Giulio Facibeni

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Venerabile Giulio Facibeni
Presbitero
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battezzato
Venerabile
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Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 73 anni
Nascita Galeata
29 luglio 1884
Morte Rifredi
2 giugno 1958
Sepoltura
Appartenenza
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Ordinato diacono
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Dopo aver visto gli occhi di don Giulio Facibeni, non si può dubitare dell'esistenza di Dio.
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Il Venerabile Giulio Facibeni (Galeata, 29 luglio 1884; † Rifredi, 2 giugno 1958) è stato un presbitero, cappellano militare e giusto tra le nazioni italiano, fondatore dell'Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa, annoverato tra i giusti tra le nazioni per la sua opera a favore degli ebrei a Firenze durante l'Olocausto.

Biografia

Gli anni della formazione

Giulio Facibeni nasce a Galeata (provincia di Forlì e allora diocesi di Sansepolcro, oggi Diocesi di Forlì-Bertinoro) il 29 luglio 1884 in una famiglia modestissima di undici figli, da padre calzolaio e madre casalinga. Completati gli studi ginnasiali e liceali nel seminario di Faenza tra il 1899 e il 1904, dopo la licenza liceale si iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università di Firenze. Si mantiene agli studi prestando la sua opera come assistente presso il Semiconvitto delle Scuole Pie Fiorentine degli Scolopi. Il 21 dicembre 1907 riceve l'ordinazione sacerdotale e, lasciati gli studi universitari, compie le prime esperienze pastorali nelle scuole parrocchiali serali di Santa Maria al Pignone, tra le figlie dei carcerati e gli studenti medi. Nel maggio del 1910 fonda il circolo degli studenti secondari cattolici Italia Nova il cui omonimo giornale diverrà presto l'organo ufficiale degli studenti secondari toscani. Nell'ottobre del 1912 l'arcivescovo di Firenze Alfonso Maria Mistrangelo invia don Facibeni come vicario nella Chiesa di Santo Stefano in Pane nel quartiere industriale e proletario di Rifredi a Firenze dove subito si distingue per il suo impegno educativo e caritativo.

L'esperienza della Grande Guerra

Allo scoppio della prima guerra mondiale, don Facibeni organizza in parrocchia un asilo gratuito per i figli dei richiamati. Inviato egli stesso al fronte nel 1916, presta servizio prima sul fronte dell'Isonzo e poi sul Monte Grappa come cappellano militare nella IV Armata. In questo ruolo si prodiga per sostenere moralmente i soldati, soprattutto i feriti e i moribondi, sia italiani che austriaci, senza badare ai rischi che correva, volendo dimostrare che se il sacerdote predica il sacrificio deve anche compierlo. Il senso della sua azione è bene espresso nelle motivazioni con le quali gli è conferita la Medaglia d'Argento al Valor Militare:

« "Con profondo sentimento di pietà e alto concetto della propria missione, durante intere giornate di sanguinosi combattimenti rimaneva costantemente sulla linea di fuoco a prestare con attività indefessa la sua opera pietosa e, dando mirabile esempio delle più nobili virtù, usciva, anche da solo, dalla nostra trincea spingendosi in terreno scoperto e battuto dal fuoco nemico per raccogliere feriti e ricuperare salme di Caduti". »

Molti soldati, morenti, gli raccomandano i loro figli. Nasce così in don Facibeni l'idea di un'Opera di assistenza per gli orfani di guerra, ispirata alla sacra immagine della Madonnina del Grappa.

L'istituzione dell'Opera Madonnina del Grappa

Tornato nel 1919 alla Pieve di Rifredi a Firenze, don Facibeni comincia a entrare in contatto con i molti orfani di guerra ed a promuovere iniziative in loro favore. Di fronte alle difficoltà incontrate nel trovare loro degna sistemazione, nel 1923 don Facibeni matura la sua vocazione e pone la prima pietra dell'Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa, inaugurata ufficialmente il 4 novembre 1924 (ricorrenza della Vittoria) e alla quale avrebbe dedicato il resto della sua vita.

A proposito del luogo dove si trova la Pieve e l'Opera, lo stesso don Facibeni scrive:

« Il Signore ha voluto l'Opera in questo rione operaio, l'ha voluta aliena da umane protezioni e sicurezze e sostenuta dalla preghiera e dal lavoro degli umili, perché fosse apologia vivente della Divina Provvidenza»

Nonostante le estreme difficoltà economiche e organizzative, don Facibeni non respinge alcuno che bussi alla sua porta. I dodici orfani ospitati al momento dell'inaugurazione diventano 100 solo quattro anni dopo, e sono 350 nel 1939.

Per la sua disinteressata opera caritativa e la sua indipendenza del regime fascista (le cui oppressioni non esita a denunciare pubblicamente), don Facibeni acquista uno status di riconosciuta autorità morale a Firenze tra cattolici e non cattolici.

L'impegno nella Resistenza e a favore degli ebrei perseguitati

Negli anni della seconda guerra mondiale e in particolare nel corso dell'occupazione tedesca e dell'emergenza bellica, ancora una volta don Facibeni diventa un punto di riferimento fondamentale: stavolta a causa della sua opera di assistenza ai profughi e ai ricercati. Le case di ospitalità si moltiplicano in tutta la Toscana: Calenzano, San Miniato, Montecatini, Fucecchio, Rovezzano. Tale opera di assistenza che interessò numerose famiglie e numerosi giovani renitenti alla leva o ricercati, si estese anche agli ebrei perseguitati. Come ebbe a riferire lo stesso Facibeni, in una relazione sul passaggio del fronte inviata alla curia fiorentina il 19 gennaio 1945: "dagli ultimi del 1943 fino alla liberazione [l'Opera] ha ricoverato e provveduto al mantenimento di 10 fanciulli, 3 donne, 3 giovani e 2 uomini ebrei"[1]. Tra di essi vi sono i fratelli Cesare e Vittorio Sacerdoti (accolti a Montecatini Terme) e Louis e Harry Goldman e Willy Hartmayer, affidati alla cura di don Facibeni da don Leto Casini e della cui salvezza egli si occupa in prima persona a Rifredi.[2] Ricorda Louis Goldman:

« La fama delle buone azioni di Mons. Facibeni si era sparsa fuori dell'orfanotrofio ed egli era stimato e rispettato in tutta Firenze... Era impossibile non essere toccati dalla sua umiltà, gentilezza e salda fede nella Divina Provvidenza... Divenne una abitudine accompagnarlo nei suoi giri per l'orfanotrofio. Spesso egli mi invitava perfino nella sua stanza a fare quattro chiacchiere... Il più delle volte chiacchieravamo toccando una ampia gamma di argomenti, la guerra naturalmente, sempre la guerra: sarebbe mai finita?... Parlavamo anche di argomenti più elevati: natura umana, filosofia, religione... Dalle sue finestre guardavo fuori attraverso il cortile fino alla casetta dove vivevamo Willy ed io. "Poveri ragazzi!" gli sentii sussurrare all'improvviso. Mi voltai e mi resi conto che mi guardava ma proprio allora la sua compassione lasciò il posto al sorriso: "Coraggio, su coraggio"... La cosa più sorprendente era che il Padre, anche nella cordiale intimità dei nostri téte a téte, non fece mai il minimo sforzo per allontanarmi dal giudaismo e convertirmi... Mons. Facibeni, al contrario, fece tutto quello che poteva per rafforzarmi nella mia: "Mantieni la tua fede, le tue tradizioni... Anche se ora stai attraversando un difficile periodo della tua vita non rinunciare mai alla tua fede". In una occasione mi disse eccitato: "Ho qualcosa che voglio darti", e andò a cercarlo tra i molti libri lì nei suoi scaffali, lo trovò e me lo consegnò con ovvio piacere. Un piccolo volume di grammatica della lingua ebraica. Fui toccato dal suo gesto, e alla vista dei caratteri familiari ne restai commosso. Ma lui mi strinse al petto con un abbraccio affettuoso. »

Dalla relazione redatta nel maggio 1945 da Eugenio Artom (rappresentante della comunita' ebraica fiorentina nel periodo bellico), risulta anche che "Mons. Giulio Facibeni, Parroco di Rifredi" - assieme alla "Superiora del Monastero della Calza, quella del Monastero di San Ambrogio, [e] il Parroco di S. Francesco di Piazza Savonarola" - fu uno dei religiosi incaricati dai primi mesi del 1944 dal Card. Elia Dalla Costa della "corresponsione materiale" di un sussiduo individuale mensile di L.150 corrisposto clandestinamente dalla DELASEM, che aiuto' tanti ebrei fiorentini nascostisi in citta'[3].

Il secondo dopoguerra e la morte

Nel secondo dopoguerra, l'Opera è ormai un'istituzione affermata con oltre 1200 ospiti. Don Facibeni ("il Padre", come viene comunemente e semplicemente chiamato da tutti) ne è la riconosciuta guida spirituale nonostante che una forma gravissima di morbo di Parkinson lo costringa ora a dipendere totalmente dall'assistenza altrui. Giungono anche i primi riconoscimenti ufficiali. Nel 1949 don Facibeni e i suoi collaboratori sono ricevuti in udienza da Papa Pio XII. Appena nominato Sindaco, nel 1951, Giorgio La Pira conferisce a don Facibeni il titolo di cittadino benemerito di Firenze. Il 29 maggio 1955 l'Opera riceve la visita del Presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Gronchi. Il 21 dicembre 1957 l'Università di Firenze assegna a don Facibeni la medaglia d'oro per i suoi meriti in campo educativo.

Don Facibeni muore il 2 giugno 1958. Ai suoi funerali l'intera città di Firenze si ferma e si raccoglie con folla immensa. Ricorda David Maria Turoldo:

« ...Io non dimenticherò mai i giorni del 2, 3 e 4 giugno del 1958; i giorni della morte di don Giulio Facibeni; e quando lui era esposto in Santa Maria del Fiore; e poi tutta la città raccolta in preghiera o muta dietro la sua bara. E non si sapeva se piangere o godere per la morte di questo prete da nulla, in apparenza, ma che tutta la città sentiva come padre; o godere, dicevo, per lo spettacolo d'amore di tutti questi figli così difficili che spontaneamente accompagnavano un prete al cimitero. Ed era tutta la città; e qualche quartiere era imbandierato a lutto come se fosse morto uno di casa; e dei negozi avevano abbassato la saracinesca: e operai e giovani e donne e uomini di ogni partito e di ogni tendenza si erano ritrovati dietro la stessa bara di un omino neppure bello, di un vecchietto, di un prete insomma, che aveva amato. Io credo che nessun fiorentino quel giorno non abbia detto una preghiera o non abbia avuto almeno un pensiero d'amore per quel povero prete... »

Don Giulio Facibeni è sepolto nel cimitero di Rifredi.

L'eredità di don Facibeni

Amico personale di Giorgio La Pira, don Facibeni fu esempio e maestro di passione cristiana rivolta al sociale per una generazione di preti fiorentini, la quale, anche grazie a lui, ha lasciato una traccia profonda nella storia di Firenze nel travagliatissimo XX secolo. Suoi discepoli più illustri furono don Lorenzo Milani, Danilo Cubattoli, Silvano Piovanelli, Ernesto Balducci, Raffaele Bensi e Bruno Borghi.

Il processo per la beatificazione di don Facibeni è avviato il 10 agosto 1989; al momento don Giulio è considerato Servo di Dio[4]. La sua Opera continua sotto la guida di don Corso Guicciardini, con sacerdoti anche in Albania e Brasile.

Due statue raffiguranti don Facibeni sono dedicate in sua memoria, l'uma nel paese natale di Galeata e l'altra nella piazzetta davanti alla "sua" Chiesa di Santo Stefano in Pane a Rifredi. Una vetrata nella Chiesa della Madonna della Tosse a Firenze lo ritrae con Giorgio La Pira e don Lorenzo Milani.

Per la sua opera a favore degli ebrei perseguitati, il nome di don Facibeni è stato ufficialmente iscritto nell'Albo dei giusti tra le nazioni a Yad Vashem il 2 settembre 1996.[5] Nell'estate 2008 una targa commemorativa è stata apposta dall'Associazione Fiorentina per l'Amicizia Ebraico-Cristiana e dal Comune di Firenze sulla facciata dell'Opera, in Via delle Panche, sotto la finestra della camera che fu di don Facibeni, per evidenziare e ricordare l'azione umanitaria da egli compiuta. Alla cerimonia erano presenti il rabbino di Firenze, autorità, sacerdoti e numeroso pubblico.

« DON GIULIO FACIBENI IN QUESTA OPERA BENEMERITA DI ACCOGLIENZA, PATERNAMENTE DIEDE RIFUGIO E PROTEZIONE DALLA DEPORTAZIONE A BAMBINI EBREI DURANTE LE PERSECUZIONI ANTISEMITICHE DEL NAZISMO. »

Il 4 agosto 2007, in occasione di una solenne cerimonia sul Monte Grappa, il governo austriaco conferisce a don Facibeni la Croce d'Onore "in ringraziamento della pieta' cristiana rivolta ai soldati nemici nella guerra 1915-18".

Note
  1. Enzo Collotti (a cura di), Ebrei in Toscana tra occupazione tedesac e RSI, 2 voll. (Roma: Carocci, 2007) 1:349, 2:283
  2. Louis Goldman, Amici per la vita (Ed. SP44: Firenze, 1993).
  3. Enzo Collotti, cit., 2:293
  4. Servo di Dio Giulio Facibeni
  5. Israel Gutman, Bracha Rivlin e Liliana Picciotto, I giusti d'Italia: i non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-45 (Mondadori: Milano 2006), pp. 125-26.
Bibliografia
  • Luigi Augusto Torniai (a cura di), Don Giulio Facibeni. Scritti, Firenze, 1960
  • Silvano Nistri e Franca Righini (a cura di), Lettere di don Giulio Facibeni, Firenze 1979
  • Silvano Nistri, Vita di don Giulio Facibeni, Firenze: LEF, 1979; II ed. 2004
  • Silvano Nistri, La spiritualita' di don Giulio Facibeni, Firenze, 1987
  • Mariarosa Covino, Don Giulio Facibeni: il padre, uomo della carità, Firenze, 1996
  • Silvano Piovanelli, Don Giulio Facibeni. «Il povero facchino della divina provvidenza», Società Editrice Fiorentina, Firenze, 2008
Voci correlate
Collegamenti esterni