioni di messe e mottetti: nel 1581 due antologie contenenti gli Hymmi totius anni; nel 1583 una nuova antologia, completata da altre due nel 1585. Una di queste ultime due, Motecta festorum totius anni, incluse due composizioni di Francisco Guerrero e un brano di Francesco Soriano.
L'edizione di questa antologia è arricchita da epigrammi di Giovanni Giovenale Ancina: in essi si sostiene che Victoria era conosciuto "anche nelle Indie". Senza dubbio divenne molto famoso, visto che le sue opere furono pubblicate in molti luoghi differenti, fra Italia, Germania e Spagna.
Nel 1585 vide la luce il più ambizioso capolavoro di Victoria: l'Officium hebdomadae Sanctae, una collezione comprendente diciotto responsori, nove lamentazioni, due corali della Passione, un Miserere, Improperia, mottetti, inni e salmi per la completa celebrazione della Pasqua cattolica.
Il ritorno in Spagna
Nel 1587 Victoria ritornò stabilmente a vivere in Spagna, sebbene fu a Roma di nuovo nel 1592, allo scopo di supervisionare la pubblicazione del suo Missae liber secundus (il 18 luglio 1593 ebbe luogo la prima esecuzione assoluta del mottetto Surge Debora et loquere canticum nella Basilica di Sant'Apollinare) e due anni dopo, il 4 febbraio 1594, per presenziare ai funerali di Palestrina.
Intraprese l'opera di trascrizione e pubblicazione delle sue opere: il 1º ottobre 1598 affidò a Madrid al copista musicale Julio Junti de Modesti le Messe policorali, i Magnificat politonali, i salmi e i mottetti.
Fino al 1603 fu cappellano e maestro del coro del Real Convento delle Clarisse Scalze a Madrid Monastero de las Descalzas Reales (o di Nostra Signora della Consolazione), conosciuto anche più semplicemente come Las Descalzas Reales, dove si era ritirata l'imperatrice Maria, della quale Victoria fu il cappellano personale.
Durante questo periodo, ricevette offerte di lavoro dalle più importanti cattedrali di Spagna, come la cattedrale di Siviglia e la Seo Cathedral in Saragozza, ma Victoria le declinò tutte.
A Madrid egli continuò a pubblicare il suo lavoro, vendendo parecchi libri di mottetti e messe a chiese e cattedrali.
Anche qui la sua attività lo portò a stipulare con uno stampatore un contratto diverso dalle abitudini dell'epoca, potremmo definirlo una sorta di "diritto d'autore": gli accordi infatti stabilirono che, oltre alla normale tiratura di 200 copie, lo stampatore avesse il diritto di produrne altre 100 che potevano essere vendute dopo una data concordata e per le quali il compositore avrebbe ricevuto 2500 reali.
Nel 1603 compose la sua opera maggiore, l'Officium defunctorum a sei voci: scritto in breve tempo (fu iniziato il 26 febbraio e terminato il 17 marzo) ed eseguito per il funerale dell'Imperatrice Maria del 20 marzo, fu poi pubblicato a Madrid nel 1605. Questa versione pubblicata conteneva una dedica speciale alla principessa Margherita.
Dal 1604 in poi rimase al Real Convento delle Clarisse Scalze come semplice organista, dove morì in pace, in religioso ritiro e in quasi completo oblio.
Le opere
In confronto ai suoi contemporanei Victoria ebbe una produzione più limitata: le sue opere includono 21 Messe e 44 mottetti (fra i più belli del periodo); serie di salmi; inni, parecchi Magnificat; quattro uffici per i defunti; e musica per le funzioni della Settimana Santa, incluse due Passioni, gli Improperia e le Lamentazioni di Geremia. La sua ultima opera fu il Requiem (1605) in memoria dell'imperatrice Maria.
I venti anni trascorsi nella Roma cinquecentesca ebbero certo enorme influenza sulla sensibilità di Victoria; nelle sue opere la purezza del contrappunto si unì alla devozione personale e ad un misticismo molto profondo che lo tennero lontano dal mettere in musica qualsiasi composizione profana (a differenza dei suoi contemporanei).
Tuttavia, egli seppe fondere la spiritualità filippina e lo stile palestriniano con il misticismo tipico delle sue origini: la Spagna e in particolare la città e il tempo di Santa Teresa d'Avila (che probabilmente lo conobbe da giovane e che fu anche protettrice delle Descalzas).
La sua opera fu quindi originale e, pur intrisa della tradizione, per alcuni tratti trovò soluzioni anche in anticipo sui tempi.
Spesso Victoria riadoperò musica sua o altrui con la tecnica della parodia e fu maestro nell'uso del gregoriano come cantus firmus.
Usò anche soluzioni che nel tardo sedicesimo secolo erano in anticipo sui tempi. La scrittura pittorica che ritrae le bestie selvatiche nel "Cum beatus Ignatius" sorpassa quella dei madrigalisti contemporanei. Il suo uso di enfatizzare il testo mediante note ripetute rimanda al crescente interesse fiorentino per il recitativo. Nelle sue opere policorali utilizzò la contemporanea maniera veneziana e il suo apporto di parti scritte per organo guarda avanti all'epoca del continuo. Armonicamente, la sua musica mostra un notevole senso del contrasto tonale, prefigurando il concetto della tonalità maggiore-minore caratteristico dell'era Barocca.
Victoria compose intricate partiture per cori anche multipli, spesso accavallati e poi di nuovo separati, talvolta con l'intervento di parti strumentali, per organo.
La sua musica ispira un'austera contemplazione del divino, senza alcuna concessione alla distrazione: la disposizione delle voci, pur nella pluralità, è ravvicinata, compatta, tendente quasi all'omofonia; il coro preferisce registri bassi e tonalità scure.
Ma, con gusto pittorico, tipicamente spagnolo, nel medesimo tempo le dissonanze sono usate in maniera più libera e anche più frequente che nei contemporanei: si trovano qui e là intervalli fra le note che il contrappunto dell'epoca, il cosiddetto stile alla Palestrina, non consentiva: questi intervalli melodici più ampi richiamano le melodie delle saetas e in genere delle musiche religiose popolari tradizionali della terra spagnola, ma non sono lontane nemmeno dallo stile dei madrigali, che Victoria ammirò specie nelle composizioni di Giovanni Maria Nanino e di Luca Marenzio.
Il suo ampiamente eseguito mottetto di Natale, O magnum mysterium, emana un quieto senso di meraviglia.
La fama di Victoria come compositore di mottetti ha teso ad eclissare le sue messe, eppure le più belle, come la deliziosa Missa Ave maris stella, non sono inferiori a quelle di Palestrina.
L'Officium Defunctorum
L'imperatrice Maria, figlia di Carlo V e sorella di Filippo II d'Asburgo, moglie di Massimiliano II e madre di due imperatori, da tempo ritiratasi nel convento delle Clarisse Scalze, morì il 26 febbraio 1603: due mesi dopo, il 22-23 aprile furono celebrate le esequie solenni, per le quali Victoria compose la sua opera più famosa e più amata, l'Officium Defunctorum.
Fu scritto per coro a sei voci (cantus I e II, altus, tenor I e II, bassus) e comprende, oltre all'intero ufficio dei defunti, un mottetto funebre extra liturgico, Versa est in luctum, una lectio appartenente al mattutino, Taedet anima mea e la cerimonia di assoluzione che segue la Messa.
Le parti polifoniche sono separate dagli incipit gregoriani stampati da de Victoria stesso: al cantus II è affidato il cantus firmus.
L'Officium defunctorum fu l'unico lavoro ad essere pubblicato separatamente, è quindi l'undicesimo e ultimo volume delle pubblicazioni di Victoria e l'ultimo lavoro in assoluto pubblicato dal compositore spagnolo.
La data di pubblicazione, il 1605, è spesso inclusa nel titolo per differenziare quest'opera dall'altra Messa da Requiem pubblicata da de Victoria nel 1583.
Note | |
Bibliografia | |
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